La Scuola-Albergo di Ranquil Norte, Provincia di Neuquèn (Argentina)

 

La strada sale ancora, una curva e ancora una. Passiamo attraverso terre di un rosso marziano, poi paesaggi lunari. In lontananza ci accompagnano montagne multicolore e cime innevate di vulcani sopra i 4mila metri. Finalmente inizia la discesa. Caratteristica di questi paesini arroccati sulla cordigliera è che si trovano sempre in delle piccole depressioni naturali, fosse anche solo di 50/100mt, per ripararsi dal vento. Così l’inizio della discesa ci suggerisce che siamo quasi arrivati a Ranquil Norte; ultimo avamposto abitato prima di 150km di strada sterrata in pessimo stato senza anima viva. Il posto è più piccolo di un paesino: una stazione di polizia, un centro di primo soccorso, una cappella (il prete viene 1 volta alla settimana dalla vicina Malargue), 2 scuole (una elementare ed una media), 2 negozi con scarso assortimento in cui comprare del cibo. Il tutto si trova lungo la leggendaria Ruta 40 che in questo tratto è più che mai deserta; possono passare ore senza vedere una sola auto. Cerchiamo un posto in cui accampare ma fin da subito siamo attratti dalla scuola, ha uno strano nome, almeno mai incontrato fino ad ora: scuola-albergo. È domenica pomeriggio e stranamente la scuola è aperta. Sono in corso delle votazioni per un deputato provinciale ma oltre a ciò sentiamo anche le voci di bimbi che giocano nel campetto sportivo e stranamente indossano un grembiule; che strano fare educazione fisica di domenica pomeriggio.

 

Siamo curiosi ma innanzitutto dobbiamo trovare un posto in cui accampare. Chiediamo di poter parlare con qualcuno e così chiamano la direttrice della scuola: Nelide. "Ciao, siamo 2 viaggiatori italiani che girano il paese in bicicletta, vorremmo sapere se è possibile passare la notte qui, possiamo montare la tenda, sarebbe bello avere accesso all’acqua e ad un bagno". Nelide accetta di aiutarci di buon grado e in un attimo ci sistemiamo in un’aula. Lei è di San Rafael, 300km piú a nord ed è direttrice di quella scuola rurale da poco più di 1 settimana. Ci racconta che proprio la sera prima avevano dato alloggio ad un altro viaggiatori in bicicletta che veniva dalla Russia e non spiccicava una che una parola di spagnolo; ci confessa di essere contenta che con noi può avere una conversazione normale. Lei abita in una casetta situata nello stesso complesso della scuola, ci invita ad entrare e ci apre le porte del suo bagno, il che significa "doccia caldaaaa". Iniziamo a conoscerci meglio davanti a un mate caldo e ci spiega cos’è una scuola albergo. Si tratta di una scuola rurale (localizzata nel campo per l’appunto) che accoglie bambini che abitano in posti isolati. Nel raggio di 100km da Ranquil norte ci sono solo poche decine di case isolate. Per permettere ai bimbi di andare a scuola senza necessità ogni giorno di andare e venire (spesso da casa loro a scuola occorre più di un giorno di cammino o diverse ore di stradine secondarie in pessime condizioni), nascono le scuole albergo. Funzionano come un campus. Gli studenti vivono nel complesso scolastico che pertanto è dotato di dormitorio, cucine, mensa, lavanderia…insomma, tutto quello che permette a 63 bambini dai 5 ai 12 anni di vivere li. Per i primi 17 giorni del mese la scuola funziona non stop 24 ore al giorno. Non esistono sabato e domenica, le lezioni ci sono tutti i giorni. I restanti 13 giorni del mese, bambini e maestri tornano a casa. Si perché i maestri sono tali 24 ore su 24. Lavorano 1 giorno per 24 ore e riposano 2 giorni. Gli stessi maestri che danno lezione la mattina sono quelli che vivono con i bambini per il resto della giornata, sono quelli che si assicurano che i più piccoli si lavino correttamente, asciugano loro i capelli, lavano loro i panni e collaborano nella cucina. Insomma, più che una scuola albergo è una vera e propria casa famiglia. I bambini sono molto legati ai maestri e tra questi si instaura una relazione tipicamente familiare. Non è raro vedere bambini che si avvicinano ad una maestra abbracciandola o queste ultime che salutano i bambini con baci e carezze di un affetto sincero. Naturalmente non deve essere facile per questi ultimi essere catapultati in un posto lontano dalla propria famiglia. Ve lo immaginate come sarebbe fare un esperienza di campus scolastico a 5 anni?

