Gaspare: dalla Sicilia alla Ville Lumière

 

Hemingway disse: "Se sei abbastanza fortunato da aver vissuto a Parigi da giovane, allora ovunque andrai per il resto della tua vita, sarà con te, perché Parigi è una festa mobile". E proprio questa festa mobile ha catturato il cuore di Gaspare Impastato, trasferitosi nella capitale francese otto anni fa, dove oggi è Office Manager, per una società che lavora nel campo della ricerca farmaceutica. Il suo sito, affiancato da un blog (www.italianiaparigi.com), raccoglie una serie di utili consigli per tutti gli italiani che decidono di trasferirsi nella città più romantica del mondo.

 

Cosa ti ha spinto a maturare la decisione di trasferirti in Francia?

 

La mia esperienza di italiano in Francia inizia nel 2003, quando ho deciso di lasciare l’odiata-amata Sicilia per giocarmi la carta parigina. Devo ammettere che quando ho preso quella decisione, non sapevo bene a cosa andassi incontro né cosa avrei dovuto aspettarmi da quella esperienza che mi apprestavo a vivere intensamente; avevo soltanto voglia di mettermi in gioco e di vedere concretizzato un desiderio che ormai nutrivo da tempo. Ho sempre avuto un forte legame con la cultura francese. Fin dalle scuole medie, infatti, i corsi di lingua francese erano quelli che seguivo con maggiore interesse. Ricordo che già da piccolo mi cimentavo a utilizzare i vocaboli di quella lingua che tanto mi affascinava, per comunicare con i numerosi turisti francesi, venuti a visitare le bellezze della Sicilia. A spingermi a partire sono state anche le macroscopiche lacune dell’Italia: il fatalismo del popolo italiano che accetta troppo spesso con rassegnazione, la mentalità clientelare che domina in buona parte delle regioni italiane, la cultura delle raccomandazioni, la mancanza di meritocrazia, il livello basso e frivolo delle trasmissioni televisive, l’arroganza dei politici e la mancanza di coscienza di classe. Tuttavia, se devo essere sincero, mai avrei pensato di stabilirmi in Francia e di tagliare il cordone ombelicale che mi legava saldamente alla mia terra: vedevo il mio futuro a Cinisi, il piccolo paesino in provincia di Palermo dal quale provengo, a stretto contatto con i miei genitori e con la gente con cui sono cresciuto, immerso in quei paesaggi che porto sempre nel cuore e tra i quali la mia anima è rimasta irrimediabilmente imprigionata. Non avrei scommesso un solo centesimo su un mio possibile futuro lontano dalla Sicilia e dall’Italia in generale: mi sentivo così legato a quella terra, da non poterne fare a meno, non riuscivo ad immaginare una vita lontano dalla mia gente, dalle mie abitudini, da tutto ciò che conoscevo troppo bene e che faceva parte del mio essere. In seguito, lo studio universitario dei principali classici della letteratura e della poesia francese, ha stimolato in me un forte desiderio di visitare la Francia e Parigi in particolar modo. Mi serviva solo la spinta giusta per lanciarmi nell’esperienza che avrebbe cambiato la mia vita.

 

E quando è arrivata la “fatidica spinta”?

