Danesi virtuosi mandano in crisi l’inceneritore: non c’è abbastanza spazzatura

Danesi virtuosi mandano in crisi l’inceneritore: non c’è abbastanza spazzatura

 

Di Gianluca Ricci

 

Le sciate sul suo tetto, frutto di un ipotetico progetto di trasformazione urbana che sarebbe dovuto andare in porto entro pochi anni, potrebbero rimanere miseramente confinate nell’immaginario collettivo dei danesi che abitano nella capitale.

 

L’Amager Bakke, ovvero l’inceneritore di Copenaghen preso come modello da gran parte dei politici del continente per la sua straordinaria efficienza, potrebbe avere le ore contate.

 

Addio dunque non solo agli sci e alla seggiovia, ma anche all’impianto medesimo che faticherebbe a contenere i costi di gestione. Il motivo? Non c’è abbastanza spazzatura da bruciare. Paradossalmente i comportamenti virtuosi dei danesi hanno messo in crisi uno degli impianti di smaltimento più moderni e “puliti” d’Europa.

 

I suoi due forni sono in grado di bruciare 500mila tonnellate di rifiuti ogni anno, una quota che i cinque comuni proprietari dell’impianto non riescono assolutamente a raggiungere, condannandolo ad un ridimensionamento che incide prima di tutto sul rapporto fra costi e ricavi.

 

È noto che un impianto di queste dimensioni che lavora ad una capacità inferiore a quella preventivata non fa che aumentare le uscite senza che ad esse corrispondano adeguate entrate: in pratica lavora in deficit e tocca alla proprietà appianare i segni meno con cospicui versamenti che oggi fanno temere per il suo futuro. Il primo piano di ripresa economica elaborato dalla società di gestione è fallito, nonostante siano stati investiti ben 500 milioni di euro.

 

Ora se ne sta prospettando un secondo dalle dimensioni simili, ma il rischio ora è che a rimetterci siano direttamente i contribuenti, ovvero i cittadini di Copenaghen che sognavano di salire sul tetto della struttura per ridiscenderlo con gli sci ai piedi. Inutilmente si è provato ad importare rifiuti da chi ne produce ben più di quanti può smaltirne, come per esempio la Gran Bretagna, che molti anni fa aveva venduto alla società 100mila tonnellate di immondizia.

 

Altrettanto inutilmente si è provato ad allargare la platea dei produttori di rifiuti ai confinanti, che dal canto loro si servono del più collaudato e funzionale impianto di smaltimento di Glostrup, dove viene conferita la spazzatura di ben 19 comuni.

 

Ma il problema risale alle origini, quando l’impianto venne progettato: all’epoca ci fu chi gridò allo scandalo, denunciando che le dimensioni, esagerate rispetto al bacino di utenza, non avrebbero permesso di garantire un equilibrio fra introiti e spese. Non furono solo politici della fazione contraria a chi allora governava la città a scagliarsi contro l’ipotesi di realizzazione dell’Amager Bakke così come progettato, ma anche illustri docenti universitari, che per mesi tentarono di convincere i responsabili di diminuire le dimensioni e adeguarle al contesto urbano di cui avrebbe dovuto occuparsi.

 

Il secondo piano di ripresa economica prevede che a gestire la raccolta dei rifiuti a Copenaghen diventi la stessa società di gestione dell’impianto, giusto per introitare i 32 milioni di euro annui che oggi invece vengono incassati da aziende concorrenti, e che venga realizzato un impianto di produzione di biogas utile per diminuire le emissioni di co2 in città e per garantire ulteriori introiti. Se anche questo piano fallirà, addio centrale. E addio anche alle agognate discese con gli sci…