Expatclic, l’espatrio al femminile

Expatclic.com è un sito che abbiamo imparato a conoscere circa un anno e mezzo fa, quando pubblicammo la prima intervista con Claudia Landini, una delle fondatrici. Uno dei primi siti, in assoluto, ad occuparsi di espatrio, il primo a considerare questo argomento dal punto di vista esclusivamente femminile. Cresciuto negli anni oggi, è punto di riferimento serio e imprescindibile per tutte le donne che, per vari motivi, decidono di affrontare un cambiamento di vita di così notevole impatto come un cambiamento di paese. Claudia è una donna abituata a girare il mondo: prima Sud America, poi Africa, ora Gerusalemme. Sa quindi molto bene di cosa si parla quando si affronta un argomento così serio, spesso banalizzato dietro inconcludenti e velleitari lamenti o aneliti ad una vita in panciolle davanti al mare. L’espatrio è una cosa seria e, spesso, per una donna ancora più complesso da affrontare. Ne parliamo quindi con Claudia che ci racconta anche come sta cambiando e crescendo il sito.

 

La nostra prima intervista è stata un anno e mezzo fa. Cosa è cambiato da allora per il vostro sito? Si sono aggiunte rubriche o ce n’è qualcuna che ha avuto un particolare sviluppo?

 

Il cambiamento più importante riguarda l’assetto e l’organizzazione della pubblicazione degli articoli. Da gennaio di quest’anno li pubblichiamo secondo un tema mensile ben preciso, sempre legato all’espatrio, naturalmente, e traduciamo tutti gli articoli nelle quattro lingue del sito. Il fatto di scegliere un tema preciso sul quale concentrarci è benefico sia per noi, che siamo più strutturate nei nostri scritti e scegliamo gli argomenti in base a quelle che ci sembrano le esigenze delle nostre visitatrici, sia per chi ci frequenta, che può così consultare il sito anche per via tematica dettagliata, oltre che per continente e filone di pubblicazione. Per darti un esempio, da gennaio abbiamo parlato di Espatrio con animali, Casa in espatrio, Cucina in Espatrio, la Famiglia d’origine e l’espatrio, etc. Tradurre gli articoli nelle tre lingue del sito, oltre all’originale in cui sono scritti, è un vero lavoro da certosine, ma ci piace l’idea di mantenere l’aspetto internazionale di Expatclic. In fondo, vivendo all’estero, si entra in contatto anche con una varietà di lingue, linguaggi e culture diverse dalla nostra italiana (per fortuna!), e quindi la varietà linguistica è insita nella nostra scelta o nel nostro stile di vita. Tradurre gli articoli ci permette anche di farli leggere a un pubblico di amici e amiche stranieri, che apprezzano il nostro lavoro ma non necessariamente leggono la nostra bella lingua. A parte tutto questo, l’equipe ha continuato a crescere; adesso siamo in dieci, abbiamo integrato una redattrice peruviana che vive a Budapest (e che parla perfettamente l’italiano) e un’altra italiana che vive ad Atyrau.

 

 

 

Nella tua esperienza quali pensi siano gli aspetti psicologici principali che vengono messi in gioco in un espatrio al femminile?

 

Se l’espatrio al femminile è sinonimo (e nella maggior parte dei casi lo è ancora) di spostamento a seguito di un marito/compagno che parte con un contratto di lavoro, sicuramente la donna deve fare i conti con una perdita globale di indipendenza e di identità. Magari le ci vorranno mesi, se non anni, a ricostruirsi una figura professionale, e all’inizio, mentre il marito e i figli (se li ha) godranno di una collocazione precisa (il marito al lavoro, i figli a scuola), lei dovrà lottare per trovare la propria posizione nel nuovo paese, qualunque sia quella che sceglie (che si lanci alla ricerca di lavoro o decida di non lavorare e dedicarsi ad altro). Nel caso invece in cui sia la donna a guidare le redini del lavoro famigliare o in cui parta sola, penso che gli aspetti più importanti che ne toccano la psiche e l’emotività abbiano a che fare con il suo rapporto con il paese ospitante. Ho vissuto perlopiù in paesi nei quali non è così scontato che la donna abbia successo e sia indipendente economicamente, quando addirittura non colei che provvede al mantenimento della famiglia, e questo a volte pone dei problemi di immagine e di accettazione da parte della società del paese d’accoglienza, con conseguenti ripercussioni sull’espatriata. Ho anche spesso notato che la donna che parte con un contratto e porta con sè il marito/compagno ha molti più sensi di colpa e si preoccupa maggiormente per la sorte del partner nella nuova situazione, cosa che mi sembra accada meno al contrario.

 

A tuo avviso le motivazioni all’espatrio sono più una "fuga da" o un "andare verso"?

 

È molto difficile stabilirlo. Ultimamente, e sicuramente in seguito al deteriorarsi di alcune situazioni in Italia e in Europa in generale, abbiamo assistito al fenomeno “fuga”, che è stato ampiamente seguito e dibattuto. Io continuo a pensare però che la molla di fondo che spinge un individuo a mettersi in gioco altrove non sia la voglia di scappare, quanto quella di scoprire, di ampliare i propri orizzonti, di imparare cose nuove. Requisito del resto essenziale per un espatrio di successo.

 

Nell’ultimo anno e mezzo è aumentato il flusso di donne che decidono di lasciare il loro paese? C’è un particolare paese in particolare che suscita più interessi di altri?

