25 anni a Kathmandu

 

Kathmandu, capitale del Nepal, è un territorio circondato da una valle ricca di siti storici, di antichi templi, di santuari e di affascinanti villaggi. E’ una città che comunica allo stesso tempo, un profondo senso della storia e l’invadente frenesia del mondo moderno. Navyo, vecchia conoscenza di questo sito, già nel 2009 rilasciò un’intervista nella quale raccontava le motivazioni del suo trasferimento in Nepal, dove ha aperto un tour operator. Ancora oggi, dopo 25 anni dal trasferimento, è soddisfatto delle sue scelte e ce ne parla in quest’intervista.

 

In tutti questi anni di permanenza a Kathmandu come e in cosa è cambiato Navyo?

 

Diciamo mi sono “colorito d’Asia”. Qui si affrontano molti aspetti della vita con più calma, con più distanza interiore. Vivo una vita abbastanza tranquilla, in confronto a quella frenetica che si vive in Italia. Il passare degli anni naturalmente ti cambia, cosa bella e interessante. Sono poco interessato alle frenesie occidentali e più alla calma interiore.

 

Secondo la tua esperienza, quando è il momento giusto per lasciare tutto e partire? E come fare per riconoscerlo?

 

Questo certamente è difficile da dire, ma credo che le cose abbiano bisogno di tempo per crescere. Non credo sia giusto fuggire perché insoddisfatti della propria situazione personale. Riconoscere il momento giusto? Non ci sono ricette. È la vita che offre opportunità che bisogna saper affrontare con un pizzico di spirito di avventura e rischio, accompagnati ovviamente da una buona dose di realismo. Ma senza spirito d’avventura e apertura mentale, sarà difficile riconoscere il momento giusto per buttarsi verso una nuova avventura.

 

Qual è stato il percorso che ti ha portato ad aprire un tour operator a Kathmandu?

 

Mi interessavo molto di alpinismo, trekking e avventura e così, esplorando e facendo spedizioni negli anni ’80, mi sono innamorato di queste aree e della vita asiatica. Avendo inoltre un piccolo background turistico, poiché i miei gestivano un agriturismo, nonché buone esperienze nella logistica per organizzare spedizioni, ho cominciato a organizzare, in collaborazione con un partner locale, i primi viaggi per clienti. Un percorso abbastanza logico in sé, anche se realmente mai previsto così. Oggi siamo abbastanza affermati e operiamo principalmente attraverso internet (www.navyonepal.it) sia direttamente con viaggiatori, che con le agenzie viaggio e qualche tour operator.

 

 

Sono molti gli italiani che decidono di passare le vacanze in Nepal?

 

No, decisamente pochi, qualche migliaio ogni anno; da 6 a 9 mila annualmente. Non è una delle mete particolarmente ricercate; manca il mare, il divertimento notturno, per la sincerità anche (fortunatamente) un mercato di turismo sessuale ed è abbastanza “sporco” (ci siamo però consolati con lo scandalo dei rifiuti in Campania e Napoli). Spesso non c’è la luce elettrica e si ha l’immagine di un Paese frequentato da chi ama l’escursionismo e l’alpinismo. Altre destinazioni offrono sicuramente “di più” per molti turisti, oltre ad essere, forse, turisticamente anche più sviluppati.

 

Ti è mai capitato di incontrare qualcuno che, dopo aver fatto un viaggio in quelle terre, ha deciso di trasferirsi definitivamente?

 

Certo, ne ho incontrato qualcuno. C’è da tener presente che, sicuramente, sono meno di 10 gli italiani che attualmente vivono stabilmente in Nepal. Ci sono però molti che arrivano e si fermano per qualche mese o anche per un anno, per volontariato o lavoro. La comunità italiana qui è abbastanza piccola, al massimo conta un centinaio di italiani.

 

Perché 25 anni fa hai scelto proprio il Nepal come meta per il tuo trasferimento?

