“Pura Vida”: il diario di viaggio (e libro) di Dino Geromella

 

Un’avventura da backpacker da Panama al Guatemala, passando per Costa Rica, Nicaragua e Honduras, toccando il set dell’Isola dei famosi. Mille sfumature del centroamerica: piramidi Maya, popolazioni indigene, territori vergini, in contrasto con l’arrivo della globalizzazione, in cui resort di lusso, musica occidentale e piatti orientali, che poco hanno a che vedere con la cultura del posto, fanno ormai parte del variegato coacervo centroamericano.” Questa la descrizione del libro “Pura Vida” di Dino Geromella, reporter, giornalista e manager culturale, che ha deciso di intraprendere un viaggio da backpacker in America Centrale. Il suo libro è un diario di viaggio atipico, ricco di foto e realizzato sfruttando un punto di vista differente.

 

Chi è Dino Geromella?

 

Sono nato in Croazia, in una famiglia della minoranza italiana dell’Istria. Ho studiato a Venezia, Bologna e Praga, per approdare a Barcellona e (forse) fermarmi. Sono laureato in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali, con specializzazione in Gestione ed Innovazione delle Organizzazioni Culturali ed Artistiche. Faccio il giornalista da oltre un decennio e quasi tutte le mie interviste sono un intreccio tra cultura, politica e spettacolo. Nei momenti liberi, scrivo un blog sulla vita a Barcellona (www.zingarate.com/network/barcellona/).

 

 

Hai vissuto e lavorato tra l’Italia e l’estero. Che differenze hai notato in ambito professionale?

 

Dal mio punto di vista, Italia e Croazia sono simili. C’è ancora troppo nepotismo. Se non hai una raccomandazione, non puoi lavorare. Dalle mie parti, per ottenere un lavoro qualsiasi, è consigliabile avere una tessera di partito. Sono cose che non sopporto e non accetto. La Spagna non è il Paese dei balocchi o la Terra promessa (ricordo che 3.000 persone qui perdono il lavoro ogni giorno, causa crisi), ma a me ha dato tanto. Qui ho sempre avuto l’opportunità di guadagnarmi la pagnotta con dignità, con i miei meriti. Spesso con lavori umili, ma onesti e senza raccomandazione. Quello che mi ha colpito quando, anni fa, sono arrivato in Spagna è che spesso i capi sono più giovani dei propri subordinati. Ho la sensazione che qui ci sia una maggior selezione per competenza. In Italia si dà troppa importanza all’anzianità e alla raccomandazione. In Croazia ho scritto per molti quotidiani e settimanali. Più di una volta è successo che la s.r.l. che pubblicava il giornale fallisse. Alcuni di questi non mi hanno pagato diverse interviste, ma hanno continuato a pubblicare i giornali con un’altra srl. (potete vedere qui cosa ho fatto in segno di protesta www.agopress.info/media-leditore-non-lo-paga-giornalista-freelance-nudo-per-protesta-audio/13133/). Il mio ultimo lavoro in Italia, invece, risale a qualche anno fa, per un personaggio dello spettacolo. Avevo pattuito uno stipendio di 1.650 euro netti per seguire questo personaggio 24 ore al giorno. A progetto quasi finito, mi ha detto che mi avrebbe pagato 500 Euro lordi, ossia 400 Euro netti. Un giochetto del genere in Spagna non sarebbe accaduto. Detto questo, devo dire che in Italia nel mio campo ho avuto l’opportunità di conoscere e lavorare anche con delle persone incredibilmente professionali.

 

Quale nazione ti ha regalato maggiori soddisfazioni personali e professionali?

 

La Spagna, senza alcun dubbio. Sono venuto qui per caso, cinque anni fa, e sono stato affascinato dalla gente, dal clima, dal modo di lavorare e da tutto ciò che offre il Paese. Alla sola idea di dover lottare ogni mattina coi trasporti pubblici di Milano o Roma, rabbrividisco. I catalani hanno una fama di gente tirchia e fredda, ma dopo un po’ ti accorgi che non è affatto così, anzi!

