Zone turistiche e non. Le nostre scelte

 

 

Agli inizi di ottobre saranno già due anni che abbiamo scelto di andarcene definitivamente dall’Italia e di abbracciare questa nuova filosofia; la nostra vita si svolge lenta, lentissima e come orami sapete, alterna periodi nomadi in bicicletta a periodi sedentari (aldee di pace, comunità sciamaniche, granje ecologiche ecc). Sin dall’inizio però il nostro viaggio/vita ha avuto una connotazione particolare, ovvero un richiamo sempre più forte, sempre più intenso nei confronti delle zone meno turistiche, più isolate e più rurali. Chiunque di voi sarebbe portato a chiedersi il perché; setutto il mondo pagherebbe per vedere le cose che possiamo vedere noi, perché le evitiamo? E cerchiamo invece l’isolamento? La risposta non è delle più semplici, né da esprimere ma tanto meno da comprendere … “perché dove c’è essere umano c’è spazzatura” e perché "la bellezza sta negli occhi di guarda".

 

Il nostro rispetto per la natura è totale, incondizionato; noi non lasciamo traccia (raccogliamo persino la carta igienica dopo aver fatto i nostri bisogni); ma l’uomo in generale si. Scorrazziamo in bici per posti inospitali, dove passa un’auto ogni tanto e quando passa tira dal finestrino la bottiglia di coca cola appena terminata; scaliamo la cima di un ghiacciaio incontaminato, la guida ci dice che è un "must" non lasciare traccia alcuna, e dal gruppo c’è sempre qualcuno che si fa notare tirando i propri avanti a dei supposti “pesci” (pesci in altura nelle pozze di un ghiacciaio; ma cosa c’ha la gente al posto del cervello…); facciamo trekking in posti sperduti e torniamo con lo zaino pieno di rifiuti (ma come si fa a camminare nella natura incontaminata, fare uno spuntino e tirare la carta delle patatine a terra? Ma che ci fa in mezzo alla natura uno come te?); infine navighiamo per mare, in silenzio, ascoltando solo la voce del vento che parla con le vele, osserviamo l’equipaggio accovacciato su se stesso per proteggersi dal freddo, c’è chi beve un “mate” e chi si fuma una sigaretta (una sigaretta?), e una volta che l’ha terminata… tira il filtro in mare. A me “mi va in pappa il cervello” quando vedo queste cose; in quei momenti lì sto combattuta tra tuffarmi a mare e recuperare il filtro (il filtro di una sigaretta starà lì per circa 14 anni, se non sarà meno fortunato e verrà ingoiato invece da un pesce che, naturalmente, morirà soffocato) o buttare a mare colui che ce lo ha lanciato.

 

 

Un paio d’anni fa, su un traghetto Napoli-Ischia, vidi una bella signora bionda, ben vestita, pettinata, truccata, occhiali da sole firmati. Fumava la sua sigaretta mirando l’orizzonte. La finisce e ttttaaaaaacccccccc! La tira in mare! Non resisto. Mi avvicino con un bel sorriso e gentilmente le offro un’informazione “forse non lo sa signora, ma un mozzicone di sigaretta non è biodegradabile; ci vorranno molti anni prima che il nostro pianeta possa smaltirlo…”. Dentro di me penso: “ho fatto bene, in fondo si tratta solo di averle fornito un’informazione; la signora può farne ciò che vuole di tale informazione, trattenerla, farla sua o tirarla al vento”. Invece la signora decide di risputarmela violentemente in faccia! Non sto a raccontarvi quanti insulti ed improperi mi sono presa! Si avvicinava a me minacciosa e gridava, gridava cose del tipo “lei non sa chi sono io”, ommammamia pensavo io è Veronica Berlusconi e ora mi denuncia :-), al punto che dovette intervenire il marito a calmarla cercando di capire cosa io le avessi fatto! Ecco, da quel giorno lì purtroppo ho deciso che o mi tuffo io a mare a recuperare il mozzicone o non ci butto proprio nessuno, non vorrei rischiare il carcere per aver difeso un pesce. Un po’ codarda? Rispetto ai per me mitici attivisti di Greenpeace, si lo sono, sono codarda.

 

Insomma questo per dire che la coscienza ecologica, non è poi così diffusa nemmeno tra le persone che passano del tempo a contatto con la natura. Chissà qual è il modo giusto perché le persone la possano apprendere. Forse i genitori e la scuola sono coloro che possono fare la differenza, perché possono insegnarci, sin da piccoli, che dobbiamo e possiamo convivere con il pianeta e con tutti gli altri esseri viventi. Perché siamo tutti una cosa sola e perché la nostra vera casa è il pianeta e non le quattro mura in cui ci nascondiamo.

 

A questo proposito, mi piacerebbe conoscere la vostra opinione su un tema di politica ambientale e sviluppo economico di un paese.

Ve lo inquadro. Parlo dell’Argentina, ma l’esempio è applicabile ad un qualsiasi posto turistico del mondo.

Paesaggisticamente, reputo l’Argentina un paese meraviglioso ed estremamente ricco di risorse ambientali “sfruttabili”, governativamente parlando, dal punto di vista turistico.

