Edoardo Faini: un anno in California per maturare

 

Edoardo Faini in terza superiore decide di andare a passare un anno in California, alla ricerca di feste, movida e un gruppo con cui suonare. Verrà spedito invece nella verdissima e tranquillissima Napa Valley, dove imparerà a conoscere il popolo americano in tutte le sue contraddizioni, e dove imparerà che la vita tranquilla e rilassata può essere più appagante di quella sfrenata.

 

 

Cosa ti ha portato a Napa?

 

Ad essere onesti la prima cosa che mi ha fatto venire voglia di sperimentare la vita americana è stata tutta la serie di film e show televisivi sui college americani, fatti di feste e gente allegra. Poi si è aggiunta anche la mia curiosità musicale: suono la batteria e sono sempre pronto ad esplorare altre culture anche dal punto di vista musicale. Ho subito pensato che negli USA avrei trovato la perfetta atmosfera per suonare. Così mi sono iscritto ad un’associazione con la quale avrei potuto scegliere il luogo dove studiare, e ho optato per San Francisco.

 

Questo perché la California è legata ad un qualche filone musicale che ti interessa, o per motivi più generali? Alla fine si è rivelata così artisticamente interessante e culturalmente attiva come ti aspettavi?

 

L’America in generale mi interessava dal punto di vista musicale, dato che dopo l’Inghilterra è il miglior paese per la musica e, da batterista, speravo di trovare finalmente un buon gruppo con cui suonare. Alla fine si è mostrata una delusione, perché nella zona in cui mi trovavo, (west coast), la musica non è molto presa in considerazione. E’ da far notare infatti che la California, essendo stata colonizzata un secolo dopo i primi insediamenti della costa atlantica, è meno sviluppata artisticamente rispetto all’east coast. Il centro artistico degli stati uniti è infatti New York. San Francisco di sicuro offriva alcune cose interessanti, ma alla fine, viste da un europeo, non potevano stupire più di tanto. Questo forse è dovuto alla scarsezza di cultura che l’America offre. Ma con ciò non intendo criticare gli Stati Uniti: se da un lato mancano di una solida cultura, dall’altro offrono istituzioni e opportunità che in Europa non si trovano facilmente.

Ad esempio?

 

Offrono molte opportunità a livello lavorativo: negli USA se lavori sodo e ci metti impegno, lo sforzo viene notato e gratificato, mentre molte volte in Italia sembra che facciamo sforzi inutili. Come quando a scuola facciamo ore e ore di studio per prendere la mattina dopo un 7 striminzito, forse perché i professori risicano i voti e li danno in base ad un giudizio fin troppo personale. Nelle scuole americane invece se studi molto prendi buoni voti e se prendi buoni voti puoi accedere alle buone università, e alla fine avere un buon lavoro.

 

La qualità della vita in America è più alta?

 

Non so dirti se la qualità della vita sia più alta, io ero in una situazione agevolata: venivo ospitato da una famiglia benestante ed andavo ad una scuola privata, sicché non sono riuscito a farmi una grande idea sulla difficoltà di vivere lì, inoltre c’è da dire che ci sono stato solo per un anno e non ho nemmeno lavorato. Di sicuro la crisi si fa sentire anche in America, solo che gli americani sembrano mascherarla di più, almeno a livello personale.

 

Perché, in tutta l’America, hai scelto proprio San Francisco?

 

Perché fra tutte le metropoli americane sembrava essere quella più tranquilla e artisticamente interessante. Purtroppo la mia associazione non disponeva di nessun contatto con la città, dato che preferivano mandare gli studenti in luoghi più protetti e controllati. Così la scuola più vicina era a Napa Valley, ad un’ora da San Francisco.

 

Cosa ti aspettavi e cosa hai poi effettivamente trovato?

 

La prima cosa che mi sarei aspettato dalla vita californiana era la movida sfrenata: feste ogni sera e un sacco di ragazze alte e bionde. Dal primo giorno però mi sono reso conto che non c’era nulla di quello che mi aspettavo. Inizialmente ero un po’ deluso dalla routine lenta e limitata del luogo, ma nel giro di pochi mesi mi sono abituato ed ho imparato ad apprezzare una vita tranquilla e rilassante, più appagante di quella sfrenata a cui aspiravo inizialmente.

