Cosimo: il volontariato in Brasile mi ha fatto scoprire un paese meraviglioso

 

Dire che Cosimo Scarano è profondamente innamorato del Brasile, è riduttivo. Quando ne parla si illumina in volto e durante la nostra chiamata su Skype, anche attraverso il freddo monitor del computer, sono riuscita a percepire il calore e l’affetto con il quale ricorda la sua esperienza. L’esperienza della vita. Non puoi prevederlo prima di farlo. È stata una cosa incredibile”

 

Parlami del tuo progetto di volontariato AIESEC

 

Il progetto a cui ho preso parte si chiamava Giramondo Project e prevedeva di lavorare a Recife in coppia con una ragazza colombiana, un’altra stagista AIESEC, per conto di una ONG. Si trattava di un educandario pensato come supporto alla scuola. Il nostro compito era quello di tenere 8 classi di bambini, un centinaio in totale, per parlare assieme di vari argomenti. Il primo giorno abbiamo iniziato con una cosa molto semplice, ossia la presentazione del nostro Paese d’origine. Ogni settimana si cambiava argomento. Abbiamo toccato tanti temi: sostenibilità ambientale, violenza, diritti umani, alcol e droga. Bisogna notare che per un europeo questi potrebbero sembrare semplici argomenti di carattere generale, ma in Brasile assumono un altro significato. Fanno tutti riferimento ai maggiori problemi che affliggono la realtà in cui vivono questi bambini. Lo scopo era quello non solo di istruire ed educare, ma soprattutto quello di tenere i bambini lontani dalla strada e di tenerli occupati per quanto più tempo possibile.

 

Erano bambini che venivano da realtà disagiate?

 

Sì, tutti avevano alle spalle situazioni familiari difficili. Su 100 bambini, quelli che avevano una famiglia “normale”, o quelli che potevano passare del tempo con i genitori (certi lavori in Brasile costringono a orari massacranti), si potevano contare sulle dita di due mani al massimo. Oltre ai problemi familiari, quei bambini vivevano nei quartieri poveri della città, e quindi erano inseriti in contesti turbolenti, se non addirittura violenti.

 

Avevi mai fatto un’esperienza simile?

 

Assolutamente no, è stata una vera e propria sfida. Né io né la ragazza che doveva lavorare in coppia con me venivamo da facoltà universitarie il cui sbocco è l’insegnamento, quindi siamo arrivati completamente impreparati. Ci siamo fatti forza a vicenda e aver condiviso queste difficoltà iniziali ci ha permesso di stringere un bel legame più velocemente. È stato un altro lato bello della mia esperienza. AIESEC punta molto sulla crescita personale e il superamento dei limiti, è quasi uno slogan ed è l’obiettivo dei progetti. Lo senti tante volte e ti sembra una cosa più che mai scontata. Appena arrivi capisci che davvero stai superando i tuoi limiti e che non c’è nulla di retorico.

 

 

Ti è sembrato di essere stato utile? Ne è valsa la pena?

 

Penso di poter dire di essere stato utile a questi bambini. Ogni settimana sentivo che raggiungevo un piccolo traguardo. Abbiamo toccato temi molto delicati ma nonostante ciò hanno sempre interagito tutti quanti volentieri. Li abbiamo toccati in profondità e penso anche che siamo riusciti a fargli raggiungere una sorta di presa di coscienza su determinate problematiche. Ti racconto un episodio. Un giorno abbiamo parlato degli effetti negativi dell’assunzione di droghe e abbiamo fatto un cartellone per scriverli tutti: danni al cervello, al corpo, dipendenza, ecc. Quando siamo arrivati alla violenza un bambino si è alzato in piedi e ha detto “sì è così, io so che è vera questa cosa perché l’altro giorno un ragazzo vicino a casa mia ha assunto della droga e poi ha accoltellato un mio amico”. Immaginati sentire una cosa del genere.. io e l’altra ragazza siamo rimasti allibiti! Ce l’ha raccontato come fosse una cosa normalissima. Lì ci siamo resi conto di star parlando di cose che per noi sono lontane, stanno su un cartellone e basta, ma che per loro, già a otto o nove anni, fanno parte della realtà quotidiana. E dentro a quella stanza, noi e loro, provenienti da realtà completamente diverse ma in quel momento vicini a parlare e scrivere, stavamo cercando di cambiare qualcosa.

