Variabile tempo

 

Il tempo per noi aveva un valore inestimabile.

 

Ma questa non è una cosa che abbiamo appreso viaggiando; questo è l’insegnamento principale che abbiamo tratto dal nostro precedente stile di vita dove tutto era improntato sul quantitativo di cose fatto durante la giornata, durante la vita stessa. Così, se oltre a lavorare riuscivi ad infilarci la palestra e un aperitivo o cena con gli amici, allora si che la tua giornata era stata una bella giornata. Quando invece ti riducevi a star chiuso 14 ore in ufficio, allora eri stanco, frustrato e di pessimo umore ma cercavi di consolarti pensando che lo facevi per la carriera, per i soldi, per un futuro migliore. Un futuro che, data la "temporaneità" del vivere (è sicuro che la vita prima o poi finisce), potrebbe non arrivare mai.

 

È da questa visione distorta e materialista della vita che deriva il valore "inestimabile" del tempo; dalla sua percezione di risorsa limitata: 24 ore in un giorno, sottratte le ore di sonno e di espletamento dei bisogni basici (come nutrirsi, lavarsi ecc.) equivalgono a poco più di 12 ore giorno; sottratte le ore di lavoro, che sono impagabili solo per i pochi fortunati che hanno fatto della loro passione, della loro vera natura, una professione, non rimangono che tra le 2 e le 4 ore per fare tutto il resto. Per fare tutto ciò per cui siamo nati e per cui siamo a questo mondo. Chiaramente non possiamo che farlo in modo residuale, visto il residuale quantitativo di tempo dedicatogli. Genitori, preti, professori e sistema educativo, amici e conoscenti, la società intera, tutti hanno partecipato alla corruzione della nostra mente, riempiendoci di obiettivi da raggiungere in un determinato periodo di tempo: il lavoro e la carriera, la famiglia, la casa, la macchina e i figli, il fisico, la bellezza e l’eterna gioventù, gli esami ed i corsi di specializzazione, persino il più alto numero di contatti Facebook. Porto un esempio della mia esperienza in azienda: se a 32/34 anni sei ancora un quadro e non sei dirigente (il mio caso), allora sei uno che non ce l’ha fatta, non ha retto, che ha qualcosa che non va e dunque uno che non ce la farà mai (sempre il mio caso, per fortuna!). Ma farcela a fare che? Ci hanno cresciuti con il seguente mantra: "non perdere tempo, non sprecare il tuo tempo, fai, fai cose". Il che si traduce in guadagna denaro. Ma soprattutto raccontale; dì a tutti cosa sei stato in grado di fare, a che età sei stato in grado di farlo e guadagna status sociale: mio figlio ha un anno e mezzo e già si arrampica in cordata sui ghiacciai dell’Himalaya :-).

 

Ora come ora, osserviamo con distacco tali tipi di atteggiamenti e li riteniamo errati, disequilibrati e da rifiutare. Vivere significa crescere, esperienziare, imparare in ogni istante; si può fare questo solo se si vive una vita da svegli, consapevoli e all’ascolto di ciò che la vita stessa ha da insegnarti. E si può ascoltare la vita e i suoi insegnamenti solo se si smette di riempire le giornate di cose da fare. L’ideale è il non fare; appena si ha del tempo libero, bisogna smettere di fare. Passare del tempo in silenzio, con se stessi, le proprie paure, i propri limiti, i propri pensieri, meditando e cercando di calmare la mente, una mente che è da sempre abituata a fare e che se non fa, viene subito etichettata dalla società come pigra, fannullona, nullafacente, hippy, barbona. La mente teme il giudizio della società; sarebbe un’onta portare una di quelle etichette. E non si rende conto invece che, in quanto etichette, hanno un valore solo perché noi glielo attribuiamo. Se riuscissimo a fregarcene dei giudizi, delle etichette, allora saremmo davvero liberi e con un quantitativo di tempo infinito: la vita attuale e le vite a venire.

 

 

È proprio il non fare che ci salverà; salverà le nostre anime da tutte le malattie ma sopratutto dal malessere di vivere tipico del nostro mondo e del nostro stile di vita "affrettato".

