Popoli nella trappola del consumismo

Siamo a Cachi in provincia di Salta detta "la linda" ovvero la bella, al nord dell’Argentina – 2.300 mslm.

 

Un enclave meravigliosa situata tra cime da 5.000 metri, alcune delle quali perennemente innevate, alberi verdi, un sole accecante e un cielo che è di un blu indescrivibile. Siamo arrivati qui dopo quattro giorni di cammino su strade di "ripio" ovvero di ghiaia, sassi, pietre, pozzi, buche, sabbia del deserto e quant’altro possa contribuire a distruggere il tuo fondo schiena e prosciugare tutta l’energia che avevi il primo giorno del cammino stesso.

 

Siamo ospiti del comune in un camping meraviglioso costruito su delle terrazze sotto una coltre fittissima di alberi che non fanno trapelare nemmeno un raggio di sole … dunque la pennichella è assicurata. Gli uccelli cantano dal momento in cui il cielo si schiarisce in vista dell’albeggiare e continuano e continuano per tutto il giorno fino al tramonto; un colibrì mi gira attorno da qualche minuto … pensavo non esistessero più. Accarezzo una piccola rana e scambio due chiacchiere con una farfalla. Incantevole, una fiaba. Decidiamo di trascorrere qui qualche giorno di relax, riprenderci dalla stanchezza, rifocillarci, dormire e fare ciò che più ci piace. I primi giorni siamo soli. C’è una pace e un silenzio che sono difficili da spiegare soprattuto a coloro che credono che il silenzio sia un nemico da combattere, qualcosa che mette a disagio. Poi arriva il fine settimana e il camping si popola di famiglie argentine che hanno deciso di uscire dalla città, farsi un centinaio di km e venire a godersi l’arietta fresca della montagna. È domenica mattina. Una famiglia proprio qui ai nostri piedi, entra con la sua 4×4 made in Europe nuova fiammante, parcheggia e inizia a "sbarcare" i viveri, tra cui una torta gigantesca. "Che delizia di occhi e palato" dico io, "chissà magari ce ne offrono pure una fetta" 🙂 Per le sei del pomeriggio finiscono di mangiare, salgono tutti quanti sulla loro "camioneta" e, felici, se ne vanno. Non sono nemmeno stati troppo invasivi (vi ricordo il nostro racconto sul Cumbiero Argentino): musica contenuta, una bella grigliata in compagnia, un po’ di immancabile Fernet e Coca (qui va per la maggiore, che sia aperitivo, cena, dopo-cena, non si capisce …) e la bella torta.

 

Ci avviamo verso l’uscita del campeggio per dirigerci in paese e fare un po’ di spesa; appena giunti nei pressi della zona in cui hanno soggiornato i nostri amici della grigliata, ci sorprende una quantità di spazzatura indescrivibile: bottiglie di plastica, borse di plastica, Fernet in vetro, scatolette in alluminio, pannolini sporchi, e tanto altro. Rimaniamo senza parole. E si che il campeggio è curatissimo, pieno di bidoni della spazzatura e di cartelli che dicono "hai dei rifiuti? Non portarli con te (dando per scontato che tutti siano come me e Pier che ce li scarrozziamo per km persino in bicicletta), questo è il loro posto". Mi chiedo più volte il perché di tale comportamento. L’Argentina è un paese enorme e, purtroppo, è piena di discariche a cielo aperto, ma cavolo, qui ci sono dei bidoni della spazzatura, che vi costa usarli? Continuo a rifletterci su mentre andiamo e torniamo dal paese e penso di averci capito qualcosina: questi popoli, sono in mezzo al guado, sono proprio nel mezzo e cercano di uscirne senza che nessuno gli indichi come; si arrangiano.

 

 

I colonizzatori e la Chiesa sono arrivati qui più di 500 anni fa, li hanno vestiti facendoli ammalare e sterminandoli, li hanno combattuti e confinati in riserve, per rubargli terre ricchissime con cui ancora oggi, governi e multinazionali statunitensi ed europee si riempiono le tasche, hanno sostituito le loro cerimone e la loro "pipa sagrada" con alcol, videogiochi e slot machine con cui si bruciano il cervello centinaia di giovani e decine di generazioni.

