Valentina: mamma expat a Ginevra

 

La possibilità costante di scoprire qualcosa di nuovo e di diverso, per il semplice fatto di vivere in un luogo culturalmente diverso. Il benessere mentale e finanziario che deriva dal vivere in un posto dove c’è maggiore trasparenza della gestione pubblica, meritocrazia sul lavoro e maggior rispetto delle libertà personali. Questi sono solo alcuni degli aspetti positivi che Valentina ha riscoperto vivendo nella tranquilla Ginevra, in cui si è trasferita insieme alla sua famiglia nel 2008. Una piccola città con poca vita sociale e culturale, in grado però di offrirle una vita tranquilla, a misura d’uomo.

 

Valentina raccontaci qualcosa di te….

 

Mi sono laureata in giurisprudenza a Torino: avevo una gran passione per il diritto comparato e il diritto americano, voglia di cominciare finalmente a lavorare e grandi sogni di un LLM a Yale o di un lavoro alla Corte Penale Internazionale dell’Aja. Non provengo da una famiglia di giudici, avvocati o notai, non avevo appigli professionali da cui partire o sponsor accademici, ma durante gli studi ho imparato benissimo l’inglese e ho fatto diversi corsi di diritto comparato all’estero. Ho iniziato il mio cammino facendo la pratica a Pavia, perché i miei abitavano lì da qualche tempo: è stato il periodo professionalmente più formativo della mia vita, perché nel microcosmo di provincia puoi sperimentare tutto il diritto, civile e penale, giudiziale e stragiudiziale..ma lavorare gratis è seriamente deprimente. Secondo me avrebbe molto più senso poter fare il tirocinio durante gli ultimi due anni di Università, in modo da poter offrire un lavoro qualificato e di conseguenza guadagnare fin da subito. Mi sono poi spostata a Milano, in uno studio con il tavolo della sala riunioni così grande da poterci fare un banchetto di nozze. Guadagnavo i fatidici mille euro al mese, pendolavo su e giù in balia degli scioperi di Trenitalia quando andava male e dei vagoni strapieni stile Mumbay quando andava bene. Riuscii ad entrare in dottorato, senza ganci e senza borsa di studio: di fatto non c’era spazio per me per pubblicazioni o progetti. Ciononostante, sono contenta di aver conseguito un titolo, PhD, che all’estero è più comprensibile di "Laurea in Giurisprudenza secondo il Vecchio Ordinamento". Nel frattempo avevo continuato a tenere aperta la mia porta sull’estero: corsi a Strasburgo, a Dublino e poi uno stage a Varsavia. Ero lì per stare un po’ col mio ragazzo polacco, con il quale ormai da qualche mese facevamo i pendolari dell’amore, grazie alle low cost da Orio al Serio. Finita la mia pratica legale, ci siamo trasferiti insieme a Bruxelles, lui con un bel lavoro (era stato mandato lì dall’azienda per cui lavorava a Varsavia), io alla ricerca di qualche stage per il mio curriculum. Dieci mesi dopo ero di nuovo a Milano, con un contratto a tempo indeterminato come legal editor per una casa editrice giuridica. Tutti i giorni un’ora e mezzo di bus e metro per andare e per tornare e ogni due venerdì di corsa a Orio al Serio, questa volta in direzione Belgio. Nel giugno 2008 la svolta, nel giro di dieci giorni: seppi di aver passato lo scritto dell’esame da avvocato, detti le dimissioni, mi sposai il polacco e ci trasferimmo a Ginevra. Lui era appena stato assunto in una organizzazione internazionale e io dovevo dedicarmi per un periodo allo studio per concludere quanto cominciato: l’esame orale da Avvocato e la tesi di dottorato. Il giorno dopo aver spedito la bozza finale della tesi, feci il test di gravidanza che diede esito positivo: ho discusso la tesi con le nausee e, da aspirante giurista comparatista full time, sono diventata moglie e mamma expat full time. Sono passati due anni e mezzo da allora, nel frattempo ho viaggiato in lungo e largo, è nata la prima piccola viaggiatrice e da poco la seconda.. e ..penso di non aver mai lavorato così tanto, 24/7, anche se ovviamente è un lavoro diverso!