 

La tua passione per i viaggi ti ha portato ad intraprendere un’avventura da backpacker attraverso Panama, Costa Rica, Nicaragua, Honduras e Guatemala, da cui è nato il tuo libro da poco pubblicato “Pura Vida”. Un diario di viaggio atipico, realizzato sfruttando un punto di vista differente.. Come ha avuto inizio il tuo viaggio? E soprattutto da quale esigenza è nato?

 

È stato un caso. Ho avuto un lungo periodo vuoto nel calendario. Ed ho deciso di fare un viaggio. Perché proprio l’America centrale? È stata una serie di coincidenze fortunate. Sapevo la lingua, un’amica stava lavorando in Honduras…

 

Quali sono le caratteristiche principali di un backpacker?

 

Materialmente, la caratteristica è quella di andare in giro con uno zaino in spalla. Ma fare il backpacker è molto di più: girare leggero permette flessibilità e, se sei adattabile, puoi vivere delle esperienze inimmaginabili.

 

Quali sono gli errori da evitare in un viaggio come il tuo?

 

Dagli errori si impara, non sempre un errore è qualcosa di negativo. Ovviamente, se si va in terre sconosciute, è senso comune informarsi sugli usi, costumi e, quando si è lì, stare sempre con gli occhi aperti, sia per assorbire la novità, che per fare attenzione agli eventuali pericoli.

 

Cosa è indispensabile portarsi sempre dietro e cosa invece diventa inutile in un viaggio come il tuo?

 

Dipende dal luogo e dal clima. Due-tre cambi, non di più. Possibilmente, vestiti stile “basic”, in modo tale da adattarsi a qualsiasi ambiente che si visiterà durante il viaggio. Indispensabile è portare con sé la voglia di scoprire e lasciare a casa la schizzinosità.

 

 

Qual è stato il momento più bello che hai vissuto?

 

Il sorriso dei bambini di Bocas del Toro (arcipelago di Panama);

Le grandi farfalle azzurre che ricordavano quelle dei Puffi, volando nel bosco di Puerto Viejo ed il tramonto sul Pacifico a Tamarindo (Costa Rica);

 

La città coloniale di Granada, in Nicaragua: sembrava di stare dentro al telefilm “Zorro”;

 

Mangiare un’impanata di pescecane appena pescato a casa della moglie di un pescatore di Cayo Chachauate, le milioni di lucciole di notte nei campi dell’Atlantida, i pesci colorati della barriera corallina, la dimensione onirica nella Laguna del Cacao (Honduras).

 

In generale, mi ha colpito la gente: senza dubbio la maggior parte della popolazione centroamericana è poverissima, ma lì sembrano molto più felici rispetto a noi europei.

 

E quello più pericoloso?

 

In questo periodo mi sembrano più pericolose alcune città europee che non l’America centrale. Prima di partire ho letto del rischio di rapimenti sul versante Pacifico del Costa Rica e di poliziotti honduregni che fermano autobus per requisire oggetti tecnologici ai turisti, con la scusa che sono pericolosi. Durante il mio viaggio, ho avuto tutt’altra sensazione. Bisogna seguire qualche regola: stare sempre allerta, non stare fuori dopo il tramonto, rispettare le tradizioni locali. Ho conosciuto diverse vittime di furti e criminalità, ma erano praticamente sempre cittadini statunitensi… Ricordo, però, due episodi di paura, entrambi in taxi. Il primo a San José, in Costa Rica, con un altro backpacker. Mi sono accorto che il tassista ci stava facendo fare un giro dieci volte più lungo del necessario, per farci pagare di più. Senza pensarci, l’ho detto a voce alta. Ed il tassista ha voluto sbatterci in strada, in mezzo a una favela dall’aspetto pericoloso alla periferia della città. È stato il mio compagno di viaggio, con la sua diplomazia, a salvare la situazione. Un momento del genere l’ho vissuto in Honduras, sulla “carretera del narcotrafico”, mancavano cinque chilometri per arrivare all’Isola dei famosi. Era notte, il taxi è finito in una buca, la gomma è scoppiata ed è caduta la ruota. Intorno a noi, un bosco e tanto buio. Me la sarei fatta sotto, ma stavo viaggiando da sedici ore e non avevo ancora mangiato. La fame mi ha salvato dai pensieri negativi. Un momento di panico l’ho vissuto sull’isola di Ometepe, in Nicaragua. Dopo una giornata passata tra vulcani e cascate, tornato all’ostello, ho voluto guardare su Wikitravel cos’altro si potesse visitare sull’isola. Ed ho scoperto che il proprietario del mio ostello era ricercato dall’INTERPOL per diversi rapimenti. Ho preso il primo traghetto disponibile ed ho lasciato l’isola.

