Federico: vivere ad Hollywood

 

 

Chi non desidererebbe vivere ad Hollywood? A chi non piacerebbe camminare sulla Walk of Fame (passeggiata hollywoodiana della celebrità) per andare a fare la spesa? Un sogno per molti, una realtà per Federico che dopo aver vissuto un anno in Australia, si è trasferito ad Hollywood dove lavora in Orange County per AVP Pro Beach Volleyball Tour come partnership activation specialist e event planner, dopo aver conseguito un master presso la California State University Long Beach. Un’esperienza questa, costruttiva e formativa che gli ha regalato prospettive più rosee per il futuro, futuro che ormai Federico non teme più e che affronta con grande curiosità.

 

Originario di Lugo di Romagna, mi dedicai al fitness dopo le scuole superiori. Non vedendo sbocchi allettanti, decisi di tornare all’Università (Parma) e mi laureai in marketing nel 2011, dopo aver vissuto in Australia per un anno. Presa la laurea decisi di iscrivermi ad un master qui negli States. Fui accettato alla California State University Long Beach, dove studiai sport management. Al momento vivo ad Hollywood e lavoro in Orange County per AVP Pro Beach Volleyball Tour come partnership activation specialist e event planner. Ho due bellissimi pitbull e da poco mi hanno approvato la prima carta di credito americana!”

Dopo aver vissuto in Australia per un anno…”, perché decidesti di allontanarti per un certo periodo dall’Italia?

Decisi di andare in Australia perché molte persone che conosco direttamente o indirettamente, mi avevano parlato di quanto era facile trovare lavoro laggiù con il famoso “working holiday visa”, così decisi di staccare un po’ dallo stress che la vita da studente-lavoratore comportava e partire! Il tutto è stato molto semplice (3 minuti su internet ..) e mi ha regalato l’opportunità di visitare tutta la costa est, da Cairns a Sydney, passando per Alice Springs. Ho svolto diverse mansioni, dal cameriere al personal trainer. Soprattutto il cameriere, visto che per lavorare in palestra era necessaria un’assicurazione, per cui il mio lavoro nel mondo del fitness australiano fu decisamente “clandestino”. Non ti nascondo che ero curioso di capire se l’Australia avrebbe potuto offrirmi delle opportunità per il mio futuro, purtroppo però ho capito che non era il posto in cui avrei desiderato vivere stabilmente. Non che abbia avuto alcun tipo di brutta esperienza, solo lo stile di vita è molto diverso dal mio.

Quindi dopo l’Australia sei volato negli States. Qual è stata la procedura che hai seguito per entrare a far parte della California State University Long Beach? Hai dovuto presentare domanda?

La domanda all’Università è stata solo l’inizio. La burocrazia americana non ha davvero nulla da invidiare a quella italiana. Ti spiego: per prima cosa bisogna scegliere il corso che si preferisce e fare domanda, il tutto tramite internet, pagando circa $50 come application free. Dopodiché si hanno a disposizione un paio di mesi per completare la domanda, inviando per posta i seguenti documenti: punteggio degli esami TOEFL e GRE, obbligatori per essere considerati da un ateneo americano, syllabus redatto dall’Università italiana (descrizione del corso di studi completato e del metodo di valutazione usato dal corpo decente), tre lettere di raccomandazione, una “letter of intent” indirizzata al rettore (dove il candidato spiega per quale motivo ha deciso di iscriversi e su quali basi ritiene di essere un buon candidato) e la traduzione giurata di tutti gli attestati e diplomi che si desiderano mandare per perorare la propria causa. Una volta che si viene accettati, l’Università redige il modulo I-20 che insieme al I-910 (che si compila su internet) e alle due tasse da pagare, una al governo americano (circa $250) e una al consolato americano (circa $120), bisogna portare al colloquio presso il consolato USA (precedentemente prenotato per telefono), che deciderà se approvare o meno il visto richiesto (F-1 è quello per gli studenti). Una volta fatto il colloquio, se tutto va bene, si riceve indietro il passaporto con il visto in circa 10 gg. Come puoi ben capire è un vero e proprio “iter” e il mio consiglio è di cominciare tutto il prima possibile, facendo attenzione ad ogni dettaglio. Il lato positivo di tutta la fatica fatta è stato l’incontro con il mitico Carlo Pedersoli alias Bud Spencer, con cui mi sono ritrovato in fila quando sono andato al consolato a Roma. 

