New York: la città che non dorme mai

 

Manuela si è sempre sentita cittadina del mondo e nel momento in cui ha capito che l’Italia non aveva più nulla da offrirle, ha detto basta ed è andata via. E’ partita all’età di 31 anni per New York, una scelta mirata a favorire una crescita personale e professionale. Ormai sono 15 anni che vive nella Grande Mela, in ”una città che ispira, che spinge a fare e a sperimentare. Un’autentica scuola di vita in grado di aiutare a plasmare il vero carattere di una persona”.

 

Manuela, ci racconti qual è stato il percorso lavorativo che ti ha portata a vivere a New York?

 

Sono nata e cresciuta a Como. Mi sono diplomata in Decorazione Pittorica presso l’Istituto Statale d’Arte di Cantù nel 1992 ed ho cominciato subito a lavorare come disegnatrice tessile presso un’azienda comasca; dopo un anno mi sono iscritta all’associazione artigiani e sono diventata una libera professionista, situazione che più si addice al mio naturale desiderio di indipendenza. Dopo circa quattro anni come libera professionista, mi è stata offerta l’opportunità di un’esperienza lavorativa a New York, come disegnatrice ed ho accettato immediatamente. Ho sempre desiderato fare un’esperienza di lavoro all’estero e la pressione fiscale a cui da sempre, sono sottoposti gli artigiani in Italia, mi aveva da tempo convinto che era venuto il momento di dire basta e andarmene.

 

E ora di cosa ti occupi?

 

Da circa sette anni mi occupo di ricerca in campo tessile e collaboro con due studi newyorkesi. E’ un lavoro molto interessante che mi porta di continuo in luoghi e città diverse alla scoperta di tessuti, abiti, ricami e decorazioni antiche e vintage.

 

Sono tanti i chilometri che dividono Como da New York. Nonostante al momento della partenza non fossi più un’adolescente, qual è stata la reazione dei tuoi familiari?

 

Essendo la mia famiglia abbastanza tradizionale e conservatrice, all’inizio la reazione è stata molto negativa. Non penso abbiano mai capito i veri motivi che mi hanno spinto a prendere una decisione così drastica, penso lo abbiano sempre visto come un atto di ribellione fine a se stesso, piuttosto che una manovra mirata a favorire una crescita personale e professionale.

 

Quali sono state le tue prime sensazioni appena hai messo piede a New York?

 

All’inizio è stato eccitante, come tutto ciò che è nuovo e così diverso. A lungo andare poi, ho dovuto fare i conti con le piccole stranezze quotidiane e con tutto ciò a cui non ero abituata. Ma è stato solo questione di tempo, per alcuni ci vuole più tempo per altri meno. Ripeto, è una questione di spirito di adattamento. Quando sono arrivata avevo 31 anni e un sacco di entusiasmo, adesso ne ho 46 e vedo le cose in modo un po’ diverso, molto più pragmatico.

Ti andrebbe di raccontarci qualcosa su New York? Su come si vive, sulle difficoltà che si potrebbero incontrare, sul costo della vita, sul permesso di soggiorno e così via…

 

Certamente! New York è una città incredibile, dinamica e veloce, vibrante, ”the city that never sleeps”. Ci sono pro e contro come in ogni metropoli destinata a diventare una megalopoli del futuro. Trovare un lavoro non è difficilissimo, anche se negli ultimi anni la situazione è diventata decisamente più dura e i tempi per collocarsi si sono allungati parecchio. Direi la capacità di adattamento è forse una delle maggiori difficoltà, imparare bene la lingua, trovare un buon posto in cui vivere. Il costo della vita a New York è molto alto, soprattutto quello riguardante gli affitti e l’assicurazione sanitaria. E’ difficile trovare un appartamento carino e in una zona carina a prezzi accettabili, anche in questo caso dipende un po’ da ciò che si vuole e dallo spirito di adattamento. A Manhattan il costo di un monolocale nell’East Village va dai $1650 in su, escluse le spese. Per molti è metà dello stipendio. Per quanto riguarda l’assicurazione sanitaria, essendo da sette anni una libera professionista, pago per la mia assicurazione medica, che mi costa circa $400 al mese. E’ buona ma non la migliore. Fortunatamente non ho problemi di salute particolari, per cui a livello di “general care” non mi posso lamentare. I visti invece sono l’incubo di ogni migrante che desidera operare nella legalità, poiché richiedono tempo, pazienza e incidono finanziariamente. Nei miei 15 anni a New York penso di aver speso circa $10.000 in spese legali. I permessi di soggiorno sono vari e dipendono da molti fattori, ci sono visti per studenti e visti per lavoro. Generalmente serve uno sponsor, è molto difficile ottenere un visto senza uno sponsor, perlomeno all’inizio, ma non impossibile. Come ho già detto, la pazienza penso sia la dote principale che uno deve possedere per adattarsi qui. Pazienza e sense of humor. Consiglio vivamente New York a tutti gli individui dalla personalità molto forte, indipendente e curiosa. E’ una città che ispira, che spinge a fare, a sperimentare, è come un’autentica scuola di vita, che può aiutare a plasmare il vero carattere di una persona.