 

Li hanno annullati come singoli e come componenti di una comunità, la comunità indigena, che da sempre è stata ben organizzata con ruoli e gerarchie attribuiti in funzione delle capacità sia fisiche che spirituali di ognuno. Li hanno privati di tutti i loro valori di popoli ancestrali, amore per se stessi, per l’altro e per il pianeta in cui vivono, rispetto, collaborazione, solidarietà, umiltà, onestà, etica, morale, per immolarli al dio denaro: eccoli lì, centinaia di persone, adulti, giovani e bambini che dall’oggi al domani vorranno una Nike, una Coca Cola, un’Amarok Wolksvagen e quant’altro. Eccoli lì, un’altra fetta di mondo immolata al paradigma del consumismo e della crescita economica.

 

Quello che le menti eccellenti della terra si sono dimenticati di dargli però, è un’istruzione appropriata, di alta qualità e non il semplice alfabetismo; si sono dimenticati che la cultura è questione di centinaia di anni, non di poche decine; non gli hanno insegnato un lavoro affinché si potessero auto-sostenere, no, gli hanno insegnato un lavoro alle dipendenze: il minatore, il "peones", il camionista, il dipendente delle ferrovie dello stato ecc. E infine, per coloro che da sempre hanno vissuto nei posti più remoti, irraggiungibili e dalle condizioni climatiche ed esistenziali difficili, dove era ancor meno probabile insegnare loro un lavoro, ecco che gli hanno assegnato dei sussidi, sussidi di tutti i tipi, che vengono spesi in quotidiane sciocchezze.

 

Questi popoli non hanno nemmeno idea di cosa sia la Piramide dei bisogni di Maslow e così, hanno dimenticato che prima vanno soddisfatti i bisogni basici, dall’alimentazione, all’igiene personale, alla salute, all’istruzione, per balzare in un sol colpo ai bisogni voluttuari: scarpe, borse, abiti, chewing-gum, bevande light, cibo-spazzatura, motorini, cellulari ultima generazione ecc. Ovviamente nel tutto incluso c’è anche la totale dimenticanza o meglio disconoscenza del valore che il pianeta terra ha come nostra casa e non come nostra canasta dei rifiuti e dunque del suo totale rispetto.

 

 

Il Consumismo. Una forma di depressione psicologica indotta esattamente come per gli alcolisti, i drogati, gli work haolic, i sesso fobici ed i pedofili. Una dipendenza. Un comportamento associato ad un bisogno disperato. Che bisogno? Il bisogno di essere riconosciuti. E com’è accaduto che abbiamo smesso di riconoscerci? È accaduto nel momento in cui ci hanno negato la verità, ovvero che ognuno di noi è un essere divino, di pura luce, in grado di generare la propria realtà, i propri sogni ed i propri desideri. E ci hanno detto che per essere qualcuno, per essere riconosciuti appunto, dobbiamo guardare al nostro esterno e non più al nostro interno; dobbiamo confrontarci con gli altri, vestirci come gli altri, parlare come gli altri, andare negli stessi posti in cui vanno gli altri. E infine credere nello stesso Dio, l’unico che ci ama e che ci riconosce … se non pecchiamo naturalmente. Il consumismo confuso con qualità di vita. Il micro credito, una diavoleria; e pensare che quaggiù la gente si compra persino le scarpe a rate pur di averle. Ma questa stessa gente non ha mai saputo che il pannolino di un bambino o di una donna, abbandonato sul ciglio della strada, o in un cespuglio, starà lì per 600 anni circa. A ricordarci quanto siamo tapini.

 

Purtroppo pochi, molto pochi ce l’hanno chiara questa semplice verità.

 

Melissa e Pierluigi

In Lak’ech – Tu sei un altro Me

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