L’Albania dice addio all’ateismo: sempre più fedeli di tante religioni diverse

L’Albania dice addio all’ateismo: sempre più fedeli di tante religioni diverse

 

di Gianluca Ricci

 

Forse non tutti sanno che all’Albania da più di 50 anni spetta il primato di unico stato ateo al mondo per legge.

 

Enver Hoxa nel 1967 introdusse una legge che vietava la nascita di associazioni religiose e di luoghi di culto nonché la propaganda e l’insegnamento di principi religiosi, decretando di fatto l’ateismo e facendolo ratificare in due articoli della Costituzione del Paese delle Aquile.

 

Tuttavia il numero di atei in Albania è oggi piuttosto esiguo ed anzi, probabilmente a causa dell’imposizione governativa, le comunità religiose sono aumentate per diffusione e importanza proprio sotto gli anni del totalitarismo, quasi come se si trattasse di una reazione ad una imposizione non condivisa. Anche se lo scrittore ottocentesco Pashko Vasa sosteneva che «la fede degli albanesi e l’albanesità», oggi la popolazione professa un gran numero di fedi religiose secondo convincenti principi di multiculturalismo che faticano a trovare pari nell’area balcanica.

 

Secondo l’ultimo censimento risalente a otto anni fa in Albania convivono musulmani (57%), cristiani cattolici (10%), cristiani ortodossi (7%), bektashi (2,5%), cristiani evangelici (0,11%) e una minima parte di atei (2,5%) in un clima di tolleranza reciproca probabilmente legata a quanto sosteneva a suo tempo Vasa, e cioè che il valore più importante non è quello della religione, ma quello della patria, anche se recenti studi hanno calcolato che a tutt’oggi il numero degli albanesi espatriati risulta superiore a quello degli albanesi residenti, pari a circa tre milioni.

 

Le differenze religiose non sono motivo di discriminazioni né di violenze, tanto che il numero dei matrimoni interreligiosi risulta superiore a quello di tutti gli altri Paesi dell’area. La religione è comunque vissuta in modo molto personale, senza che ad essa si attribuiscano valori diversi da quelli che essa rappresenta, al punto che i luoghi di culto realizzati negli ultimi anni nel Paese si debbono a finanziamenti provenienti da Paesi stranieri, dal Vaticano all’Arabia Saudita.

 

Ciò non significa che in Albania non sussista il pericolo del terrorismo islamico: anzi, la scoperta di alcune cellule jihadiste a Tirana e a Elbasani ha imposto al governo l’applicazione di procedure di controllo particolarmente accurate, soprattutto nei confronti di coloro che provengono dall’estero e che hanno avuto l’opportunità di avvicinarsi ad un Islam più ortodosso e radicale.

 

Le differenze continuano ad esistere, ovviamente, ma non sono mai state tali da giustificare conflitti all’interno della popolazione, che ha invece tratto forza dai principi religiosi e li ha trasferiti in quelli che il segretario del Consiglio interreligioso ha definito i «quattro valori inscritti nel carattere del Paese», ovvero la parola data, l’ospitalità, il coraggio e la famiglia. Valori che spesso coincidono con quelli predicati dalle diverse religioni, ma che fanno comunque parte del dna di ogni albanese: a testimoniarlo sono state le azioni di tanti cittadini del Paese delle Aquile che durante la seconda guerra mondiale, come fosse normale in un mondo in cui invece questa normalità veniva guardata con sospetto, accolsero e protessero centinaia e centinaia di ebrei, nessuno dei quali venne consegnato ai nazisti come invece accaduto da altre parti. La forza della fratellanza è stata sempre più potente di quella della disgregazione: alla fine se ne accorse anche lo stesso Hoxa.