Ospitalità Cilena: tra laghi e vulcani delle Ande (Ruta Interlagos – Cile)

 

Siamo in Cile. Abbiamo appena attraversato la cordigliera Andina superando il passo internazionale Samorè che delimita il confine tra Argentina e Cile. Dopo mesi di pedalate per la desertica steppa Patagonica ci troviamo in un ecosistema ancora diverso, quasi tropicale. Avvicinandoci alle Ande dal lato Argentino abbiamo trovato una pre cordigliera ricca di fiumi, laghi e boschi nativi millenari. Abbiamo pedalato da Esquel fino a Villa la Angostura e siamo sempre stati ad un altitudine di circa 1000 mt. Nonostante la quantità di boschi e di acqua, il clima non è mai stato umido, freddo si, ma secco. Superando le Ande e pedalando lungo la cordigliera per il lato cileno cambia tutto. Benvenuti in un clima tropicale. Ogni mattina la tela esterna della tenda è bagnata come se avesse piovuto. Ci spiegano che le nuvole cariche d’acqua che arrivano dal pacifico non riescono a superare la cordigliera, quindi si accumulano sul Cile scaricando discrete quantità di acqua. Siamo nel mese di marzo, quasi al limite. Tra qualche settimana inizieranno le piogge che accompagneranno questa foresta tropicale per tutto l’autunno e parte dell’inverno (praticamente da aprile a ottobre).

 

 

Entriamo in Cile perché Patricia e Oscar (amici di El Bolson) ci suggeriscono la Ruta Interlagos. Si tratta di un percorso di circa 400km che passa tra laghi e vulcani. La strada è parzialmente asfaltata ma sembra che il paesaggio sia mozzafiato e poi siamo curiosi di testare l’ospitalità cilena. Superata la dogana ci fermiamo per la notte in una fattoria sulla strada. Ci viene incontro Catalina di 7 anni a cavallo. Sistemiamo la tenda nella proprietà dei suoi genitori e ci deliziamo com un risotto al rosmarino (spezia che non avevamo ma che Catalina ci regala in abbondanza). L’indomani ripartiamo alla volta di Entre lagos, primo paesino sulla Ruta Interlagos. Si trova sul lago Puyehue alle pendici del vulcano Puyehue. Giriamo un po’ e con somma gioia ci rendiamo conto che siamo nel regno della "palta" (avocado) enorme ed economica e nella stagione del "choclo" (pannocchie con grano grande e sugoso, seconde solo a quelle della Valle Sagrada di Cuzco, Perù). Andiamo a cercare un posto in cui accampare, ci sono dei camping ma ovviamente a pagamento. Entriamo in uno e propongo al proprietario di farci accampare li, in cambio della mia forza lavoro per un paio d’ore qualora ne avesse avuto bisogno. Accetta. Gli taglierò la legna. Intanto Melissa organizza l’accampamento. Tra un colpo di ascia ed un altro mi rendo conto che il proprietario del camping va da Melissa e ci omaggia con un bel pezzo di formaggio dicendo "così dopo la fatica potete ristorarvi". Figo no?

 

L’indomani pioviggina, ci svegliamo con nebbiolina e nuvole basse davvero tristi che riducono la visibilità. C’è molta umidità e il cielo si libera verso ora di pranzo: il 30% dei giorni che staremo qui in Cile sarà così.  Solo in tarda serata, arriviamo a Lago Rancho, è tardi per trovare qualcuno che ci ospiti gratis quindi optiamo per un ostello. Il giorno dopo piove per 24h e Melissa ed io ne approfittiamo per riposare in un letto vero. Ripartendo ci fermiamo a Llifen a casa di Carolina, insegnante di inglese che si è trasferita da circa un mese nel piccolo paesino insegnando nella scuola rurale. Contattiamo Carolina con couchsurfing e ci accoglie a braccia aperte. Doccia calda, cenetta tutti assieme e chiacchiera interessante che ci permette di conoscere meglio i cileni.

 

Da Llifen passiamo per Futrono (altro lago) e arriviamo a Panguipulli dove di aspettano Camila e Rodrigo (anche loro contattati con couchsurfing). Ci fermiamo a casa loro per 3 giorni, e ne approfittiamo per indulgere nelle terme naturali del parco nazionale del vulcano Villarica. La sera mi cimento in quello che sta diventando il mio piatto forte: "gnocchi di patate fatti in casa con salsa alla bolognese" nulla a che vedere con la bolognese di mammá ma di certo la migliore che si possa trovare a Panguipulli il 20 di marzo. La destinazione successiva ci apre le porte dei 2 vulcani più affascinanti del percorso: Villarica e Llaima, entrambi sfiorano i 3000mt. Arriviamo a Villarica (paesino di 40mila abitanti sull’omologo lago e alle pendici dell’omologo vulcano). Alloggiamo gratis per 3/4 giorni in un camping a pagamento. Anche qui offro in cambio manodopera ma Rodrigo, il proprietario del camping, pur accettando di buon grado non mi chiederà mai di svolgere nulla.