 

Mi hai detto che non è difficilissimo trovare un lavoro, eppure la crisi mondiale nel settore lavorativo ha colpito pesantemente anche l’America……

 

Sì, ma gli spiragli ci sono sempre, molto ovviamente dipende dallo spirito e dalla determinazione che una persona possiede. E soprattutto dalla preparazione professionale della persona stessa, dalla creatività e flessibilità di cui è dotata. Sicuramente gli americani si rendono conto di non essere più immuni da crisi e depressioni economiche e si adattano, ma è dura, soprattutto per la classe media, che tende a sparire piano piano.

 

Dopo 15 anni a New York, ti senti ancora un po’ italiana?

 

Non mi sono mai sentita italiana, piuttosto cittadina del mondo, quello sì. Il provincialismo italiano mi ha sempre fatto orrore e mi ha spinto ad andarmene, ma adoro il cibo e la storia che tutti ci invidiano. Del mio essere italiana però, ho conservato l’educazione, le buone maniere, il gusto per lo stile, l’amore per la casa e sicuramente il rispetto per certi valori che ci vengono fortemente inculcati fin da piccoli.

 

E cosa hai fatto tuo della cultura americana?

 

Poco devo dire, la cultura americana è una “non cultura”, hanno molte lacune a livello fisico, mentale e spirituale. Ho sicuramente fatto mia la cultura newyorkese, che è tutt’altra cosa: è apertura mentale, curiosità, amore per il rischio e per l’interazione ai livelli più disparati.

 

 

Quindi, se ti chiedessi dove ti piacerebbe trascorrere il tuo futuro tra l’Italia e l’America, la risposta sarebbe scontata…

 

Sì, infatti. In America sicuramente, New York o San Francisco, è semplicemente un ambiente più consono alle mie esigenze. Anche se personalmente ho sempre avuto alti e bassi in questi 15 anni, a volte odio la città, a volte la adoro. E’ l’eterno conflitto che penso tutti i newyorkesi sperimentino sulla propria pelle. Tipica conseguenza del vivere in una metropoli dalle mille sfaccettature.

 

Se avessi una bacchetta magica, cosa cambieresti della società americana?

 

Sicuramente renderei più accessibili gli affitti nelle grosse città e non sono un’amante del capitalismo sfrenato e senza regolamentazioni.

 

Hai avuto modo di incontrare molti italiani in questi anni?

 

Qui a New York di italiani ce ne sono tantissimi, ma stranamente ne conosco pochissimi.

 

Come si svolgono le tue giornate?

 

Sono una libera professionista, pertanto non ho una vera e propria giornata tipo; ogni giorno è diverso. La mattina mi sveglio verso le 7am, alle 10 vado a lezione di yoga e al pomeriggio mi dedico alla ricerca; a volte mi reco in ufficio, da uno dei miei agenti, per pianificare e coordinare viaggi di lavoro, organizzare il database e soprattutto il mantenimento dell’archivio tessile. Spesso viaggio, a volte si tratta di viaggi di un giorno, a volte di 2/3 giorni. Pratico molto Yoga e Hula Hoop; d’estate trascorso molti fine settimana al mare, adoro la spiaggia. Amo ballare techno, house e musica elettronica in generale, amo andare a music festivals, ad iniziative artistiche e sono fortunata ad avere un gruppo di amici che condividono queste passioni.

 

 

Per concludere, ci racconti qualche curiosità su New York?

 

Mi ricordo di aver letto da qualche parte che una statistica aveva dichiarato i newyorkesi “persone più magre”, perchè si spostano a piedi ovunque e in continuazione. Fanno più attività fisica di chiunque altro in altre città. La cosa più curiosa secondo me, sono le mille realtà diverse che popolano la città, i vari gruppi etnici con i loro stili, cibi, abitudini. La musica che si sente ovunque. La gente che si veste in modo assurdo senza curarsi minimamente degli sguardi o commenti altrui.

E’ curiosa l’isola su cui vivo per esempio, Roosevelt Island, una vera oasi di pace in città.

Sono curiosi i piccoli e misteriosi “community gardens’ dell’east village.

E’ curioso come New York a volte ti da’ e a volte ti toglie, così, all’improvviso….

 

ma*********@gm***.com

 

A cura di Nicole Cascione