Oslo fotografata da Matteo

 

Matteo, spinto da un forte desiderio di viaggiare, già dall’età di 20 anni ha lasciato l’Italia, la sua Parma, per girare il mondo in lungo e in largo. Dopo ben sette anni, trascorsi visitando numerosi Paesi e lavorando come barista e cameriere, si è stabilito ad Oslo, questa volta definitivamente, insieme a sua moglie Natalie. Atene, Buenos Aires, Parigi, sono solo alcune delle città in cui ha vissuto, ma fra tutte, Oslo racchiude tutte le caratteristiche ricercate a lungo da Matteo, che ora spera di potersi dedicare completamente anche alla sua grande passione: la fotografia.

 

Matteo, hai girato molto prima di stabilirti ad Oslo…

 

Sì, diciamo che volevo esplorare e viaggiare il più possibile, così ne ho fatto la mia occupazione a tempo pieno; per capire e conoscere veramente un Paese, bisogna viverci e parlare la sua lingua, essere come uno dei suoi cittadini, solo così si può cominciare a farsi un’idea di com’é quel Paese. E’ uno stile di vita bellissimo, ma anche molto stancante, inoltre non permette di costruire nulla, poiché sei costretto a cambiare sempre casa e stile di vita. Sono di Parma, ma non ci vivo più da sette anni e mezzo e prima di arrivare ad Oslo vivevo ad Atene. Ho vissuto in questo modo per sette anni (dai venti ai ventisette) e ne sono molto fiero, ora però voglio fermarmi, avere una base dove posso sempre tornare, una casa che non sia temporanea.

 

Durante questi anni di continuo viaggiare, ad un certo punto hai avuto il desiderio di stabilirti a Buenos Aires. Com’è andata?

 

Malissimo. Se proprio ci si vuol trasferire in un Paese che ha determinate difficoltà, é meglio essere proprietario di qualcosa. Se invece ci si va come lavoratore, proprio come feci io, la vita sarà molto dura, come quella degli abitanti del resto che, a differenza nostra, non hanno scelta. Sono rientrato in Europa dopo solo un mese, con molti meno risparmi, un bellissimo viaggio alle spalle e nuove conoscenze.

 

Ogni volta che arrivi in un posto nuovo, quali sono le prime cose che fai?

 

Prima di tutto, cerco di contattare le persone o la singola persona del posto, in grado di fornirmi un primo luogo dove dormire. Poi, a partire dal giorno successivo, inizio a cercar casa, anche temporanea. Indipendentemente da quanto tempo ci voglia a trovare casa, entro la fine della prima settimana, inizio anche a cercare lavoro. Questo mi permette anche di esplorare bene la città e di capire dove sono finito, farmi una prima impressione di come si comportano le persone del posto, cosa si deve fare e cosa non si deve fare.

 

Con quali stati d’animo hai affrontato l’impatto con le nuove e diverse culture con cui sei entrato in contatto?

 

Io sono una persona ansiosa di base, perciò ogni nuovo adattamento e nuova realtà, ha portato con sé attacchi di panico, confusione e compagnia bella. Superato il primo impatto però, si va in discesa, nel senso buono. Al traguardo ci si sente a casa. La cosa più frustrante, quando cambio Paese, è il tempo che impiego ad imparare la nuova lingua, perché finché non la imparo, sono uno straniero al 100% e mi sento come un pesce fuor d’acqua. Ci si sente sempre un po’ stranieri, ma quando si conosce la lingua, si ha accesso alla cultura in senso generale, ci si può sentire per metà come un cittadino locale e si può fingere tra sé e sé di esserlo completamente, a volte: a Berlino ci sono passato come francese un anno e come greco un altro anno, semplicemente perché ero in visita rispettivamente con francesi e greci e parlando la loro lingua, girando, vedendo ed interpretando con loro e come loro, era come se fossi uno di loro. In Argentina invece, nonostante fossi solo con francesi, la maggior parte del tempo, mi sentivo più italiano, perché nessuno di noi parlava spagnolo ed io ero l’unico che parlasse l’italiano e ci si capisce molto meglio tra spagnoli ed italiani, che tra francesi e spagnoli.