 

Siamo matti? No, siamo solo due che non hanno aspettato la pensione per vivere senza obblighi e per essere esploratori. Esploratori non solo del mondo esterno, ma soprattuto del mondo che da sempre i saggi di tutte le culture dicono essere dentro ognuno di noi. L’uomo moderno pensa sempre meno a quel mondo. Non ne ha il tempo, appunto, perché è impegnato a fare. Sedersi e meditare un’ora al giorno? "Ma perché dovrei sedermi lì, in silenzio senza fare niente? È una perdita di tempo che io non mi posso permettere, io ho da fare! Io."; direbbero molte delle persone che conosco. E trovano un alibi per non dedicarsi alla meditazione, adducendo tale pratica ad una cultura, quella orientale, molto lontana da noi. Non è così; in tutto il mondo si medita. Meditare è portare energia vitale ai nostri organi interni (non è fare jogging o fitness in palestra per la muscolatura); è allenare la mente, gli organi, le ghiandole vitali, il metabolismo per vivere una vita di benessere. La meditazione è più praticata in oriente, semplicemente perché loro le sanno queste cose, le sanno da sempre. Per questo meditano tutti i giorni. La nostra vita quotidiana è piena di piccole luci che ci impediscono di vederne una più grande. In questa nuova vita, io e Pier abbiamo il tempo di vivere con attenzione ogni momento e di stare concentrati sull’unica domanda importante: "io chi sono e cosa ci faccio qui?".

 

È così che il tempo per noi si è dilatato al punto di fermarsi, perdendo il suo significato, il suo valore; non ci alziamo all’alba e non andiamo a letto a notte fonda, al contrario di quanto facevamo quando vivevamo in Italia per non dirci, una volta a letto: "anche oggi non abbiamo fatto niente, abbiamo solo lavorato". Al contrario, riposiamo molto, ci nutriamo bene e impariamo cose che mai avremmo sognato di fare prima: meditazione Vipassana e Ho’oponopono, Yoga, Tao, medicina naturale, Candombe Uruguayo, artigianato macramè, cayak sul fiume e altro ancora. Ma soprattutto abbiamo tempo, tantissimo tempo da dedicare al nostro silenzio/crescita. Le persone devo imparare a vivere e fare cose senza obiettivi: come i bambini che rincorrono le farfalle o raccolgono conchiglie sulla spiaggia. Non c’è un motivo per cui lo fanno; semplicemente vivono, godono della gioia di farlo, della gioia procurata da quello stesso momento. Quel momento è già di per se speciale: è l’essere vivi. Rimanere bambini, alimentare il bambino che c’è in noi, ancora una volta senza farsi scalfire dal giudizio della nostra società falsamente "cresciuta" ma realmente solo invecchiata, secondo cui vivere alla Peter Pan è un dispregiativo. La nostra società è malata, vecchia, marcia, cancerogena proprio perché si è dimenticata di lasciare vivere il proprio bambino; lo ha soppresso, ucciso, etichettandolo come se fosse peccato mortale vivere un’infanzia eterna. La nostra società è morta nel momento in cui si è messa a fare, a produrre e soprattuto a misurare tale produzione. Forse è per questo che il nostro sistema politico/economico/educativo è così in crisi? Speriamo! Speriamo che sia un anno, un periodo di cambiamento fervido quello in cui siamo immersi. Più impareremo a goderci le cose inutili e più saremo felici. Come passare un paio d’ore ad osservare la corrente del fiume come ho fatto io stamane. Il fiume scorre verso l’oceano per un certo quantitativo di ore, poi sale. Poi di nuovo scende, poi risale. Inutile? Sicuramente non ho prodotto nulla agli occhi del giudicante mondo esterno, ma della pace e della la quiete di cui ho goduto, ancora adesso la mia mente, il mio cuore e la mia anima ringraziano.

 

Quando non avremo più bisogno di obiettivi, motivazioni, rassicurazioni, giudizi, semplicemente ci godremo la gioia di essere vivi e celebreremo il nostro essere, la nostra essenza. È importante spostare i riflettori: non è la società ad illuminarci dall’esterno; ognuno di noi brilla di luce propria. Basta saperla vedere.

 

"Ora per noi il tempo è un pendolo che si è fermato al centro e ha smesso di battere i suoi colpi".

 

 

Melissa e Pierluigi 

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