Salviamo il Muro di Berlino!

 

È difficile immaginare un monumento che rappresenti meglio la storia del secondo dopoguerra del Muro di Berlino. Simbolo tangibile della Guerra Fredda prima e della Riunificazione delle due Germanie poi, é sempre stato un catalizzatore di emozioni estreme: i berlinesi hanno passato quasi trent’anni ad odiarlo e a morire per cercare di attraversarlo, ma col tempo hanno trasformato quella striscia di cemento in uno dei simboli della città. Oggi di nuovo due forze inconciliabili si fanno guerra lungo i suoi bordi, e di nuovo il volere dei politici e quello della gente prendono direzioni opposte.

 

La nascita del simbolo della Guerra Fredda

 

Alla fine della seconda Guerra Mondiale Hitler e i Nazisti erano stati sconfitti e Berlino era ridotta ad un cumulo di macerie. Russia, America, Francia e Inghilterra, ossia le potenze europee vincitrici, avevano deciso di spartirsi la città in zone d’influenza, ma già dopo pochi mesi le tensioni si fecero sempre più frequenti e fu chiaro a tutti che conciliare la visione comunista del mondo che aveva la Russia con quella capitalista delle altre potenze sarebbe stato impossibile. Fu proprio a Berlino che ebbe inizio la divisione del mondo in due blocchi. All’inizio degli anni ’50 i berlinesi potevano ancora muoversi liberamente da un settore all’altro della cittá, ma con l’intensificarsi della Guerra Fredda vennero introdotte sempre più restrizioni, che però molti cittadini della neonata DDR (la Germania orientale, quella comunista) sfidavano per andare a rifugiarsi a Berlino Ovest, di fatto un pezzo della BDR (la Germania occidentale, capitalista).

 

Per mettere un freno a questa fuga la DDR nella note tra il 12 e il 13 agosto 1961 fece costruire un muro che separasse Berlino Est da Berlino Ovest, definendolo „una cortina di protezione antifascista“. Presto il muro venne fortificato, trasformandosi in una barriera praticamente insormontabile: due file di lastroni di cemento alti quasi cinque metri divisi tra loro da una striscia di sabbia controllata a vista dai cecchini, la cosiddetta striscia della morte.

 

Go West! I tentativi di fuga

 

Passare da Ovest a Est era relativamente facile, ma il contrario era praticamente impossibile: ottenere un permesso per andare a Ovest per i cittadini della DDR era molto difficile. Eppure il muro aveva diviso famiglie, amici e amori nel giro di una notte, e molti non si rassegnarono. Oggi il Check Point Charlie, uno dei punti ufficiale di passaggio tra Est e Ovest, é stato trasformato in un museo, e al suo interno si possono avere un sacco di dettagli sui piani di fuga dei berlinesi: tunnel scavati sotto al Muro, macchine truccate con passeggeri nascosti di fianco al motore, mongolfiere, documenti falsificati. I tentativi furono tanti, alcuni dei quali finirono in tragedia: i cecchini di guardia alle frontiere avevano l’ordine di sparare a chiunque tentasse di scappare. Le vittime ufficiali furono 134.

 

 

I resti: il memoriale nella Bernauer Strasse e la East Side Gallery

 

Se volete vedere un pezzo di Muro con tanto di striscia della morte e torretta di sorveglianza, il memoriale nella Bernauer Strasse é quello che fa per voi: lí potrete trovare un sacco d’informazioni utili, anche in italiano. Si tratta forse dell’unico pezzo di Muro “completo” ancora in piedi: dopo ventotto anni di divisione forzata i berlinesi non vedevano l’ora di sbarazzarsi del muro, che infatti é stato abbattuto quasi totalmente nel giro di un paio di mesi dopo la sua caduta, avvenuta il 9 Novembre 1989.

 

Un’altra striscia ancora visitabile é la famosa East Side Gallery, vicino alla Warschauer Strasse. Si tratta di un chilometro e mezzo di muro di fronte allo Spree che nel 1992 é stato messo a disposizione di artisti internazionali col compito di renderlo un monumento alla pace e alla libertà. I suoi disegni coloratissimi l’hanno trasformato in una delle attrazioni turistiche piú visitate della cittá.

 

Appartamenti di lusso sulla striscia della morte

 

Ormai da anni l’amministrazione di Berlino tenta di rimpolpare le sue magre casse vendendo i terreni situati sull’ex confine tra Est e Ovest, precedentemente non edificabili per colpa del muro e oggi di nuovo centralissimi. Di solito gli acquirenti sono le grandi societá multinazionali, che li usano per edificarvi le loro sedi, e i grandi speculatori immobiliari, che invece vi costruiscono edifici residenziali esclusivi. Uno di questi investitori, Maik Uwe Hinkel, ha progettato e fatto approvare dal Senato cittadino il progetto “Living Bauhaus”, trentanove appartamenti di lusso che andrebbero a sorgere direttamente sulla striscia della morte situata dietro alla East Side Gallery. Il progetto prevede anche l’abbattimento di un pezzo di muro per far posto alle uscite di sicurezza dell’edificio. Quando meno di un mese fa le ruspe hanno cominciato a smontare i primi pezzi di Muro, migliaia di berlinesi sono insorti, bloccandole. La petizione online per il salvataggio della East Side Gallery ha raccolto più di 87 mila firme in poche ore, anche grazie ad un concerto che David Hasselhoff ha tenuto gratuitamente per sensibilizzare l’opinione pubblica (sí, proprio il Mitch di Baywatch!).

 

 

e adesso?

 

Ancora non si sa cosa succederà. L’investitore si é detto disposto a barattare il terreno a ridosso della East Side Gallery con un’altro di pari valore, ma cosa può competere col prestigio di vivere praticamente sul muro, per di piú in un punto così centrale e panoramico? Il Senato cittadino ha approvato il progetto e adesso é difficile fermarlo, eppure a me (e a molti berlinesi) tutto questo sembra assurdo: sarebbe come se i romani vendessero il Colosseo per costruirci dentro un condominio di lusso. 

 

Una possibilità per salvare il Muro potrebbe essere quella d’includere la East Side Gallery nel patrimonio mondiale dell’Unesco, riuscendo così a proteggerla, ma si tratta di un processo molto lungo. Ironia della sorte: quasi trent’anni di lotta per arrivare ad abbattere il Muro, e adesso Berlino si ritrova a lottare per salvarne i resti.

 

Elisa Menozzi