Da città fantasma a museo a cielo aperto: il caso di Doel in Belgio

 

Da città fantasma a museo a cielo aperto: il caso di Doel in Belgio

 

Di Gianluca Ricci

 

Saeftinghedok: è questo il nome del terribile flagello che si è abbattuto sulla cittadina belga di Doel e che l’ha condannata all’estinzione. In italiano suonerebbe un po’ come “ingrandimento del porto”, in riferimento al monumentale progetto in base al quale Anversa vorrebbe ampliare banchine e moli fino ad inglobare un’area residenziale per smantellarla e utilizzarla per la nuova, prevista destinazione.

 

Un destino davvero triste per Doel e i suoi abitanti, soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che pochi anni fa nella sua immediata periferia era stata realizzata una centrale nucleare che aveva spinto già all’epoca molti residenti ad abbandonare le loro case per cercare altrove un luogo meno pericoloso dove vivere.

 

Poi questa seconda condanna, sancita dal governo regionale per consentire ad Anversa di dotarsi di un porto che la porrebbe fra gli scali più grandi e organizzati del continente. Il risultato è stato che dal 2001 ad oggi il numero degli abitanti, giunto ai bei tempi a 1300, è calato del 95%: a presidiare le strade e le case non ancora abbandonate un eroico manipolo di anziani non disposti a lasciare a Doel i loro ricordi e la loro anima, nonostante l’amministrazione pubblica, in ottemperanza alle disposizioni regionali, abbia eliminato qualsiasi tipo di servizio a favore della popolazione.

 

Le case sono rimaste alla mercè dei topi, le finestre rotte e le strade deserte lasciano immaginare scenari post bellici, ma mese dopo mese il centro si è trasformato in punto di attrazione per nuovi, fantasiosi colonizzatori, ovvero i writer, che sui muri delle abitazioni hanno cominciato a lasciare all’inizio variopinti messaggi di protesta contro l’ampliamento del porto, ma poi si sono lasciati andare all’ispirazione e hanno finito per trasformare la cittadina fantasma in un vero e proprio luogo di interesse per gli appassionati della street art. Doel è oggi una sorta di museo a cielo aperto dove si sono cimentati alcuni dei più conosciuti e rinomati writer del Paese, anche perché non capita spesso di poter disporre di “tele” cittadine così grandi e di una libertà così assoluta.

 

Vagare per le strade del centro e della periferia si trasforma così in un’avventura artistica davvero originale e non c’è angolo o vicolo da cui non sbuchino pitture o disegni capaci di attirare l’attenzione: di qua un Barack Obama ferito e insanguinato, di là un personaggio alieno di difficile identificazione, di qua un enorme ratto, di là animali di ogni fattezza e dimensione. Uno straordinario laboratorio che ha regalato a Doel un vero e proprio canto del cigno: colori e fantasia al posto di tristezza e mille sfumature di grigio.

 

Tanto che, prima dell’abbattimento previsto per fare spazio al mega porto, la cittadina si è riempita di turisti, tanti quanti mai se n’erano visti prima: una lezione indimenticabile sulle straordinarie capacità dell’arte, in grado di resuscitare – anche se solo temporaneamente – un non luogo ormai moribondo. Se qualcuno nutre ancora qualche dubbio sulla forza di questa forma di espressione può salire fino ad Anversa e, seguendo le ciminiere della centrale nucleare, avvicinarsi a quello che sembra un paese diroccato, ma che invece si è trasformato per poche settimane nel museo più bello del mondo.

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