Irene, insegnante di Italiano in Senegal

 

 

La decisione è stata presa dopo un soggiorno di vacanza un po’ lungo che ho fatto nel 2011. Il mio soggiorno stesso era frutto del desiderio di conoscere quest’altro mondo così lontano dall’immaginazione quotidiana. Bambini denutriti, guerre, fame, multinazionali, natura selvaggia e rigogliosa. Volevo proprio verificare coi miei occhi quanto tutto ciò fosse vero e così ho fatto”. Un’esperienza preziosa quella vissuta da Irene in Senegal, esperienza che ha contribuito alla formazione e alla nascita del progetto di una scuola interculturale a Ngor, isola al largo della città di Dakar. Una scuola in cui, oltre all’apprendimento della lingua, verrà promossa la cura della percezione della cultura locale.

 

Irene partiamo dal principio, di cosa ti occupi in Senegal? E di cosa ti occupavi in Italia?

 

In Senegal insegno italiano, per ora collaboro con l’Ambasciata. In Italia ho svolto diversi lavori. Ho fatto l’insegnante precaria sia alle scuole superiori che in progetti regionali nei quali insegnavo inglese e italiano agli stranieri. Ho anche fatto la guida turistica in diverse località. Entrambe le cose mi piacevano, ma per vari motivi era difficile proseguire. Mi sono specializzata in intercultura, attraverso un master e poi da lì e dall’esperienza vissuta a Dakar, è scaturita l’idea che ho poi messo in atto.

 

Come è nata l’idea di aprire una scuola interculturale in Senegal?

 

Come già accennato, avevo svolto un master in intercultura. L’idea però è nata anche per le esperienze di studio fatte all’estero, in particolar modo quando da ragazzina ho frequentato delle scuole di lingua straniera in Inghilterra e in Spagna, nelle quali venivo ospitata in famiglie locali. A Dakar ho conosciuto una famiglia che mi ha accolta spesso nella propria cerchia domestica per condividere i pranzi. Attraverso questa preziosa conoscenza, ho appurato quanto sia prezioso avere un mentore locale e quanto la condivisione della quotidianità in famiglia possa far superare gli stereotipi turistici ed arricchire un soggiorno.

 

 

Come sarà gestita? Quali sono le modalità per accedervi?

 

Noi ci occupiamo di accogliere gli studenti all’arrivo, condurli nella famiglia ospitante ed essere la loro presenza “guida” lungo tutto il soggiorno. Nella nostra scuola promuoveremo non solo l’apprendimento della lingua, ma la cura della percezione della cultura locale. Tramite incontri, dibattiti, eventi, visite guidate, ma soprattutto curando l’interazione diretta coi nostri ospiti.

La modalità di accesso al progetto è molto semplice. Una volta presa visione del nostro sito nel quale spieghiamo di cosa ci occupiamo, noi siamo a disposizione per ogni informazione. Una volta prenotato il soggiorno, viene contattata la famiglia locale ospitante e definito ogni dettaglio. L’ospite non dovrà far altro che prenotare un volo e raggiungerci!

 

Che tipo di riscontro ha ottenuto la scuola sul territorio senegalese?

 

Per ora siamo all’inizio. Le famiglie, soprattutto grazie all’opera di mediazione del mio socio, si sono mostrate aperte ad accogliere gli studenti, ma è un po’ troppo presto per tirare le somme…

 

Da un punto di vista burocratico ed amministrativo, è stato molto difficile mettere in atto la tua idea?

 

No, non è stato difficile. Prima di tutto perché potevo contare sul mio partner locale che sa come districarsi nella propria realtà e poi perché la burocrazia in Senegal, per quanto riguarda le imprese private, è più rapida di quella italiana. Meno tasse da pagare e meno vincoli.

 

Perché hai scelto proprio il Senegal?

 

Perché il villaggio di Ngor si presta perfettamente a questo tipo di esperienza: un villaggio nel quale non mancano sole e mare, turismo e stranieri, ma che allo stesso tempo offre all’ospite una visione completa della vita quotidiana tradizionale, di quella che può essere definita “l’Africa vera”. Una dimensione in cui è possibile rilassarsi e godere in sicurezza di una vita all’aria aperta, interagire coi locali in piena sicurezza, ma allo stesso tempo avere la possibilità di spostarsi in centro città o nelle vie dei divertimenti poco lontane dal villaggio ed osservare anche i risvolti moderni di Dakar.

 

Sei sola in questo progetto oppure puoi contare sull’aiuto di qualcuno?

 

No, non sono sola! Nel progetto è stato fondamentale il mio socio Idrissa, senegalese di Ngor. E’ stato da subito entusiasta del progetto e positivo al riguardo. Lui aveva già esperienza di insegnamento. Al momento cura un periodico locale ed in realtà è stato da sempre attratto da questo tipo di progetto, perché i turisti non sono mai mancati a casa sua per condividere qualche conversazione e qualche pasto con la sua eccezionale famiglia.

 

 

Pensi di fermarti definitivamente in Senegal?

 

Questo non posso saperlo, non mi metto limiti di alcun tipo e per ora non mi preoccupo.