 

Come mai hai deciso di andare in Brasile?

 

E’ stato totalmente casuale. Un giorno come gli altri stavo andando a lezione in Università e nell’atrio mi hanno fermato i volontari di AIESEC per consegnarmi dei volantini e per spiegarmi che tipo di esperienze offrissero. In quel periodo stavano promuovendo stage in paesi come Cina, India, Russia e Brasile. Io ho ascoltato un po’ distrattamente e poi sono andato a lezione. Il caso volle che quella fosse una lezione del professore con il quale volevo scrivere la tesi., e che proprio alla fine di quella lezione il professore ci abbia detto che un buon argomento per i suoi tesisti sarebbe stata l’analisi dell’economia brasiliana. Mi si è accesa la lampadina! Nel giro di due ore due persone diverse mi avevano parlato dello stesso paese. Coincidenza? Io credo nel destino, dunque ci ho visto un segno, oltre che l’opportunità di unire l’utile al dilettevole!

 

Quindi hai fatto non solo volontariato, ma anche ricerca! E’ stato proficuo?

 

Finito il progetto mi sono fermato altre due settimane, che ho trascorso nella biblioteca dell’Università. Non è stato il modo migliore per concludere ma sicuramente è stato proficuo. Sono tornato in Italia a dicembre e a marzo mi sono laureato in Economia e Finanza con una tesi intitolata “Economia del Brasile: opportunità e vincoli”. A maggio sono risalito su un aereo e sono tornato là.

 

 

Tu sei andato due volte ma ti sei perso proprio il Carnevale!

 

Ah, non dirmelo! E’ la cosa che mi è spiaciuto di più perdermi. Fin da quando sono arrivato, a ottobre, la gente ha iniziato a chiedermi fino a quando mi sarei fermato, e quando rispondevo “dicembre” la risposta era sempre la stessa: “ma così ti perdi il Carnevale!”. Parlano sempre del Carnevale, non hanno altro in mente! La settimana del Carnevale è festa nazionale e vedi gente sfilare in costume per le strade anche parecchio tempo prima. Già da ottobre vengono organizzate parate tutte le domeniche.

 

Dimmi delle cose positive che ti sono rimaste dentro.

 

Le persone. Sono qualcosa di incredibile. La famiglia che mi ha ospitato mi ha sempre fatto sentire a casa. Mi ha offerto non solo un letto e una tavola, ma anche aiuto e supporto, sempre.
Quando sono dovuto tornare in Italia, a dicembre, mi hanno accompagnato tutti quanti all’aeroporto. Io prima di salire sull’aereo ho tirato fuori dalla tasca le chiavi di casa che mi avevano consegnato per la mia permanenza e loro non le hanno volute indietro. Mi hanno detto che ormai erano mie e che sarei potuto tornare in ogni momento da loro. È stato un gesto bellissimo! Hanno una disponibilità, un cuore, che io non ho mai visto da altre parti. Il Brasile è stato il posto più lontano in cui io sia mai andato, eppure è stato il posto in cui meno ho sentito la mancanza di casa. Quando sono tornato in Brasile per la seconda volta sono andato di nuovo all’educandario e tutti si ricordavano di me. Erano così felici di vedermi! Adesso ti racconto una storia, va bene?

 

Certamente!

