Fabiana: New York mi ha reso libera di esprimere il mio talento

 

Delusa dall’Italia incapace di riconoscere e valorizzare i talenti Fabiana Yvonne Lugli Martinez, a 39 anni, lascia definitivamente Roma per vivere liberamente la sua natura artistica Oltreoceano. Fabiana é Italo-Peruviana, nasce a Lima in Perù da padre africano ma originario di Modena e da madre peruviana. Multietnica, a 11 anni la sua famiglia si trasferisce a Roma e qui incontra anche la forma mentis ciociara. Ballerina di danza classica e contemporanea oltre che pittrice a New York ha trovato la sua strada reinventandosi. Subisce una deformazione nel pensiero e nel concetto artistico grazie agli infiniti input della musica con cui viene a contatto creando a New York ‘Sign OfSound’ un’esperienza multisensoriale dove la pittura diventa un mezzo d’espressione di tutto il "corpo", il quale, attraverso la musica ed il ballo da forma visibile alle immagini delle proprie emozioni. Nella Big Apple Fabiana ha realizzato i suoi sogni e se le chiedi torneresti in Italia? La sua risposta é secca: ‘Non ci penso proprio!’

 

Ecco la mia intervista a Fabiana

 

Quando sei arrivata a New York?

 

La prima volta agli inizi del 1999. Ci misi quasi un anno per organizzare il viaggio. In quel periodo studiavo e lavoravo per mettere da parte i soldi per venire a NY. Quindi mi ricordo che partii ad aprile del ’99.

 

Come mai sei venuta a NY nel ’99?

 

Perché mi era stata indicata come la cittá dell’arte, una cittá multietnica, multiculturale. Dove le interazioni erano possibili. Io ancora non sapevo che poi. effettivamente, avrei interagito.

 

Vivi a NY dal 1999? O sei tornata in Italia?

 

No. Dal 1999 ad adesso sono sempre stata in contatto con la cittá. Ho sempre fatto lunghe permanenze di sei mesi, un anno con Visti turistici o grazie all’accademia e alla ricerca con permessi di soggiorno vari, ma mai continuativamente o definitivamente. É andata avanti cosí fino ad ora.

 

 

E ora cosa é cambiato?

 

Ora sono proprio trapiantata. O meglio, sono nel processo del passaggio. Il cambiamento grande sará proprio questo, quello di radicarmi definitivamente perchè è una cosa che non avrei mai voluto fare in realtá. La temevo molto questa condizione.

 

Come mai?

 

Perché comunque trovo che NY sia una cittá molto difficile, molto intensa, che da molto ma che toglie anche molto. Una cittá difficile da vivere. Ora questo passaggio è stato necessario. Eccomi qua!

 

Perchè dici necessario? Per la situazione economica italiana o per motivi tuoi personali?

 

Nella mia storia personale avevo il terrore di trasferirmi definitivamente a New York. Per una serie di cose che a livello umano mi terrorizzavano ma la situazione economica italiana mi terrorizza di più. Quindi sono felice di essere qui e spero di rimanere.

 

Tu hai vissuto anche l’11 settembre?

 

Ho vissuto l’11 settembre a Roma peró quell’anno vivevo a NY. Avevo tutte le mie cose, tra l’altro io vivevo vicino al distretto dei pompieri da cui sono partiti i soccorsi e che ha perso quasi tutti gli eroi che furono consacrati per l’11 settembre. Erano tutti i pompieri che io vedevo la mattina quando scendevo a prendere il caffè. Sono tutti morti. Terribile! La situazione era talmente difficile che io persi il lavoro, dovetti lasciare la casa. Fu complicato e talmente brutto, soprattutto a livello emotivo, che preferì non tornare. Tornai dopo due anni e la trovai completamente cambiata. Rallentata, psicotica, nevrotica. Nevrotica non nel senso di movimento accelerato ma di psicosi, terrore, paura. La NY che c’era prima delle Torri Gemelle io non l’ho mai piú ritrovata.

 

A distanza di dodici anni la situazione è migliorata?

 

Dal mio punto di vista, da quello che ho potuto vedere questa psicosi é stata interiorizzata. Quindi é diventata una routine, la psicosi è come se fosse stata metabolizzata. Non c’é più la paura. In questo gli americani sono molto pazienti, molto metodici. Chi viene da fuori magari vede ancora questa paura per i controlli della polizia. Per i newyorkesi, invece, è diventata una cosa normale fare la fila per i controlli. Una cosa accettabilissima che viene anche molto rispettata. Mentre invece è molto migliorata la situazione rispetto alla prima crisi economica. Qui in realtá l’ho vista nel 2007. Nel 2008 poi l’economia é iniziata a peggiorare ulteriormente. Quest’anno si sta riprendendo. Lo vedo proprio dai ristoranti, dalla gente in giro. Si capisce che c’è la ripresa.