Cosa puoi raccontarci della tua esperienza universitaria americana?

Posso tranquillamente affermare che è stata un’esperienza molto positiva. Dal lato prettamente accademico mi aspettavo qualcosa in più, nel senso che mantenere una media di 4.0 (tradotto in termini italiani media del 30) non è stato assolutamente difficile, anzi ho trovato la preparazione di molti miei compagni di corso abbastanza scarsa. Quindi una bella pacca sulla spalla al sistema scolastico italiano! Il problema principale a mio parere è che manca l’interdisciplinarietà. Ogni materia è lasciata a se stessa e se non si è abituati a rapportare quanto imparato in un corso con quello imparato negli altri, la preparazione rimarrà sempre settoriale. Dal punto di vista pratico invece, l’Università americana è insuperabile, in quanto tra stage obbligatori e opportunità di costruire il proprio curriculum prima della laurea, fornisce davvero un’arma vincente per entrare nel mercato del lavoro dalla porta principale. L’Università stessa offre stage con dei veri e propri “colossi” del settore, dai Los Angeles Lakers allo Staples Center. Insomma si ha davvero l’opportunità di fare esperienze di un certo livello. In Italia purtroppo questo aspetto è lasciato da parte ed è per questo che tanti giovani “senza esperienza” fanno fatica a trovare un lavoro. Qui inoltre, durante il corso, vengono organizzate serate in cui si impara il bon ton per le cene di lavoro o si fa pratica per i colloqui di lavoro. Sebbene il contenuto intellettuale non sia il massimo, una volta laureati si è davvero pronti al successo.

Dopo aver conseguito il master come è cambiata la tua vita?

Sono molto più sicuro delle mie capacità, nel senso che ho avuto modo di fare esperienza in vari settori, dal fitness alla pallavolo e mi sento a mio agio con qualunque tipo di incarico mi venga affidato. Inoltre, essere riuscito a superare gli ostacoli che comporta l’incontro con un’altra cultura, ti fa indubbiamente crescere ed aprire la mente. Uno studente straniero in generale ha le potenzialità per avere più successo degli altri semplicemente perché si è dovuto adattare ad un’altra lingua, ad un altro stile di vita e ad un diverso modo di lavorare. Come disse Darwin: “Non sopravvive il più forte, ma colui che si adatta meglio ai cambiamenti”.

Quindi, con i continui adattamenti che evoluzione c’è stata nel tuo caso?

L’evoluzione a dire il vero è ancora in atto. Forse è presto per tirare già delle somme, ma ti posso dire che per ora sono passato dall’“avere un lavoro” all’“intraprendere una carriera”. In Italia non stavo male, il lavoro che facevo in palestra non era di certo noioso e la paga era indubbiamente buona, ma la prospettiva era di rimanere allo stesso livello fino alla pensione. Qui c’è spazio per la crescita, le compagnie si rinnovano, c’è mobilità, non si fanno le radici come in Italia e per questo motivo c’è meno “fancazzismo”. Chi non ne ha voglia, non avanza nel mondo del lavoro americano. La meritocrazia negli States è una realtà, i risultati sono la cosa che conta. Tra traffico e impegni vari ho dovuto (e devo) chiedere qualche ora libera qui e là, ma non è mai stato un problema a patto che rispettassi le scadenze e portassi a termine con successo i progetti che mi erano stati affidati. Sono anche molto più positivo sul mio futuro: non lo temo più, anzi ora sono curioso di vedere cosa mi aspetta!

Come sei riuscito a trovare l’attuale lavoro?