Vivendola quasi quotidianamente da un periodo piuttosto lungo, mi è stato abbastanza facile capire qual è la modalità di sviluppo economico seguita da questo governo. Si individua una località che unisca due caratteristiche: bellezza naturale (la metto al primo posto ma credetemi, non è il driver) ma soprattutto accessibilità (ecco questo è il driver). Poniamo un nome a caso: Las Grutas, famosa località turistica Argentina al sud di San Antonio Oeste. Attrattiva 5 stelle per tutti i cittadini di Buenos Aires e delle grandi capitali. "Boliche" (discoteca) Argentino in pieno stile Billionaire. Se c’hai i soldi, non puoi non andare a Las Grutas! A fine estate non puoi non raccontare che c’eri anche tu. Come da noi, no? A seconda dell’età che hai non puoi non raccontare che sei stato a Rimini, Panarea, Formentera, La Maddalena ecc.

 

La parola d’ordine è accessibilità! Su questo presupposto inizia il lavoro di promozione turistica: si costruiscono strade evitando il famoso “ripio” (sabbia e ghiaia) che sporcherebbe le fiammeggianti 4×4 in arrivo dalla capitale, si costruiscono appartamenti (abusivi non abusivi va bene tutto purché la gente trovi alloggio), hotel, cabanas, campeggi, bar, ristoranti, gelaterie, discoteche, parchi giochi, bar, e negozi, negozi, negozi e ancora negozi, soprattutto negozi, di tutti i tipi: di attrezzatura sportiva, di abiti, di scarpe, di borse, di gioielli ecc. È così che la località turistica scelta per essere eletta "vacanza dell’anno" assume l’aspetto di una qualsiasi città.

 

 

La globalizzazione; e pensare che quando studiavo io l’avevo intesa, o me l’avevano fatta intendere, come la possibilità di rendere accessibili a tutti i popoli del pianeta, risorse per loro non accessibili, come il cibo, l’acqua, i servizi sanitari, insomma risorse di prima necessità. Non pensavo che globalizzare avesse come obiettivo primario far si che Zara e Swarosky fossero ovunque. Questi non sono beni primari. No, non lo sono! Però per la maggior parte della gente comune, che vive nella paura del nuovo e dell’ignoto, trovarsi circondati da negozi che troverebbe anche nella propria città, è sinonimo di sicurezza, è rassicurante …. molto triste no?

 

E pensare che in Argentina (ma penso accada la stessa cosa in tutto il resto del mondo) ci sono posti di una bellezza strabiliante che, solo per il fatto che non è economicamente conveniente renderli "accessibili" (nel senso di asfaltati e dunque che non ci si possa arrivare comodamente con auto pulite e dotate di climatizzatore bensì solo con bici zozze, trafelati e sudati) tali posti nemmeno si guadagnano il diritto di essere nominati Parchi Nazionali o Zone Protette o Riserve Naturali.

 

Torniamo però a Las Grutas. La vera bellezza di Las Grutas è l’alcantilado, ovvero la scogliera. Bellissima. Si tratta di una scogliera di circa 30/50 metri che scende a picco sul mare! "Las Grutas e tutti i suoi bei negozietti" sono proprio abbarbicati "abusivamente" … lì sopra. E sapete cosa c’è di bello? Che questa parte Atlantica dell’Argentina è soggetta a maree di circa 20 metri che, per ben due volte al giorno, rendono inaccessibile quell’angolo di spiaggia dove si riversano migliaia di persone non appena il mare scende! Ridicolo! Uno fa più di 1000 km per non vedere il mare ma fiondarsi a fare shopping, a ballare e ad ubriacarsi.

 

Adesso si che mi è chiaro il progetto economico del paese: accessibilità = globalizzazione = consumo = profitti. Novità? Nessuna, il solito modello che si ripete. Che poca fantasia sti governanti.

 

Senza sapere tutto questo, ma consapevoli però di scegliere per la prima volta una zona turistica, decidiamo di passare da Las Grutas per un paio di giorni. L’idea è di vendere qualcosa del nostro artigianato e poi proseguire. Scendiamo in spiaggia con le nostre belle creazioni e si avvicina un signore; è un poliziotto in borghese che ci chiede il permesso per vendere sulla spiaggia (mai visto niente del genere in Argentina, tanto meno per vendere un bracialettino del valore di mezzo euro). Il tipo ci dice che senza permesso non possiamo stare lì; chiediamo quanto costa il permesso e lui ci dice 600 pesos (l’equivalente di 60€). Gli diciamo che non possiamo pagare quella cifra e lui gentilmente ci dice che l’unica soluzione è andarcene subito altrimenti ci sequestra il materiale. Seguiamo il suo consiglio.

 

Mi rendo conto, scusate. Era monco, l’ho capito ora. Purtroppo avevo dimenticato un pezzo del modello economico, che per altro è quello più in voga in Italia in questi anni: accessibilità = globalizzazione = consumo = profitti = CONTROLLO = tasse = ti schiaccio perché so dove sei e cosa fai, che non hai alternative, per cui non hai scampo!

 

Risaliamo le scale e il giorno dopo ce ne andremo delusi dal basso profilo di "bellezza" attribuito a questo meraviglioso paese, ma ancora una volta consapevoli che "il pianeta e le sue bellezze sono per tutti, ma non tutti sono per il pianeta e le sue bellezze". Meglio così, vorrà dire che tutto ciò che deve ancora venire, sarà solo nostro.

 

Melissa e Pierluigi

In Lak’ech – Tu sei un altro Me

www.theevolutionarychange.com

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