Marco: un accademico punk-rock in Malesia

 

 

Marco Ferrarese ha viaggiato in 50 Paesi differenti, inizialmente suonando la chitarra nei The Nerds Rock Inferno per dieci anni, calcando i palchi di Europa e Stati Uniti, successivamente ha trasformato il suo desiderio di evasione in un vero e proprio stile di vita. L’esperienza che più lo ha segnato è stata quella vissuta in Cina, dove ha insegnato italiano ai cinesi. Da quest’esperienza è nato il suo blog www.monkeyrockworld.com. Oggi Marco vive in Malesia e si descrive così: “Sono un accademico punk rock. E un giornalista di viaggi e cultura asiatica freelance: scrivo di viaggi e di quel che succede a livello socio culturale in Asia, specialmente nel Sudest asiatico”.

 

Provengo da Voghera, bieca provincia di Pavia, da cui sono emigrato nel 2007, dopo una carriera da musicista punk rock semiprofessionistica. Ho suonato la chitarra nei The Nerds Rock Inferno per dieci anni e questa esperienza mi ha portato a suonare sui palchi di Europa e Stati Uniti, fino a raggiungere il livello delle bands a cui mi ispiravo. Questo è stato l’unico motivo per cui sono rimasto in Italia più a lungo del previsto e quando l’incantesimo si è spezzato, ho trovato un modo per andarmene, perché non ce la facevo più a sopportare le angherie culturali del Belpaese.”

 

Come è iniziato tutto?

 

Tutto è iniziato quando una notte i miei genitori hanno creato la creatura a cui stai facendo domande. Prima ancora c’era l’uovo o forse la gallina. La scimmia come sai vive sugli alberi e gode di una migliore visione del mondo. Sinceramente non so dirti per bene come sia iniziato tutto, ma mi parlano di una grande esplosione fatta da un bambinone chiamato Ben. Altri dicono che un signore barbuto abbia creato un paradiso e che poi una donna abbia mandato tutto a rotoli, cosa che spesso succede quando c’è un utero coinvolto… e non me ne volere.

 

Tranquillo … nessun problema. Ma torniamo alla tua vita da viaggiatore. Raccontaci qualcosa delle tue esperienze vissute. Qual è quella che ti ha colpito di più, nel bene e nel male?

 

Ho viaggiato in 50 Paesi e devo dire di aver vissuto esperienze memorabili, seppur ovviamente diverse, in ognuno di essi. E’ dunque veramente difficile cercare di pensare all’esperienza più totalizzante… davvero, non lo so. Recentemente ho raggiunto l’Italia via terra senza prendere aerei, partendo da Singapore, ci ho messo 4 mesi… potrei dirti che c’è stato tanto bene e tanto male e sceglierei quella come “totalizzante”. Farlo poi praticamente al 70% in autostop ha permesso di entrare in contatto con ambienti, personaggi e situazioni speciali, che hanno mostrato molte delle facce del totale universale.

Qual’ è invece il posto in cui hai vissuto che ti ha segnato più di tutti e quello che invece ti ha profondamente deluso?

 

Quello che mi ha segnato di più è stata sicuramente la Cina, perché mi ha staccato la testa, me l’ha girata e me l’ha riattaccata sul collo. Mi ha dato il potere di vedere le cose in modo diverso, sotto un’ottica completamente diversa da quella in cui sono cresciuto e sono stato educato. Mi ha permesso di cambiare non solo il centro di gravità permanente, ma l’attitudine alla vita e il piacere di vivere la stessa, in un ambiente diverso dal mio congeniale. Quello che mi ha profondamente deluso è invece, come puoi immaginare, l’Italia. Perché in nessun altro Paese ho dovuto lottare così tanto per mantenere la mia identità e fare cose che in altri invece, si sono rivelate molto più facili. In Italia la delusione ha imbevuto tutti i colori del sole delle mie giornate.

 

Qual’ è il senso che potresti o vorresti dare ai tuoi viaggi?

 

Semplicemente, cerco di dare un senso. Non vado in Thailandia per stare in spiaggia a prendere il sole o per spendere meno con le “signorine del mestiere”. Io cerco di andare a fondo: se mi cerchi in Cina, mi troverai proabilmente a casa di Tibetani, a tentare di conoscere di più la loro situazione. O se mi trovi in Malesia, starò suonando con i punks locali e non certo facendo shopping nei centri commerciali di Kuala Lumpur. Insomma, cerco di dare un senso alle cose che, altrimenti, non avrebbero senso.

