Gymnasium Italian Restaurant, il ristorante di Francesca in Senegal

 

Piatti provenienti dalle grandi tradizioni culinarie dell’Italia meridionale, questo propone nella sua cucina Francesca, titolare del Gymnasium Italian Restaurant in Senegal. Dopo varie esperienze in patria, Francesca con suo marito Giuseppe e i suoi due figli Antonio e Andrea, hanno deciso di avviare questa nuova attività nel Paese africano, con l’intenzione di creare qualcosa di importante per il proprio futuro. Perché il Senegal? “Perché è un Paese in forte via di sviluppo ed è stabile sotto il punto di vista politico e religioso, infatti musulmani e cristiani convivono serenamente. Soprattutto è una città dai forti contrasti, dove persone di diverse nazionalità lavorano insieme, accrescendo sempre più il prestigio di questa terra”.

 

Francesca, di dove sei originaria?

 

Sono di Corigliano Calabro, un paese della Calabria, situato nella Piana di Sibari. Zona dove tuttora sono ancora vive le tradizioni culinarie dai profondi sapori del Sud, forti di un’agricoltura viva e fiorente e di una pesca organizzata con la sua numerosa flotta di pescherecci. Sono felicemente sposata con Giuseppe e ho due figli, Antonio di 17 anni e Andrea di 15.

 

 

Quando e perché a un certo punto hai deciso di trasferirti in Senegal?

 

Dopo varie esperienze in zona natia nel settore della ristorazione e vista la prospettiva di un futuro poco roseo nella nostra bella terra, ho deciso di guardare in giro se c’era la possibilità di creare qualcosa di importante per il nostro futuro, visto che uno dei miei figli, Antonio, studia in una scuola la professione dello Chef.

 

Così, dopo esserti guardata intorno hai optato per il Senegal. Perché la tua scelta è ricaduta sul Paese africano?

 

Perché è un Paese in forte via di sviluppo ed è stabile sotto il punto di vista politico e religioso, infatti musulmani e cristiani convivono serenamente. Soprattutto è una città dai forti contrasti, dove persone di diverse nazionalità lavorano insieme, accrescendo sempre più il prestigio di questa terra. Un Paese che sta crescendo economicamente soprattutto nel campo del commercio e dell’edilizia.

 

Il Senegal è certamente una terra con usi e costumi del tutto diversi da quelli occidentali. Non hai mai avuto dubbi o timori nel programmare il tuo trasferimento? Come sei riuscita a superare l’ostacolo linguistico?

 

Inizialmente non parlavo francese, ma dopo qualche mese di permanenza, da brava autodidatta ora comprendo e parlo discretamente. Addirittura ho trasferito in una scuola internazionale francese mio figlio Andrea che si è integrato benissimo con la cultura del posto ed è felice di potersi fare il bagno tutto l’anno e coltivare la sua passione del Surf.

 

Sei la titolare del Gymnasium Italian Restaurant. Da cosa è nata l’idea di aprire un ristorante in loco?

 

In questo progetto è stato da traino mio marito e il suo socio in affari, che hanno intrapreso un’attività nel campo immobiliare. Dopo un viaggio a Dakar, ho conosciuto il proprietario della struttura, cosi ho potuto iniziare questa collaborazione in una location sull’oceano a dir poco mozzafiato. Ho rilevato una struttura che inizialmente era un bar a bordo piscina e, dopo i lavori di restauro, è stata trasformata in ristorante.

 

 

Hai dovuto richiedere qualche licenza o permesso particolare per l’apertura del locale?

 

La licenza di ristorazione già c’era, è stato più complesso ottenere l’autorizzazione alla vendita di alcolici e superalcolici visto che viviamo in un Paese mussulmano, dove il consumo di alcol non è gradito ai più.

 

Per quel che riguarda l’aspetto prevalentemente economico, avviare un’attività come la tua in Senegal costa quanto farlo in Italia?

 

Diciamo di sì. L’importo che si spende sulle materie prime reperibili sul territorio, come pesce e carne, è di gran lunga inferiore rispetto ai prezzi italiani, ma nel momento in cui andiamo ad importare il resto del materiale, il costo si alza notevolmente e questo a causa di un dazio doganale alquanto costoso. Quindi i costi si compensano, dato che noi per mantenere uno standard qualitativo di eccellenza importiamo direttamente le materie prime non sostituibili tipo olio, pomodori, pasta e vino.

 

Che significa essere imprenditore in Italia ed esserlo all’estero, nel tuo caso specifico in Senegal?

 

Come in tutte le cose, quando ti catapulti in una realtà completamente nuova, rischi di ammalarti per il semplice motivo che qui i ritmi sono completamente diversi dall’Italia. Quindi per superare questo status, devi entrare nella loro mentalità, perché non puoi certamente cambiare il loro modo di fare e il loro stile di vita. Quando c’è da fare una cosa subito la loro risposta è demain “domani”.

 

Ci sono agevolazioni fiscali per chi intende avviare un’attività in Senegal?

 

Sì, perchè ne sento parlare, anche se noi non ne abbiamo usufruito. Il costo maggiore qui è la dogana che incide sul prodotto del 44% e sale all’80% sui vini e alcolici.

 

Che cucina proponi nel tuo ristorante?

 

Una cucina proveniente dalle grandi tradizioni culinarie dell’Italia meridionale, frutto delle lezioni gastronomiche di mia mamma e delle mie sorelle, tutte ottime cuoche. Dal pranzo domenicale, rito che iniziava alle sette di mattina con la cottura lenta del sugo di pomodoro, alle conserve che si programmavano a fine estate, alle melanzane sottolio, fino al famosissimo maiale da cui si realizzavano salsicce, soppressate, prosciutti e capocolli divini.

 

 

Qual è il piatto forte?

 

Detto dai clienti, perché alla fine sono loro che decretano il successo, il menù maggiormente gradito è il seguente: l’antipasto Tuttomare, a cui segue una vasta varietà di primi tra cui emerge Lo Scialatiello, si prosegue con una Frittura di pesce, per poi concludere con il Tiramisù.

 

Come e in cosa è cambiata la tua vita da quando sei in Senegal?

 

In questi primi sei mesi di attività, il lavoro è stato tanto e i riscontri sono stati decisamente positivi. Lavoro tutto il giorno, da mattina a sera tutti i giorni, ma riesco a ritagliarmi qualche ora per me. Esco con le amiche per andare a bere qualcosa in modo da approfondire le amicizie. Qui i valori sono importanti e vivere qui per me è come ripercorrere l’infanzia.

 

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A cura di Nicole Cascione