Nuova Zelanda: un profondo senso di comunità

 

Dopo la pubblicazione del nostro ultimo articolo, avente ad oggetto il Working Holiday Visa e la ricerca di un lavoro, alcuni lettori hanno condiviso con noi le loro opinioni o impressioni su quanto abbiamo scritto. In particolare c’e’ stato chi ha sostenuto che se qualcuno fosse intenzionato a lasciare l’Italia e fosse indeciso se venire in Nuova Zelanda o andare da qualche altra parte, grazie al nostro articolo non nutrirebbe più alcun dubbio: scarterebbe la Nuova Zelanda. Non sappiamo se si tratti di una voce isolata o, al contrario, di un coro. In ogni caso cogliamo l’occasione per chiarire che il nostro intento era semplicemente quello di dipingere nel modo più’ obiettivo possibile la situazione che un giovane italiano appena atterrato in Nuova Zelanda potrebbe trovarsi a dover affrontare. Abbiamo incontrato troppi ragazzi che sono arrivati qui sospesi in una spessa bolla di incosapevolezza sovraccaricata da un grado di aspettative e speranze esageratamente elevato. Il destino di questo genere di bolla non puo’ che essere quello di scoppiare, facendo rovinosamente precipitare a terra i suoi ospiti erranti. Un esempio? Una ragazza attorno ai trent’anni è arrivata a Wellington con la convinzione di poter incontrare, nel proprio cammino e in breve tempo, un datore di lavoro che fosse disposto a sponsorizzarla per il Work Visa e ciò nonostante non avesse nessuna particolare qualifica, nessuna specializzazione professionale e un buon inglese. Naturalmente questo misericordioso datore di lavoro non si e’ mai materializzato nel suo cammino.

 

Lungi da noi dissuadere qualcuno dal lasciare l’Italia (andate!) o affermare che ci siamo pentiti della scelta fatta (anzi!), semplicemente volevamo, e vogliamo, dare a coloro che sono in procinto di intraprendere un’esperienza in Nuova Zelanda con il Working Holiday Visa alcune informazioni, di cui possono far uso o che possono approfonidire, per rendere la caduta dalla bolla il meno dolorosa possibile. Tuttavia, al fine di pareggiare la partita, con l’articolo di oggi vogliamo concentraci su una caratteristiche della Nuova Zelanda che ci hanno fortemente e positivamente colpito e che potrebbero essere uno esempio da seguire o, quantomeno, un spunto per una più profonda riflessione. Ci stiamo riferendo al profondo senso di comunita’ che i Neozelandesi possiedono.

 

Innanzitutto su tutto il territorio Neozelandese sorgono numerosi centri chiamati Community Centre. Si tratta di centri che offrono, gratuitamente o ad un prezzo modico, servizi di supporto per i cittadini ed una variegata gamma di attività con lo scopo di migliorare la qualità della vita degli stessi. Pertanto si possono trovare comuni corsi di chitarra o di teatro, corsi di yoga, corsi di danza e tornei di scacchi, ma ci sono anche incontri in cui i partecipanti parlano (e organizzano) viaggi o in cui madri si confrontano e si scambiano opinioni sull’educazione dei figli. Inoltre questi centri organizzano seminari o programmi educativi su differenti temi in base alle esigenze locali e mettono a disposizione alcune delle loro stanze che possono esere affittate per riunioni od incontri. A volte i cittadini vanno presso il loro Community Centre di riferimento semplicemente per trascorrere del tempo o incontrarsi con altre persone; infatti questi centri hanno delle aree comuni piuttosto calde ed accoglienti, dotate di cucina, tavolini e comodi divani. Generalmente ogni centro opera su base territoriale, la cui estensione coincide con quella del quartiere su cui sorgono. Così a Wellington, ad esempio, ci sono ben 22 Community Centre. Queso tipo di organizzazioni richiamano alla nostra mente le parrocchie italiane di metà ‘900 quando giocavano un ruolo importante all’interno della comunità dei propri fedeli.