Ho ricevuto un e-mail da un mio ex professore con cui avevo studiato “Foundations of Sports Management”. Mi scrisse che un suo amico voleva dare nuova vita allo sport del beach volley e aveva bisogno di personale. Non sapevo di che compagnia si trattasse né di che tipo di figura questa persona avesse bisogno, ma conoscendo l’integrità del mio insegnante decisi di mandare il curriculum e di fare il colloquio. Il colloquio si tenne nella famosa Newport Beach e lì mi resi conto che il lavoro era con la AVP (Association of Volleyball Professionals), il Pro Beach Volleyball Tour più importante degli Stati Uniti, il cui brand era appena stato acquistato da Mr. Donal Sun con l’aiuto di Dick Carle, l’amico del mio professore. Così mi sono trovato ad organizzare il tour al quale hanno partecipato le medaglie d’oro olimpiche Kerri Walsh, Phil Dalhausser e Todd Rodgers e le medeglie d’ argento Jen Kessi e April Ross. 

Vivere ad Hollywood è sicuramente un sogno per molti. Che cosa ti piace di più di questa città e del modo di vivere?

 

Mi piace che sia viva! Ci sono ristoranti, bar e locali ad ogni angolo e nel contempo si trovano delle zone residenziali abbastanza tranquille. Io vivo direttamente su Hollywood Blvd (la famosa Walk of Fame) a due isolati dal Nokia Theater, quindi non posso parlare di tranquillità, ma sono davvero a due passi da tutto. Il quartiere non è pretenzioso come Beverly Hills o Bel Air e la gente è davvero varia, soprattutto aspiranti celebrities, gente che lavora nel mondo del casting e del cinema e ovviamente turisti! La cosa che mi piace di più di Hollywood è che potrei tranquillamente uscire di casa con un tanga rosso e un cappello a cilindro e nessuno direbbe nulla, certo siamo sempre nella puritanissima America, ma Hollywood non giudica nessuno, ti lascia divertire ed essere te stesso. Poi vuoi mettere camminare sulla Walk of Fame per andare a fare la spesa!?

 

Immagino! Ma quali sono gli angoli di Hollywood che ami particolarmente?

 

Runyon Canyon è sicuramente uno di questi: un bellissimo walking trail che regala una vista mozzafiato di Los Angeles dall’alto. Poi i miei cagnoni amano che li porti lì a fare un po’ di esercizio, quindi è tappa obbligatoria. Per arrivarci si passa dalla celeberrima Mulholland drive, che è sicuramente una delle strade che mi piace di più percorrere sulla mia VW Jetta. La Sunset Strip è un altro landmark che frequento spesso, sia per la vasta scelta di locali, tra cui l’House of Blues, sia per il suo essere “tipicamente hollywodiana” con i cartelloni di tutti i film in uscita e le luci al neon che illuminano a giorno questa piccola porzione del Sunset Boulevard. Se vuoi sapere dove mi piace andare a mangiare .. Lucky Devils è il numero uno .. il Rib Sandwich è da paura!!! Poi ci mettiamo Fuku Burger e il suo special Lamb Burger e visto che ogni tanto bisogna fare una serata elegante, il Sushi Bar Katsuya è davvero una chicca. Sempre per quanto riguarda il cibo, l’appuntamento domenicale con l’Hollywood Farmers’ Market è assolutamente da non perdere, specialmente se si sente la mancanza del mercato nostrano. Qui trovi frutta e verdura rigorosamente biologiche, nonché pane, pesce e carne, tutto da allevatori e coltivatori locali; menzione speciale per la band che ogni domenica intrattiene la folla!!!

 

E per quanto riguarda il costo della vita?