 

In questo continuo girovagare come sei riuscito a mantenerti economicamente?

 

Dopo due o tre anni di permanenza in un posto, utilizzavo i risparmi per migrare nuovamente. Un paio di volte però, le cose non sono andate come previsto. Una volta in Grecia ed una seconda volta qui in Norvegia, mia madre ha dovuto aiutarmi, la seconda volta parecchio anche, se non ci fosse stata lei sarei dovuto rientrare in Italia o farmi un’altra stagione su un’isola in Grecia. Questo purtroppo, é un altro svantaggio del girare sempre: ogni risparmio viene utilizzato per spostarsi nel luogo successivo. 

 

 

 

Ora invece sei ad Oslo e fai il barman. Come sei riuscito a trovare questo lavoro?

 

Ho iniziato col metodo che uso sempre: sono andato di bar in bar con il mio curriculum in inglese. Ben presto ho capito che qui funziona diversamente, tutto avviene tramite internet e il curriculum cartaceo finisce nel cestino. Perciò ho scritto "bar" e "Oslo" su google maps e ho inviato un curriculum per posta elettronica ad ogni puntino rosa che c’era, uno ad uno con un e-mail specificatamente redatta per il bar in questione, per mezzo di una linea internet gratuita, quella delle biblioteche di Oslo. Ci ho impiegato giorni interi a completare l’operazione. Ho anche risposto a tantissimi annunci. Ero particolarmente frenetico nella ricerca del lavoro, a causa della differenza del costo di vita tra qui ed Atene (che poi si é rivelato essere non così diverso) ed anche perché ero venuto qui con risparmi limitati, cosa che si é poi rivelata essere un grosso errore. Devi essere sfacciato e proporti in ogni posto possibile. Bisogna liberarsi subito degli schiavisti e della gente poco seria.

 

Mi hai detto di essere anche un fotografo, ci parli di questa tua passione?

 

Prima di scoprire la fotografia, scrivevo. Giravo e scrivevo (non in italiano, ma in inglese) e pensavo che sarebbe stato così per sempre. Poi un giorno ho comperato una macchina fotografica Reflex, per prendere appunti visuali per un romanzo che stavo scrivendo, quando vivevo a Parigi. Il romanzo non l’ho mai finito. Dopodiché, per diversi anni, ho scattato tantissime fotografie tutti i giorni, letto tanti libri e blog, ecc.. Sono arrivato persino a sviluppare correttamente la pellicola a colore, a mano nella vasca da bagno e nel lavandino, semplicemente guardando youtube. Ciò che occupa tutto il mio tempo libero, quando non lavoro, sono i miei progetti fotografici, anche se ormai si mischiano molto con la scrittura e la grafica. Si tratta soprattutto di documentari molto soggettivi, ma anche definirli così non é molto preciso. In pratica mischio scrittura, fotografia e grafica (e/o disegno, quando ho un artista che mi aiuta) e ciò che ne viene fuori, sono come dei piccoli racconti composti da foto e fumetti, come un foto-romanzo evoluto. E’ stato esibito ad Atene uno di questi progetti con il nome "Coastline, Athens". Si tratta di una passeggiata a fumetti e foto di tutta la costa della città, dalla punta chic a Sud: Vouliagmeni, ai cantieri Navali a Nord: Perama.  Adesso sto realizzando un vero e proprio libro a fumetti con le stesse tecniche utilizzate in questo progetto, con l’eccezione che i fumetti non sono realizzati con Photoshop, ma sono disegnati da artisti e da me (ma solo nel prologo) e le fotografie compongono lo sfondo di ogni singola vignetta. Il tema del libro é proprio la migrazione trans-europea di persone della mia generazione, non solo italiani ed è centrato più sulle emozioni e sui problemi ricorrenti, provocati da questa migrazione. Inoltre, faccio ritratti e foto-promozione per musicisti, questo è ciò che voglio costruire qui ad Oslo.