 

Durante il progetto avevo legato particolarmente con un bambino. Tutto è iniziato perché mi somigliava tantissimo, sembrava il mio fratellino. Quando questo bambino ha compiuto gli anni – era la mia penultima settimana di lavoro – ho deciso di regalargli un pallone da calcio. L’ho fatto davvero felice, quel giorno è stato a lezione tutto il tempo con la palla fra le braccia, non la lasciava mai! Poi però mi sono accorto di aver fatto una grande cavolata, perché anche tutti gli altri bambini hanno iniziato a chiedermi un pallone da calcio! Ma io stavo per partire e purtroppo non avevo i soldi per comprare palloni a tutti. Ero davvero imbarazzato. Una volta tornato in Italia ho scritto questa cosa su Facebook, esprimendo il desiderio di riuscire a regalare questi palloni quando poi sarei tornato. Molte persone hanno inaspettatamente iniziato a contattarmi o a fermarmi per strada per offrire il loro aiuto, per aiutarmi a portare in Brasile i palloni promessi. Allora ho iniziato a raccogliere dei soldi, 5 euro per chiunque avesse voluto regalare un pallone. Ho raccolto 800 euro! Non mi aspettavo una risposta e una partecipazione del genere! Appena atterrato a Recife sono andato a comprare i palloni che mi servivano e li ho portati tutti assieme ai bambini. Avresti dovuto vederli! Stavano per scoppiare dalla felicità, non credevano ai loro occhi! È stato uno dei giorni più belli che ho trascorso in Brasile. Sai, io non sono un tipo che si commuove facilmente, ma all’educandario quei bambini mi hanno fatto piangere più e più volte.

 

 

E’ una bellissima storia davvero! Questo secondo viaggio ti ha dato il tempo di girare un po’ il paese?

 

Sì, ho fatto un po’ il turista! Ma lo scopo principale era trovare un lavoro. Ho deciso che mi voglio trasferire là, ormai mi sono innamorato di quella terra.

 

E com’è andata?

 

Ho mandato svariati curricula, ho parlato con un po’ di gente.. per ora aspetto una risposta!

 

Per che tipo di lavoro?

 

Vorrei continuare a fare volontariato e a lavorare con i bambini, con le persone più svantaggiate. Voglio rendermi utile. Quest’esperienza mi ha dato così tanto che ora voglio vedere se c’è dell’altro che posso fare.

 

E’ difficile ottenere il visto?

 

Quello lavorativo sì. Innanzitutto è molto costoso, sono oltre duemila euro di pratiche. Sarebbero a carico dell’azienda che ti assume, ma succede spesso che siano le persone che domandano il posto che si fanno carico della spesa per poter essere assunti. Inoltre ne concedono sempre di meno, da una parte perché la crescita economica si è arrestata, dall’altra perché ora siamo in periodo di elezioni e dunque cercano di privilegiare i brasiliani quando si tratta di offrire posti di lavoro.

 

E come viene visto un italiano con la laurea in Finanza che cerca lavoro?

 

Come un pazzo! Loro non capiscono gli europei che vogliono fermarsi a vivere in Brasile, perché per loro il Sogno è venire in Europa.

 

Certo che è significativo il fatto che hai studiato finanza e quindi probabilmente ti sei immaginato a lavorare in un ambiente di un certo tipo, in cui “Profitto” è la parola d’ordine, e poi invece sei finito a voler lavorare con i bambini in Brasile! Vuol dire che il volontariato ha cambiato tutte le tue prospettive.

 