 

Quindi dal 2008 la tua “base operativa” è Ginevra…

 

Sì, anche se tecnicamente io e mio marito siamo frontalieri, ovvero abitiamo in uno dei piccoli comuni francesi, subito dopo il confine con la città svizzera. Per un accordo fiscale tra il cantone di Ginevra e la Francia, chi lavora a Ginevra paga le imposte alla fonte in Svizzera anche se risiede in Francia, le uniche due tasse a cui si è soggetti avendo la residenza in Francia, sono la tassa di abitazione (calcolata in base alla grandezza dell’appartamento che si occupa, al 1 gennaio di ogni anno) e l’equivalente del nostro "canone tv", che si applica nel caso in cui all’interno dell’appartamento sia presente un collegamento televisivo e/o un collegamento internet. Il pagamento delle tasse relative al sistema sanitario nazionale non è obbligatorio in Francia, è possibile semplicemente stipulare un’assicurazione medica privata, che può valere sia solo in Francia, sia solo in Svizzera o in entrambi i Paesi. Normalmente l’assicurazione sanitaria privata francese è la più conveniente. Altra ragione per vivere in Francia, è la maggiore disponibilità di appartamenti in affitto, di più ampia metratura e a prezzi più bassi: a Ginevra non costruiscono abitazioni da quarant’anni, anche se nel frattempo la popolazione degli expat è esplosa, grazie allo sviluppo di decine di organizzazioni internazionali pubbliche e private. Affittare casa a Ginevra può richiedere diversi mesi di ricerca. Addirittura, piuttosto che disdire il proprio contratto di affitto per trovarne un altro, senza avere una contropartita da offrire, c’è un mercato di scambio appartamenti tra chi ne cerca uno con una camera in più e chi ne cerca uno più centrale o con il garage. Infine, nonostante i francesi si lamentino che i prezzi dei beni di consumo e dei servizi nei comuni vicini alla frontiera risentano dell’"effetto Ginevra", questi sono comunque più bassi, nonostante il cambio franco – euro da qualche tempo sia stato fissato con un tetto massimo di 1,20 dalla Banca Centrale Elvetica.

 

Cosa puoi raccontarci di Ginevra?

 

Ginevra è una cittadina molto piccola, il centro storico si gira in un’ora. Non c’è una gran vita sociale e culturale rispetto ad altre cittadine di simile dimensione in Europa e quella che c’è, è difficilmente accessibile a causa dei prezzi dei biglietti: anche solo andare al cinema è un investimento, se non si ha uno stipendio svizzero. Il lago d’estate è pulito e grande come il mare, le montagne d’inverno sono davvero vicine per andare a sciare, la stazione è collegata con il tgv per Parigi (3 ore) e con il cisalpino per Milano (4ore), vi sono le rotte di Easyjet per spostarsi verso Londra o verso la Spagna, la città e i suoi dintorni sono tranquilli e relativamente sicuri. Insomma, io dico sempre che quel che offre Ginevra, dipende da quale fase della vita si attraversa: se si vive a Ginevra con la persona della propria vita e si ha intenzione di avere figli, è il posto perfetto. Se uno ci viene quando è giovane e single, potrebbe morire di noia nel medio periodo e nel frattempo dovrebbe avere un portafoglio cospicuo per far fronte ad un mojto dal costo di 18 euro. Il costo della vita è alto, Ginevra figura sempre ai vertici delle classifiche delle città più care del mondo, ma gli stipendi sono abbastanza proporzionati e, abitando in Francia, si possono fare diverse economie.

Un aspetto curioso di Ginevra:

 

Ginevra (e i comuni francesi vicini) ha le dinamiche di paese, pur essendo al contempo un luogo dove si rimescolano davvero cittadini di tutto il mondo: gli expat però vivono in un contesto sociale e linguistico (con la predominanza inglese) isolato dai locali, svizzeri o immigrati ed assimilati. In Francia poi gli immigrati sono integrati a tal punto da considerarsi francesi di origine straniera, creando una società davvero multietnica, ma essenzialmente monolingue (francese). Gli expat ci tengono moltissimo a crescere i figli bi o tri lingue, mentre gli immigrati si preoccupano che i bambini imparino al meglio il francese prima di andare a scuola, arrivando anche a scegliere di parlare francese in casa, piuttosto che la propria lingua di origine.

