Giulia: dopo aver girato il mondo per lavoro, è il momento delle Galapagos

 

Chiudete gli occhi e immaginate….immaginate di trovarvi su un arcipelago di rara bellezza, immaginate di nuotare tra leoni marini e tartarughe giganti, immaginate di comprare il pesce dal pescatore mentre orde di pellicani e fregate volano a pochi centimetri dalla vostra testa, immaginate di fotografare fregate magnifiche o Sule dalle zampe azzurre…..Ed ora aprite gli occhi e con un pizzico di fantasia immaginate di trovarvi alle isole Galapagos, un posto meraviglioso ricco di luoghi remoti in cui l’ecosistema è tuttora intatto. C’è chi questo sogno è riuscito a realizzarlo. Giulia, dopo due anni sempre in movimento, invitata da un amico a lavorare su un progetto alle Galapagos, ha deciso di fermarsi in quel paradiso per regalarsi una pausa e contestualmente per creare un progetto che permetta a tutti di raggiungere quei posti magnifici in modo alternativo ed economico.

 

Giulia, attualmente vivi alle Galapagos, precisamente a Puerto Ayora nell’isola di Santa Cruz, ma andando indietro nel tempo, qual è stato il percorso che ti ha portato in quest’isola da sogno?

 

Tutto è cominciato nel 2007, quando mi trasferii a Londra per lavorare come SEO per una grande compagnia di giochi online. Dopo averci vissuto per circa tre anni, stanca della city e determinata ad andare a vivere a Berlino, decisi di prendere qualche mese libero per viaggiare prima di cominciare una nuova vita in una nuova città. E’ sempre eccitante ma anche estremamente stancante trasferirsi in un altro Paese: nuova lingua, nuovi amici, la ricerca di un nuovo lavoro. Volevo semplicemente vivere qualche mese senza troppe pressioni. Il caso ha voluto che qualche giorno prima di partire mi contattassero da Londra per un lavoro freelance, che è stato quello che mi ha permesso di non fermarmi più, sino ad ora. Così a gennaio 2011 sono partita per Cuba e sono risalita sino al Messico partendo da Panama. Il piano iniziale, viaggiare per sei mesi, è cambiato e così il viaggio si è prolungato sino ad oggi: due anni e un mese. In questi due anni ho visitato il Centro America, il Sud Est Asiatico, l’Australia, la Nuova Zelanda e parte del Sud America ed ho continuato a lavorare come freelance. Invitata da un amico a lavorare su un progetto alle Galapagos mi sono fermata qui per qualche mese. Viaggiare è splendido, ma due anni senza fermarsi mi aveva portata lentamente a non apprezzare più quello che stavo facendo ed ero molto stanca. La cosa giusta al momento giusto quindi. Attualmente sono a Puerto Ayora, nell’isola di Santa Cruz, continuo a lavorare come freelance, sto prendendo una pausa da tutto questo instancabile viaggiare e sto progettando qualcosa che penso possa presto avere dei risvolti positivi per la mia vita professionale.

 

Come ci si può stancare di Londra? Cosa ti ha spinto a lasciare la city?

 

Credo che Londra sia una di quelle città che o si ama o si odia. Il clima e la costante pioggia non sono proprio “my cup of tea” come si dice in Gran Bretagna e non mi hanno aiutato ad amarla. La vita frenetica, le grandi distanze, il continuo spostarsi sui mezzi pubblici e in metropolitana che per me, claustrofobica, era poco salutare, non era esattamente quello che avevo immaginato nel momento in cui mi ero trasferita. Anche l’alto costo della vita ha contribuito a farmi prendere la decisione di andare via. Nonostante lo stipendio piuttosto buono, arrivavo sempre a fine mese con l’acqua alla gola. Così ho deciso di andare via, per tentare da qualche altra parte. L’idea era Berlino.

 

 

Hai lasciato l’Italia nel 2007, la decisione di partire e quindi di dare una svolta alla tua vita è stata dettata da qualche motivo in particolare?