La spinta di cui avevo bisogno è arrivata in un modo casuale e al tempo stesso dolce: è stato l’amore a condurmi a Parigi. Nell’estate del 2003, conobbi a Cinisi una ragazza parigina (che lavorava nello stesso hotel in cui lavoravo) e poco dopo esserci innamorati, appresi che ben presto sarebbe dovuta rientrare a Parigi. Di fronte alla forza dell’amore, nemmeno quella forte sicilianità che mi legava saldamente alla mia isola, ha saputo resistere. E così mi ritrovai a Parigi nell’ottobre del 2003. La mia storia sentimentale terminò prestissimo per incompatibilità personali (e non culturali, perché con il resto dei francesi le cose sono sempre andate abbastanza bene). La voglia di tornare in Italia era tantissima, soprattutto dopo una delusione sentimentale che ingigantì la mia solitudine, già di smisurate proporzioni. Tuttavia decisi di restare in questa città, decisi di sfidare Parigi, un po’ come Rastignac, il protagonista del romanzo di Balzac “Le père Goriot”, che abbracciando d’un solo sguardo tutta la città dall’alto della collina, dove sorge il cimitero Père-Lachaise, lanciò la sua sfida a Parigi “A nous deux maintenant!”. Decisi di restare perché inconsciamente sapevo che, vivere a Parigi, era quello che volevo più d’ogni altra cosa e che la storia d’amore era solo un pretesto per raggiungere la città che da troppo tempo desideravo conoscere. Consciamente e razionalmente, ciò che mi ha fatto decidere di restare a Parigi è stata la consapevolezza delle infinite possibilità professionali e di arricchimento culturale che questa città offre. Rendermi conto che i miei studi mi hanno permesso di comunicare con la gente, di trovare un lavoro e d’integrarmi nel tessuto sociale francese, ha rappresentato un’immensa gratificazione personale. Nonostante mi sentissi ben ambientato a Parigi, non avevo la coscienza tranquilla, sapendo di aver abbandonato l’università senza arrivare alla fine. Mi mancavano solo due esami e la tesi. Così nel 2004 tornai a Palermo per conseguire la Laurea e non a caso, la tesi che presentai “Fabrizio de Andrè e l’influsso francese: suggestioni poetiche e culturali” era legata alla cultura francese. Restai in Sicilia per qualche mese dopo il conseguimento della laurea, mandai qualche curriculum senza troppe aspettative, mi illusi di potermi riabituare ai ritmi di vita siciliani, che così bene conoscevo…ma ormai Parigi era entrata dentro di me. Hemingway, che vi abitò, disse: "Se sei abbastanza fortunato da aver vissuto a Parigi da giovane, allora ovunque andrai per il resto della tua vita, sarà con te, perché Parigi è una festa mobile". La festa mobile era parte di me e per quanto mi sforzassi di allontanarla, lei mi possedeva e mi richiamava. Al di là del richiamo poetico della città, dopo aver vissuto a Parigi, ero tornato in Sicilia con una visione più lucida e mi resi conto che la differenza era abissale, Parigi offriva un panorama di possibilità professionali e culturali vastissimo. Lasciai nuovamente la Sicilia con la consapevolezza che a Parigi sarei andato avanti con le mie forze, a testa alta, con dignità, valorizzando i miei studi. Tutto ciò che in Italia mi è risultato più difficile fare, se non impossibile.

 

 

 

 

Perché non riuscivi a trovare lavoro in Sicilia?

Mi é capitato di lavorare in Sicilia, ma si è trattato principalmente di lavoretti stagionali e non veri e propri incarichi professionali: missioni part-time, soprattutto nel settore della ristorazione e qualche breve parentesi negli hotel. Brevi esperienze di lavoro sottopagate e spesso “au black” (come dicono qui a Parigi), ovvero in nero.

 

Quindi lasciare la tua Sicilia è stato per te una scelta o una necessità?

Direi entrambe le cose. Da un lato è stata una scelta perché avevo voglia di scoprire quella cultura e quella città che da tempo mi affascinavano, dall’altro per necessità, perché ero giunto ad una fase di stagnazione della mia vita e in Sicilia tutto mi stava stretto e mi sentivo soffocare. Nel corso del tempo, il fascino per l’universo francese e per la cultura transalpina si è rafforzato fino ad occupare un posto di rilievo nel mio immaginario, soprattutto in seguito ai miei studi universitari. Ho scelto di frequentare il corso di Laurea in Letterature Straniere, presso la facoltà di Palermo e un tale indirizzo accademico non poteva che cementificare e rafforzare la mia passione per la Francia.

 

Ora a Parigi di cosa ti occupi?

Lavoro come Office Manager per un’azienda che lavora nel campo della ricerca farmaceutica. La mia società partecipa all’elaborazione e alla realizzazione degli studi clinici necessari per testare i medicinali, prima della loro commercializzazione.

 

Sei stato costretto a cambiare numerosi lavori prima di trovare quello attuale?