 

Quali sono stati gli incontri più belli che hai fatto?

 

La gente locale, sempre disponibile e sorridente. Ma anche i couchsurfer, che da Panamà al Nicaragua mi hanno fatto vivere la loro cultura dall’interno. Poi, sul ponte che separa lo stato di Panamà dal Costa Rica, ho conosciuto Tomás Vidiri, un giovane architetto argentino che ha lasciato tutto per farsi un giro intorno al mondo. Lui ha lasciato il segno. Ora, dopo aver attraversato 49 paesi in 18 mesi, è in Birmania con la fidanzata e lo sto seguendo sul suo BLOG (http://mochilero2punto0.tumblr.com/).

 

Tra le mete “toccate” quale ha lasciato il segno?

 

Il Nicaragua. È un Paese autentico, praticamente non ci sono turisti. E poi, un viaggio in un chickenbus lo consiglierei a tutti. È una vera avventura.

 

 

Cosa ti piacerebbe trasmettere con il tuo libro?

 

La voglia di conoscere culture nuove, di mettere in gioco le proprie convinzioni. Spesso siamo egocentrici, nel senso che mettiamo al centro del mondo la nostra cultura e ciò che conosciamo è per forza migliore dello sconosciuto. Viaggiare è scoprire, conoscere, assorbire e, appunto, imparare e magari rompere anche delle convinzioni che abbiamo avuto per tutta la vita.

 

E a chi lo consiglieresti?

 

Non solo a chi voglia intraprendere un viaggio da quelle parti. Il libro è un riassunto della mia esperienza. Uno dei punti forti sono le foto: se siete appassionati di viaggi, ma anche di fotografia, vi piacerà sicuramente. Ho avuto la fortuna di riuscire a scattare delle foto veramente atipiche.

 

Dov’è possibile acquistarlo?

 

Al momento il libro è disponibile solo su iTunes (per iPad e Macintosh) e stiamo lavorando alla versione eBook per lettori Kindle e Android, così da poter essere distribuito su Amazon.

 

Tornare dopo un viaggio del genere e riprendere la vita di sempre risulta difficile. Come sei riuscito a superare i primi momenti?

 

Non è stato facile. In primis per il clima (preferisco di gran lunga l’inverno centroamericano). E poi, tornare alla routine, agli orari d’ufficio, dopo aver passato un periodo di flessibilità e improvvisazione, non è facile. Non sono sicuro di averlo ancora superato. Per il momento, nei weekend, quando sono libero, prendo un treno e continuo a girare con la mia macchina fotografica. Per fortuna, anche la Catalogna è meravigliosa.

 

Per concludere l’intervista, tra il Dino pre-viaggio e il Dino post-viaggio, ci sono differenze? In cosa sei cambiato?

 

Per fortuna, ogni viaggio ci fa crescere. Quest’avventura mi ha arricchito e credo di esserne uscito più maturo. Ho iniziato ad apprezzare alcune piccole cose che prima davo per scontate.

 

Mail: di************@gm***.com

Web Dino (inglese): www.dinogeromella.com

Web libro (italiano): www.dinogeromella.com/puravida/

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Web itunes (italiano): https://itunes.apple.com/it/book/pura-vida/id645887479?mt=11

 

A cura di Nicole Cascione