 

Per quanto tempo pensi di rimanere ad Oslo?

 

Per il momento, credo che rimarrò qui per un tempo indeterminato. Mi piace davvero tanto e ci sono certe cose che considero essenziali per me, come la natura facilmente accessibile, città tranquilla e pacifica -non troppo grande-, mare e monti, sistema estremamente organizzato e trasparente. Inoltre, cosa essenziale, non piace solo a me, ma anche a mia moglie! Conto di stabilirmi qui e fare come fanno molti del posto (tra cui tantissimi Svedesi): lavorare molto per 6-7 mesi l’anno e poi fare un viaggio di 1-3 mesi, per poi ritornare qui. Credo che questo sia un metodo meno estremo di viaggiare, rispetto a quello che ho usato sinora; inoltre mi permette di visitare quei Paesi in cui vivere come un lavoratore é molto difficile o improponibile.

 

Per quale motivo hai scelto proprio la Norvegia?

 

La scelta è avvenuta come per gli altri luoghi da me visitati, a caso o per convenienza. Volevo andar via dalla Grecia, volevo andare in un Paese che avesse la potenzialità di sedurmi e di farmi rimanere, quindi occorrevano determinate condizioni di cui sopra. Avevo due contatti qui ed un mio grande amico contava di spostarcisi entro un anno. Né io né mia moglie volevamo tornare a Parigi o in Belgio, inoltre lei non parla l’italiano e lavorare in Italia, parlando solo la lingua inglese, non sarebbe stato molto pratico. L’Inghilterra non ci ispirava; la Germania piaceva a me, ma non a lei; l’Austria, viceversa. In Scandinavia avevamo contatti solo in Norvegia, perciò la scelta è stata molto facile. Abbiamo deciso di trasferirci a novembre 2011 ed io arrivai qui in febbraio 2012, mia moglie a marzo.

 

 

 

Come sei stato accolto?

 

Molto bene, a parte la barriera lavorativa rappresentata dalla lingua. Una volta che hai un contratto, puoi ricevere una tax card, una carta fiscale con un numero che ti identifica e che ti offre gli stessi diritti di un norvegese, per quel che concerne lavoro, sanità, assistenza, ecc.. Basta avere un contratto di almeno 10 ore lavorative a settimana. Questa carta è a tempo determinato, però la si può rinnovare. Inoltre, se ho ben capito, dopo 5 anni di lavoro ininterrotto (a tempo pieno), si può facilmente ottenere la cittadinanza, a patto di rinunciare a tutte le altre, questo vale anche per i norvegesi: la doppia-cittadinanza non é prevista dalla legge. La gente infatti si stupisce spesso del fatto che possiedo due passaporti: uno statunitense e uno italiano.

 

Hai lasciato l’Italia giovanissimo. Quali sono state le motivazioni che ti hanno indotto a farlo?

 

