In Kazakistan con la famiglia, per amore

 

 

Erika, da Torino ad Atyrau, in Kazakistan per seguire suo marito. Un radicale cambiamento di vita affrontato con coraggio, reso ancora più complesso dalla presenza di due bambine molto piccole. Un trasferimento difficile, in cui Erika ha perso la propria identità, trovandosi a dover ricominciare tutto dal principio: ha ricostruito i suoi spazi, le sue attività, le sue amicizie ed abitudini. Oggi Erika è felice e soddisfatta delle sue scelte e della sua vita, che impegna in diverse attività.

 

Erika, dove vivevi prima di trasferiti ad Atyrau?

 

Prima di trasferirmi ad Atyrau, in Kazakhstan, vivevo a Torino. Da sempre. E’ la città dove sono nata e vissuta fino a 35 anni. A mio marito è stato offerto un lavoro in Kazakhstan ed è partito nel 2009. La nostra idea era che lui avrebbe “sondato il terreno” per capire se poteva essere una buona opportunità lavorativa per lui e una buona occasione per la famiglia. Le nostre bambine erano ancora piccole però e non è stato facile vivere lontani.

 

Così dopo un po’ è arrivato il momento in cui avete deciso di riunirvi…

 

Beh, non è stata una scelta facile. Ho lasciato il mio piccolo mondo, lo spazio che mi ero costruita da sola e ho deciso che avrei cambiato la mia vita, quella delle mie bambine, quella di tutta la famiglia. Ma posso tranquillamente affermare di non avere alcun ripensamento, sono tutto sommato felice e soddisfatta di ciò che ho scelto di fare.

 

Come è cambiata la tua vita da quando sei in Kazakistan?

 

Ho “perso” la mia identità e ho dovuto ricostruire tutto daccapo, i miei spazi, le mie attività, le amicizie, le abitudini. Per trasferirsi all’estero e soprattutto quando il Paese che ti accoglie è così differente da casa tua, devi avere per forza un enorme spirito di adattamento e molta iniziativa.

 

 

E le tue bambine come hanno affrontato il distacco dai loro amici e dai loro affetti?

 

La piccola non si è quasi resa conto e adesso è consapevole di avere due case e due mondi distinti: il mondo italiano e quello in Kazakhstan. Per la grande è stato più complicato. Lei aveva già la scuola, le amicizie, le attività che la legavano alla nostra città e dover voltare pagina è stato davvero difficile, anche perché una volta arrivati qui, ci siamo ritrovati a vivere in un Paese diverso, cultura diversa, clima diverso e lingua diversa e lei ha faticato non poco per capire e farsi capire. Oggi ha tanti amici, parla perfettamente inglese, segue senza problemi le lezioni a scuola e fa sport.

 

Come le hai preparate a questo viaggio?

 

Le ho spiegato che una famiglia non poteva restare lontana. Che un papà torna a casa la sera, che puoi e devi fare affidamento su entrambi i genitori e non era il nostro caso, perché Diego rientrava per pochi giorni, ogni due o tre mesi. Ho messo in valigia le cose che ho pensato potessero restituire loro un po’ di casa anche se eravamo lontani. Qualche gioco, qualche vestito e una pasta al pesto per i primi giorni. Poi, una volta qui, complice Skype che non ci ha mai fatto perdere i contatti in Italia, pian piano abbiamo ingranato la marcia e siamo partite.

 

E tu come ti sei preparata?

 

La mia mente era pronta da un bel pezzo. Ho trovato un sito molto bello (con cui oggi collaboro a pieno titolo, expatclic) in cui ho trovato moltissime indicazioni sul trasferimento (bambini, animali, valigie, passaporti…). Insomma, ho iniziato a compilare liste di cose da fare, da portare, da decidere e ho iniziato a costruire “una nuova vita”.

 

Mi hai detto di avere iscritto le tue bambine ad una scuola internazionale ad Atyrau. Hai potuto già notare differenze tra i due sistemi scolastici?

 

Sì, gli approcci sono completamente differenti. Come ovunque nel mondo, ci sono pregi e difetti. Il sistema americano è molto meno accademico di quello italiano, più intuitivo e giocoso, ma per il momento sembra efficace, anche se la scuola essendo molto recente ha ancora molte pecche.

 

Cosa hai portato con te in valigia dall’Italia?