 

Sinceramente andare a fare la spesa qui mi costa in media $60, circa quanto spendevo in Italia. Forse la differenza è che avendo diversi supermercati a portata di mano e non dovendo diventare cretino per parcheggiare, mi posso permettere di acquistare alcuni prodotti in uno e alcuni nell’altro, a seconda del rapporto qualità/prezzo. Io non mi fido molto delle grandi catene alimentari qui negli States, quindi spendo un po’ di più del normale per fare la spesa da Fresh&Easy o Trader’s Joe che sono i due supermercati dove trovi prodotti biologici e non OGM. Da questo punto di vista mi manca l’Italia e la certezza di acquistare prodotti freschi e di qualità indipendentemente da dove vai! Se decidi di uscire a cena fuori, il prezzo dipende molto dal locale, diciamo che in due si spende dai $35 ai $110 circa. Per una cena come si deve, all’”italiana” per intenderci, si spende un po’ di più che nel Bel Paese. I locali invece sono generalmente molto più economici, si va dai $20 all’ingresso gratuito. Unica pecca .. TUTTO chiude alle 2 di notte (sì, lo so è ridicolo ..). Per questo è necessaria una visita a Las Vegas di tanto in tanto, giusto per respirare un po’ di libertà europea! Andare al cinema penseresti sia più economico e invece .. sbagliato! Circa $15 a biglietto e non ti nascondo che questa cosa mi ha infastidito parecchio all’inizio, pensavo: “Che diavolo, li fanno qui i film, perché devo pagare 15 dollari???” I costi per l’affitto invece dipendono dalla zona. Hollywood non è di sicuro il quartiere più economico, ma si possono trovare appartamenti per tutte le tasche in giro per L.A. Diciamo che mensilmente trovi dai $600 ai $10.000 (diecimila .. non è un errore di battitura!). Bisogna solo stare attenti a non finire in alcune famigerate zone come Compton o Inglewood! Per quanto riguarda il prezzo della benzina al momento è $3,57 al gallone (circa 4 litri), ma per via del traffico le visite alla gas station sono abbastanza frequenti! In generale la media delle spese mensili non è molto diversa da quella che avevo in Italia e la qualità della vita è senza dubbio buona.

 

Domanda di rito: quali sono i pro e i contro del vivere in un posto da sogno come Hollywood Boulevard?

 

I pro: senza alcun dubbio è uno dei quartieri più vivi di Los Angeles ed è accessibile da qualunque altra zona della città senza grandi difficoltà; inoltre i mezzi pubblici (che solitamente fanno pena) qui sono un po’ migliori in quanto zona turistica. I contro: almeno una volta a settimana per prime cinematografiche, premiazioni o altro, Hollywood Blvd viene chiusa e il mio umore di pendolare non ne giova affatto!!! Scherzi a parte il traffico è il contro più evidente, come dicevo è un quartiere dove la gente viene per divertirsi, quindi fai conto di andare a Rimini per Ferragosto 365 giorni l’ anno! Ma nonostante tutto, la diversità, il colore e anche il rumore di Hollywood ti fanno dimenticare i suoi difetti! All’inizio la mia intenzione era quella di vivere sulla spiaggia, ma alla fin fine posso ritenermi soddisfatto di dove mi trovo e poi quando famiglia o amici mi vengono a trovare di certo non si annoiano!

 

Tornando al discorso professionale, ci daresti qualche consiglio su come affrontare la ricerca di un lavoro?

 

Qui il curriculum è davvero importante, non a caso all’Università vengono organizzati vari incontri per imparare a compilarlo correttamente. In particolare è assolutamente necessario inserire delle referenze, in quanto è una cosa a cui un datore di lavoro americano fa molta attenzione. Il “networking” è molto importante, più gente conosci più hai possibilità di essere contattato per un lavoro. Piccola nota: qui il social network LinkedIn è usatissimo! Il fatto di dare peso alle raccomandazioni non rende il sistema di assunzione farsesco, infatti il colloquio di lavoro è una cosa seria, non un proforma. Ti viene chiesto innanzitutto cosa sai dell’azienda ed è meglio prepararsi in anticipo la risposta, perché altrimenti questa sarà la prima ed ultima domanda che ti verrà posta. L’educazione è tenuta in grande considerazione, ma anche le caratteristiche personali; essendoci molta mobilità, le aziende vogliono essere sicure che il candidato sia adatto all’ambiente di lavoro tanto da rimanere più tempo possibile e valutano attentamente che il candidato abbia, non solo i requisiti accademici per svolgere il lavoro, ma anche che il suo atteggiamento e il suo modo di lavorare siano in linea con la mission aziendale. In generale le aziende vogliono persone motivate, che abbiano nuove idee, che siano giovani e possano crescere all’interno dell’azienda stessa. Voglio precisare inoltre che i contratti di lavoro sono molto diversi, infatti nella maggior parte dei casi non c’è obbligo, da parte né del lavoratore né del datore di lavoro, di dare il preavviso in caso di licenziamento e non esiste la “buona causa”. Se non lavori e non sei produttivo ti lasciano a casa, detto e fatto. Questo è sicuramente un incentivo per aumentare la produttività e non c’è raccomandazione che tenga! D’altro canto se trovi un lavoro migliore o meglio pagato puoi iniziare subito!