Ho lasciato l’Italia a vent’anni, spinto da vari motivi, primo fra tutti quello legato ai contratti d’apprendistato, per mezzo dei quali ti pagano molto poco, perché "stai imparando". Questo ha senso per molti mestieri, ma non per altri, come per il magazziniere ad esempio, per il quale non occorrono di certo tre o più anni per imparare. Ma, aldilà di questo, non é che avessi molte idee politiche all’epoca, volevo semplicemente viaggiare e non m’importava dove. Il fatto che lavorassi a tempo pieno, che non potessi comunque permettermi un affitto e che riuscissi a malapena a pagare un debito per una macchina usata, mi ha dato la spinta per abbandonare l’Italia. Sono partito in Grecia per raggiungere l’ex-moroso di mia madre, su un’isola dove dovevo, in teoria, lavorare come "barman" e mi ricordo che leggevo un libro di cocktails, preso dalla biblioteca di Sala Baganza (PR) sull’aereo. Inutile dire che fui licenziato più volte perché non conoscevo il mestiere. Dopo aver cambiato diversi lavori dalle condizioni lavorative di gran lunga peggiori di quelle che avevo lasciato nel mio Paese, trovai un bar in cui il manager, durante tutta l’estate, mi insegnò il mestiere che faccio tutt’ora. Il mio desiderio era quello di viaggiare e, in tal modo, l’ho realizzato. Le mie aspirazioni erano quelle di trovare un lavoro giusto ed in regola, che mi permettesse di vivere dignitosamente e quindi di potermi dedicare alla scrittura (in seguito alla fotografia) a cuor leggero, cosa che ottenni solo diversi anni dopo a Parigi. Molte delle mie aspirazioni si sono realizzate. In Italia non mi importava molto di studiare, ma dopo poco tempo all’estero, volli iscrivermi all’università, tuttavia cambiando sempre Paese, non è stata un’impresa facile. Sono riuscito almeno ad ottenere un diploma di maturità… in francese a Parigi, lavorando di notte e studiando di giorno per un anno. Adesso sono passato a nuove aspirazioni e desideri, come quello di costruire qualcosa di concreto nella mia vita e quello di creare una famiglia.

 

Perché hai deciso di fermarti ad Oslo? Cosa ti offre di più rispetto alle altre città in cui hai vissuto?

 

Perché qui si vive veramente bene, il sistema è incredibilmente trasparente ed efficace. Per avere un dottore di famiglia è bastata una semplice telefonata di cinque minuti per due persone e ci hanno chiesto persino le nostre preferenze riguardo la scelta del dottore. Inoltre, per la prima volta, sono stato pagato il doppio avendo lavorato durante un giorno festivo, senza dover protestare o chiedere nulla. Questi sono solo due esempi. In compenso bisogna amare e dico amare, le giacche e i cappotti di tutti i tipi, la neve e il freddo. Per la luce non ho avvertito molti problemi finora, sarà perché ho sempre vissuto di notte gli ultimi 7 anni. Anzi, vedo più luce ora rispetto a prima, poiché d’estate c’é luce sino alle 23 e comincia ad albeggiare intorno alle 2:30 – 3. Per quanto concerne i prezzi per la spesa, se si fa attenzione, non è molto più caro che altrove, eccezione fatta per il manzo e certi frutti. Bisogna imparare a capire in quali luoghi è possibile comprare tutto ciò che serve. L’alcool é carissimo e lo è anche il mangiare fuori al ristorante o in paninoteca, ma mi ci sono abituato rapidamente a questo, smettendo di fumare, bevendo pochissimo e cucinando a casa, tutta salute del resto. La gente del posto è estremamente sportiva e questo incoraggia molto a praticare sport e, se non sei scandinavo, ti incoraggia anche a uscire meno a fare baldoria. Le maggiori differenze riguardano innanzitutto le persone: i norvegesi sono molto più freddi degli italiani, nel bene e nel male. Non perdono il controllo quando sono stressati (al lavoro questo é molto bello), ma é anche molto difficile che si lascino conoscere a fondo in poco tempo. Una cosa buffa che ho notato, è che quando andavo in cima ad un monte nell’Appennino Parmense e ammiravo il panorama, vedevo chiazze di alberi qua e là e tanti chilometri di campi coltivati e casette. Qui quando vado in cima ad un monte e contemplo il panorama, vedo chiazze di campi qua e là in mezzo alle foreste e pochissime casette. E’ un’altra cultura completamente differente, un altro approccio alla vita e alla società e, sebbene sia vicinissimo all’Europa, nonché sul continente Europeo, é diversissimo da qualunque Paese abbia visto sinora. Persino l’Argentina mi era più familiare.

 

E per quanto riguarda la situazione lavorativa che ci racconti? Hai notato qualche differenza con l’Italia?