 

Arrivai qui per scalare una montagna di 7.200 metri, senza successo poi, perché mi ero sopravvalutato, oltre ad essere troppo poco attrezzato, ma mi innamorai di una ragazza che allora viveva qui. Volevo fare come i grandi alpinisti, ma ero piuttosto un alpinista medio.

 

E come hai maturato la scelta di partire?

Perché mi piaceva scalare, muovermi; perché volevo dare un senso alla mia vita ed ero in cerca di spiritualità; perché mi affascinavano le storie dei Yogi e Guru, del misticismo e perché l’italia mi era divenuta “stretta” nel suo campanilismo, soprattutto l’Alto Adige, che mi sembrava ancora più particolarmente chiuso. Volevo vivere la mia vita ed ero certo che non l’avrei vissuta in Italia, ma in India o in Himalaya.

 

Come si vive a Kathmandu?

 

Si vive molto bene nel momento in cui si accetta la realtà del Paese, la diversità del pensiero e dei costumi della gente e i molti problemi che s’incontrano. Questo almeno per me.

Va bene per un occidentale che non cerca i molti lussi a cui è abituato, la vita non è costosissima se si rinuncia a vivere “all’occidentale”. Un affitto medio in città, per un appartamento con due stanze, bagno e cucina, costa circa sui 100-150 Euro. Se si mangiano gli alimenti locali, se non si beve molta birra, se si usano i trasporti pubblici, si riesce a vivere anche con 500 Euro, un pò meno se si dividono le spese di base, come l’affitto.

E’ ovvio che si parla di una vita relativamente semplice, piuttosto “nepalese”, che esclude le serate nei ristoranti occidentali o turistici, le birre o il vino. Se invece si decide di vivere con tutti i confort “occidentali”, il discorso cambia.

 

 

Come affronta la quotidianità la popolazione locale?

 

La maggior parte vive ancora in famiglia estese, in questo modo, la disoccupazione così come la pensione, sono fortunatamente problemi relativamente gravi. Se non fosse così, la vita sarebbe molto difficile per tanti. Ovviamente ci sono anche altri problemi, come il lavoro sottopagato, la presenza delle caste, il menefreghismo dei ricchi, la scarsità dell’acqua potabile, gli affitti alti, la scarsa assistenza da parte dello Stato. La vita in città, purtroppo, per molti è difficile. L’immondizia, la burocrazia lentissima, che richiede sempre una “mancia” per ogni piccolo documento, la sradicazione dai villaggi e le molte spese che si hanno in città, creano un ambiente dove per molti, la sopravvivenza diventa estremamente faticosa.

Inoltre, l’avvento della televisione e di internet hanno creato grandi aspettative (“basta che vai in America e diventi ricco”). Questo ha creato grandi frustrazioni in tutti coloro che, con grande disappunto, hanno potuto riscontrare che in realtà è molto difficile poter ottenere un visto per andare in occidente, dove “tutti sono ricchi”. Molti tornano delusi nei loro villaggi, dopo aver vissuto alcuni anni in città, dove la vita risulta migliore nonostante la semplicità e il duro lavoro agricolo. Per le donne, la vita generalmente è più difficile, poiché vivono una situazione discriminatoria che cambia molto lentamente. Si potrebbe ancora dire molto, certo ci sono realtà diverse a seconda della regioni: nella parte orientale del Paese ad esempio, si vive molto meglio che nella parte occidentale, dove la vita sociale è molto conservativa e l’indice di povertà è molto più alto.

 

Si vive tranquilli a Kathmandu?

 

Direi di sì, fortunatamente l’indice di criminalità è molto basso e la gente, nonostante le difficoltà, è sempre molto gentile e non fa mai mancare un sorriso.

 

Ci sono possibilità lavorative?

 

L’indice di disoccupazione è alto, si aggira intorno al 30% e molti emigrano all’estero per lavorare, soprattutto nel Golfo arabo e in Malesia/Indonesia. In realtà ci sarebbero molte opportunità nel Paese, ma la gente preferisce l’estero anche perché, se una persona appartenente ad un’alta casta, facesse il cameriere in Nepal, sarebbe difficile, invece all’ estero risulterebbe tutto più semplice. Così, quasi tutti lavoratori edili vengono dall’India, come anche i venditori di frutta e via dicendo.