 

Ricordo il 2007 come l’anno in cui si è cominciato a parlare di crisi quasi giornalmente, io intanto, assunta con regolare contratto a tempo indeterminato, ero stanca del mio lavoro che svolgevo ormai da cinque anni e desideravo cambiare. Purtroppo le prospettive future a Roma non erano brillanti né rosee, ho creduto di non avere altra scelta. Lo scenario era questo, era difficile potere trovare lavoro addirittura come cameriera part-time (al tempo cercavo di racimolare qualcosa in più in prospettiva di andare a vivere a Londra per qualche mese), la maggior parte dei miei amici a quel tempo non trovava lavoro e i più fortunati venivano assunti con la classica formula di contratto a tempo determinato, in cui l’incertezza sembrava l’unica costante. Ho avuto paura e così sono andata via, dicevo solo per un massimo di tre mesi, ma sapevo che non sarei tornata così velocemente. Un mese dopo il mio arrivo a Londra mi avvertirono che l’agenzia per cui avevo lavorato stava licenziando tutti. Io mi ero salvata in calcio d’angolo, non ho vissuto lo stress e depressione del licenziamento e la ricerca del nuovo lavoro a Roma, visto che a due giorni dal mio arrivo nella city avevo già trovato un lavoro. Credo quindi che la motivazione che mi abbia portata ad andare via sia stata la paura, la motivazione che mi ha portato a rimanerci, una giusta intuizione e la convinzione che non potevo più tornare indietro. Dovevo seguire un cammino che non mi era chiaro, ma mi sembrava essere quello giusto.

 

Tu che hai viaggiato tanto, cosa pensi possa insegnare a livello personale viaggiare per lunghi periodi in zone del mondo così diverse socialmente e culturalmente da quello occidentale?

 

Sicuramente insegna a sapersi adattare a tutte le situazioni più disparate e ad essere meno “schifiltosi”. Viaggiare per lunghi periodi significa darsi il tempo di conoscere nuove culture e società, confrontarsi con queste e scoprire che forse il tuo modo di pensare o vedere la vita non è quello assoluto né quello perfetto. Oltre questo, viaggiando in Paesi stranieri per lunghi periodi, aiuta ad imparare le lingue senza fare troppi sforzi e ovviamente divertendosi. Se vai in America Latina imparerai lo spagnolo, se vai in Asia per necessità di cose sei praticamente obbligato a parlare inglese, così negli Usa, Australia, Nuova Zelanda e fondamentalmente nella maggior parte dei Paesi del mondo. In Centro America per esempio ho parlato più inglese che spagnolo, visto che i miei compagni di viaggio per la maggior parte erano di nazionalità americana. Credo quindi che sia un insegnamento utile a livello umano per comunicare e pratico per ampliare la propria conoscenza, qualcosa che al ritorno dal tuo viaggio puoi mettere in curriculum.

 

La tua tipologia di viaggio è da backpacking (zaino in spalla). Un modo economico di girare che sicuramente regalerà grandi emozioni, rispetto al viaggio tradizionale. Ci racconti qual è stato il momento più magico che hai vissuto?

 

I momenti magici sono tutti quei momenti in cui ho perso la forza di viaggiare per poi trovarmi inaspettatamente di fronte a qualcosa di meraviglioso, che mi ha ricordato quanto splendido fosse tutto quello che stavo facendo. Un’alba sui templi di Bagan, un viaggio in barca alle isole Fiji, il bianco e infinito deserto del Salar di Uyuni in Bolivia o il cielo stellato del deserto del Sahara. Non ne ho uno in particolare, ognuno ha avuto un ruolo fondamentale e mi ha dato la giusta spinta e carica per arrivare sino a qui e poter adesso guardarmi indietro e rivivere ogni singolo momento come entusiasmante. Una vita piena e soddisfacente. Ogni giorno è stato un momento magico.

 

E quello più difficile?

 

Quelli in cui mi sono sentita davvero sola o in cui mi sono trovata a vivere luoghi magici senza nessuno con cui condividerli. E forse per questo è nato il mio blog di viaggio. Per condividere la mia vita con chi sta lontano, con chi parla la mia lingua e chi, a distanza di un anno e mezzo dalla sua messa online, continua a darmi coraggio pur senza conoscermi. Viaggio da sola e non è sempre stato facile. La solitudine a volte è stato uno scoglio contro cui mi sono dovuta confrontare in più occasioni, ho pensato più volte di tornare a casa. Ma erano momenti e ho imparato a viverli per quello che sono. Una delle tante prove delle vita e probabilmente il prezzo che paghi quando sei totalmente libero.

 

 

Ora hai deciso di “fermarti” alle Galapagos. Cosa puoi raccontarci del posto?

