Sandro, ambasciatore della cultura italiana in Brasile…ma non solo. Ecco i suoi secondi 50 anni

 

Sandro Incurvati, dopo una vita vissuta in Italia tra stress e poco tempo da dedicare a se stesso, circa dieci anni fa si è trasferito in Brasile, a Florianòpolis. Titolare di una piccola azienda di consulenza di organizzazione aziendale e sviluppo software con clienti italiani e brasiliani, al di là del lavoro, Sandro è una persona sempre molto occupata nello svolgimento di attività culturali, sociali e umanitarie, attraverso due associazioni locali che appoggiano le sue encomiabili iniziative. Quali sono i suoi progetti futuri? “Diciamo che ho vissuto i miei primi 50 anni in Italia, sto vivendo i miei secondi 50 anni in Brasile, ma devo ancora decidere dove vivere i miei terzi 50 anni”.

 

Sandro, quando hai deciso di trasferirti in Brasile?

Nel 2005. Era un periodo nero per me in Italia: molto stress da lavoro e poco tempo da dedicare a me stesso. Guadagnavo bene, avevo un lavoro interessante in una multinazionale. Purtroppo l’inizio della crisi economica ha aumentato la pressione e lo stress, al di là di ogni limite sopportabile. Così mi sono preso una pausa e sono andato 10 giorni a Florianópolis in vacanza, scelta perché era descritta come un Brasile differente, lontana dai classici stereotipi di samba e mulatte. Il mio ritorno in Italia è coinciso con la pubblicazione da parte della mia azienda di un maxi-incentivo all’esodo. Non ci ho pensato su molto: sono stato uno dei primi a firmare. Ho fatto le valigie e sono tornato a Florianópolis.

 

Quali sono i pro e i contro del vivere a Florianòpolis?

Le spiagge e i paesaggi stupendi; il clima mite; le donne sorridenti e a quel tempo, quando sono approdato qui, la violenza era poca o nulla. I contro sono quelli classici di chi emigra in un altro Paese: dopo il periodo iniziale in cui tutto sembra fantastico, subentra il periodo di crisi in cui si critica ogni cosa; chi supera la crisi si adatta e vi rimane, gli altri tornano a casa con la coda fra le gambe, convinti che la colpa sia del posto e non della loro incapacità di adattarsi. Sono 10 anni che vivo qui, mi sembra che ormai possa considerare conclusa la crisi da adattamento, che ho attraversato anch’io. I problemi di Florianópolis di oggi sono più che altro legati alla violenza, cresciuta molto in questi ultimi anni; alla burocrazia e alla corruzione, addirittura peggiori di quelle italiane; al costo della vita, che cresce anno dopo anno, arrivando per molte cose ad essere più caro di quello di alcune città italiane; ai servizi carenti, più per incapacità politica che per mancanza di mezzi.

 

 

Quali sono le bellezze del posto?

Florianópolis è un’isola collegata al continente da un ponte. Ci sono, sia sull’isola che sul continente, spiagge fantastiche e paesaggi mozzafiato. Si incontrano antichi villaggi azzorriani come Ribeirão da Ilha o Santo Antonio de Lisboa. Nel centro della città c’è il mercato pubblico di epoca coloniale, dove si trovano dei pesci oceanici e ostriche freschissime a prezzi decisamente contenuti. Nel continente, a venti minuti di macchina, c’è la zona termale di Santo Amaro de Imperatriz, dove i più audaci possono fare rafting. Infine, a due ore di distanza c’è la Serra Catarinense, un altopiano basaltico dove vado spesso a fare camminate. I brasiliani stessi dicono che a Florianópolis ci siano le ragazze più belle del Brasile, quasi tutte di origine italiana o tedesca; concordo in pieno. Insomma: mare, montagna, divertimento; cosa si può volere di più?

 

Di cosa ti occupi attualmente? E di cosa ti occupavi in Italia?

In Italia, ero direttore in una società del gruppo IBM. In Brasile, dal 2007 sono titolare di una piccola azienda di consulenza di organizzazione aziendale e sviluppo software, con clienti italiani e brasiliani. Non è tutto oro quel che luccica, ma me la cavo. Al di là del lavoro, sono molto occupato nello svolgimento di attività culturali, sociali e umanitarie, attraverso due associazioni locali che appoggiano le mie iniziative. Nel 2007 ho curato l’esposizione fotografica “Celebridade e Sonho”, con foto originali inedite di Cinecittà degli anni ‘50/’60, del fotografo di scena Aldo Boni; ho tenuto seminari sulla cultura e gastronomia italiana presso associazioni e università brasiliane; ho organizzato la spedizione e la distribuzione di giocattoli usati dall’Italia per i bambini delle favelas di Florianópolis; in collaborazione con un’associazione italiana, ho contribuito al coordinamento del servizio “Desk Italia”, con finalità informative e di supporto, rivolto ai recenti immigrati italiani in Brasile. Infine, sono stato recentemente nominato ambasciatore culturale in Santa Catarina dall’associazione internazionale Universum Academy, con sede centrale in Svizzera. Insomma, di tempo libero non me ne rimane molto, posso dire però con assoluta certezza che svolgo attività che mi piacciono, mi divertono e mi gratificano.

 

Attraverso quali canali sei riuscito a trovare il tuo lavoro attuale?

Inizialmente la mia azienda si occupava dello sviluppo software per clienti italiani, con manodopera brasiliana. Poi uno dei miei fornitori, una società locale, proprietaria di un software di avanguardia per l’e-procurement, ha chiesto la mia collaborazione per l’analisi dei processi aziendali. E così è iniziato questo scambio di competenze: io ho messo nel piatto la metodologia e l’esperienza organizzativa, loro la tecnologia e la capacità di sviluppo.

 

Sei anche giornalista esperto di gastronomia. Quali sono le prelibatezze culinarie tipiche del Brasile?

La feijoada (zuppa di fagioli con carni di scarto del maiale) si può considerare senza ombra di dubbio il piatto nazionale brasiliano, che si usa consumare il sabato a pranzo. Il churrasco (carne arrosto) è ottimo, anche se Florianópolis non è la città più adatta per mangiarlo. Essendo un’isola, qui si consuma pesce, gamberi e ostriche. In generale la cucina più apprezzata in Brasile è quella dello stato di Minas Gerais. Infine nel nord est del Paese si possono assaggiare piatti con forte influenza africana.

 

 

Com’è lo stato di salute del giornalismo in Brasile?

La mia visione è parziale, in quanto mi limito a scrivere articoli e storie sulla cucina e cultura italiana su un mensile edito in Paraná. Posso però dire che l’associazione dei giornalisti dello Stato di Santa Catarina, di cui faccio parte, è molto attiva.

 

Da un punto di vista lavorativo ed occupazionale, com’è la situazione attuale in Brasile?

Fino a qualche anno fa c’era la necessità di competenze tecnologiche e manageriali, in cui italiani con esperienza non faticavano ad inserirsi. Ma nel frattempo i brasiliani si sono evoluti professionalmente e sono diventati più capaci e autonomi, pertanto per gli italiani che arrivano qui adesso la situazione si è fatta più complicata, con la complicità della crisi economica che si è affacciata anche in questa parte del mondo.

 

Quali sono i tuoi progetti futuri? Pensi di ritornare un giorno in Italia?

Diciamo che ho vissuto i miei primi 50 anni in Italia, sto vivendo i miei secondi 50 anni in Brasile, ma devo ancora decidere dove vivere i miei terzi 50 anni.

sa**************@ya***.it

www.facebook.com/sandro.incurvati

 

 

A cura di Nicole Cascione