 

Da italiano all’estero, come vedi il nostro Paese nel contesto europeo?

 

Non lo vedo perché non ha una rilevanza nè continentale, nè internazionale. E’ curioso sapere che quando vai in Uzbekistan, l’Italia è “L’Italiano vero” di Toto Cutugno e nient’altro. Questo succede ovunque… e ricorda che l’Italia è associata a Berlusconi e alla sua bieca erezione da viagra e Napoleonico furore passerino… io mi sento veramente una m*** quando, gente che in Italia è considerata sottosviluppata, mi dimostra che i veri menomati siamo noi… o meglio, siete voi perché io mi ci sono tirato fuori da parecchio tempo. Purtroppo ho un passaporto italiano, ma non mi ci sento per niente di niente…

 

Quali sono le difficoltà maggiori contro cui ti sei scontrato all’inizio del tuo lungo viaggio?

 

I caratteri cinesi che sono stati difficilissimi da decifrare. Per il resto, la vera difficoltà è stata il decidere dove andare, perché volevo vedere tutto di tutto e ovviamente non potevo senza un minimo di programmazione. Per il resto, non c’è stato niente di veramente difficile da fare.

 

Hai scritto il libro “La scimmia tatuata contro il dragone meccanico”. Cosa contengono le pagine di questo libro e perché hai deciso di scriverlo?

“La scimmia tatuata contro il dragone meccanico” è la raccolta dei miei blog sulla mia vita da professore di italiano in Cina tra il 2007 e il 2008, riadattati in versione libresca. Dopo aver riempito le pagine virtuali del mio blog www.monkeyrockworld.com ho deciso di raccogliere i testi in un volume, perché da molto tempo sognavo di pubblicare un libro e non ho mai avuto la forza e la costanza di sedermi al tavolo e scriverlo. Così, la curiosa raccolta delle mie memorie cinesi è diventata un simpatico volumetto che ho auto-pubblicato con lulu.com e venduto tramite il mio sito.

Chi è la scimmia tatuata e chi il dragone meccanico?

 

La scimmia sono io, con tatuaggi annessi. Il dragone meccanico è ovviamente la Cina: dragone, nel simbolo classico dell’animale associato al Paese e meccanico perché in quell’anno ci ho visto così tanto sconvolgimento industriale pre-Olimpico che, più che un dragone classico fatto di squame, carne e ossa, mi ricordava di più il cibernetico Mechagodzilla.

 

A proposito del tuo blog, perché hai deciso di aprirlo?

 

Ho sempre scritto, più o meno frequentemente. Dopo qualche anno di dedizione quasi esclusivamente musicale, il mio lavoro in Cina mi ha spinto a scrivere per raccontare le mie storie ai pochi amici e parenti che mi seguivano da casa su www.monkeyrockworld.com . Internet poi ha aiutato ad allargare il giro e oggi posso dire che un piccolo gruppo di persone mi segue e ascolta i miei consigli. E’ una bella soddisfazione!

 

Cosa può insegnare, a livello personale, viaggiare anche per lunghi periodi in zone del mondo così lontane dallo stile di vita occidentale?

 

Credo possa azzerare le concezioni sul mondo che avevamo precedentemente e aprire delle altre porte, anche se è difficile. Non tutti riescono ad aprire quella porta della percezione, anche se viaggiano a lungo in Asia. E’ questione di abbandonare le proprie convinzioni astrali e abbracciarne altre, che sono molto differenti dal nostro pensiero originario… si può imparare ad essere più umili e si può crescere molto interiormente. Ma il tutto è frutto di un’esperienza personale: non è che automaticamente, se hai viaggiato a lungo, diventi più intelligente o illuminato.

 

Qual è il tuo stile di viaggio?

 

La mia ragazza lo chiama “Nigga style”, senza offesa razziale si intende. Viaggio low budget, low cost, low weight e low impact. Il che significa che meno spendo e più sono contento: spesso dormo in tenda, faccio autostop e uso i trasporti pubblici per risparmiare e stare in viaggio più a lungo. Tante volte risparmio anche sul cibo, se costa troppo. Molti non capiscono questo stile, ma io preferisco viaggiare per molti mesi all’anno con pochi soldi, che stare in giro due/tre settimane facendo fuori la tredicesima.

 

Da quando hai cominciato a viaggiare, in cosa ti senti cambiato?