 

 

Com’è la vita in California?

 

La vita in California è molto rilassante e svincolata da problemi di ogni tipo: le persone non hanno pregiudizi e non sembrano soffermarsi su grandi problemi esistenziali, i compagni di scuola sono molto amichevoli e socievoli (anche se non sono abituati ad esprimere molto il loro affetto, i loro sentimenti verso le altre persone, come invece è consuetudine per noi gente latina). L’ambiente agricolo della valle contribuisce anche a questo generale clima spensierato: l’intera cittadina è immersa in un’enorme vallata ricoperta di vigneti. La cantina di Moldavi, dove lavorava il mio host-dad, è una delle più rinomate al mondo. Una cosa particolare che ho notato è che anche ai concerti non amano fare troppa baldoria. Sono stato ad un concerto dei Foo Fighters, e un mio amico polacco ed io ci siamo messi sugli spalti a cantare e ballare, fino a che una persona davanti a noi ci ha chiesto di smettere perché voleva “godersi” lo spettacolo! E anche nei posti in parterre, la gente non saltava o “pogava” come facciamo di solito noi ai concerti di un certo tipo di musica….

 

E a scuola?

 

Posso dire che l’esperienza scolastica che ho avuto a Napa sia stata meravigliosa. Studiavo in una scuola privata chiamata Justin-Siena High School, la migliore della zona. La cosa che mi ha colpito di più era l’approccio dei professori, i quali sembravano essere dei cugini o parenti che ti insegnavano la materia, piuttosto che estranei disinteressati. Erano infatti tutti molto disponibili ad aiutare, a cercare di far superare le difficoltà e rendere lo studio più facile. E’ anche da notare come l’età media dei professori andava dai 30 ai 50 al massimo.

 

E’ stato difficile ambientarsi?

 

Ovviamente è stata la cosa più difficile, ma posso dire che non ho avuto grossi problemi, sia perché la gente era molto amichevole, sia perché nella mia scuola c’erano altri 15 studenti stranieri come me. Quindi avevo sempre qualcuno con cui chiacchierare, oltre alla mia host-sister. Nel corso di un anno ho conosciuto gente fantastica tra cui i miei attuali migliori amici.

 

Cosa ti è piaciuto di più dell’anno in America?

 

La cosa che mi è piaciuta di più è stata vedermi progressivamente maturare. Ero arrivato che ero solo un ragazzino spaesato alla ricerca di esperienza e sono tornato da ragazzo maturo e ricco di tutte le avventure che ho passato. L’anno all’estero mi ha in un certo senso aiutato a riscoprirmi.

 

Come sono le persone?

 

L’unico giudizio negativo che posso dare riguardo il popolo Americano in generale è la scarsezza di cultura. Inoltre hanno sentimenti e un senso dell’amicizia abbastanza superficiali, il che può essere un po’ fastidioso alle volte.

Non sei la prima persona che dopo un anno in America, qualunque sia lo Stato che è stato visitato, si lamenta della superficialità delle persone… a cosa credi sia dovuto?

 

A più fattori. Prima di tutto, non sono un popolo latino come italiani, spagnoli, francesi, ma il miscuglio di inglesi tedeschi e olandesi, gente di sicuro più riservata e formale. Poi mancano di cultura, il che li porta ad interessarsi solo di cose frivole e poco profonde, e questo ovviamente non fa che renderli persone di poco spessore, o almeno la maggior parte. I loro 200 anni di storia non sono sufficienti e definire una cultura. Da questo punto di vista direi che sono agli albori della loro cultura. Noi europei abbiamo una storia millenaria alle spalle, una storia che ci ha definito e plasmato nei corsi dei secoli, un background culturale che se coltivato, ci permette di distinguerci, di sostenere argomenti più profondi e filosofici. Anche per questo nei rapporti non mostrano molto calore.

 

Piani di viaggi futuri?

 

Grazie a quest’esperienza ho capito che il mio posto non è in Italia, ma all’estero. Il perfezionamento nell’uso della lingua inglese mi ha aperto nuove porte. Sebbene l’America mi abbia colpito sotto molti aspetti, purtroppo non si addice al mio spirito europeo. Infatti sto pianificando di andare a studia a Londra per i prossimi quattro anni.

 

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A cura di Giulia Rinchetti