 

 

Il lago ha una cornice stupenda, non solo si vede il vulcano Villarica ma anche il più lontano Llaima che si trova a circa 100km. Si tratta di vulcani coperti da nevi perenni che di tanto in tanto fanno tribolare la popolazione con i loro improvvisi scossoni e le loro scintille notturne. Piccole e frequenti scosse di terremoto infatti, qui sono la normalità. Decidiamo di visitare Pucon, a 22km da Villarica che a detta di molti è carina e incredibilmente vicina al vulcano. A volte ascoltare è una pessima scelta. Pucon è un paesino finto, creato per i turisti e costituito in prevalenza da cabañas (tipo ostelli dove alloggiare), ristoranti e negozi di souvenir. Ovviamente, sei talmente sotto al vulcano che non lo vedi. Tra il paesino e il vulcano c’è di mezzo un fitto bosco che ne occulta la vista. Fuggiamo letteralmente di nuovo a Villarica dove conosciamo Melanie e Chris. Lei della Nuova Zelanda, lui inglese che da un paio di mesi pedalano felici per la Patagonia. Vogliono percorrere Ushuaia-Alaska in un anno e mezzo! È sempre bello vedere quanti stili di viaggio diversi si possano incontrare. Loro, come la maggior parte dei bikers in giro, appartengono alla categoria di quelli che pedalano solo: non si danno il tempo di ascoltare la vita, guardarsi attorno, cambiare itinerario, insomma, è un po’ come stare al lavoro…o forse no, in ogni caso è preferibile alla triste scrivania di un ufficio grigio 😀

 

Da Villarrica partiamo diretti a Cunco ma a metà strada ci fermiamo a Los Laureles (paesino di 1000 abitanti) per pranzare. Mentre prepariamo la pappa si avvicina Maria. 60 anni, cilena che ama l’Italia. Ci invita ad accamparci nel giardino di casa e a conoscere la sua famiglia, così accettiamo. È una famiglia umile ma che, come di solito accade con chi ha molto poco, tende a darti anche quello che non ha, privandosi dell’unico pezzo di pane e marmellata pur di offrirlo alla visita. Per fortuna la sera a cena arriva lo zio ricco che ci compra alcuni bracciali di artigianato Macramè che produciamo: questa è una delle principali entrate che abbiamo con cui comprare il cibo, unica spesa che sosteniamo in viaggio. L’indomani salutiamo Maria e sul sellino di Pangea e Pantalassa ci dirigiamo verso Melipeuco (ultimo paesino prima di valicare di nuovo il passo attraversando la cordigliera per tornare in Argentina). A metà strada mi sento stanco e ci fermiamo al lato della strada per una pausa. Mentre mangiamo dei tristi biscotti industriali, da una casa esce una signora sui 60 che ci invita ad entrare per una bevanda calda. Accettiamo e in un’attimo ci ritroviamo a mangiare Piñones (frutto dell’albero nativo Araucaria), pane e marmellata fatti in casa… Queste si che sono le cose che ti svoltano la giornata quando sei un po’ giù di corda. La signora Norma è esplosiva sembra faccia 1000 cose e va a 100 all’ora, ad entrambi ricorda il cappellaio matto di Alice. Naturalmente ci invita a restare per la notte, ma di questo passo faremmo 10km al giorno. Riprendiamo le bici e ci dirigiamo a Melipeuco, piccolo paesino alle pendice del gigantesco vulcano Llaima.

 

 

Girando per le viuzze sterrate del paesino incrociamo una signora che ci ispira fiducia, la fermiamo, le raccontiamo la nostra storia e le chiediamo se possiamo montare la tenda nel suo giardino (certi che abbia un pezzo di terra come tutti quelli che vivono in questi paesi). La signora si chiama Irma e ci risponde: "se ci siamo imbattuti in questo modo l’uno nell’altro, un motivo ci sarà, andiamo".

 

Restiamo a casa di Irma per 3 giorni. Porto a pascolare le mucche con il fratello un po’ svitato di Irma mentre Melissa coglie le more per preparare la marmellata. L’avventura cilena tra laghi e vulcani si conclude con la salita al passo Icalma per rientrare in Argentina. Siamo sempre stati accolti a braccia aperte e la gente non si è quasi mai rifiutata di aiutarci. Questo accade perché ci fidiamo e ci affidiamo alla vita. Ringraziamo per quello che abbiamo e non pensiamo a quello che ci manca. "Preoccuparsi" è un’altra parola che vogliamo rendere priva di significato, proprio come abbiamo già fatto con "tempo". Il mio libro di Reiki dice che preoccuparsi vuol dire "dimenticarsi che ogni cosa che accade ha una ragion d’essere nell’universo".

 

Pierluigi e Melissa

www.theevolutionarychange.com