Dal punto di vista lavorativo mi ritengo molto fortunato, perché ho trovato un lavoro a tempo indeterminato poco dopo l’inizio della mia avventura fuori dall’Italia. Dopo essermi iscritto in varie agenzie di lavoro interinale e aver effettuato diversi incarichi a tempo determinato, ho finalmente trovato l’anelato CDI (contratto a tempo indeterminato). La mia prima esperienza professionale in Francia si è concretizzata qualche mese dopo il mio arrivo a Parigi: ho trovato lavoro come receptionist in un centro d’affari chiamato Regus, con sedi in tutto il mondo. Quest’esperienza è stata una tappa fondamentale nel mio percorso professionale, in quanto ha rappresentato il mio primo lavoro lontano dall’Italia; ho dovuto parlare per la prima volta in un ambito professionale, una lingua che conoscevo abbastanza bene, ma che ancora non padroneggiavo e ho imparato procedure e modi di fare, talora legati alla cultura francese. A posteriori, è stata veramente una bella esperienza che mi ha permesso di imparare tantissime nozioni, un preziosissimo senso dell’organizzazione e, inoltre, di conoscere molta gente interessante. Il lavoro che svolgevo presso questo centro d’affari consisteva nel prenotare sale di riunione, prepararle per lo svolgimento dei meetings, rispondere alle richieste (quanto mai diverse e complesse) delle società domiciliate nel centro, occuparmi della logistica relativa alla realizzazione di svariati eventi, ecc.ecc. Tra le società domiciliate in quel centro d’affari, una era specializzata nella ricerca farmaceutica e nelle biotecnologie. La responsabile di quest’azienda, avendo apprezzato il mio lavoro, mi propose un posto di assistente amministrativo, che accettai con grande piacere anche perché, dopo quasi due anni, il mio lavoro presso il centro d’affari iniziava a divenire abbastanza routiniero e monotono. Ho lavorato per un anno e mezzo presso questa società farmaceutica. Si è trattato di un’esperienza molto positiva, che mi ha permesso di crescere professionalmente e di allargare le mie competenze. Oggi lavoro come Office Manager, per un’altra società che lavora sempre nel campo della ricerca farmaceutica e posso dire di essere andato avanti esclusivamente con la forza delle mie competenze e delle mie gambe…

 

Tornando all’Italia, cosa ha significato per te abbandonarla?

Lasciare l’Italia è stato un passo dolorosissimo e traumatico. Anche se dovessi restare in Francia ancora molti anni, so già che la mia italianità resterebbe intatta. Le mie radici sono la mia forza, essere italiano è per me un orgoglio immenso che mi ha permesso di avanzare, a testa alta, in un Paese straniero. Chiunque entra per la prima volta nel mio piccolo appartamento, ha l’impressione di trovarsi in Italia, perché ogni singolo centimetro quadrato della casa trasuda italianità. Sebbene Valeria, mia moglie, abbia imparato a cucinare le principali specialità culinarie francesi, la sua cucina resta prevalentemente italiana: la forte dominante italiana si riscontra in tutte le sue ricette, dalla pasta ai dolci e a tutte le altre deliziose pietanze che i nostri amici francesi degustano piacevolmente, quando sono ospiti a casa mia. In casa, naturalmente, parliamo italiano. Dopo aver praticato la lingua del Paese che ci accoglie durante la giornata, tornare a casa e un po’ come rituffarsi in Italia: dato che io e Valeria siamo entrambi italiani, sarebbe innaturale non utilizzare la lingua madre tra di noi. Mangiamo italiano, parliamo italiano…e naturalmente, leggiamo anche in italiano: sugli scaffali della nostra biblioteca, accanto ai classici della letteratura francese, occupano un posto insostituibile numerosissime opere italiane. Sono abbonato a numerose riviste, tra le quali due, “Focus” e “Radici”, che sono rivolte agli italiani residenti in Francia; inoltre, chiedo sistematicamente ai miei genitori di inviarmi, dall’Italia, settimanali di enigmistica per coltivare questa passione che può essere realizzata pienamente, solo utilizzando la propria lingua natale. Grazie al satellite, poi, captiamo alcuni canali televisivi italiani che seguiamo quotidianamente, soprattutto per aggiornarci su ciò che accade nel nostro Paese. Le mie radici, dunque, non mi hanno mai lasciato, ma continuano a sorreggermi e a sostenermi, fanno parte di me e mai potrei rinnegarle o allontanarmene, pur essendo ben integrato con il popolo francese. Penso che se i miei figli nasceranno e cresceranno in Francia, saranno fin da piccoli degli italiani in Francia: immersi in un contesto familiare e domestico prettamente italiano, sarebbero naturalmente portati a parlare la lingua e ad amare l’Italia.

