Catalogna, un cammino – di 300 anni – verso l’indipendenza

 

 

Per chi pensasse che la campagna elettorale – previa le elezioni catalane di domenica 27 settembre – abbia avuto luogo soltanto nei pochi mesi precedenti, ricordiamo che, questa va avanti da almeno 300 anni …

 

Da quando nel 1714 le truppe borboniche annetterono Barcellona e la Catalogna al regno di Spagna, abolendo molte libertà, i catalani, a fasi alterne, tentano di riconquistare quello che considerano proprio e di meritare: uno Stato autogestito, indipendente dal resto di Spagna, con rapporti, anche economici, di “buon vicinato”.

 

Il 27 settembre 2015 sembra proprio che questo cammino si stia accorciando sempre di più raggiungendo la meta. Le elezioni di domenica soltanto per i più miopi – tra cui il Governo centrale di Madrid – sono state delle semplici elezioni regionali, in realtà, per tutti quelli che vivono qui e per il resto del mondo, sono state elezioni plebiscitarie, volte a individuare se la maggioranza dei catalani volesse o meno avviare un processo concreto d’indipendenza (o secessione) dalla Spagna, di fatto legalmente impossibile nella situazione attuale.

 

La risposta è davanti agli occhi di tutti, dopo una bella giornata d’espressione democratica, con un’affluenza storica di oltre il 77%, dato che conferma l’aspetto plebiscitario delle elezioni, la formazione indipendentista ottiene una maggioranza di seggi in parlamento (ma non di voti).

 

 

I risultati in numeri della nuova mappa politica catalana:

 

Su 135 deputati del Governo di Catalogna, alle diverse formazioni vanno:

 

62 a Junts pel si (Uniti per il sì): formazione mista indipendentista

25 a C’s (Cittadini): centro destra/non indipendentista

16 al Psc: Partito socialista catalano/federalista

11 al PP (Partito polare): unionista

11 alle Cup: Candidatura di Unità Popolare/indipendentista

10 a Si que es pot (Podemos e Verdi): non indipendentista 

 

Junts pel si ottiene, assieme alle CUP, la maggioranza assoluta in Parlamento anche se il presidente Mas potrebbe, a questo rispetto, avere un “problemino” da risolvere: le CUP pur patteggiando con Junts pel sì (come sembrano aver lasciato ventilare durante la campagna), metteranno delle condizioni, tra queste, il fatto che Mas non sia il presidente del nuovo Governo che dovrebbe portare il paese verso l’indipendenza …

 

Se ci si discosta dal voto indipendentista, interessante è l’ascesa di Ciutadans (C’s), il giovane partito di centro destra che ha messo in ginocchio il PP catalano, assorbendo, con molta probabilità, i voti dello storico partito di destra spagnolo. Si Que es spot, appoggiato da Podemos e dai Verdi, partito di sinistra non indipendentista, sale con dignità ma non con le scintille atteso, erodendo, comunque, i voti del PSC, il partito socialista catalano che si mantiene senza infamia e senza lode.  

Questo dimostra, una volta di più, che in Spagna il bipartitismo è quasi morto e sepolto. Oltre all’argomento centrale e indiscutibile di queste elezioni, si conferma una tendenza già notata in Catalunya e in Spagna (ricordiamo che tra due mesi ci saranno le elezioni generali nella Penisola iberica): il predominio delle due grandi formazioni storiche (PSOE e PP) è fortemente vacillante.

 

 

Tornando alla Catalogna, c’e da chiedersi se – alla luce di questa forte espressione della volontà popolare – la Spagna e l’Europa continueranno a serrare occhi, orecchie e bocca, girandosi dall’altro lato, o cercheranno di lavorare assieme per dare una risposta ai catalani che, dopo tutti questi anni, si meriterebbero anche.

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