Eduardo, a Montreal dal 1980, ci regala notizie utili su questo straordinario paese

 

Negli ultimi dieci anni sono ritornato ogni estate, in Calabria principalmente, sempre convinto di aver fatto la scelta migliore emigrando in Canada, in un Paese dove i miei figli hanno potuto sperare in un futuro eccellente fin da giovanissimi ed essere maestri della propria vita”. Eduardo Rodà, emigrato a Montrèal, in quest’intervista oltre a raccontare il percorso di vita che l’ha portato in Canada, fornisce utili informazioni sul posto.

 

Nel luglio del 1980, partii in vacanza in Canada, destinazione Montréal, dopo aver trascorso vent’anni della mia vita in Italia. I miei primi sei anni di vita li ho vissuti qui a Montréal, dove sono nato negli anni ’50. La mia e quella della mia famiglia è una storia d’emigrazione continua, da sempre. Mio nonno lasciò l’Italia e la Calabria nel 1929, destinazione Nice (Francia). Non è mai più rientrato in Italia, poiché è morto in suolo straniero per le percosse subite, dopo essere stato catturato dai nazisti e messo in un campo di concentramento vicino al confine con la Spagna. Suo figlio, mio padre, nell’immediato dopoguerra, all’età di sedici anni, passò clandestinamente il confine dell’Italia con la Francia, destinazione: le miniere di carbone del nord della Francia. Qui, dopo qualche anno, per scappare dalle condizioni di lavoro disumane, decise di lasciare la Francia per un altro Paese francofono. Nel 1952 raggiunse in aereo il Canada e precisamente la provincia del Québec. Con i soldi per un possibile viaggio di ritorno, una volta a Montréal decise di fermarsi, rimanendo per dieci anni. Nel 1953 sposò una giovane calabrese per procura che lo raggiunse a Montrèal. Nel 1954 nacqui io e nel ’57 mio fratello, anche lui oggi emigrato in Canada. Nel 1960 il ritorno della famiglia in Calabria. Nel ’62 il ritorno definitivo di mio padre in Italia. Conseguii il diploma di studi in arte all’Accademia Albertina delle Belle Arti e, dopo aver terminato il servizio militare di leva, tentai invano di trovare una sistemazione, ma la situazione era difficile nell’Italia di allora (fine anni Settanta). Terrorismo a parte, c’era lavoro, ma saltuario. Così mi ritrovai a fare il pompista benzinaio, a lavorare nel campo dell’arredamento e consegna mobili, ad asfaltare strade e per finire, ebbi un incarico come supplente in arte, per qualche mese in una scuola media, vicino Pinerolo. Non accettai e partii in vacanza, desideroso di conoscere il mondo. Lasciai dunque Torino e la Valle d’Aosta nel luglio del 1980, partendo da Milano Malpensa, con volo diretto Alitalia, per Montreal. Ecco, oggi, il perché del mio viaggio di ritorno in Canada, inizialmente da vacanziere a casa di parenti, per poi passare a residente. Arrivai in Canada, quando ancora non si parlava di cervelli in fuga, non si parlava di forza lavoro a basso costo; la grande emigrazione italiana era finita da un pezzo. Ricordo d’aver incontrato altri cinque italiani arrivati nello stesso periodo, nei corsi serali di francesizzazione, qualcuno lo incontro ancora oggi, dopo tanti anni, vive nel mio stesso quartiere ed è un apprezzato uomo d’affari”.

 

Di cosa ti occupi?

È stato naturale per me, fin dall’inizio, continuare ad interessarmi d’arte, praticarla e farla divenire più che una ragione di vita. Anche se, per guadagnarmi da vivere, parallelamente ho insegnato ed insegno la lingua italiana e la sua cultura nelle scuole locali, all’interno di un progetto di lingue d’origine. Trovare un equilibrio tra le due attività non è stato così semplice all’inizio, oggi lo faccio più facilmente, riuscendo a dare il massimo in entrambe le attività.