 

Le Galapagos sono un arcipelago a 1000 km dalla costa ecuadoriana, un luogo unico che ogni giorno mi fa pensare. La bellezza di questo luogo sta nella naturalezza del nuotare tra leoni marini e tartarughe, mentre qualche iguana marina placidamente dal mare si dirige verso la terra ferma, nel dare la precedenza all’iguana che attraversa la strada o nel comprare il pesce dal pescatore mentre orde di pellicani e fregate volano a pochi centimetri dalla mia testa e un leone marino lavora come aiutante. L’arcipelago è al 97% Parco Nazionale, il restante è abitato, il che significa che un viaggio alle isole porta alla scoperta di luoghi remoti dove l’ecosistema è tuttora intatto e si lavora molto per preservarlo. Un luogo unico, una destinazione fuori dal comune. Probabilmente non la più bella in termini di vita “mare e spiaggia”, non che non si possa fare, ma è meno scontato di quello che si possa credere. Decisamente una destinazione impressionante ed interessante a livello storico, geologico e naturale. Impossibile non lasciarsi affascinare da queste isole, a prescindere che si sia amanti della fotografia, scuba divers (a quanto pare qui si fa il migliore scuba diving del mondo), o amanti della natura. Sfido a trovare un luogo del genere. Io vivo in un luogo sui generis e privilegiato, quello che vedo qui giornalmente non si può incontrare in nessun’altro angolo del mondo, ho imparato a convivere con gli animali, anche quelli che mi mettevano paura, come per esempio gli squali. Puerto Ayora è piccola e quindi faccio vita di paese, che significa noia a volte, ma mi basta fare un po’ di snorkeling o camminare lungo il sentiero per andare a Tortuga Bay o mi basta andare ad acquistare il pesce fresco dai pescatori, che come aiutante hanno un leone marino, questo basta a ricordarmi perché questo luogo è tanto speciale. Il fatto poi di vivere in un piccolo centro mi riporta un po’ alla mia vita a Taormina. Una vita di paese, dove tutti ti conoscono, dove tutti ti salutano pur senza sapere il tuo nome e dove si dorme tranquillamente con le porte e le finestre aperte. La criminalità praticamente non esiste. La sanità funziona abbastanza bene, è gratuita anche per i turisti. Io onestamente non ho mai avuto bisogno di rivolgermi ad alcun dottore o ospedale, però da quanto mi è stato riferito tutto funziona abbastanza bene anche se alcuni abitanti del posto, soprattutto chi ha le possibilità economiche, preferiscono pagare assicurazioni mediche per potersi far curare in strutture private.

 

Tutto molto bello…ma qualcosa di negativo ci dovrà pur essere, no?

 

Il contro è correlato alle dimensioni limitate dei centri abitati, alla lunga, vivendo in un piccolo centro e non facendo la vita da turista, a volte ammetto di annoiarmi, qui non hai molto da fare e le comunità locali non organizzano molto a livello culturale né ricreativo. La vita da mare non è sufficiente una volta che passi dallo status di turista a quello di “semi-residente”. Purtroppo andare via da qui, per esempio volare in Ecuador per qualche giorno per poi tornare, significherebbe pagare ogni volta $550 tra biglietto aereo ed ingresso al Parco, quindi capita che vivendo qui per un lungo periodo ci si possa sentire come chiusi in una gabbia dorata. Noi turisti non godiamo di alcun beneficio e dobbiamo pagare il massimo in termini di tariffe aeree e costo di entrata al Parco Nazionale.


Quindi, da quel che ho letto fra le righe, non lo consiglieresti come un luogo in cui vivere, giusto?

 

Sì, infatti. Consiglio le Galapagos come un posto dove fare una vacanza, non per viverci quotidianamente. Per 10 giorni per esempio è una località perfetta, ogni giorno si può prendere parte a diverse attività, andare alla scoperta di una nuova isola, non ci si annoia. Di contro se ci si ferma in una delle città principali, alla fine la vita è un po’ noiosa. Puerto Ayora per esempio è la cittadina più grande e porto principale dell’arcipelago, un piccolo centro abitato dove non succede molto e alla lunga potrebbe stancare. E poi, trasferirsi alle Galapagos è praticamente impossibile, a meno che non ci si sposi e si ottenga la residenza. C’è la possibilità di contrattare per potere rimanere un anno, ma la residenza è difficile da ottenere anche per gli stessi ecuadoriani. Unica soluzione: il matrimonio. Purtroppo al momento queste sono le leggi e sebbene dica purtroppo, dall’altro lato sono contenta, perché questo luogo è troppo delicato e fragile per potere permettere trasferimenti di massa. Rischierebbero di compromettere l’ecosistema attuale ed è quindi giusto tutelarlo.

 

 

Quali sono i posti delle isole che ami in particolar modo?