 

 

Se avessi avuto la possibilità di scegliere, avresti comunque lasciato la tua Sicilia?

Ogni tanto il pensiero romantico di tornare a vivere in Italia mi balena in mente, ma lo sopprimo rapidamente. Sono un tipo abbastanza realista e sono consapevole che, tornare in Italia, comporterebbe un’involuzione del mio percorso e soprattutto non mi offrirebbe molte possibilità. Conosco il sistema lavorativo e sociale francese e mi sono integrato abbastanza bene nel tessuto sociale; in Italia non ho mai avuto quest’impressione e ho sempre stentato a trovare il mio posto…farlo adesso sarebbe ancora più difficile. Tuttavia, il mio pensiero mi riporta costantemente alla mia terra e sogno di poter tornare a vivere nei luoghi che mi hanno visto crescere. Desidero ardentemente poter immergermi nuovamente nella mia cultura e parlare con tutti la mia lingua. E’ uno stato d’animo particolare quello di chi vive sospeso tra due (o più) Paesi, confinato in un limbo di emozioni e speranze, costretto alla nostalgia e condannato alla malinconia. Questa struggente dicotomia dell’anima che si dibatte tra presente e passato, tra ricordi e realtà, tra tradizioni e pragmatismo, riguarda soprattutto i siciliani che lasciano la propria terra, in cerca di un Eldorado lontano o in cerca semplicemente di dignità. Magari un po’ più in là tornerò a Cinisi per ridare vita al Gaspare siciliano e ai suoi sogni.

 

A proposito di lavoro, com’è la situazione in Francia?

Anche Parigi, come molte altre città europee, ha visto salire ultimamente il tasso di disoccupazione. Il precariato esiste anche qui, ma non è minimamente paragonabile alla drammatica situazione italiana, dove tantissimi giovani sono privati di dignità e futuro. La frammentazione e la precarizzazione del lavoro in Italia, ha tolto il pavimento da sotto i piedi ad un’intera generazione. Il mercato del lavoro resta abbastanza solido a Parigi e offre numerose possibilità e occasioni a chi è capace di coglierle. Personalmente, ho trovato lavoro a Parigi abbastanza facilmente, presentando semplicemente il mio curriculum e le mie competenze.

 

Per il resto, come si vive?

Posso affermare che il processo di adattamento e di integrazione nella società francese è avvenuto in maniera indolore. Escludendo alcune sfumature culturali, il popolo francese è molto vicino a quello italiano e un emigrante proveniente dal nostro Paese, riesce ad adattarsi abbastanza facilmente ai francesi e al loro modus vivendi. In ogni caso, devo ammettere che inizialmente ho risentito dello sbalzo abissale tra il mio piccolo paesino di provenienza, dove le giornate scorrono lentamente e la grande città, in cui tutti vanno di fretta e il tempo non basta mai.

 

Nel tuo caso, com’è cambiata la tua vita da quando ti sei trasferito?

 

La mia vita è cambiata in meglio da quando abito in Francia, poiché ho preso in mano le redini del mio destino. Quando abitavo in Italia, ero giunto ad un punto di stasi e, dominato da una visione troppo fatalista, vivevo alla giornata, lasciandomi trasportare dagli eventi. Non vedendo vie d’uscita a quella situazione di stallo nella quale si trovava bloccata la mia esistenza, ho trovato nell’emigrazione una valvola di sfogo che mi ha aiutato a scuotermi. Giunto a Parigi, mi sono molto responsabilizzato e mi sono reso conto che, se non siamo noi stessi a compiere le mosse necessarie a cambiare le cose, nessun altro lo farà mai al nostro posto. Parigi era sempre stata nei miei desideri. Idealizzata e levigata dalla mia fantasia, la Ville Lumière ha sempre occupato un posto essenziale nel mio immaginario di perenne sognatore. Un giorno, il richiamo incessante di questa magica città è divenuto talmente insistente e impetuoso, da non poter più resistere. La mia vita a Parigi ha preso sfumature nuove, ho imparato a vivere questa città con passione, a lasciarmi trasportare dalla sua magica follia, a lasciarmi inebriare da quel vortice di cultura ed emozioni che solo questa frizzante città sa offrire. L’incontro con Parigi è stato decisivo per me, perché ha risvegliato il mio spirito intorpidito e mi ha ridato nuovo vigore e nuova forza.