 

Nel settore lavorativo, com’è la richiesta di lavoro rispetto all’Italia? Cosa si ricerca maggiormente?

 

Dipende dal settore in cui si cerca lavoro. Se si vogliono fare lavori manuali, è difficile ottenere il permesso di soggiorno e di lavoro. Se si è laureati invece vale la pena tentare. A Ginevra hanno sede moltissime organizzazioni internazionali pubbliche e private: la maggioranza degli expat lavora in queste, dopodiché l’altro ramo che attira molti professionisti stranieri è quello delle banche private dei fondi di investimento. Chi proviene dall’UE, necessita di un permesso di lavoro richiesto dal datore di lavoro alle autorità elvetiche ed è praticamente ottenuto in modo automatico. Per tutte le professioni è necessaria la conoscenza fluente dell’inglese, per alcune è anche richiesto il tedesco o il francese o entrambi. L’importo degli stipendi netti è molto alto, grazie anche al fatto che le tasse si attestano sul 20% circa e ci sono poi degli sgravi fiscali per coniuge e figli a carico, così come un assegno familiare.

 

E invece, dal punto di vista professionale, quali differenze hai notato?

 

Nonostante la barriera linguistica, sia in Francia sia a Ginevra comprendere le regole del luogo in materia di tasse, amministrazione, sanità, etc.. è più semplice che in Italia: per fare un esempio pratico, la dichiarazione dei redditi è un foglio di 4 facciate più due facciate di istruzioni e chiunque è in grado di compilarla da sé, senza l’aiuto di un commercialista. Non avendo esperienza diretta del contesto lavorativo, posso riferire di quello "mammesco". Le donne francesi fanno un mucchio di figli e tutta la società offre un rispetto ed un sostegno alle donne, maggiore di quanto vedo in Italia e non si tratta solo di agevolazioni fiscali, assegni familiari, facilità di lavoro part time e maggiori sistemi alternativi o complementari all’asilo. Le persone offrono in modo automatico quell’aiuto spicciolo per superare un gradino, aprire una porta, lasciare un posto a sedere… nel parco giochi, i bambini più grandi giocano volentieri e fanno attenzione a quelli più piccoli, perché sono abituati ad avere a che fare fratellini e cuginetti. Anche il sistema di accompagnamento medico durante e dopo la gravidanza, dà molto rilievo alla salute fisica e mentale della donna, oltre alle necessità tecniche (incontri con le ostetriche, riabilitazione post parto, sessioni di ipnosi per le donne che fumano…tutto rimborsato dal sistema sanitario nazionale).

Cosa ti piace di meno della tua vita a Ginevra?

 

Ginevra è un luogo estremamente prevedibile: non succede davvero quasi nulla, ci sono pochi eventi e manifestazioni, pochi negozi (che il sabato chiudono alle 18.00), poche mostre …nella quotidianità casa- famiglia- lavoro, questa prevedibilità è comoda, ma a lungo andare per me è davvero noiosa: per me è essenziale poter approfittare delle trasferte di mio marito, seguendolo o spostandomi da sola con le bimbe, in Italia o altrove.

 

Quali usi e costumi del Paese in cui vivi ti sembrano più strani?

 

Non riesco ancora a capacitarmi che un gelato costi 6 euro, che la città alle nove di sera sia davvero già mezza addormentata e che gli svizzeri non si invitino mai a casa per un caffè o una cena…In quattro anni siamo stati invitati a cena in casa di svizzeri due volte: la prima volta alle 10 di sera, piatti e bicchieri erano già in lavastoviglie e tutti gli ospiti alla porta, la seconda a mezzanotte e un quarto: era la sera di capodanno!

 

Ci parli di Valentina “mamma expat”?

