Neri: a soli 22 anni una carriera di analista per Morgan Stanley a Mosca

 

Neri Tollardo, 22 anni ed un posto fisso presso la Morgan Stanley in Russia. Il suo compito è quello di analizzare aziende nel settore metallurgico russo per poi dare consigli di investimento a vari fondi internazionali. Traguardo impensabile da raggiungere in Italia, dove a 22 anni anche solo immaginare un futuro lavorativo dignitoso è praticamente impossibile. Nel caso di Neri, importante è stata la formazione di studi e l’intraprendenza nel proporsi ad istituti internazionali. Ormai è passato quasi un anno da quando Mosca, città vibrante e a tratti caotica, è diventata sede della sua vita privata e professionale e a parte il freddo glaciale e gli inverni lunghissimi, per Neri vivere in un posto in grado di offrire opportunità economiche e lavorative che l’Italia può solo invidiare, è fonte di grande soddisfazione.
 

Neri, raccontaci qualcosa di te
 

Nel 2002 grazie ad un’opportunità di lavoro di mio padre, ci trasferimmo in Russia con tutta la famiglia. Dopo un primo anno presso la scuola Italiana di Mosca, decidemmo di cambiare e di andare a studiare all’Anglo American School of Moscow. Durante questa esperienza, imparai l’inglese e il russo e viaggiai (con la scuola) in tutto l’est Europa (per tornei di calcio internazionali), Siberia, Cipro, Turchia, UK, Francia, etc. Quando fu tempo di decidere quale università frequentare, le mie prime scelte erano tutte per le università inglesi: Oxford, LSE, Warwick ed altre specializzate in Economia e Management. Purtroppo non riuscii ad entrare nelle mie preferite (Oxford ed LSE) e quindi mi rivolsi alla Bocconi, che mi offrì una borsa di studio per meriti (tra l’altro, riservata solo a studenti stranieri – io riuscii a convincerli che avendo vissuto all’estero per 6 anni e parlando l’inglese meglio dell’italiano mi sentivo molto internazionale). Dopo il primo anno, per puro interesse personale, decisi di fare delle applications a varie banche internazionali per uno stage a Londra. Morgan Stanley fu la prima a contattarmi e dopo i vari colloqui di lavoro, decisero di assumermi come stagista per l’estate 2010. Devo dire che se non fosse stato per contatti personali probabilmente non avrei fatto nessuna domanda, perché anche in Bocconi non c’era nessuno che incentivava a fare application, men che meno ad aziende italiane (solo a livello di Master è obbligatorio trovare uno stage)! Nonostante fossi lo studente con il GPA più alto del corso, non si manifestò mai alcun interesse da parte di nessuna azienda italiana, neanche tra gli sponsor dell’università. E comunque tra gli studenti (incluso il sottoscritto) c’è sempre un po’ di scetticismo verso le aziende italiane – raramente qualcuno preferirebbe lavorare per un’azienda italiana (diciamo Unicredit), piuttosto che per una delle grandi banche d’investimento internazionali (JPM, GS, MS, etc). Dopo aver ottenuto buoni risultati alla Morgan Stanley, decisero di farmi un’offerta di lavoro, con data di inizio settembre 2011. Allora avevo solo 20 anni e avrei preferito fare o un Master o un anno "sabbatico", così decidemmo insieme di posporre l’inizio del contratto a settembre 2012. Quindi, con due anni di anticipo, mi trovavo già con un’offerta di lavoro dalla Morgan Stanley. Dopodiché, continuai i miei studi (con programma di scambio a Hong Kong), mi laureai alla Bocconi con 110 e lode e mi spostai a Londra per un Master in Finance and Private Equity alla LSE. Dopo aver ricevuto il premio come miglior studente del corso a fine anno, mi trasferii a Mosca ed ora lavoro in Equity Research ormai da 10 mesi.

 


“Nonostante fossi lo studente con il GPA piu alto del corso, non si manifestò mai alcun interesse da parte di nessuna azienda italiana, neanche tra gli sponsor dell’università”. Ti sei mai chiesto il perché?

 

Durante il periodo di ricerca di stage/lavoro no, perché la mia idea era quella di cercare lavoro in una banca internazionale di spessore, con cui purtroppo le banche italiane non riescono a competere. Col senno di poi però sembra che le aziende italiane non vogliano neanche provare a competere, ignorando studenti con GPA e qualità promettenti.
 

Perché c’è scetticismo nei confronti delle aziende italiane?

 

Perché 1) spesso già partono svantaggiate e non competitive verso le aziende estere, il che porta gli studenti più promettenti e ambiziosi a cercare lavoro all’estero; 2) che sia vero o no, si ha sempre l’impressione che per avere successo in Italia si debba essere raccomandati; 3) non c’è neanche lontanamente la stessa convinzione con cui le aziende estere puntano sui giovani.
 

In cosa consiste precisamente il tuo lavoro?
 

Analizzo aziende nel settore metallurgico russo per poi dare consigli di investimento a vari fondi internazionali. Nello specifico mi occupo dell’analisi finanziaria delle varie aziende, ma ultimamente sto cominciando ad interagire più frequentemente con vari clienti.
 

Ti è mai capitato di pensare a come sarebbe andata la tua vita se fossi rimasto in Italia?
 