 

Tutte le isole hanno qualcosa che amo. La bellezza di questo luogo è che per quanto piccolo, ogni singola isola ha un proprio ecosistema e una flora e una fauna a parte. Per esempio: mi piace isola Seymour perché solo qui posso fotografare fregate magnifiche o Sule dalle zampe azzurre. Mi piace isola Bartolome per lo spettacolare panorama che si vede una volta raggiunta la vetta del vulcano e i pinguini. Mi piace isola San Cristobal perché solo qui cammini letteralmente tra colonie di leoni marini, non solo nelle spiagge ma anche per le strade. Mi piace Isola Isabela per la sua spiaggia bianca e larga, Puerto Ayora per la splendida Tortuga bay, considerata una delle spiagge più belle del mondo. La vita sottomarina poi è come un viaggio in un viaggio. Nuotare con i leoni marini o sguazzare tra gruppi di squali è un’esperienza che ogni volta mi emoziona fortemente. Non c’è quindi un posto che mi piace realmente più di un altro. Un viaggio qui significa non vedere mai la stessa cosa e fare un’esperienza che va ben oltre quella di mare e spiaggia.

 

Galapagos Vs Italia: quali sono le differenze riscontrate?

 

Difficile a dirsi, a volte credo che la mentalità, forse in quanto latini, non sia troppo distante. La verità è che non vivo in Italia da tanti anni, ho vissuto per anni a Londra, viaggio da due anni e non so più neanche io se l’Italia di cui parlo è l’Italia di adesso. La differenza, ed estenderei la cosa all’Ecuador in generale se non a tutto l’America Latina, è che credo che questi Paesi stiano crescendo a fronte di una crisi italiana. Vedo un mercato saturo (quello italiano) contro un mercato nuovo e giovane (ecuadoriano/latino americano) e pieno di opportunità.

 

Vuol dire che ci sono maggiori opportunità lavorative?

 

Credo proprio di sì. Come ho detto prima, i Paesi latinoamericani stanno vivendo anni di crescita economica contro una crisi pressante in Europa ed in Italia. Per esempio, il settore del web e della comunicazione qui è agli albori. Tant’è che, insieme ad un socio, abbiamo pensato alla creazione di un sito che possa commercializzare un modo di viaggiare in maniera alternativa alle Galapagos, non solo perché effettivamente questa destinazione richiede un’organizzazione preventiva, a differenza di tutti gli altri Paesi dove sono stata, ma anche perché mi sono accorta che in pochi lavorano online, le potenzialità per riuscire a creare un buon prodotto e commercializzarlo ci sono. Non voglio dire che è facile, dico però che è interessante e vedo degli sbocchi possibili.

 

Raccontaci qualcosa in più di questo progetto…


Come backpacker ho sempre viaggiato cercando di ottimizzare il mio budget di viaggio, limitato, senza precludere alcuna destinazione. Arrivata in Ecuador i prezzi che mi erano stati preventivati per 6 giorni alle Galapagos erano decisamente fuori il mio budget regolare, per lo meno lo erano sino a quel momento, con la stessa cifra spesa per 1 settimana potevo viaggiare 1 mese e mezzo in Bolivia, forse di più. Unica opzione, mi dicevano a Quito, era prendere parte ad una crociera. Nonostante l’alto costo, ho creduto che questa occasione non si sarebbe più ripetuta e ho preso la palla al balzo, utilizzando quindi soldi di emergenza, ho pagato $1500 per una crociera in catamarano economico per 5 giorni e 4 notti e volo. Parlando con colui che è stata la mia guida e attualmente socio, ho scoperto che le alternative per viaggiare alle isole ci sono, che non è necessario pagare una crociera e che ci sono alternative di viaggio più economiche ed etiche, in grado di contribuire attivamente all’economia delle comunità locali e allo stesso tempo soddisfano appieno la visione generale che si può avere dell’intero arcipelago. Per quanto mi riguarda, forse in maniera più completa di quanto non possa farlo una crociera di 5 giorni. Così è nata l’idea di creare un sito dove proporre soluzioni alternative di viaggio alle Galapagos, quali tours di terra e islands hopping, con la possibilità di creare itinerari personalizzati in base a cosa si vuole vedere, fare e ovviamente in base al budget a propria disposizione. Soluzioni quindi per tutte le tasche, ideali sia per backpackers che per chi invece vuole soggiornare in hotel di prima classe, che fanno risparmiare e permettono di vedere di più e meglio. Le Galapagos sono una destinazione di cui non si parla molto, per lo meno online, e quando lo si fa vengono descritte come inaccessibili o costosissime. Posso invece assicurare che, sebbene non siano esattamente low cost e sono indubbiamente più care rispetto ad altre e destinazioni in Sud America, non sono poi così inaccessibili come si vuole far credere. Il costo che incide sul viaggio alle isole è prevalentemente dato dal biglietto aereo (che generalmente costa tra i $350/$450) e dalla tassa di ingresso al Parco Nazionale che costa $100. Per tale motivo consiglio sempre di fermarsi quanto più possibile, una volta che si è speso così tanto per venire alle isole vale la pena fermarsi un po’ di più.