 

Fare la mamma è un lavoro 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, senza giorni di riposo e mutua, certamente non avere nelle vicinanze né parenti né amiche e avere al contempo un marito che viaggia spesso per lavoro, non fa di me una donna riposata. Ciononostante mi reputo fortunatissima ad aver potuto scegliere sia di avere figli relativamente presto sia di potermi occupare di loro, grazie alla tranquillità economica, offerta dal lavoro di mio marito: certo se lavorassi anche io avremmo mezzi ancora maggiori, ma la mia è stata una scelta di qualità della vita di cui non mi pento, anche se questo significa che non mi avvalgo né di aiuti per le pulizie né di baby sitter, che qui costano in media 20-25 euro l’ora. Preferisco risparmiare sugli aiuti e viaggiare con le piccole, penso che sia una grandissima opportunità poterle fare crescere in un contesto spesso nuovo, a contatto con persone di origine, lingua e cultura differenti…anche se non ricorderanno i posti dove sono state in questi primi anni, credo che queste esperienze lasceranno comunque delle tracce nel loro modo di confrontarsi col mondo.

 

Come eri prima di iniziare la tua vita da expat, come sei ora e come ti vedi nel futuro….

 

Sono cresciuta con il gene della viaggiatrice, ho sempre sognato di conoscere e scoprire nuovi luoghi, nuove persone, nuove storie: da piccola leggevo tanti libri sul mondo, poi ho iniziato a spostarmi da studentessa e diventare expat è stato un passo successivo praticamente naturale: è vero che attualmente sono "expat per amore", essendomi trasferita qui non per il mio lavoro, ma per quello di mio marito, ma se non lo avessi conosciuto, sarei comunque andata all’estero già dai tempi dell’Università, almeno per un periodo. Non avrei voluto una vita incasellata, fissa nello stesso posto. Quando la seconda bimba avrà superato i due anni tornerò a lavorare, ma in questo frattempo la mia mentalità è cambiata, non credo più che gli studi servano principalmente a trovare un lavoro, ma piuttosto a sviluppare le proprie capacità. Tra le molte cose, la più importante che ho conquistato vivendo all’estero, è la libertà mentale di essere chi sono, senza sentire più il peso delle aspettative mie e altrui che avevo accumulato negli anni. Credo che continueremo a spostarci compatibilmente con i cicli scolastici delle bambine, seguendo le opportunità di lavoro che si presenteranno insieme al desiderio di vivere al meglio, a seconda delle fasi della vita. Tra qualche anno per esempio, quando le bambine andranno a scuola, preferirei sicuramente vivere in una grande città con più stimoli sociali e culturali, sia per loro sia per me.

 

Mi sono imbattuta per caso nel tuo blog, ricco di consigli pratici e teorici, rivolto a tutte le mamme expat come te. Come è nata l’idea di aprirlo?

 

Viaggiare per me è essenziale: per mantenere i rapporti con famiglia e amici, per continuare a nutrire il cervello e bilanciare così la mancanza di stimoli lavorativi e ginevrini, perché di vita ce n’è una sola. Quando sono rimasta incinta della prima bimba, ho iniziato a studiare su Internet cosa mi sarebbe servito per accoglierla e nel giro di poco ho scoperto il mondo dei blogs delle mamme expat, che viaggiano in giro per il mondo con la prole e devono non solo organizzare la propria vita, ma anche quella di tutta la famiglia. Su questi blog ho trovato non solo il conforto di leggere esperienze simili alla mia, ma soprattutto tantissimi suggerimenti su come affrontare le esigenze pratiche alle quali stavo andando incontro: l’attrezzatura piegabile portatile e più leggera possibile, le regole per l’imbarco dei liquidi quando si hanno latte e succhi di frutta, come cambiare un pannolino nel bagno dell’aereo…mi sono anche resa conto che ben poco di tutte queste risorse era accessibile alle mamme che non parlavano inglese, così ho deciso di iniziare a scrivere un blog, valentinavaselli.blogspot.com , in cui non mi limito a raccontare scorci della mia vita di expat, ma metto a disposizione le mie esperienze pratiche di neomamma viaggiatrice ed incoraggio altre mamme expat a far altrettanto. I miei post vanno: dal recensire oggetti e giocattoli utili in viaggio, all’indicare le regole dei vettori aerei per il trasporto dei neonati e dei loro seggiolini e passeggini. Il tempo è tiranno, soprattutto da quando è nata la seconda, ma voglio raccogliere e sviluppare questi consigli in un manuale da pubblicare come e-ùbook nei prossimi mesi.

