Music on the air, il progetto Irlandese di Stefano

 

 

Stefano, a 24 anni, stanco di vivere la sua vita in un call center a pigiare tastini e dare supporto alla registrazione per i giochi a premi di “Affari Tuoi”, decise di mollare tutto per vivere un’esperienza all’estero. Destinazione: Irlanda. Da allora sono trascorsi sette anni e mezzo e Stefano è ancora lì, nella “terra dei folletti”, dove lavora nel settore informatico. E non solo, infatti Stefano ha dato vita ad un nuovo progetto in terra straniera: “Music On The Air”. Si tratta di uno spazio settimanale di un’ora, dedicato alla musica che propone all’ascolto di diverse radio. Cinque emittenti in Italia, tra FM e formula web.

 

Stefano, hai lasciato l’Italia nel 2005 con l’idea di rimanere all’estero per un breve periodo, invece non sei più tornato. Cosa ti ha trattenuto?

 

Inizialmente le opportunità di lavoro migliori e più stabili, poi ho deciso di “fermarmi” per fare in modo che l’esperienza potesse anche avere una sua consistenza qualitativa per future opportunità di lavoro, che fossero in Italia o all’estero in generale. Ha contato molto la comunità di persone ed amici che si è creata nel frattempo e che ha ancora oggi un peso importante nel mio quotidiano.

 

Prima di andare via di cosa ti occupavi in Italia?

 

Stavo continuando gli studi universitari presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere, con indirizzo Scienze del turismo, provenendo da un background di studi più legati all’area professionale nel mondo alberghiero e della ristorazione. Inoltre ricoprivo una posizione di dipendente part-time a contratto di 30 ore a settimana, presso un call-center di servizi finanziari e commerciali, inbound.

 

Come sei “capitato” in Irlanda?

 

Nel 2004 venni a trovare un amico che ci viveva da più di 10 anni, senza alcun idea né pensiero a tal proposito. Sono una persona a cui piace molto l’idea “tropicale” della vita: sole, spiaggia, mare, ombrelloni, vita all’aperto, pressoché tutto il contrario di ciò che poi è il posto in cui vivo. Ho percepito che scegliere l’Irlanda per un breve periodo, per migliorare le conoscenze linguistiche e per vivere un’esperienza internazionale, era un’opportunità da non lasciar scappare. Il momento economico era buono e posso dire che partivo già con un po’ di esperienza di vita all’estero, anche se per brevi periodi.

 

Quindi?

 

Quindi ho dato le dimissioni dal posto di lavoro, con grande stupore della gente, in quanto ero uno dei pochi con un contratto di lavoro a tempo determinato di 2 anni. Ma ero troppo giovane per pensare di stare ancora un anno in un call center a pigiare tastini e dare supporto alla registrazione per i giochi a premi di “Affari Tuoi”. Avevo altre ambizioni e mi sono detto che avere 24 anni, permetteva in qualche modo di poter ancora rischiare e fare tutto nuovamente da zero, non avendo vincoli di famiglia o relazioni sentimentali in corso. La preparazione è stata soft, perché prevedevo di passare 3 mesi, non 7 anni e mezzo, in Irlanda. Quindi ho dato molto meno peso alle cose che stavo per fare, avendo molta voglia di viaggiare, di prenderla come un’avventura breve.

E’ stato difficoltoso ambientarti al principio?

 

No, a parte i problemi di sonnolenza provocati da un caffè di scarsa qualità sul posto di lavoro, direi che è andato tutto bene. Questo per dirti che se i problemi riguardano la qualità del caffè, vuol dire che non ce ne sono. Le difficoltà sono altre e sicuramente questi possono essere considerati come “capricci”. Ho avuto molta fortuna a trovare lavoro subito, ricordo che sono arrivato il 3 luglio all’incirca. Tre giorni dopo avevo due colloqui in due società diverse. La settimana dopo lavoravo.

 

Di cosa ti occupi?

 

Lavoro da alcuni anni nel settore informatico. Sono impiegato come figura di vendita Inside Sales presso VMware, una società di soluzioni software di cloud computing e virtualizzazione, con le mansioni di responsabilità nello sviluppo commerciale e professionale dei rivenditori, specializzati nell’area nord-ovest dell’ Italia. In passato ho lavorato per società come Apple Computer e Trend Micro nel settore Antivirus e all’inizio ho speso qualche mese in una società di turismo time-sharing, la RCI, tutte aziende basate a Cork.