 

Questa é una domanda difficile per me, avendo abbandonato l’Italia dopo pochi anni di lavoro. Posso dire che, a confronto di altri Paesi dove ho vissuto, non devo sistematicamente insistere per farmi pagare ciò che mi è dovuto, né insistere perché mi si dia un contratto vero e completo. Inoltre, il mio padrone non vuole né una parte né tutte le mance; se mi ammalo non perdo soldi e conseguentemente non devo più andare al lavoro con la febbre; gli straordinari mi sono pagati al tasso dovuto, senza storie; mi si rispetta; non si insulta né si maltratta mai un lavoratore e lo si tratta con garbo ed educazione, sempre. Questo fa sì che al lavoro tu sia molto più produttivo. Quando sono arrivato qui non avevo più la minima voglia di lavorare nella ristorazione eppure, l’assenza dei problemi sopraelencati, mi ha fatto ritornare il desiderio. Bisogna dire tuttavia che io lavoro in un settore molto particolare, che non é per nulla rappresentativo della situazione lavorativa nei Paesi dove ho vissuto, l’Italia compresa. Invece, illustra al 100% la situazione lavorativa di camerieri, aiuto-cuoco, lava-piatti e barman, in tutta l’Europa e ci sarebbe da vergognarsi più e più volte. Ed ogni volta hanno una buona scusa per chiudere un occhio su una parte o addirittura su tutti i tuoi diritti: ne ho sentite in tante lingue ed in tanti posti, qui non succede e se succede, è molto facile farsi giustizia (legalmente parlando). Questo é un vero sollievo.

 

Quante possibilità ci sono di trovare un lavoro?

 

Qui esiste un problema unico per ogni tipo di lavoratore straniero, eccezion fatta per i settori altamente specializzati, come quello della ricerca, dell’ingegneria, ecc.. (c’é una grande industria petrolifera): la lingua. Un datore di lavoro preferirà, per ragioni pratiche ovviamente, un lavoratore che sappia parlare almeno una lingua scandinava. In certi mestieri non si può esercitare proprio, senza conoscere la lingua. Quando si ha fretta di trovare lavoro, è un po’ frustrante questo aspetto, considerando che tutti parlano bene l’inglese qui. Questo fa sì che, nonostante la grande domanda di lavoratori, quando si arriva qui e non si sa la lingua, non si riesce a trovare lavoro. Gli amici immigrati che ho qui e che lavorano bene e nel settore che vogliono, sono svedesi o sono talmente qualificati che é irrilevante il fatto che usino l’inglese per comunicare. Gli altri, invece, sono costretti a svolgere lavori, dove la lingua non è un problema, anche se hanno qualifiche o conoscenze in un altro settore: consegnano giornali, lavorano in cucina, servono nei bar. Quando si impara la lingua, ci si alza di livello. Per quanto concerne il campo con maggiori possibilità di lavoro, non saprei indicarne uno con esattezza, poiché ho ricercato esclusivamente lavoro nel settore dei bar e ristoranti ed inizio solo ora, dopo quattro mesi, a propormi come fotografo. So di sicuro che l’industria petrolifera é estremamente attiva, in particolare nel Sud-Ovest del Paese, in città come Stavanger.

 

Cosa puoi dirci riguardo al permesso di soggiorno?

 

Gli Europei finché hanno un lavoro, hanno una carta fiscale e finché hanno la carta fiscale, non hanno problemi. Anche se si viene licenziati o se ci si licenzia, la carta fiscale rimane fino alla sua scadenza (può durare mesi, ma anche anni). Senza carta fiscale, se sei Europeo puoi in teoria rimanere solo 3 mesi come turista, senza permessi perché, sebbene la Norvegia non sia in Europa, esistono accordi di libero passaggio, ma é difficile definire da quanto sei qui, senza carta fiscale. In ogni caso, senza quella carta – per dirla come un mio amico greco che vive qui – "il sistema farà in modo che tu rimanga solo, poiché non potrai avere un conto in banca, né accesso a certi servizi, né entrate economiche di qualsiasi genere, poiché qui non esiste il lavoro nero. Sarai costretto ad andare via, se non avrai aiuti sostanziosi da amici e famiglia".