 

A giudicare dall’aumento di messaggi che ci arrivano sul tema “voglio espatriare, aiutatemi a capire dove” direi proprio di sì. In effetti quando abbiamo lanciato Expatclic (sette anni fa) tutto questo non esisteva, oggi chi ci trova in rete è attratto dalla quantità di esperienze all’estero che legge sul sito e dal fatto che siamo un’equipe che vive all’estero ed è in continuo movimento. Ci contattano per un consiglio su dove installarsi, e in effetti recentemente c’è stato un allarmante aumento di richieste da parte di future madri. Donne che ci scrivono chiaramente che vogliono dare un passaporto diverso da quello italiano al loro figlio/a, o che sono in cerca di condizioni di vita migliori per la prole. Se mentre fino a un paio di anni fa le gente sembrava propensa anche a spostarsi all’interno dei confini europei (c’è stato il periodo in cui tutti volevano andare a vivere in Spagna!), oggi la richiesta mi pare si concentri più su luoghi come l’Indonesia, alcuni paesi dell’America Latina (Costa Rica, Perù, Argentina), e in casi più rari, ma questi arrivano di più dai francofoni, il Marocco.

 

La relativa facilità con cui ci si sposta spesso fa dimenticare che il mondo è fatto di diversità che vanno rispettate. Al di fuori dei luoghi comuni, l’atteggiamento delle donne nei confronti delle differenze culturali ha caratteristiche diverse rispetto a quello maschile?

 

Non credo. Forse le donne in alcune situazioni dimostrano un’accresciuta sensibilità, che le rende più ricettive alle differenze (ma non necessariamente al come porsi rispetto a queste). Il loro altro tratto tipico, quello cioè di confrontarsi e discutere in maniera più schietta e aperta, probabilmente le aiuta a superare più rapidamente quegli incidenti classici cross-culturali, che spesso affliggono l’uomo, soprattutto in un ambiente di lavoro, dove la richiesta di performance è alta e ferrea, e l’incontro/scontro con modi di fare e lavorare culturalmente diversi può portare a grandi crisi.

 

 

 

Quali sono gli aspetti più trascurati di un espatrio e che possono rivelarsi un ostacolo serio?

 

Generalmente se tutta la famiglia si muove con uguale motivazione, e con una convinzione sincera e attiva nel progetto dell’espatrio, gli ostacoli e gli “scossoni da assestamento” si aggiustano in tempi brevi. Paradossalmente è forse proprio la motivazione e il grado di coinvolgimento nel progetto che non viene vagliato a sufficienza prima della partenza, soprattutto da chi parte senza un lavoro, e che una volta arrivati nel nuovo paese si manifesta in una serie di malesseri e disagi. Naturalmente mi riferisco all’espatrio in coppia o in famiglia, che è la situazione con la quale siamo più in contatto. Chi parte con il lavoro in mano spesso sottovaluta le difficoltà che si troverà ad affrontare il partner. Chi non ha mai provato a dover riempire delle giornate in un contesto culturale e magari anche linguistico completamente diverso, può trovare inverosimile che questa situazione possa diventare pesante al punto da provocare in alcuni casi anche una vera e propria depressione. D’altro canto, chi parte “a seguito” dovrebbe analizzare molto a fondo le proprie motivazioni e trovare una molla personale, slegata dal solo fatto di seguire la persona amata, perchè in molti casi, di fronte alle difficoltà, l’amore non basta più. Con le possibilità che abbiamo oggi – di essere sempre collegati in rete con tutto il mondo – un espatrio può essere una grandissima opportunità anche se si parte senza un contratto di lavoro in mano. Lo si può usare per reinventarsi, rimettersi a studiare, fare dei corsi di perfezionamento, immergere la propria professione in un contesto diverso, imparare nuove lingue, rimettersi in forma fisicamente; ci sono una miriade di cose che si possono fare per dar senso a un espatrio, anche se non scelto in prima persona. L’importante però è crearsi un proprio progetto, trovare i propri motivi al di là del partner. Per molti può essere traumatico anche atterrare in un paese di cui non si conosce la lingua. Ostacolo facilmente aggirabile se si espatria in un paese di lingua latina, ma di proporzioni nettamente più grandi se il paese che ci ospita ha una lingua difficile e lontana da quelle latine. Vivere in un mondo in cui non si riesce a leggere tutta la comunicazione scritta, a capire quello che ci dicono e a esprimere i nostri sentimenti, può risultare davvero duro. Io consiglio sempre, nei limiti del possibile, di darsi un’infarinata della lingua del paese che ci attende, e una volta sul posto di adoperarsi per impararne le basi.

 

C’è qualche progetto nuovo che avete in mente di realizzare con il sito?

 

Abbiamo appena lanciato un concorso fotografico (http://expatclic.com/index.php?option=com_content&view=article&id=3356:concorso-fotografico-donne-nel-mondo-immagini-di-donne-dai-nostri-paesi-daccoglienza&catid=1014:la-fotografia-in-espatrio&Itemid=171) che ci ha assorbite enormemente, perchè, nella tradizione del sito, è in quattro lingue e aperto a donne di tutte le nazionalità. Ha comportato quindi un sacco di traduzioni e contatti in quattro lingue diverse. Questo è stato il grosso progetto dell’anno, che ci porterà fino a ottobre, mese in cui è nato Expatclic, e durante il quale ci saranno tante sorprese, che però non posso rivelarvi, altrimenti che sorprese sarebbero?

 

A cura di Geraldine Meyer

 

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