 

Come e in che misura è cambiata la tua vita dopo il trasferimento?

 

Sicuramente molto. La cultura senegalese è anni luce lontana da quella europea. Secoli di diverso sviluppo storico ed economico hanno segnato nel profondo questa cultura, diversificandola dalla nostra. Alcune cose per noi sono difficili da accettare (la poligamia, per esempio), ma l’esercizio consiste proprio nel mettersi in discussione e saper prendere le differenze con rispetto e tolleranza profonda. La vera intercultura è proprio questo: entrare nelle differenze senza volerle ricondurre a se stessi. Come disse un celebre antropologo che adoro: “Non si può essere veramente globali senza essere anche fortemente locali”. Per quanto riguarda il vivere quotidiano mi sono adattata abbastanza velocemente, anche se presenta aspetti meno “comodi” di quelli a cui siamo abituati. Ma è un esercizio di vita che consiglierei a chiunque. In definitiva direi che il Senegal è stato davvero un’ottima opportunità di crescita!

 

Pensi di estendere il tuo progetto anche in altre realtà?

 

Per ora non ho progetti di questo tipo. Far crescere il progetto locale sarebbe bellissimo e sarebbe una creazione di valore non indifferente, per cui già un bel traguardo!

 

Quali sono le maggiori differenze culturali che hai potuto riscontrare nel tuo periodo di permanenza in Senegal?

 

Sicuramente mi ha colpito la percezione che in Senegal si ha dei bianchi che è molto stereotipata. Del resto è la stessa che si ha in Europa riguardo l’Africa. Se da un lato noi pensiamo all’Africa con condiscendenza e commiserazione, loro hanno una visione dell’Europa molto idealizzata ed edonista. Si pensa che i bianchi abbiano tutti un tenore di vita molto alto e che non ci siano realtà tradizionali anche in Europa. L’idea del mio progetto è nata proprio dall’osservazione di queste dinamiche. Dal desiderio di far comunicare le persone in modo diretto e non tramite le barriere mediatiche o i filtri del turismo di massa.

 

Ci sono molte opportunità lavorative?

 

Beh, direi che non sono molte. Non ci si deve immaginare niente di più facile rispetto all’Italia per quanto riguarda il lavoro dipendente. Più che altro è un territorio vergine per quanto riguarda le nuove iniziative, nel quale è dunque possibile investire o inventare qualcosa di nuovo.

 

E da un punto di vista prettamente sanitario, come si vive in Senegal?

 

Dakar non è un contesto disagiato. Ci sono ospedali e personale qualificato in abbondanza. Diverso è il discorso per centri urbani dislocati sul territorio, alcuni dei quali devono dotarsi di servizi a proprie spese e a volte usufruiscono di strutture sanitarie lontane. Devo dire che personalmente non ho mai avuto problemi seri in tal senso e si trova tutto ciò di cui si ha bisogno. La cosa che crea spesso disagio nell’adattamento, soprattutto quando non si è abituati, è la diversa condizione igienica. La vita è semplice e spesso in alcune case non ci sono le stesse condizioni igieniche a cui siamo abituati. I cibi e il clima sono diversi, dunque questo può dare qualche problema momentaneo, ma niente di serio. Non ci sono i gravi disagi sanitari a cui qualcuno può pensare.

 

 

Quali sono le caratteristiche che apprezzi maggiormente del Senegal?

 

Sicuramente il clima, il dinamismo e la moltitudine di bambini che si vedono in giro! Le famiglie numerose e collaborative, la mancanza di solitudine e di vuoto esistenziale. E’ qualcosa di sconosciuto rispetto a certe grandi città europee nelle quali ho vissuto, nelle quali tutti lavorano, corrono come matti tutto il giorno, guadagnano e tornano a fine giornata in una casa vuota o piena di estranei, con cui non si condividono né pasti, né conversazioni. Qui si condivide tutto con semplicità ed è facile entrare in contatto con le persone, anche se le differenze culturali sono notevoli. Per questo il Paese ha una grande potenzialità.

 

E quali invece le cose che ti piacerebbe cambiare?

 

La percezione dei bianchi dovuta alla storia, ai media e ad un certo tipo di turismo passato. La rassegnazione di molti giovani e di molte donne. Purtroppo la percezione che l’Africa ha di sé è depotenziata e questo ha notevoli ripercussioni sull’ambizione di molti giovani.

 

Cosa hai lasciato di importante in Italia?

 

Io sono sarda, dunque come tutti i miei conterranei ho un forte legame con la mia terra…oserei dire di sangue! Le cose a cui penso spesso, quando sono fuori, sono le diverse bellezze naturali, la vita rilassata e calma all’interno di un contesto europeo, la possibilità per tutti di muoversi e di sentirsi all’interno di un diritto comunitario, che sembra più garantito per il diverso contesto storico vissuto e per le diverse dinamiche politiche nelle quali siamo immersi.

 

Il link del nostro progetto è: http://atlantic-internationalschool.com/it/il-progetto/ 

Per contatti: ir********@ho*****.com

 

 

A cura di Nicole Cascione