Devo dire la verità: Economia e Finanza è stata una seconda scelta. Ho fatto il liceo classico e mi sarebbe piaciuto molto fare Lettere. Per la solita questione degli sbocchi lavorativi ho ripiegato invece su una più sicura Economia. Il mio sogno resta però quello di fare lo scrittore: come vedi, sotto c’è sempre stato un certo spirito d’evasione! Ma in fondo non mi stupirei se non ci fosse stato sotto un bel niente: l’esperienza che ho fatto ha avuto un fortissimo impatto non solo su di me, ma anche su tutte le altre persone con cui ho collaborato. Anche loro ora vogliono tornare in Brasile e fare qualcosa di più. Con questo però non sto dicendo che questa esperienza è da tutti. All’inizio l’impatto è molto forte per chi arriva da fuori. Le persone che hanno condiviso con me questa esperienza si sono innamorate del Brasile e vorrebbe restarci o tornarci, ma c’è stato anche qualcuno che ha rinunciato al progetto dopo pochissimo tempo ed è tornato a casa a gambe levate, troppo sconvolto dalla realtà che si è trovato ad affrontare. Il segreto è l’adattamento, che parte dall’accettazione delle differenze. Se non riesci ad adattarti, a diventare uno di loro, non puoi farcela. Come quando cammini per strada: se non riesci a sembrare un autoctono, se hai scritto in faccia che sei un turista, verrai rapinato al 100%. Il Brasile non è un paradiso terrestre, ci sono lati negativi cui non si può sfuggire. Bisogna esserne ben consapevoli prima di partire”

 

Sul tuo blog (http://quellavoltachehovissuto.wordpress.com/) scrivi che quest’esperienza ha addirittura cambiato completamente la tua visione del mondo…

 

Prima ero molto più materialista, a causa anche dei miei studi. Sono stato abituato a stare attento ai numeri e non alle persone. Quando poi ho avuto modo di vivere cose che fino a quel momento avevo visto solo nei documentari alla tv, quando ho avuto modo di vederle con i miei occhi, ho cambiato il modo di approcciarmi a questi temi. Ora quando al telegiornale si parla di violenze o di situazioni disagiate, sento che è come se si stesse parlando del posto in cui sono stato io. È una cosa che mi sono portato dietro. E sicuramente tutto questo mi ha allontanato ancora di più dal mondo della Finanza verso il quale ero indirizzato. Si parla di crescita economica, quando entri nelle città vedi grattacieli altissimi, centri commerciali enormi, strade in costruzione, aeroporti internazionali nuovissimi… costruiti a 50 metri da baracche e favelas, da bambini che giocano seminudi per strada e da quartieri pieni di persone consumate da droga e alcol abbandonate a loro stesse.  Ti faccio l’esempio dello stadio che hanno costruito a Recife in occasione dei mondiali di calcio. Lo hanno costruito fuori città, praticamente in mezzo alla foresta, dove prima sorgeva un villaggio di agricoltori. Hanno espropriato le terre e abbattuto le case per costruirci sopra lo stadio e le strutture annesse. Ora si dice che a questi brasiliani hanno tolto la casa e hanno dato un iPhone, perché il risarcimento è stato pari al prezzo del cellulare, ovviamente del prezzo che ha in Brasile. In molti casi non li hanno nemmeno ripagati perché i costi per l’organizzazione del mondiale sono stati superiori alle aspettative. Forse avranno un indennizzo in futuro. Queste ingiustizie, solo adesso che ho vissuto quella realtà, mi fanno male. E ce ne sono tante di tanti tipi diversi qui in Brasile, e mi fanno rabbia. La crescita economica non può dimenticare queste persone che sono costrette a vivere in situazioni disperate e che spesso sopportano dolori peggiori della fame. C’era un bambino all’educandario cui avevano assassinato il padre e lo zio a distanza di tre mesi per regolamenti di conti fra bande. Se davvero il Brasile è un paese in via di sviluppo, la rincorsa del progresso non può lasciare indietro queste persone, queste realtà. Tempo fa ti avrei detto che è una cosa inevitabile, che i poveri migliorano le loro condizioni piano piano com’è necessario e giusto che sia. Ora ti dico che finché queste realtà esistono, non è giusto abbandonare i bambini e le loro famiglie alla promessa di un progresso che (forse) arriverà.

 

 

E cosa pensi di fare ora concretamente?

 

Dei ragazzi che hanno apprezzato molto la mia iniziativa riguardante i palloni da calcio mi hanno proposto di creare una nostra organizzazione di volontariato. Sì, sarebbe una possibilità. Sono stato un bravo found raiser dopotutto, perché non provarci seriamente?