 

Come sei riuscito a trovare questo lavoro?

 

Era da un po’ di tempo che volevo occuparmi delle tecnologie offerte nel mondo di VMware, il mio CV è stato visionato da diverse aziende attraverso i servizi online di social network, come LinkedIn o Monster. Il metodo per potersi candidare e rendere attiva la propria disponibilità al mondo del lavoro parte da qui: Internet. Nessuno ti viene a bussare alla porta se non ti presenti per primo, un po’ come per tutto il resto.

 

Che altre differenze hai notato dal punto di vista professionale?

 

Lavorativamente parlando, le opportunità in Italia sono più limitate e basate spesso sul titolo di studio posseduto o sulla raccomandazione. Non ho concluso l’Università, perché ho scelto di vivere all’estero e penso che se non fosse stato per le conoscenze acquisite con le mie capacità professionali, le opportunità di trovare un lavoro nel settore in cui sono, con il mio diploma di scuola alberghiera, sarebbero state abbastanza basse. Purtroppo la situazione di crisi che vive l’Italia non penso permetta nemmeno di rischiare di poter lasciare un posto di lavoro per cercare un altro impiego. Lo si può fare finché non si hanno bollette da pagare, affitti o persone a proprio carico e se non si sono prese responsabilità verso se stessi e la propria idea di futuro.

 

Gli irlandesi che considerazione hanno degli italiani e in generale dell’Italia?

 

Per il poco che mi capita di parlare a riguardo, siamo molto rispettati, a parte il periodo legato alla fase politica del Berlusconismo, che ci ha fatto passare per un gruppo circense in tutto il mondo. Per il resto non ho sentito particolari critiche nei nostri confronti. Gli irlandesi amano molto l’arte, la storia che abbiamo e ci portiamo dietro, con le nostre città più belle, Roma, Venezia, Firenze. Sono affascinati dalla nostra cultura e dalla nostra passione culinaria e per la moda, sicuramente stereotipi generali, ma che sicuramente ci danno un ottimo risalto a livello mondiale.

 

Parliamo un po’ di un’altra tua grande passione: la musica. Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al mondo radiofonico?

 

La mia passione per la radio nasce in tenera età, avrò avuto all’incirca 13 anni e tutto é cominciato per curiosità. A Torre Pellice (TO),  casa mia, nasceva nel 1985 una radio libera, indipendente, di fondazione laica, che poi col tempo ha assunto una connotazione di informazione nell’area evangelica, legata alle valli valdesi in cui si trova: Radio Beckwith Evangelica. Nulla a che vedere con le radio che hanno come tema caratterizzante la religione, 24 ore su 24. Qualcosa di molto più flessibile e meno “estremista”, se mi passi il termine. Spazio per tutte le idee e pensieri, senza differenza di razza o religione con un focus più approfondito, legato alla cultura della Val Pellice, in cui l’evangelismo é sicuramente una componente caratterizzante del quotidiano di molte persone. Spinto da enorme interesse verso il potenziale del microfono e di tutto ciò che si può dire in ambito culturale, musicale, di attualità e altro, ho cominciato come tanti a proporre la mia puntata numero zero, nel 1994. Una schifezza. Ancora ricordo il direttore che mi consigliò di riprovare a migliorare il tutto: in effetti il format era molto rudimentale. Immagina che, non avendo mezzi per poter acquistare il materiale discografico, ci si arrangiava con le famose cassettine, tagliando qua e là e con qualità audio di dubbia provenienza. Ci si inventava il personaggio, si cercavano delle cose da dire, si evitavano i silenzi, i buchi tra un pezzo e l’altro, si cercava di non far cadere il microfono attaccato con la clip alla t-shirt. Un bel casino insomma. Però mi sono trovato bene sin da subito. Usare quel mixer con mille tastini colorati, le modulazioni di frequenza, i clic dei tape player puntualmente in onda, vivere quel momento molto intimo tra te e un pubblico che non sai dove e cosa sta facendo, ma che ti ascolta.