 

 

Da quasi un anno hai creato il blog: http://erexpcolor.blogspot.ca/2013/06/normal.html. Quasi un diario virtuale…

L’idea si è concretizzata verso la fine di giugno 2013, dopo un periodo d’incubazione. Per due anni ho collaborato con un giornale online (XXI secolo, notizie on line.canada), scrivendo d’arte senza alcuna velleità giornalistica, parlando d’arte ad una comunità d’italiani di 250.000/300.000 persone del Quebec e principalmente a Montréal. Alla chiusura del giornale non è rimasto niente, nessuna traccia nel web di quello che ho scritto, quindi ho deciso di creare un blog, riproponendo, in un primo momento, gli articoli per poi dare spazio all’attualità artistica. Gli argomenti trattati principalmente sono di carattere artistico e storico; pongono l’accento su personaggi-artisti d’origine italiana, che hanno operato ed operano in Canada fin dall’inizio del secolo scorso, come Guido Nincheri, per fare qualche nome, fino alle ultime generazioni. Contestualmente, scrivo articoli sulla mia attività artistica. Tutto questo, con l’obiettivo di far scoprire e far emergere la cultura italiana che ci contraddistingue e che, nel corso degli anni, ha influenzato in modo positivo il resto del mondo, compreso il Canada.  

Dal 1980 ad oggi com’è mutata la società canadese? E il mondo del lavoro?

Sono tanti gli anni che ho trascorso in questo grande Paese che si estende da un Oceano all’altro, dall’Atlantico al Pacifico. Nel 1980, il Paese era condotto da una maggioranza di centro liberale, con a capo il famoso primo ministro Pierre Eliot Trudeau, è lui l’artefice maggiore dei cambiamenti avvenuti in Canada, da colonia inglese a Paese sovrano. Lui, come si dice da queste parti: “Ha messo il Canada sulla cartina geografica”, facendolo vivere di rendita per almeno tre decenni. Il Canada attuale, diretto da una maggioranza governativa di destra, ha perso molto del suo lustro a livello internazionale, limitando il proprio intervento agli aiuti diretti alle compagnie petrolifere canadesi, per l’estrazione del petrolio dalle sabbie bituminose. Il mondo del lavoro è cambiato profondamente in molti settori, per esempio, Montréal è stata, per oltre mezzo secolo, una città importante per l’industria del tessile e dell’abbigliamento; nella seconda metà degli anni ’80, il governo conservatore, firmando un trattato di libero scambio con il Messico e gli USA decretò la rovina di tale industria, mettendo sul lastrico migliaia di nostri connazionali che ci lavoravano. In seguito, l’economia globale ed il made in Cina, hanno contribuito a peggiorare la crisi lavorativa. Oggi, un importante polo industriale dell’aeronautica, vive e si adatta passando attraverso le crisi annunciate. Comunque i governi intervengono sempre per salvaguardare i posti di lavoro e per incentivarne altri. 

La crisi è arrivata anche in Canada?

Di crisi qui non se ne parla, almeno come si intende in Europa e negli USA. Un forte ed autonomo sistema bancario ha saputo tenersi lontano da certe speculazioni. La borsa canadese, il cui valore è dettato dalla produzione e dalla vendita di materie prime da esportare all’estero, non si basa sul valore del dollaro americano, quindi sono le materie prime la moneta di scambio, altri valori bancari speculativi, sono: le azioni delle grosse compagnie sia nelle telecomunicazioni che nelle ipoteche, un po’ meno il mercato delle obbligazioni, come in tutte le borse del mondo. In tre decenni il Canada ha conosciuto tre grandi crisi, i governi hanno saputo intervenire in modo massiccio, investendo nelle strutture e nei servizi del Paese, modernizzandolo. Il tasso di disoccupazione generale si piazza su base nazionale intorno all’8%. 

Cos’ha il Canada che l’Italia al contrario non possiede?