 

C’è qualcosa che, andando via dall’Italia, hai dovuto smettere di fare e che ti manca?

 

Il ritrovarsi con le amiche per un aperitivo senza dover organizzarlo con 65 giorni di anticipo.

Purtroppo la nostalgia è compagna di vita di molti expat. E’ stato così anche per te? Come sei riuscita a superare questo stato d’animo?

 

La nostalgia è la "condanna" di chi parte…vivere all’estero comporta la presenza di quei giorni neri in cui vorresti il teletrasporto. Ma più invecchio, più mi rendo conto che mi manca la vicinanza fisica delle amiche e della famiglia, non l’Italia in sè e ogni volta che torno, faccio in fretta a ricordarmi il perché della mia partenza. Certo, quando si vive in Europa, la distanza si limita a poche ore di aereo e questo rende molto più facile il mantenimento dei rapporti sociali, essere presenti nel momento del bisogno come nei momenti di festa. Quando invece la destinazione è più lontana, come l’America, l’Asia o l’Oceania, sicuramente gestire la nostalgia è molto più faticoso, sia per il costo dei viaggi per tornare a casa sia per la differenza di fuso orario. Sono stata un mese a Pechino due anni fa e riuscire a sentirsi via Skype era un’impresa difficile a causa delle 6 ore di fuso orario.

 

Se avessi la possibilità di rientrare in Italia, accetteresti o pensi che ormai l’Italia sia un ricordo lontano?

 

Non penso di ritornare a vivere stabilmente in Italia, non tanto per via della crisi economica, ma perché non vedo concretamente la possibilità che il 51% delle persone che hanno la possibilità di modificare le strutture del Paese, riescano ad effettuare i cambiamenti necessari per rifondare tutto sulla base della trasparenza e della meritocrazia. E tante altre cose…non voglio più aver la scelta di pagare un medico 150 euro senza fattura o 200 con fattura, se il medico francese per la stessa prestazione con fattura me ne chiede 50. Non voglio vivere col timore che se qualcuno mi fa un torto, ammesso e non concesso che venga scoperto e condannato, non sia effettivamente punito e possa continuare a fare torto ad altri. La lentezza e l’inefficacia del sistema giudiziario e l’inefficacia del sistema penitenziario mi sconvolgono, specie ora che sono diventata madre e ovviamente desidero che le mie figlie possano crescere al sicuro. Né voglio che le mie figlie crescano in un sistema scolastico che premia l’obbedienza alla gerarchia più del pensiero critico: quel che dice l’insegnante va imparato anche quando non è corretto, perché è l’insegnante a dirlo e se lo contraddici ti dà un brutto voto, anche se potresti aver ragione.

 

Non posso che darti ragione purtroppo… Ma tornando alla tua vita da expat, cosa ti piace di più e cosa meno?

 

La possibilità costante di scoprire qualcosa di nuovo e di diverso per il semplice fatto di vivere in un luogo culturalmente diverso. Il benessere mentale e finanziario che deriva dal vivere in un luogo dove c’è maggiore trasparenza della gestione pubblica, meritocrazia sul lavoro, maggior rispetto delle libertà personali. La consapevolezza di aver meno tempo per apprezzare i momenti belli e quindi sfruttarli al massimo: mio marito viaggia spesso, quando siamo insieme cerchiamo di lasciar da parte le menate inutili, quando vengono a trovarci gli amici o la famiglia idem..e quando torno in Italia, cerco di vedere più persone possibili. A volte è pesante doversela cavare sempre da sé, specie ora che non sono più solo responsabile di me stessa ma anche delle pargole, ma sarebbe così in qualsiasi posto abitassi se non avessi genitori o amici dietro l’angolo. L’unico aspetto davvero negativo è la nostalgia dei genitori e degli amici, ma in qualche modo è curabile grazie a skype, alle mails e soprattutto ai viaggi di ritorno abbastanza frequenti.

 

Che futuro vorresti per i tuoi figli?

 

Mi auguro che le bimbe crescano sane e vogliano vivere al meglio la vita, anche quando questo potrà comportare sacrifici economici e emotivi, almeno inizialmente.

 

va**************@gm***.com

 

www.valentinavaselli.blogspot.comThe greatest gift

 

A cura di Nicole Cascione

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