Dal 1994 ad oggi è passato un bel po’ di tempo. Più esperienza e nuovi progetti…

 

Sì, oggi il mio progetto si chiama “Music On The Air”. Si tratta di uno spazio settimanale di un’ora, dedicato alla musica che mi piace e che propongo all’ascolto di diverse radio. Cinque emittenti in Italia, tra FM e formula web. Altre due radio all’estero trasmettono la versione in inglese che preparo ad hoc, per una radio irlandese, RadioNow a Cork e NGA radio ad Atlanta, negli Stati Uniti. Questo programma è nato nel 1999, è la fusione tra la mia prima trasmissione, MusicMania e On The Air, programma del mio mentore che mi ha ispirato a far radio 18 anni fa, il mio caro amico Herbert. Vi consiglio di dare un’occhiata al mio sito, puramente in inglese, anche se pecco nell’aggiornarlo per motivi di tempo: www.musicontheair.com

 

 

Come si svolge una tua trasmissione radiofonica?

 

Ci sono diverse formule di conduzione, la mia da qui, diciamo fuori dagli studi più classici, prevede una sequenza di dodici, tredici brani miscelati tra loro. E’ molto importante evitare di parlare sopra il cantato delle canzoni, quindi bisogna cercare di essere sintetici o avere una base mentre si parla tra una canzone e l’altra, per evitare di sovrapporre il proprio parlato al cantato dell’artista che si trasmette. Utilizzo software di vario genere e un microfono usb che si trova dai cinquanta euro in su e che permette di fare registrazione di “podcast” di qualità decente. Quando ero in studio, il programma aveva una gestione molto più “live”. Mi avvalevo di una conduzione in regia, quindi godevo della totale libertà di poter andare in studio, senza dovermi occupare della gestione tecnica. Questo mi permetteva di poter pensare di più ai contenuti del programma. Poi tanti ospiti, musicisti dal vivo, così come in collegamento telefonico.

 

Quali sono i personaggi del mondo della musica nazionale ed internazionale con cui collabori e hai collaborato?

 

Suzanne Vega (U.S.A.), Africa Unite, Afterhours, Amici di Roland, Almamegretta, Roy PAci & Aretuska, Banda Ionica, Bluebeaters, Cristina Donà, Fratelli Sberlicchio, Giovanni Lindo Ferretti, Casino Royale, Giuliano Palma,Gigi T-Bone & the Jamaican liberation Orchestra, Bluvertigo, Subsonica, Verdena, Madaski, Dr.Livingstone, RN Tickets, Lou Dalfin, Luca Morino, Mau Mau , Frankie HI NRG Motel Connection, Ustmamò, Delta V, Mao, Macaco (Spain), Mambassa, Tribà, MGZ, Massimo Zamboni (Ex-C.S.I.), Zebda (France) , Architorti, Giorgio Conte, Gigi T-Bone, Feel Good Production, House Mouse, Carlo Pestelli, La Sintesi, Daniele Sepe, DiscoInferno, Sushi, Ailatiditalia, D-Stacco, Tribà, TerzaSfera, Modarte, Too- tiki, Wah Companion, 99 Posse, ecc

 

Tornando alla tua scelta di vita, conti di tornare in Italia prima o poi?

 

Al momento non ho preso decisioni sul mio futuro. Sto cercando di vivere al meglio quello che faccio, conto di ritornare in Italia un giorno, magari in età più avanzata, voglio però provare a vivere all’estero ancora per parecchi anni. Oggi, se ci si sente ispirati dal viaggio, dalla continua scoperta di altre culture, nazioni o società, non ci sono limiti per poter vivere fuori dalla propria terra natia. L’importante è non sentirsi a disagio nello stare fuori “casa”. In quel caso vuol dire che è ora di tornare. Ma per ora non sento questa necessità.

 

C’è qualcosa che cambieresti del tuo percorso di vita, “col senno di poi”?

 

Forse avrei colto l’opportunità di partire verso una nuova meta estera. Qualche anno fa, mi è stato proposto di iniziare una serie di colloqui per spostarmi a vivere in un’altra nazione. Non rimpiango la scelta di essere rimasto qui e aver rifiutato, ma forse avrei potuto valutare la cosa, anche se ripeto, non è tardi per fare nulla, ho solo 31 anni e una vita davanti, quindi posso farlo ora con maggiore esperienza e maturità di prima. Ho spesso pensato che per sentirsi bene, si debba pensare ed essere consci del fatto che certe opportunità vanno colte al volo per non essere rimpiante. Ho spesso scelto di fare un passo più in là, anche col rischio di inciampare, ma almeno l’ho fatto. Senza rimpianti, al massimo il ginocchio un po’ sbucciato per la caduta, ma con il sorriso e l’ottimismo addosso per rialzarmi e camminare nuovamente.

 

www.musicontheair.com

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A cura di Nicole Cascione 

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