Il Canada, come l’Australia e gli USA, hanno saputo sfruttare e sfruttano l’arrivo massiccio di ondate d’emigranti, da un secolo, canalizzandoli sul territorio, accettandoli e favorendone l’inserimento. Inizialmente manodopera a basso costo per poi divenire fonte di successo, gli emigranti hanno costruito questi Paesi, creando una nuova mentalità, una nuova dinamica. Qui a Montréal si parlano oltre cinquanta lingue diverse, naturalmente le lingue ufficiali sono il francese e l’inglese. Qui la tolleranza verso il diverso è diventata un biglietto da visita vincente. L’Italia è un Paese stanco, vecchio nel suo modo di funzionare. Ritorno spesso in Italia e nel sud, oramai da turista. Mia mamma vive in Calabria, per me praticamente qui non è cambiato niente, ritrovo le stesse immagini di giovani appoggiati con la schiena ai muri della piazza, quel che facevo io quarant’anni prima. Vedo anche tanti emigranti che lavorano, forse gli unici ad accettare dei lavori poveri; queste sono le persone che probabilmente creeranno i presupposti per un futuro migliore per tutti gli italiani. L’Italia e gli italiani non hanno saputo comprendere a fondo il fenomeno migratorio nel mondo, anzi molto spesso si sono prese le distanze, una pagina da dimenticare. Oltre 57 milioni d’italiani di terza e quarta generazione vive fuori dall’Italia, in Canada ce ne sono oltre 1 milione e 400 mila; l’italiano è la terza lingua più parlata; il made in Italy principalmente è consumato dagli italiani che diventano dei potenziali venditori d’immagine. E’ necessario creare dei canali di cultura di ritorno, turismo ed impiego di capitali disponibili, creare una nuova mentalità. Un esempio: Israele sopravvive, attorniato dai Paesi arabi, per gli ingenti capitali che arrivano dai suoi stessi cittadini che vivono in altre parti del mondo e non mancano tanti altri esempi. 

Ad oggi quali sono le prospettive di lavoro per coloro che intendono trasferirsi in Canada?

Le prospettive di lavoro per i giovani qualificati sono eccellenti. Qui, purtroppo, titoli di studio stranieri non sono riconosciuti. Sono riconosciuti solo gli anni di scuola. Un giovane che arriva oggi in Canada, dovrebbe tornare a scuola per completare la propria formazione, ma non bisogna considerarla una perdita di tempo. Sono tante le possibilità ed in tutti i campi.

 

 

Il numero degli italiani è aumentato? Ed oggi giungono ancora molti emigranti italiani?

Da due-tre anni a questa parte, cominciano a vedersi in giro dei nuovi arrivati, comunque non siamo all’esodo degli anni ’60, quando ci fu l’ultima grande ondata d’emigrazione. Il numero di cittadini d’origine italiana di terza e quarta generazione nel Quebec si aggira intorno alle 300 mila persone, abitano in prevalenza a Montrèal e nella città confinante di Laval. 

C’è posto per tutti?

Assolutamente sì, c’è posto per tutti. Ovviamente non tutto è perfetto, come in tutte le cose bisogna iniziare dal basso, all’inizio niente è facile. Una nuova vita vi attende in una città che offre tantissimo. Bisogna essere maestri del proprio destino. 

Quali sono i pro e i contro del vivere in Canada?

Iniziamo con i contro. Per chi è abituato al clima italiano: estate breve, autunno bellissimo e pittoresco, inverno lunghissimo. Tra i pro: non si ha niente da perdere, bisogna provare, si è sempre in tempo per ritornare. Qui si ha la possibilità di essere maestri della propria vita, non bisognerà ringraziare nessuno di favori ricevuti, ma ci si potrà arrabbiare solo con se stessi per gli errori commessi. 

Parlaci di Montreal:

A Montréal il costo della vita è uno dei più bassi in Canada, il potere d’acquisto è interessante. La città offre tantissimo, forte dei suoi 35 musei (circa) la stagione culturale è ricchissima, tante sono le gallerie d’arte e tantissimi i festival, per tutti i gusti. Si mangia benissimo, c’è l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda il tipo di cucina. La qualità della vita si attesta su standard medio alti, non si ha il tempo d’annoiarsi. 