 

Gli affetti. Le lettere. Le lacrime di parenti e amici, che negli ultimi giorni in Italia ci hanno salutato con la promessa di rivederci presto. Qualche giorno prima di partire abbiamo chiesto a tutti di raggiungerci in una gelateria all’aperto alle porte di Torino e per un intero pomeriggio, una “processione” di persone sono passate e si sono fermate insieme a noi. Questa giornata è IL ricordo che ho voluto mettere in valigia.

 

Un ricordo molto bello! Cosa invece hai preferito lasciarti alle spalle?

 

Ho provato e ancora ci sto provando in effetti a lasciarmi alle spalle alcuni ricordi brutti.

 

Ci sono tanti aspetti del nostro modo vivere occidentale che, in un espatrio come il tuo, vengono a mancare. Come sei riuscita a sopperire a tali mancanze?

 

Ci si inventa una nuova vita e nuove cose da fare, da decidere, da pensare. E’ inevitabile che un pezzo della tua vita non ci sia più e non ti abbia seguita, ma l’adattamento è fondamentale volendo vivere questo mondo e quindi basta immaginare e iniziare a ricostruire. A volte è un bene: ricostruisci qualcosa cercando di renderlo migliore rispetto al passato.

 

 

Cosa ti ha più spaventata in questo cambiamento di vita? E cosa invece ti ha reso più tranquilla?

 

Ho avuto paura di perdere la mia identità, di non riuscire più a ricostruirmi. E poi ero spaventata dal nuovo continente, da una lingua diversa, dal clima (che d’inverno è particolarmente rigido e arriva anche a meno 30). La tranquillità derivava dal fatto di avere tempo. Tempo per le mie bambine, per me, per la famiglia e per tutte le cose che amavo fare e che, soprattutto negli ultimi due anni, non avevo potuto fare.

 

E’ stato difficile imparare la lingua?

 

Ho studiato un pochino di russo prima di arrivare. Per il resto me la cavo con i gesti, con i sorrisi, con uno sguardo che a volte vale più che mille parole. Nella comunità espatriata invece la lingua parlata è l’inglese e passato l’empasse iniziale, ora me la cavo.

 

Come si vive ad Atyrau?

 

Io sono un’espatriata. La nostra è ovviamente una situazione privilegiata. Ma non è un posto malvagio in cui vivere: è sicuro e ci si può muovere in auto o a piedi con assoluta tranquillità. E’ una città nuova, nata in mezzo alla steppa per supportare l’esercito delle persone dell’oil & gas che sono arrivate qui per lavorare. E’ una città cara (più del resto del Paese) sia per le spese quotidiane, sia per gli extra e ogni tanto ci si chiede come possano i locali vivere qui. Le possibilità lavorative sono innumerevoli soprattutto nel campo dell’oil & gas, perché il Kaz è poggiato su uno dei giacimenti petroliferi più grandi del mondo, di cui attualmente non si è ancora estratto nulla. E’ un Paese che sta crescendo e c’è molta richiesta di personale specializzato.

 

Come definiresti la tua esperienza da expat?

 

E’ un’esperienza unica: poter vivere un popolo diverso, capirlo e infine amarlo è una sensazione che non ha prezzo, ma sei comunque un ospite. Non sei nel tuo mondo, non sarai mai realmente a casa e tutti i tuoi affetti sono lontani.

 

Come passi le tue giornate? Di cosa ti occupi?

 

Collaboro con il sito expatclic, scrivo un blog, mi occupo delle attività delle mie bambine, a scuola e fuori. Ho molto tempo e non sempre è un bene: a volte ti sembra che le giornate siano un po’ vuote e che tu non sia così fondamentale, poi passa…

 

Ci sono mai stati dei momenti in cui avresti voluto mollare tutto per ritornare in Italia?

 

Sì, tante volte e credo che sia normale. Tornare in Italia equivale a tornare a casa, in un luogo conosciuto e protetto e ogni tanto fa bene anche solo pensare che ci sia un luogo nel mondo che davvero ti appartiene e in cui ti puoi rifugiare.

 

Che consiglio vorresti dare a tutti coloro che si apprestano a diventare expat come te?

 

E’ un’esperienza bella ed edificante, ma anche faticosa. Non abbiate pregiudizi, a volte i Paesi che pensiamo siano i più belli, sono quelli più impegnativi perché manca un supporto in loco ed è facile sentirsi soli, soprattutto per chi, come me, “subisce” l’espatrio.

Ma è sempre una meravigliosa opportunità che dev’essere presa al volo.

 

www.mangiaeviaggia.it/blog/erikina

 

Erikaexpat
Redazione di Expatclic.com


er********@ex*******.com

 

A cura di Nicole Cascione

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