 

Credo di avere allargato i miei orizzonti e di essere cresciuto molto. L’aver attraversato tante parti del mondo e aver conosciuto diverse culture, mi ha poi riconfermato che non c’è davvero bisogno di aver paura di niente a questo mondo. C’è tantissima brava gente in giro, anche se ci vogliono far credere il contrario.

 

A cosa hai rinunciato per intraprendere questo tuo stile di vita?

 

Ad un lavoro fisso, alla sicurezza economica, ad uno stipendio decente e ad una scrivania a cui aggrappare le certezze di una vita. E meno male, direi. Non ho rinunciato a niente di irrinunciabile, anzi. Mi sono solo liberato da pesi e credenze popolari inutili, per una vita libera. Live free or Die, dicevano i miei amici Tunnel Rats.

 

Al momento ho letto che vivi in Malesia. Perché hai scelto di stabilirti lì?

 

Per caso, ho trovato una dolce ragazza cinese e un Paese ospitale pieno di cibo delizioso e mi sono detto “perché no?”. Avevo viaggiato tanto e avevo bisogno di fermarmi per riposare un po’. Viaggiare troppo è lesivo per la mente e ti mette in uno stato emotivo di perenne aspettativa: dopo un anno circa, ho bisogno anche io di “sit back” e di fare qualcosa di più costruttivo. E così in Malesia, in mancanza di lavoro, sono tornato a studiare con una piccola borsa di studio, elargita dall’università pubblica.

 

Di cosa ti occupi?

 

Sono un accademico punk rock. E un giornalista di viaggi e cultura asiatica freelance: scrivo di viaggi e di quel che succede a livello socio culturale in Asia, specialmente nel Sudest asiatico. Lavoro con Monash from Melbourne. Poi, scrivo libri ancora non finiti che si considerano “libri con la cresta”. Poi, suono la chitarra con la thrashcore band WEOTSKAM e collaboro ad altri progetti musicali. Poi, cerco di viaggiare almeno due o tre mesi all’anno in condizioni normali. Poi, studio arti marziali indiane.

 

 

Abbastanza impegnato direi! Raccontaci qualcosa del posto in cui vivi…

 

Vivo a Penang, isola tropicale in cui la cultura indiana, cinese e malay si uniscono semipacificamente. Un posto sotto il cui cielo si mandano in alto preghiere in tre lingue e tre credi differenti. Un paradiso del cibo e un UNESCO heritage site che lentamente si sta riempiendo sempre più di turisti… a mio malgrado, questo è il prezzo del vivere in un posto un po’ speciale.

 

Come si vive in Malesia?

 

Per me molto bene: considerando il valore d’acquisto della moneta con l’euro, diciamo che con 10 ringgit, al contrario che con 10 euro, posso comprare due pasti e due bibite e ricevere un pochino di resto. Ci sono soluzioni affittuarie di ogni tipo, io scelgo quella medio bassa e pago pochissimo d’affitto mensile. Ma puoi anche spendere come in Italia ed avere condomini con piscina, palestra e security 24 ore al giorno. La Malesia è un Paese molto moderno, pieno di comfort e tecnologia, ma allo stesso tempo molto radicato nelle tradizioni culturali dei tre gruppi etnici che lo abitano. Bisogna fermarsi un po’ a lungo per iniziare veramente a capire come funzioni davvero tutto questo melange etnico che a volte preclude ed esclude.

 

Quali sono i pro e i contro del viverci?

 

Pro: cibo fantastico, costi abbastanza irrisori, poca competizione nel lavoro creativo, estate perenne, donne varie e meravigliose, melange culturale unico al mondo, facilità nell’ottenere visti. Contro: governo islamico corrotto e bacchettone, estrema pigrizia delle persone e delle istituzioni, estrema inerzia della rivoluzione politica, Lynas.

 

Per concludere….hai mai avuto dei momenti di crisi in cui hai detto a te stesso: Sono stato un folle a decidere di vivere la mia vita in questo modo”?

 

Sì. Mi capitava quasi ogni giorno nel 2007 prima di partire e lasciare tutto per la Cina. In Italia, intendo: sono stato un folle a permettere al sistema consumistico e parossistico italiano di riempirmi di preconcetti e paure che hanno ritardato il mio viaggio. Per questo, sono stato il più stupido dei folli e me ne vergogno. Ma fortunatamente ho trovato una via d’uscita soddisfacente e ora posso essere fiero di essere alle redini del cavallo della mia vita.

 

in**@mo*************.com

www.monkeyrockworld.com

 

A cura di Nicole Cascione