I dati del Censis 2013 sull’emigrazione

 

In poco meno di dieci anni, l’emigrazione all’estero è cresciuta del 115%. Un dato allarmante, confermato dal Rapporto Censis 2013. Si sarebbe infatti passati dai 50mila del 2002 ai 106mila del 2012, tra i quali il 54,1% sarebbero giovani under 35. Ma è stato soprattutto nell’ultimo anno che l’incremento dei trasferimenti è stato particolarmente rilevante (+28,8% tra il 2011 e il 2012). In tutto sono oltre 4milioni e 300mila gli italiani che hanno ricominciato una nuova vita oltreconfine. Motivo principale la mancanza di lavoro, ma anche la ricerca di migliori prospettive; motivi sentimentali ed affettivi; il forte desiderio di sentirsi cittadini del mondo; ed ancora, la lenta e complessa burocrazia e i diritti civili. Più della metà degli intervistati, circa il 51,4%, ha constatato una maggiore facilità nella ricerca concreta di un lavoro all’estero e, se ci si riferisce a scatti di carriera o alternative professionali, la percentuale cresce fino al 67,9%. Una minoranza del 5,3% è alla ricerca attiva di un contratto, ma nella maggior parte dei casi, c’è chi ha già trovato un impiego (72%); il 57,1% lavora per aziende o organismi internazionali e il 5,7% è assunto nella sede di società italiane con sede fiscale in patria. Ma aumenta anche il numero dei liberi professionisti: il 9,2% degli intervistati, infatti, lavora in proprio o dirige un progetto imprenditoriale.

 

Interessante il dato riguardante le famiglie italiane, secondo cui circa 1 milione e 130 mila famiglie italiane hanno avuto, nel corso del 2013, uno o più componenti residenti all’estero per più di tre mesi. Nel 29% dei casi il parente è ritornato, mentre nel 71%, pari a più di 800 mila persone, si trova ancora all’estero e il 30% vi si trova da più di un anno. A questa quota si aggiunge un altro 1,4% di famiglie in cui invece uno o più membri stanno progettando la partenza o sono in procinto di trasferirsi. E’ inoltre emerso che sono le famiglie benestanti ad avere maggiori possibilità di mantenere un figlio all’estero o quanto meno di poter sostenere le spese del viaggio e del trasferimento. Dunque, all’aumentare delle disponibilità economiche, la quota di famiglie con almeno un componente all’estero, passa dal 3,6% di quelle con reddito attorno a mille euro netti mensili al 10,6% di quelle con reddito superiore ai 4mila euro. Ovviamente le ragioni sono molteplici: la ricerca di lavoro in contesti più ricchi di opportunità; le conseguenze di un mondo i cui confini si sono allargati e in cui l’internazionalizzazione di strutture accentua la mobilità dei lavoratori; la voglia di attuare all’estero il proprio progetto di vita, per sentirsi cittadini del mondo e per dare pienezza e libertà alla propria esistenza.

 

Circa il 26,5% ha dichiarato inoltre di aver lasciato l’Italia per il semplice motivo di non trovarsi più a proprio agio, mentre un’altra parte ha dichiarato di averlo fatto, in seguito ad una proposta di lavoro allettante. Altri (il 15,2%) invece hanno deciso di volare oltre i confini italiani, per seguire una persona cara e il 12% per vivere al meglio e in piena libertà la propria dimensione di vita sentimentale, senza essere vittima di pregiudizi o atteggiamenti discriminatori.

 

 

Dal Rapporto Censis 2013 è anche emerso che il 59,2% vive fuori dall’Italia da meno di cinque anni e, di questi, il 26,4% da meno di due. Il 26,5% vanta un’anzianità più elevata, ma comunque inferiore ai dieci anni, mentre il 14,2% vive ormai da più di dieci anni oltreconfine. Un altro interessante dato riguarda la prospettiva futura dei giovani emigranti. Infatti, circa il 13,4% considera la propria presenza fuori dall’Italia del tutto temporanea. Ed ancora, per il 41,8% dei giovani connazionali all’estero il futuro appare ancora tutto da decidere: il 24,7% si trova oltre confine, ma non ha progetti molto precisi sul futuro e la stessa incertezza di fondo contraddistingue quanti, pur trovandosi all’estero per un periodo di tempo limitato, si stanno però attivando per restarci (17,1%).

 

Il problema legato alla difficoltà della ricerca di un lavoro però non riguarda solo il Bel Paese, ma anche l’estero. Infatti, la precarietà del lavoro tra i giovani resta un nodo importante, ma pur sempre risolvibile. A testimoniarlo è il 57,8% dei giovani emigrati che ha un’occupazione permanente; il 39% ne ha una temporanea, l’1,3% svolge uno stage o tirocinio, mentre l’1,8% è occupato irregolarmente.

 

In seguito al confronto con l’estero, il difetto tutto italiano che appare più determinante nella scelta di andare via è l’assenza di meritocrazia a tutti i livelli del sistema-Paese, denunciata a gran voce dal 54,9% degli intervistati. Un aspetto che ha senza dubbio inciso fortemente, seguito poi dal clientelismo e dalla bassa qualità delle classi dirigenti (indicati dal 44,1%), dalla carenza e scarsa qualità dei servizi (28,7%), dalla scarsa attenzione per i giovani (28,2%) e dallo sperpero di denaro pubblico (27,4%).

 

Si tratta di dati allarmanti, ma è bene ricordare che dietro ogni numero ed ogni singola percentuale, ci sono persone, vite, storie differenti, che in comune hanno il forte desiderio di lasciare la propria terra ed il proprio Paese che non è in grado, in molti casi, di far fronte alle esigenze ed alle prospettive future dei suoi abitanti. Nella maggior parte dei casi, infatti, la decisione di andare via e di cambiare radicalmente la propria vita è una scelta obbligata, alla quale si giunge non senza sofferenze e delusioni. Ed è proprio su questo che l’Italia tutta dovrebbe ragionare.

 

A cura di Nicole Cascione