 

Con i mondiali si è ovviamente parlato molto del Brasile, e sono circolate le storie più disparate. Per esempio mi è capitato di sentire che è talmente pericoloso andare in giro per strada, che i tassisti tengono un mitra sotto il sedile! Quanto c’è di vero in queste storie?

 

Ahahah! Facciamo un 50%. I tassisti, te lo garantisco, non girano con il mitra! Però è vero, la strada è pericolosa. Fermarsi agli incroci è un rischio sia di giorno che di notte. Infatti dopo una certa ora, più o meno le 10 di sera, sei autorizzato a non fermarti al semaforo rosso. Basta rallentare. La poca sicurezza è un grande problema del paese, nonché un vero peso quotidiano. Quando si cammina per strada è sempre meglio non tirare fuori dalla tasca il cellulare, è meglio non mettere orologi o gioielli vistosi, non bisogna assolutamente far vedere che in tasca si hanno più soldi del necessario. Perfino ascoltare la musica con gli auricolari è pericoloso: vuol dire che si ha qualcosa in tasca. Insomma, bisogna avere 100 occhi, ma devo dire che stando attento e seguendo i consigli delle persone del posto in sei mesi totali non mi è mai successo nulla. Tuttavia molte persone che ho conosciuto sono state rapinate, anche semplicemente del cellulare. Voglio sottolineare che questa microcriminalità diffusa non è dovuta a uno spirito violento della popolazione. Trova le sue radici nella povertà e nell’indigenza in cui è costretta a vivere la maggioranza del paese. Se si risolvesse il problema di fondo, sono sicuro che anche questo scomparirebbe. Tutti conoscono i lati positivi del Brasile, le sue bellezze naturali, il calore della gente, e via dicendo. E così quando mi capita di parlare con la gente della mia esperienza a Recife, mi si chiede di parlare dei lati negativi, in particolare della criminalità che sicuramente è il più grande problema del paese. Io rispondo che sì, è vero, non posso negare che ci siano questi problemi, anche piuttosto gravi, ma almeno per quanto mi riguarda la parte positiva è talmente grande, ti prende talmente tanto, che alla fine sei disposto ad accettare questi lati negativi, e a passarci sopra. Ci sono, è innegabile, ma chiudi un occhio. Per lo meno questo è quello che ho fatto io, per entrambe le volte in cui ci sono andato.

 

Ammettilo che ti vuoi trasferire in Brasile anche perché è un bel paese!

 

Beh, devo ammettere che è un paese che ti toglie il fiato. Quest’estate ho fatto proprio un bel giro, zaino in spalla e minimo necessario in tasca. Ho visitato tanti posti e mi sono innamorato di Rio de Janeiro. Una settimana mi è bastata per non voler più andare via dalla spiaggia di Ipanema, ci passerei tutto il resto della mia vita! È il posto più bello del mondo!.

 

Stereotipi da sfatare?

 

Sì, vediamo.. le ragazze non è vero che sono tutte stupende con un fisico mozzafiato! Io sinceramente non ho visto una grande differenza! Lo dico perché ho visto ragazzi italiani che avevano organizzato la vacanza in Brasile con il solo e unico scopo di rimorchiare. Per il resto è vero che giocano molto a calcio, che ci sono paesaggi stupendi, che la gente è calorosa, che la festa più importante è il Carnevale.. tutto confermato!

 

C’è qualcosa che ti preme dire a conclusione del pezzo?

 

Non penso ci sia una frase, un concetto solo che può riassumere quello che ho vissuto. Ormai metto un po’ di questa esperienza in qualsiasi cosa io faccia o dica. Ogni volta che torno dal Brasile mi dicono che il mio modo di sorridere cambia. Che sia vero o falso, di una cosa sono certo: dopo questa esperienza sono una persona diversa.

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A cura di Giulia Rinchetti