 

Un’altra espressione del senso di comunità neozelandese è dato dai Community Law Centre. Si tratta di organizzazioni indipendenti, finanziate in parte dal governo e in parte da privati, che offrono servizi legali gratuiti a tutti i residenti in Nuova Zelanda, cittadini e non. I servizi legali principali offerti sono l’analisi del problema legale e il susseguente consiglio legale, al telefono o vis-a-vis, assistenza legale prolungata se il problema persiste. Alcuni Community Law Centres assitono i propri clienti anche in tribunale. Inoltre si occupano di produrre brochure, o veri e propri manuali, sulle vaire aree del diritto, utilizzando un linguaggio semplificato ed accessibile a tutti. Organizzano anche seminari aperti al pubblico e incontri formativi presso le scuole, aventi ad oggetto le tematiche legali più delicate. Ciò al fine di fornire alle persone gli strumenti e le conoscenze basilari affinchè possano destreggiarsi in campo giuridico ed evitare che una situazione complicata si sviluppi e si trasformi in un problema serio. Infine rivestono un ruolo attivo nel settore legislativo, proponendo riforme e/o proposte di legge, basate sulle esigenze della comunità. I Community Law Centre, come i Community Centre, operano su base territoriale e, oltre al lavoro dei propri dipendenti (avvocati e non) riescono a rimanere vitali ed operanti grazie al prezioso contributo di volontari: avvocati, studenti, neolaureati o gente comune che mettono a disposizione le loro competenze ed il loro tempo per offrire un servizio alla comunità.

 

 

Con questo arriviamo all’ultima manifestazione concreta del senso di comunità neozelandese di cui vogliamo parlarvi: il volontariato e la raccolta fondi. In nessun altro posto in cui abbiamo vissuto abbiamo visto così tante persone che si dedicano al volontariato. Sembra quasi essere un’attività che è parte della vita quotidiana, come andare al lavoro o andare a fare la spesa. È inoltre frequente imbattersi in qualcuno che, in strada, all’ingresso di un supermercato o in areoporto, rimane ore con un secchiello di plastica in mano a raccogliere offerte per l’organizzazione non-profit a cui appartiene, per un progetto caritevole specifico o per qualche altra buona causa. É un’immagine piuttosto singolare e simpatica: spesso i volontari indossano una divisa ufficiale e i secchielli che utilizzano per la raccolta dei fondi hanno forma e dimensione standard; ciò che differenzia i secchielli di una raccolta fondi da quelli di un’altra, sono i simboli e i colori, rigorosamente coordinati con quelli della divisa.

 

In aggiunta a quanto sopra, molte altre sono le testimonianze che potremmo fornirvi per quanto riguarda il senso di comunità dei Neozelandesi. Infatti è sufficiente guardarsi un po’ in giro e subito si scopre, ad esempio, che il Te Papa Museum è “community focused” e che ospita la Community Gallery o che esiste un Community Education Centre e un Wellington Community Choir oppure ancora che il sito dell’areporto ha una pagina intitolata “our community”. Abbiamo però preferito soffermarci, ed approfondire, solamente alcuni esempi per darvi un’idea generale e uno spunto di riflessione. Non sappiamo se il forte senso di comunità che i Neozelandesi sentono sia un fattore culturale o se sia una conseguenza della situazione geografica e demografica della Nuova Zelanda: una nazione agli estremi del mondo, senza stati confinanti e scarsamente abitata. In ogni caso è ossigeno per l’anima avere una prova tangibile del fatto che ogni singolo individuo è, comunque e sempre, parte di una società e che lavorando insieme si possono ottenere grandi risultati e migliorare o cambiare quello che non funziona.

 

Willy ed Irene 

(Per saperne di più su Willy ed Irene potete dare un’occhiata al loro blog: www.feetprint.it ).