 

Interessante…. C’è qualche altra difficoltà a cui si può andare incontro in un’eventuale trasferimento?

 

Se non si é abituati a vivere in maniera estremamente spartana per mesi e ad avere un futuro in bilico per lo stesso periodo, consiglio vivamente di imparare la lingua, prima di venire qui o di andare in qualunque altra parte. Se non si può aspettare, si incontreranno i problemi di cui ho scritto. Inoltre, io e mia moglie, oltre ad essere in due e quindi a poter dividere le spese, abbiamo dei curriculum per bar e ristoranti molto buoni e quando lavoriamo, si vede da subito che si tratta di curriculum veritieri. Non so se avrei trovato lavoro senza l’esperienza e senza conoscere la lingua. Un mio amico greco che vive qui, era in quelle condizioni e riuscì fortunatamente a trovare lavoro, consegnando giornali, ma solo perché aveva a sua disposizione un’auto. Un altro mio amico ha dormito sul pavimento e su divani di diversi amici per mesi, poichè è difficile ottenere un appartamento qui, se non hai la famosa carta. Del resto io e mia moglie siamo in sub-affitto in 20 metri quadri da quando siamo arrivati (e siamo fortunati); ora che abbiamo un lavoro e la carta, quando scade il contratto ad agosto, potremo finalmente spostarci in un appartamento vero, con affitto a nome nostro. Bisogna inoltre prevedere una grande somma (3-4 volte l’affitto + il primo mese di affitto) come cauzione non negoziabile. Se non lo si ha tutto, si può racimolare quello che manca, lavorando molto di più, siccome gli stipendi sono alti, ma si tratta di una scommessa con la fortuna, perché può darsi che non troviate molto lavoro all’inizio senza conoscere la lingua o arrivando nella stagione sbagliata, come è successo a me.

 

Ci racconti qualcosa della realtà in cui vivi? Oltre a darci qualche buon consiglio….

 

Essendo stato solo ad Oslo sinora, non posso parlare per il resto della Norvegia, di cui conosco solo storie raccontate da altre persone. Qualcuno mi ha addirittura detto che a Trondheim d’inverno usano i ramponi da ghiaccio per girare in città e che le macchine scivolano giù nelle conche, ma devo ancora verificare. I fiordi sono bellissimi, calmi come dei laghi per la maggior parte del tempo e profumati come il mare, ma non aspettatevi l’azzurro della Costa Smeralda: sono blu e addirittura marrone a volte (non dovuto all’inquinamento). Se invece volete un lago che non profumi di mare, vi basta prendere la metro e scendere a Frogneresteren o a Sognsvann (a circa 20 e 15 minuti dal centro rispettivamente) e avrete laghi e boschi sino alla nausea, perché da lì, verso Nord non c’é praticamente nient’altro, tranne qualche cittadina prima di raggiungere Trondheim. Quando faccio dei giri in bicicletta ne vedo cosi tanti di laghi che mi confondo e mi perdo (successo già più volte). Se vi piace pescare, il paradiso terrestre esiste ancora ed é qui; per la caccia idem: vendono fucili da caccia e munizioni nei negozi di sport, di fianco a scarpette da ginnastica e costumi da bagno! Per quanto riguarda i trasporti, dimenticatevi la macchina in centro, perché hanno dei mini-caselli per entrare in città, con prezzi che vi faranno passare la voglia di usare l’auto, molto meglio noleggiarne una per farsi dei viaggi, quando serve. Questo non si applica alle automobili elettriche che entrano e parcheggiano gratis in tutto la città, ci sono persino delle prese elettriche lungo la strada per ricaricarle. Consiglio una bicicletta per la primavera/estate/autunno, perché la città non é così grande ed é molto più economico. Inoltre ci sono così tanti parchi e così tanti posti belli, vicini tra di loro, ricchi di posti difficili da raggiungere con bus, tram e metro e la bicicletta in questi casi è il mezzo ideale. Da notare che molti girano in kyak, canoa, windsurf e barca a vela nel fiordo durante il fine settimana.