 

 

Tornando al tuo arrivo alle Galapagos, hai incontrato molti ostacoli dal punto di vista culturale e di inserimento?

 

Qui la mentalità è fortemente maschilista, la donna si dedica ai figli e alla casa mentre l’uomo deve in teoria, e dico in teoria, pensare a tutto. Purtroppo sulle isole a livello culturale non si fa granché, cosicché si ripiega sempre sull’andare allo stesso bar e fare sempre le stesse cose. E così, in assenza di alternative valide, gli uomini tendono ad ubriacarsi con le relative conseguenze, non è cosa rara sentire parlare di risse violente fuori dal bar per motivi futili, a volte davvero inesistenti oppure si dedicano alle scommesse, illegali ovviamente. Insomma non è tutto oro quello che luccica.Non un cinema né un piccolo teatro, né gruppi organizzati per i bambini. Mi sembra ci sia un generale disinteresse verso tutto questo. A livello di inserimento, non ho incontrato alcun ostacolo anzi, sono stata accolta a braccia aperte da tutti e ho fatto amicizia molto facilmente. Ho creato un gruppo di amici e casa mia è il punto di incontro per molti, visto che vivo al centro di Puerto Ayora. Per le motivazioni di cui su, non esco molto la sera, però sono riuscita a ricreare il mio stile di vita italiano, fatto di cene caserecce e serate passate in compagnia, senza dovere per forza terminare la serata al bar o in discoteca e ai locali piace.

 

Come vengono considerati gli italiani?

 

Piacciono come amici ma non piacciono molto come clienti, parola di guide naturalistiche. Traducendo letteralmente: siamo dei veri rompiballe. Non siamo mai felici, non lasciamo mance, ci lamentiamo sempre, non parliamo le lingue. Il primato come clienti preferiti lo hanno invece gli americani, grandi mance, poche pretese, sono sempre felici. Gli italiani vogliono pagare poco per avere il miglior servizio. Questo però posso assicurare che mi ricorda anche i tempi in cui lavoravo come cameriera a Londra. Un tavolo di italiani generalmente era una patata bollente che nessuno voleva gestire.

 

Sei ormai via dall’Italia da più di due anni. Di cosa senti maggiormente la mancanza? E cosa invece non ti manca per niente?

 

Mi mancano i miei amici, la mia famiglia e il buon cibo. Di fatto, quando sono andata via sapevo benissimo cosa stavo facendo ed io per natura sono camaleontica, riesco ad adattarmi benissimo a tutte le situazioni e a tutti i luoghi. Mi sono sempre sentita a casa dovunque sia andata.Non mi manca il traffico di Roma e soprattutto non mi manca la filosofia molto italiana per cui spesse volte l’apparenza vale più di quello che siamo e non mi manca l’incapacità tutta italiana del non apprezzare le idee creative e poco convenzionali che, al contrario, vengono derise, smontate e mai sovvenzionate. Purtroppo inizio a credere che gli italiani ammazzino i loro sogni. Se solo imparassimo a pensare “out of the box”!

 

Che messaggio ti piacerebbe rivolgere a tutti coloro che ti leggeranno?

 

Vorrei dire che a volte anche le idee più strane possono avere dei fantastici risvolti, che se non si è felici dove si è facendo quello che si fa, le vie e le opportunità per cambiare la direzione ci sono. Bisogna solo saperle cercare, tentare e rischiare. Io avevo un sogno. In verità ne avevo tanti. Piano piano li sto realizzando tutti, uno dopo l’altro. Alcuni hanno subito delle modifiche strada facendo, ma se l’istinto dice che quella è la giusta direzione vale la pena ascoltarlo. Difficilmente si sbaglia. E se sbaglia….puoi sempre dire che ci hai provato, ma almeno non vivrai mai con rimpianti.

 

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A cura di Nicole Cascione

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