Manuela, art director e graphic designer a New York

 

L’Italia non le dava più stimoli e dopo sette anni nel campo pubblicitario decidere di lasciare Torino e proseguire il suo lavoro a New York. Manuela Roncon, 30 anni, torinese si è trasferita nella Big Apple due anni fa. Un’avventura iniziata dopo un viaggio esplorativo per verificare se New York fosse la città giusta per avere nuovi stimoli e ricominciare. Due mesi nella City e la voglia di trasferirsi l’ha travolta tanto da rientrare in Italia e organizzarsi per volare negli States.

Sei qui a New York da due anni: questa decisione è stata dettata da qualche motivo particolare?

New York mi ha sempre affascinata in modo particolare fin da quando ero bambina. Inoltre, mi occupo di advertising e graphic design, e NY ha ospitato e ospita i più grandi titani in questo ambito. Quindi mi sembrava una sfida eccitante. Infine volevo andare a vivere in un posto che fosse attivo in modo spropositato rispetto alla realtà in cui vivevo, che potesse adattarsi a me e non il contrario, almeno questa era l’idea che avevo, che devo dire non ha affatto deluso le aspettative.

Hai pianificato tutto prima della partenza? Oppure dall’oggi al domani hai fatto i bagagli e sei partita?

Ho pianificato la parte burocratica del viaggio e alcune cose che ero certa di voler fare qui. Per il resto avevo deciso di farmi stravolgere da quello che vedevo, per tornare a casa con stimoli nuovi.

Quando ti sei trasferita l’hai fatto solo per cambiare aria o per trovare nuove opportunità e stimoli? Avevi già contatti a New York per lavorare e per l’appartamento?

All’inizio ho fatto un viaggio a NY di due mesi, non era un trasferimento. Ero venuta a curiosare, in Italia ero ormai priva di qualunque stimolo, specie nel lavoro. Ho pensato che NY mi avrebbe risvegliata da questo torpore è così è stato.

Quando e perché hai capito che trasferirti sarebbe stato il passo giusto per te?

A dire il vero, sulla BQE (Brooklyn-Queen Express) la strada ad alta velocità di NY. Sul taxi, appena uscita dal JFK e ho visto NY spianata davanti a me li qualcosa è cambiato e nei giorni seguenti ho capito sempre di più che questo posto è anche il mio posto.

É stato facile lasciare tutto? Senti la mancanza dell’Italia?

No, non è mai facile. Io sono molto attaccata all’Italia e ogni volta che parto è un casino. Ma come diceva Caterina Caselli in una delle sue canzoni: ‘si muore un po’ per poter vivere’.

Com’é stato l’impatto con New York?

Per diversi mesi ho smesso di parlare di continuo. Chi mi conosce sa che deve avermi colpita non poco per provocare questo effetto.

Tu non conoscevi bene l’inglese, come hai fatto? Sei andata a scuola?

E’ vero, non lo conoscevo bene. Ho fatto un corso accelerato di tre settimane,. Poi tanti film e ho studiato per conto mio. E onestamente c’è molta strada da fare ancora.

Secondo te, ci vuole coraggio per lasciare l’Italia e rifarsi una vita all’estero?

Non lo so. Forse. Più che altro bisogna non dare spazio alla paura.

Attualmente di cosa ti occupi?

Sono un art director e graphic designer. Quindi lavoro nella pubblicità e nel branding. Lavoro sull’immagine esteriore dei prodotti e dei servizi progettando loghi, campagne e tutto ciò che serve a un brand per autopromuoversi. In Italia facevo lo stesso lavoro da sette anni.

Come sei riuscita ad inserirti a New York, quali sono i canali che hai usato?

Ho iniziato a lavorare per un’agenzia pubblicitaria e il resto e venuto da sé.

Qual’é il giusto approccio e mentalità che devi avere per ricominciare in un Paese diverso per cultura dall’Italia?

E’ una domanda difficile. Noi, siamo un popolo straordinario. Ma a volte tendiamo a vedere solo il lato negativo delle cose e a lamentarci dedicando più tempo ad osservare il problema anzichè semplicemente cercare di eliminarlo nel modo più facile possibile. Questo per cultura succede perché siamo un popolo caldo (nel senso buonissimo del termine), abituato a guardare le sfumature e non fermarci solo ad un unico aspetto delle cose. Questo storicamente ci ha dato un passato glorioso. Però questa indole a volte può essere un’arma a doppio taglio. Dobbiamo ricordaci che dare troppo peso ai problemi e altrettanto pericoloso. Ora da italiana non mi voglio vantare ma quando il nostro popolo in passato ha risolto i problemi, ha creato cose straordinarie, come nessun altro. Secondo me, ci adattiamo a tutti i paesi proprio perché siamo abituati a guardare le cose da tutti i punti di vista. Dobbiamo solo ricordarcelo e avere più fiducia in noi.

 Quali consigli daresti a chi vorrebbe trasferirsi a NY?

Quello che consiglio e di avere le idee chiare, questa città sa’ essere anche molto dispersiva.

Come si vive a NY?

Ci vuole un giorno per rispondere a questa domanda. Si vive bene. E’ a misura d’uomo, può suonare strano ma per me è così.

Lati belli e brutti del viverci?

I lati belli: è multietnica, strapiena di tutto per tutti i gusti, non ti giudica, da spazio a tutti ed piena di energia. I lati brutti: è molto grande e la gente è molto impegnata. questo a volte è un problema.

Vivere a NY , ti ha cambiata? In cosa ti ha arricchito?

Assolutamente si, mi ha cambiata. Ora mi fido molto di più di me stessa.

Cosa c’è di speciale a NY che ti ha conquistato?

Qui accade quasi sempre quello che nelle altre città accadrà tra un paio di anni. E’ un po’ come vivere nel futuro.

Come sono le relazioni a New York? Semplici o difficili?

Le relazioni non sono sempre facili perché le persone sono molto impegnate. Ma qui ho imparato una cosa. Ognuno sente NY a modo suo, c’è chi fa una difficoltà mortale a trovare sane amicizie, io non ho avuto di questi problemi finora. Penso di essere stata molto fortunata in questo.

Hai un sogno? Qual’è?

Ne ho un sacco, ma sono anche molto scaramantica. Voglio viaggiare di più, il più possibile e come dice Linus vorrei essere vergognosamente felice.

 

A cura di Natascia Lorusso 

Lifejournalistblog.com

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