 

Uscire fuori a bere é caro, persino con gli stipendi del posto, mangiare fuori é anche peggio. I norvegesi fanno tutti, grandi e piccoli, dei pre-parties, ossia dei festini a casa di un amico (a turno di solito), in cui si beve a dismisura prima di uscire, così da spendere meno nei bar. Il risultato non é molto efficace, perché la loro condizione finale impedisce la realizzazione dello scopo iniziale: vanno a ballare già così ubriachi, da non pensare più alle consumazioni e quindi continuano a bere e a spendere, lasciando delle fortune, spesso fino a stramazzare al suolo. A questo purtroppo bisogna abituarsi: se e quando bevono, non si fermano e non importa il contesto ( lavorativo o familiare). Il mio amico che consegna giornali, ha più volte dovuto trascinare in casa loro, gente inconscia che stava fuori di casa al freddo o aiutarli ad inserire le chiavi nella serratura o addirittura indicargli l’indirizzo leggendolo dal documento di identità, miracolosamente non perso. Sono abituati così, il giorno dopo fanno jogging e vanno al parco a fare dei barbeque e i funamboli, come se niente fosse successo (passatempo nazionale con tanto di kit usa e getta, disponibili in tutti i supermercati e nelle stazioni di benzina, da usare assieme alla corda da funambolo da attaccare a 20-30 cm dal suolo tra 2 alberi). Non so come ci riescano, se lo facessi io starei male i tre giorni successivi.

 

Dopo tutti questi anni, cosa ti manca dell’Italia?

 

Avere mia madre vicino, non posso più dire mia sorella perché vive a San Francisco ora, gli amici che sono rimasti a Parma, la mia famiglia, l’Appennino Parmense e quello Reggiano, il cibo ed infine i miei giri domenicali in Liguria. Mi mancano tantissimo da quando sono partito, sette anni e mezzo fa.

 

E da buon italiano cosa sei riuscito a portarti dietro?

 

Una grande attenzione nei confronti del cibo, rispetto ai coetanei di altri Paesi; a quanto pare, un accento "figo" in francese; un radar incorporato per trovare altri italiani all’estero; un costante desiderio di mangiare cose che non si hanno a disposizione; una madre con mille attenzioni per me; una famiglia che rimane sempre in contatto, nonostante le distanze; un senso eccessivamente critico per il buon caffè altrui, di cui si può parlare per ore con altri italiani emigrati ed un vuoto nel bagno, lasciato dal bidè (di cui si può parlare per ore con altri italiani emigrati).

 

 

 

Se tu potessi creare una realtà perfetta quali aspetti prenderesti dell’Italia e quali della Norvegia?

 

Credo che porterei tutto il cibo d’Italia e lo porterei qui assieme al clima, tranne che per un paio di mesi l’anno, perché 1-2 metri di neve, mi piacciono comunque. Probabilmente, prenderei anche il calore degli italiani e la unirei con l’organizzazione e, da non fraintendere o portare ad estremi, il senso di civiltà e il rispetto delle regole dei norvegesi. Forse metterei anche le Cinque Terre su un fiordo.

 

Rifaresti tutto ciò che hai fatto fino ad ora?

 

Assolutamente sì: con meno errori stupidi, con più coraggio e determinazione, che insieme possono fare una grande differenza.

 

Se pensi a te fra 10 anni, come e dove ti vedi?

 

Voglio sperare di fare ancora il barman solo 1-2 weekend al mese, per passione o per ricordo. Spero di vivere di una qualche forma di fotografia -possibilmente quella che mi son scelto-, con figli e ancora sposato con la loro madre (Nathalie, francese di Parigi). Sono anche molto curioso di vedere dove mi porterà la strada che ho imboccato, con le mie attività artistiche.

Matteo

 

 

A cura di Nicole Cascione 

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