 

 

Tu prima mi raccontavi che qui a NY ti sei reinventata. In Italia svolgevi due lavori pittrice e ballerina che tenevi separati invece ora?

 

Io nasco come danzatrice di danza classica e contemporanea, studentessa dell’Accademia di danza di Roma e successivamente sono passata allo studio della pittura presso l’accademia di belle arti di Roma. Mi dedicavo allo studio della danza e della pittura viaggiando su binari paralleli. Quando arrivai a NY per la prima volta ero ventenne, tale fu l’impatto di questa cittá nella ricerca, nel movimento, negli ambienti artistici in generale che mi deformai, la mia mente subì una sollecitazione talmente prepotente e potente che iniziai a teorizzare la mia personale visione della fusione del linguaggio, danza e pittura. Ed ho dato vita a Sign OfSound un’interazione tra danza, musica e pittura.

 

Quello che hai realizzato qui a NY pensi avresti potuto realizzarlo in Italia?

 

Mai! È proprio una certezza, mai!

 

 

New york è una città che aiuta la creatività, gli artisti?

 

Decisamente si! Devo riconoscere che l’unicitá di questa cittá è reale. Qui si trova di tutto sotto qualsiasi forma e livello alto, medio, basso, ma soprattutto trovi l’eccellenza. Puoi trovare qualsiasi cosa tu cerchi.

 

Tu hai stretto una collaborazione con il museo Guggenheim mentre in Italia hai avuto difficoltá a trovare collaborazioni.

 

Tra le varie collaborazione avute a NY l’istituto italiano di cultura, parliamo di qualche anno fa, mi mise in contatto col Guggenheim Museum il quale volle il progetto di ricerca artistico del quale mi occupo il Sign Of Sound studio delle interazioni tra le arti e quindi abbiamo avuto questa collaborazione. In questo momento il sito Sign OfSound è in working in progress lo devo americanizzare.

 

 

Cosa ti ha dato New York che Roma non poteva o non ti ha dato?

 

Devo dire che questa cittá mi ha dato una grande possibilitá quella di riconnettere me stessa all’immagine che avevo di me. In Italia vivevo proprio una dicotomia. Vivevo e sentivo in un modo ma non riuscivo a visualizzare, a proiettare l’immagine che avevo di me all’esterno. Questa è stata una cosa che mi ha fatto soffrire tantissimo in Italia. Mi ha portato proprio quasi ad una malattia intesa come sofferenza. Non c’era riconoscimento, ti ostacola la creativitá.

 

Come ti trovi a vivere a New York?

 

Qui sto bene! Sono felice. Non è una cosa eclatante a livello sociale. Nel senso che magari non se ne rende conto nessuno. Ma me ne rendo conto io perchè sono me stessa e mi riconosco per come sono. Io sto bene, a Roma per quanto mi riguarda era impossibile. Non é un dettaglio da poco. 

 

Torneresti a vivere in Italia?

 

Purtroppo con la morte nel cuore: Non ci penso proprio. É un momento storico proprio difficile. Come donna non ci voglio proprio vivere. Perché l’Italia nella crescita artistica e come donna mi ha tolto moltissimo peró ora che ho un’identitá ed una formazione che mi sono costruita da sola, l’Italia mi riconosce. Per fortuna le Istituzioni sono fatte da persone, e ci sono persone valide. Pertanto ho collaborazioni a livello accademico in Italia, con il professor Paolo Ferruzzi dell’Accademia delle Belle Arti di Roma, la direttrice dell’Accademia Margherita Barrilla, il direttore dell’Accademia delle Belle Arti Gerardo Lorusso ed il direttore della casa Jazz Giampiero Rubei. Sono persone fantastiche che mi hanno dato la possibilità di esprimermi e di portare la mia arte anche in Italia e per questo li ringrazio.

 

Per quanto riguarda le relazioni personali, come sono qui?

 

NY mi ha dato tanto anche l’amore é una città molto difficile ma se ci si impegna mi sento fortunata per quello che mi ha dato NY.È una cittá che va vissuta estremamente in solitudine. Una cittá fatta per gente che vuole correre che ha degli obiettivi da raggiungere quindi sono tutti molto focalizzati e concentrati su se stessi. Da una parte é molto incentivante, stimolante, dall’altra ti porta inevitabilmente alla solitudine. I rapporti vanno coltivati. É molto difficile, peró io ho trovato prima un’amicizia che poi si è trasformato in amore. Infatti ci sposiamo.

 

Consigli per chi volesse venire a vivere a New York?

 

Innanzitutto di essere assolutamente determinato, condizione imprescindibile, la voglia di fare, e soprattutto di non mollare. Qui si cade ogni due e tre si cade e quindi con la determinazione e la voglia di fare ci si puô sempre rialzare. È tanta fortuna, poi tanto la fortuna aiuta gli audaci. Quindi tanta audacia.

 

Per scrivere a Fabiana: Fa***********@gm***.com 

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A cura di Natascia Lorusso

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