 

Nel tuo caso come è stato il tuo primo approccio al lavoro? Ti sei trovato ad affrontare delle difficoltà?

 

L’unica difficoltà che ho incontrato è stato il telefono. Nel senso che linea disturbata, rumori di sottofondo e quant’altro rendono a volte difficile capire chi sta parlando dall’altra parte in una lingua che non è la tua, ma ci ho fatto l’orecchio molto in fretta, anche perché ci sono quasi sempre dei dollari in ballo quando si fanno delle telefonate di lavoro! Il mio boss è sempre stato molto carino nei miei confronti e sempre disposto a darmi chiarimenti qualora ne avessi avuto bisogno, perciò devo dire che non ho avuto difficoltà particolari. C’è da considerare come il settore sportivo sia abbastanza simile in tutto il mondo, l’approccio al marketing dello sport non cambia molto (a parte ovviamente il fatto che sia adattato al Paese in questione) e anche per quanto riguarda i rapporti con gli sponsor e i partner non sono certo rimasto spiazzato. L’orario di lavoro è invece diverso, la pausa pranzo è molto veloce (qui il pranzo è considerato più uno snack..) e alle 17.00 si è liberi. Il fatto di lavorare lontano da dove vivo non mi ha fatto sentire la differenza, in quanto non farei mai in tempo a tornare a casa e mangiare anche se volessi! 

 

 

Per quanto riguarda la retribuzione ci sono differenze rispetto a quella italiana? E’ effettivamente più alta?

 

Non parlerei di più alta quanto invece di “più adeguata”. Dipende dal lavoro che fai ed è inutile nascondere che ci sono migliaia di persone che vivono al limite della povertà, ma in generale c’è sempre spazio per contrattare la retribuzione. Per esempio io lavoro a 48 miglia di distanza da dove vivo e mi viene dato un rimborso spese, nulla di eccezionale, ma il fatto che debba farmi tutta quella strada ogni giorno viene in qualche modo riconosciuto. Il livello accademico raggiunto è senz’altro tenuto in considerazione, quindi un Master è pagato più di un bachelor (laurea breve) ma meno di un dottorato (PhD). Come dicevo, promozioni e aumenti di stipendio devono essere meritati, ma sono una realtà, non è utopico pensare che raggiunti certi obiettivi aziendali il tuo status cambi. Tirando le somme, non si prende di più in generale, ma in linea con il principio di meritocrazia che in Italia si è perso di vista da troppo tempo.

 

Hai avuto difficoltà di ambientamento al principio?

 

Non direi. Non posso parlare degli Stati Uniti in generale, ma in California la gente è molto aperta e non è difficile farsi degli amici. Inoltre io sono arrivato qui da studente e ho avuto modo di conoscere dei miei coetanei che condividono le mie stesse passioni, indubbiamente una fortuna! Ci sono da tener conto le differenze culturali che però si imparano pian piano. Diciamo che giorno dopo giorno faccio sempre meno figuracce. Sai, all’inizio capitava spesso che facessi battute considerate “inappropriate” o usassi un linguaggio non proprio politically correct, ma il fatto di essere italiano mi ha sempre salvato, infatti la maggior parte delle persona sa che gli usi europei sono diversi e tende solo a farti notare che in America si usa dire o fare diversamente, poi ci si fa una bella risata! Una cosa a cui non mi abituerò MAI è il fatto che le tasse non siano comprese nel prezzo della merce, ma aggiunte solo al momento dell’acquisto. Mi rendo conto sia una piccolezza, ma davvero mi infastidisce non sapere mai esattamente quanto spenderò alla cassa! E la mancia ovunque… Tutti i miei amici mi prendono in giro per quanto poco lasci ai camerieri .. ma, hey, non mi entra proprio in testa!!!