Per uno straniero ci sono opportunità di lavoro soprattutto nel settore Onlus o in qualità di esperto in alcuni settori, come l’aviazione, consulenza tecnica e così via. Con un po’ di fantasia alcuni hanno aperto, per esempio, una produzione di formaggi, altri una birreria. Maggiori opportunità ci sono soprattutto nel settore alimentare, perché il Paese é molto fertile e l’India e la Cina sono ottimi mercati per l’esportazione di alimenti di qualità.

 

E per quanto riguarda la situazione sanitaria, cosa puoi raccontarci?

 

È molto migliorata negli ultimi anni, anche se naturalmente è ancora molto precaria se confrontata con l’Europa. Tuttavia ormai si fa quasi tutto in Nepal, anche trapianti di organi e operazioni a cuore aperto. Il Nepal è famoso per le lenti a contatto, che vengono anche esportate in America.

Come sempre però, le aree remote sono prive di assistenza, anche perché chi studia medicina o infermeria va all’ estero o rimane in città.

Per chi vive in città, la situazione sanitaria è ottima, anche se privata ed a costi che non tutti si possono permettere.

 

Sicuramente ti sarai trovato a vivere in una cultura estremamente diversa da quella europea. Con che spirito hai affrontato il cambiamento?

 

Per me non è stato un problema, avendo anche già vissuto lunghe esperienze di viaggi e poi, da giovani ci si adatta facilmente. Non ho avvertito alcun disagio nel cambiamento, mi sono trovato a vivere in un nuovo Paese come già mi era successo altre volte, in questo caso però, ci sono rimasto e ancora non me ne pento.

 

 

Pensi che per una famiglia con figli, sia facile il processo integrativo per un eventuale trasferimento?

 

Da quel che ho potuto riscontrare tra i miei amici, non ci sono grandi problemi di integrazione. Certo, non ci ambienta in un giorno, la cosa positiva è che, come “bianco”, si viene generalmente ben visti in Nepal e la gente è spesso disponibile. Le difficoltà maggiori sono a livello organizzativo, più che familiare. Poi i bambini si adattano con maggior facilità rispetto agli adulti. Ci sono anche molte famiglie giovani qui.

 

Quali sono le maggiori difficoltà contro cui ci si imbatterebbe?

 

La burocrazia. Per ottenere i permessi di soggiorno a lungo termine, i permessi di lavoro o un visto di affari, ci si mette molto, principalmente perché si combatte contro una burocrazia molto lenta e una corruzione alta ed “esigente”, soprattutto se non si ha l’appoggio della propria azienda che dovrebbe occuparsi di questo. Per ogni passo è necessaria una buona dose di pazienza e soprattutto, consiglio sempre di avvalersi dell’aiuto di un buon avvocato. Inutile aggiungere che è sempre meglio far finta che i servizi diplomatici italiani non esistano, poiché sono poco utili e il Consolato Onorario gestito da nepalesi, lo è ancora meno. Fortunatamente c’e l’ufficio della comunità Europea, nonché l’Ambasciata Francese a cui ci si può rivolgere. Infine, mai affidarsi ai “partner” locali, molte sono le esperienze di persone che hanno creduto troppo a quello che gli è stato detto e promesso, pertanto, prima di fare qualunque cosa, è sempre meglio consultare l’avvocato o persone che vivono qui da tempo.

 

 

Ti è mai capitato di pensare a chi saresti ora se 25 anni fa, non avessi deciso di trasferirti a Kathmandu?

 

Sinceramente no, sto bene qui, per cui non mi pongo neanche il problema…

 

Se ti chiedessi di rappresentare questi anni passati in Nepal con un pensiero, quale sarebbe?

 

Tutto avviene quando e come deve avvenire e succedere, non quando lo vuoi tu”.

 

 in**@na********.com

 

 

A cura di Nicola Cascione

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