Ogni tanto e più ci penso, più sono contento del fatto di non esserci rimasto. Spesso i giovani italiani hanno i paraocchi e mancano di ambizione, intimiditi anche solo dal cambiare città per affrontare l’università. Vivere una vita internazionale dall’età di 11 anni mi ha permesso di imparare nuove lingue, di viaggiare in giro per il mondo, di conoscere culture e usanze diverse e di avere una network di amici/conoscenti/colleghi internazionale. Nello specifico, la Russia offre opportunità economiche e lavorative uniche, che l’Italia purtroppo può solo invidiare. Certo che però quando d’inverno ci sono 20-30 gradi sotto zero, un po’ di voglia di sole italiano riemerge…
 

A 22 anni già un lavoro fisso in una sede della Morgan Stanley. Puoi tranquillamente dire: “Ce l’ho fatta!”. Quanto ti è costato tutto questo in termini affettivi? Hai dovuto lasciarti dietro qualcosa? Hai dovuto fare delle rinunce per arrivare a questo traguardo?
 

Purtroppo la mia famiglia è rimasta in Italia e la mancanza la sento. Avere una visione internazionale del mondo e una voglia di viaggiare e confrontarmi con persone di vari background, mi ha portato a lasciare la mia famiglia molto presto (a 16-17 anni mi trasferii a Milano per l’università, mentre i miei genitori rimasero a Mosca), per poi trasferirmi in varie altre città (Hong Kong, Londra, Mosca) sempre a qualche migliaio di chilometri dalla mia famiglia. Nonostante ciò, riesco a vedere i miei cari ogni 3-4 mesi e la distanza non è mai stata tale da non farmi sentire il loro supporto, ovunque mi trovassi. Il vantaggio di aver viaggiato tanto è che in quasi tutti gli angoli del globo ho qualche amico/conoscente, che in qualche modo può colmare la mancanza fisica della mia famiglia. 

 


 

Com’è il rapporto con gli altri tuoi colleghi di lavoro? La tua giovane età incide in qualche modo nei rapporti interpersonali?
 

Dal punto di vista lavorativo non incide, perché vengo giudicato per i risultati che riesco ad ottenere e non per la data di nascita. Anzi, tutti rimangono un po’ piacevolmente stupiti dalla mia giovane età.
 

Per quanto tempo pensi di rimanere a Mosca?
 

Credo altri 3-4 anni, poi si vedrà. Lavorare a Mosca penso sia un bene all’inizio, perché è una realtà un po’ più piccola che Londra o New York, quindi riesco ad assumere responsabilità più velocemente di molti miei coetanei. Però un giorno vorrei trasferirmi in un vero e proprio centro finanziario… lì si respira un’aria diversa.
 

Cosa puoi raccontarci del posto?
 

Mosca è una città molto vibrante, a volte caotica. Però io la conosco da quando avevo 11 anni e quindi mi sento a casa, nonostante per molti la prima impressione non sia molto positiva. E’ difficile adattarsi al freddo invernale, al traffico quasi perenne, alla mancanza di gentilezza di molte persone. Ci vuole molta pazienza, che spesso si acquisisce solo crescendoci in questa città.
 

Cosa offre a livello sociale Mosca per un giovane come te?
 

Ristoranti, bar, discoteche sono dappertutto, anche se spesso molto care. Allo stesso tempo sono parte di un circolo di expat con cui giochiamo a calcio un paio di volte alla settimana.
 

Quali sono i pro e i contro del viverci?
 

Pro: possibilità lavorative, conoscere tante persone differenti (il che mi fa sentire meno nostalgico). Contro: lontananza dalla famiglia, clima. 

 

 

Il freddo dell’inverno moscovita è un freno per molti italiani che intendono trasferirvisi. Cosa puoi dirci? È così temibile come raccontano e come fanno vedere in tv?
 

Non proprio, perché almeno non è umido. Certo che però quando ci sono 30 gradi sotto zero, umido o meno, fa veramente freddo…ma la parte peggiore non è la temperatura, quanto la lunghezza della stagione invernale! La prima nevicata di solito è a inizio novembre e quest’anno abbiamo avuto l’ultima sciata da fondo a metà aprile! Le giornate poi sono molto corte, con il sole che sorge verso le 9-10am e cala verso le 4pm.
 

Per quanto riguarda il processo di integrazione, i moscoviti sono aperti nei confronti dello “straniero”?
 

All’inizio no, possono essere molto maleducati. Però dietro a quello schermo protettivo molto spesso si trovano persone che, una volta conosciute bene, possono diventare come dei veri familiari. Una decina di anni fa lo straniero faceva ancora impressione, perché qui non ce n’erano tantissimi. Ora a Mosca, essere uno straniero non attira più l’attenzione.
 

Per concludere, quali sono i tuoi progetti futuri?
 

Per ora voglio rimanere a Mosca, diventare un esperto nel settore in cui lavoro e crearmi una conoscenza approfondita della Russia che mi possa permettere di sfruttare le opportunità che questo Paese offre. Per il futuro, ho molte città nel mio radar: Londra, New York, California, Hong Kong…vedremo!
 

Ne***********@gm***.com

 

A cura di Nicole Cascione

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