 

Qual è il tuo consiglio per tutti coloro che stanno pensando di andare via dall’Italia? C’è qualche segreto per affrontare al meglio il trasferimento?

 

Io credo ci voglia innanzitutto una bella dose di realismo. E’ vero che in Italia per i giovani la situazione non è rosea, ma è anche vero che purtroppo o per fortuna non siamo più negli anni’20, il che vuol dire che senza un’educazione adeguata è davvero difficile trovare un buon lavoro, anche all’estero. Non basta sapersi vendere, contare sull’accento italiano, è necessario essere preparati per trasferirsi all’estero, perché a differenza del governo di Roma (di cui depreco l’operato), negli altri Paesi, i cittadini hanno sempre la precedenza sugli immigrati. Poi bisogna fare un po’ di ricerca prima di partire, nel senso che è importante capire che ogni Paese ha pregi e difetti. Nessuno è perfetto per dirla in altre parole! E’ necessario fare qualche ricerca sulla destinazione scelta, per sapere se il campo in cui si intende trovare lavoro è in crescita, se c’è lavoro disponibile, quali sono le opportunità. Ho visto tante persone partire senza avere un obiettivo concreto e tutte sono ritornate a casa a mani vuote, perché nessun Paese al mondo ti regala lavoro, soldi e successo, te li devi guadagnare! Mi spiace essere così diretto, ma perché l’esperienza all’estero sia davvero produttiva bisogna conoscere la realtà del Paese ospitante, le proprie potenzialità, ma soprattutto i propri obiettivi. Se è vero che i colpi di fortuna esistono, è altrettanto vero che sono abbastanza rari, perciò ragazzi partite alla scoperta del mondo, ma con la testa sulle spalle! E mai sottovalutare regole e burocrazia, non sono uno scherzo specialmente negli States. Non aspettate a inviare documenti, richieste di visto e quant’altro, è davvero facilissimo essere rispediti a casa. E’ essenziale conoscere le regole sull’immigrazione e non saltare neanche un passaggio dell’iter che si decide di intraprendere! Credo che per tirare le somme, il consiglio che posso dare è di valutare attentamente i pro e i contro del trasferimento ed essere davvero seri nell’affrontarlo.

 

Per concludere in cosa credi che ti abbia cambiato, personalmente e professionalmente, vivere negli Stati Uniti?

 

Professionalmente mi ha cambiato molto. In Italia, per via della difficoltà con cui i giovani si riescono ad inserire nel mondo del lavoro, si tende ad adattarsi molto alla situazione e appena trovato un lavoro “decente” ci si accontenta, come avevo fatto io. Ora invece so che se si desidera raggiungere un obiettivo non bisogna mai accontentarsi di qualcosa in meno. Ho la certezza di avere le qualità giuste per riuscire e finalmente mi sono sentito apprezzato per il mio lavoro e le mie competenze. Una sensazione che ti garantisco essere davvero bella! Personalmente mi sono trovato più nazionalista di prima, nel senso che scontrandomi con quelli che possono essere i difetti degli Stati Uniti ho realizzato che non tutto il male che ho detto in passato sull’Italia è vero, al contrario ho capito quanto il nostro Paese abbia le potenzialità per essere davvero potente e come noi italiani siamo dieci volte più intraprendenti degli altri… Se solo al Governo non ci fossero degli incapaci che pensano solo ai soldi!

 

E-mail: fe*******@gm***.com

 

a cura di Nicole Cascione

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