 

 

Per fortuna qui si respira un clima sereno, di amore e reciproco rispetto.

 

Dopo una doccia calda, come sempre, tutto si sistema. Nelide ci invita a cenare con loro (maestri e bambini) alle ore 21. Siamo al tavolo con i maestri. C’è il prof di musica, quello di educazione fisica e quella di storia. Nelide ci racconta che aveva insegnato per tutta la vita a San Rafael, dove viveva con la sua famiglia, poi ad un certo punto decide di concretizzare il suo sogno, lavorare in una scuola albergo. Così, a 3 anni dalla pensione (qui le donne della pubblica amministrazione vanno in pensione a 57 anni) decide di sostenere l’esame per direttrice e fa domanda per la scuola albergo di Ranquil Norte. Quasi tutto il corpo docenti è di san Rafael (la prima vera cittá più vicina, 160mila abitanti) e ogni 17 giorni partono tutti assieme per rientrare a casa.

 

Ci siamo, arriva la pappa. I bambini vengono serviti dai maestri che a loro volta ritirano il piatto direttamente in cucina per proprio conto. Il menù prevede zuppa di verdure con un po’ di pasta. Non è il massimo, ma la condivisione spontanea e sincera arricchisce il piatto al punto da diventare il migliore che potessimo desiderare. C’è persino il dolce: gelatina alla mela verde. Prima di andare a dormire, Nelide invita il maestro di musica a cantarci una canzone di folklore argentino. Ma si sa che un vero folklore è tale solo se accompagnato da un ballo tradizionale, così Nelide invita i bambini a ballare. Si tratta di una danza tipica di qui, si balla in coppia e la donna tiene in mano un fazzoletto che agita a tempo di musica. Come premio per l’audacia e il coraggio, i ballerini riceveranno una caramella. Alle 22 tutti a nanna. Salutiamo tutti e ci ritiriamo nella nostra aula ma non prima che Nelide ci abbia detto che ci aspettano alle 8.30 per la colazione.

 

L’indomani a colazione, previdente, mi porto il nostro miele. La colazione si compone di una fetta di pane con su spalmato del burro e una tazzina di latte; penso che non sarei arrivato neanche sulla salita a 1km da li 🙂 Apriamo il nostro miele e rinforziamo la colazione (di solito mangiamo pane tostato con miele e tè), diciamo che mangio per 6 bambini 😀

 

 

Alle 9 tutti in classe, ma non prima dell’alza bandiera con il discorso della preside. Questa cosa mi colpisce molto e immagino che potesse accadere anche in Italia 60 anni fa. Bimbi e maestri escono fuori e sulle note dell’inno nazionale, lentamente alzano la bandiera Argentina. Recitano una specie di ringraziamento/preghiera e infine la direttrice si raccomanda a che il giorno proceda bene per tutti: "che sia una giornata proficua per tutti, non dare nomignoli al compagno/a ma aiutarsi reciprocamente poichè siamo tutti una sola cosa". Melissa ed io abbiamo riflettuto a lungo su questa scena perchè sentiamo emergere emozioni contrastanti. Da un lato la ripudiamo nel suo essere rigida e formale, quasi militare, non ci piace che spinga da bambini ad identificarsi con una bandiera, con una nazione. Sappiamo i governi come usano l’attaccamento del popolo alla nazione. Senza andare troppo lontano, stesso qui in Argentina nel 1982, durante la guerra delle isole Malvine contro gli inglesi, l’orgoglio nazionalista e l’ignoranza del popolo argentino ha accettato il massacro di migliaia di giovani innocenti. Dall’altro l’approviamo perchè esalta proprio l’identità di una nazione e ciò che ci rende unici al mondo è l’identità, le nostre radici.

 

È stata un’esperienza davvero interessante, avere l’opportunità di entrare a pieno in una realtà così nuova e diversa da tutto quello a cui eravamo abituati. D’altra parte per il modo in cui viaggiamo è inevitabile. Ogni sera arriviamo in un posto senza sapere dove accamperemo e chi incontreremo, poi la vita ci presenta le possibilità. Capita così che nelle città più grandi chiediamo e riceviamo ospitalità in chiesa, dai pompieri, o direttamente dalla municipalitá finendo con alloggiare nei palazzetti dello sport. Capita che accampiamo nel giardino di uno sconosciuto con cui ci ritroviamo a cena e connessi alla stessa lunghezza d’onda. Insomma viviamo ringraziando per quello che abbiamo e non pensando a quello che ci manca.

 

Pierluigi e Melissa

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