Barcellona delle contraddizioni: los butaneros!

 

Barcellona è una città proiettata verso la modernità e, nonostante le difficoltà economiche degli ultimi anni, non ha arrestato la sua corsa verso il futuro. Il Wi-Fi è da anni una garanzia in tutti i luoghi pubblici (metropolitana, parchi, biblioteche, centri civici); la comunicazione con la municipalità avviene tranquillamente online per quanto concerne molti servizi; App gratuite del comune sono disponibili per poter, ad esempio, informarsi sull’arrivo dell’autobus mentre si sta uscendo di casa per andare alla fermata … e questi sono soltanto alcuni esempi.

 

Detta così, sembrerebbe di vivere a Dubai ma, naturalmente, questa è soltanto una faccia della medaglia.

 

Per esempio con questa realtà convivono pacificamente los butaneros, personaggi che, probabilmente, non ci aspetteremo di trovare in una capitale europea della fama di Barcellona, con i suoi skyline, le sue fiere tecnologiche d’avanguardia, la sua immagine di città in eterno movimento. Eppure, per molti barcellonesi los butaneros sono indispensabili. Siccome non tutte le case (come quelle dei quartieri storici) sono dotate di riscaldamento (e visto il clima, si può anche capire), esiste la figura del “portatore delle bombole del gas butano”.

 

 

Sì, ancora oggi molte case (tra cui la mia!) per riscaldarsi hanno stufe a butano e la classica bombola arancione fa parte dell’arredamento di case e balconi. A Gràcia e nel Barrio Gotico (ma anche in molte altre zone), ogni mattina arriva alla finestra il classico suono metallico del butanero che con un martello picchia sul mucchio di bombole che si porta in giro per avvisare che sta passando sotto casa. Se sei rimasto a corto, basta scendere le scale e comprare la bombola. Ad acquisto effettuato, Il butanero di turno mette la bombola in spalla, sale le scale (difficilmente negli appartamenti dell’inizio del ‘900 ci sono ascensori!) e la deposita in casa. L’altra possibilità per scaldarsi – e non “pelare” nei due mesi in cui il freddo arriva, eccome! – è firmare un contratto con la società del gas, Repsol Butano. In questo caso, basta telefonare quando si ha la necessità e il butanero, nel giro di qualche giorno, arriva con i rifornimenti . Il prezzo ruota attorno ai 17 euro cad., più una mancia (meritata) per “la spalla”. È sì, perché questo non un “mestiere romantico” e, spesso, questi ragazzi vivono solo delle mance che raccolgono anche perché vanno sempre in giro in due: il “capo” (che ha uno stipendio fisso) e il “ragazzo di bottega” che si sostiene con le mance e poco di più.

 

Non so perché, ma tutti i butaneros appartengono allo stesso gruppo etnico, molto numeroso in città: sono tutti (al 90%) pachistani. La mattina, non c’è da stupirsi, di vedere passare un carrello carico di bombole tirato da due ragazzi pachistani sfrecciando – perché riescono anche a camminare velocemente con il loro carico – accanto a edifici modernisti o grattacieli.

 

 

La bombola poi (quella di ricambio) viene tradizionalmente messa sul balcone (gli appartamenti del centro storico sono piuttosto piccoli e mancano di sgabuzzini) e sono diventate una vera e propria caratteristica delle facciate barcellonesi.

Sorprendente e contraddittorio? Forse, io direi che questo fa proprio parte dello “spititus” della città e della sua popolazione: tradizioni e abitudini antiche convivono pacificamente con questa spinta alla modernità ben presente e palpabile.

 

E questo è dimostrato. Basti pensare che passeggiando per le strade può capitare di imbattersi in un circolo di persone riunitesi per ballare la “Sardana” (un ballo tradizionale catalano che risale alla notte dei tempi e che in Italia sarebbe accantonato nella categoria del folclore agonizzante); contemporaneamente questa è la città del Sonar, il Festival di musica elettronica per eccellenza, e di molte manifestazioni artistiche contemporanee.

 

Sarà per questo che questa città “te engancia” (ti prende) e non ti molla più?

 

A cura di Paola Grieco

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