Cosa apprezzi maggiormente della cultura canadese?

Il Canada è un Paese giovane in definitiva, diverse sono le culture che coesistono, naturalmente oltre agli indiani d’America esistono i due popoli fondatori, gli inglesi e i francesi, ai quali si sono aggiunte altre popolazioni nei secoli successivi. Il Canada è un Paese costruito da persone venute da fuori. Quello che apprezzo di più di questo paese è la tolleranza, il rispetto verso gli altri e la qualità dei servizi. Un Paese che si dota di un museo delle civiltà a Ottawa, la dice lunga sullo spirito di questa nazione. Dunque principalmente non esiste una cultura, ma diverse culture, le due principali: l’anglofona o anglosassone e la francofona che guarda alla Francia come porta d’accesso all’Europa, le altre culture hanno arricchito questa terra, rendendola unica. 

E cosa invece proprio non sopporti?

Cosa non sopporto? Alcune forme di protezionismo. Nel Quebec, ad esempio, il fattore linguistico è diventato un affare di stato. Promuovere e salvaguardare la propria lingua, può diventare pericoloso e può portare verso certe forme di razzismo.

 

 

Hai qualche rammarico?

Nessuno. Fin dall’inizio ho detto a me stesso: se devo vivere di nostalgia, ritorno immediatamente in Italia. I primi anni, nei momenti più difficili, mi sono ritrovato a pensare ad un ipotetico ritorno, ma dopo la nascita della mia primogenita, mi son detto: “Dove vuoi andare? Questo è il Paese per te e per i tuoi figli”. 

Per molti vivere in Canada è un sogno, quali sono gli strumenti giusti affinché tale sogno si tramuti in realtà?

Il primo strumento, il più importante, è la lingua, l’inglese assolutamente ed il francese in seguito se si vuole vivere nel Quebec; un buon livello di formazione (lauree e dottorati); e poi, cosa molto importante, ci si dovrebbe armare di pazienza e vivere al ritmo della vita locale, non pretendendo nulla dagli altri.  

Canada vs Italia: quali sono le principali differenze che hai riscontrato? E’ difficile imparare la lingua e riuscire ad adattarsi?

Non è difficile imparare le lingue, volendo ci si può iscrivere ai corsi serali nelle università della città. Anche ai corsi di francesizzazione dispensati direttamente dal governo del Quebec. Adattarsi alla vita? Dipende, se si è giovani sicuramente ci si adatta più facilmente. Questo è un altro mondo e non si possono fare dei paragoni con l’Italia, sono due realtà completamente diverse. Non mancano i quartieri italiani, per sentirsi meno soli, dove i supermercati traboccano di generi alimentari esclusivamente italiani. Le principali differenze che ho riscontrato, arrivando qui nel 1980 e che tuttora rimangono evidenti, sono i servizi. Tantissimi gli esempi, dalla pulizia nelle strade ai parchi custoditi, niente feci canine per le strade; se hai un cane pulisci. In poche parole civiltà. Non parliamo del servizio sanitario pubblico, invidiabile! Per concludere, non invito nessuno a lasciare l’Italia, poiché è una scelta difficile e personalissima, ci vuole tanto coraggio e, se si ragiona con i sentimenti e con il cuore, è difficile da affrontare. Io l’ho fatto, ho lasciato la famiglia, il papà e la mamma, le persone care. All’epoca ritornare in Italia, non è stato facile, sono ritornato dopo tre anni; all’epoca telefonare costava tantissimo e lo facevo una volta al mese, adesso invece lo faccio quando voglio, al costo di meno di un euro per sessanta minuti di conversazione. Negli ultimi dieci anni sono ritornato ogni estate, in Calabria principalmente, sempre convinto di aver fatto la scelta migliore emigrando in Canada, in un Paese dove i miei figli hanno potuto sperare in un futuro eccellente fin da giovanissimi ed essere maestri della propria vita. 

Con simpatia, Eduardo Rodà pr**********@gm***.com

 

A cura di Nicole Cascione