 

Dopo otto anni, puoi ritenerti soddisfatto della tua vita attuale?

Decisamente. Ho dovuto affrontare grossi sacrifici per raggiungere la mia situazione attuale e ne sono pienamente soddisfatto. A chi, come me, vive la condizione di emigrato lontano dall’Italia, dico di essere fiero del proprio percorso. Ogni emigrato italiano può camminare a testa alta e guardarsi allo specchio con orgoglio, perché tutto ciò che possiede e gli obiettivi che ha raggiunto, li deve solo a se stesso e a nessun altro. Chi ha deciso di lasciare l’Italia per l’estero, ha protetto la propria dignità e ha deciso di non compromettersi in un Paese che gli ha sbarrato tutte le porte e nel quale non ha trovato posto. Il prezzo da pagare è altissimo: abbandonare gli affetti più cari, lasciarsi alle spalle i luoghi amati, dover imparare una nuova lingua e una nuova cultura, integrarsi in una nuova società e dover ricominciare tutto da capo…ma sono convinto che ne valga sempre la pena.

 

 

Ci siamo conosciuti sul web, quando per caso mi sono imbattuta nel tuo sito. Da quale esigenza è nata l’idea di crearlo?

Dopo aver trascorso un lustro a Parigi, ho sentito il bisogno di condividere la mia esperienza con gli altri e di mettere a disposizione il mio bagaglio di conoscenza, a favore di tutti quegli italiani che intendono trasferirsi in questa città. Ho deciso, allora, di creare un sito Internet (www.italianiaparigi.com) per permettere ai nuovi arrivati di ambientarsi ed integrarsi rapidamente. Il sito è nato da una doppia necessità, nel 2008, quando già abitavo da 5 anni nella capitale francese. Da un lato avevo il bisogno di riappropriarmi delle mie radici italiane, creando un punto di riferimento per la comunità italo-francese, dall’altro avevo il desiderio di condividere il mio percorso di vita. Dopo aver passato parecchi anni a contatto con la multietnica società parigina, ho sentito il bisogno di avvicinarmi alla comunità italiana. Ho iniziato a cercare gli italiani a Parigi su internet, ma mi sono rapidamente reso conto che i siti disponibili erano pochissimi. Così, essendo anche un appassionato del web, ho deciso di realizzare qualcosa di utile per tutti quegli italiani che, come me, necessitavano di idee e consigli per vivere a Parigi. Il sito ha velocemente preso forma e le e-mail degli utenti hanno cominciato a riempire la mia casella di posta. “Parigi: istruzioni per l’uso” si propone come una guida pratica, fatta da un italiano per gli italiani, per utilizzare la città in modo intelligente e una fonte di idee per divertirsi. Le pagine del sito consigliano luoghi insoliti, astuzie e consigli per chi abita a Parigi e per chi sogna di farlo. Realizzare questo sito internet è stata per me una grande gratificazione e una bella soddisfazione personale: ideare questa “creatura multimediale”, ha rappresentato per me una valvola di sfogo, una sorta di realizzazione catartica che mi ha permesso di rendere omaggio alla mia Terra. Mi è capitato spesso di colpevolizzarmi, dicendo a me stesso che, abbandonando l’Italia, non ho saputo dare il mio contributo al mio Paese, tagliando bruscamente quel solido legame che ci univa, per cercare la mia felicità altrove. La consapevolezza di aver ideato qualcosa di utile per molti italiani, mi ha aiutato a scrollarmi di dosso questa sgradevole sensazione di colpevolezza.


Da quanto ho creato il sito, tantissime sono le persone che mi hanno contattato tramite e-mail. La maggior parte è costituita da italiani che sognano di venire a vivere a Parigi. Dai messaggi che ho ricevuto, molte persone appaiono disilluse e insoddisfatte da ciò che l’Italia offre e vedono una possibile via di fuga nella vicina Francia. Effettivamente qui a Parigi, tralasciando qualche idiosincrasia culturale che ci allontana dai cugini francesi, la vita somiglia molto a quella che si conduce in Italia…con la differenza che il sistema funziona. Il sito non ha alcuno scopo di lucro. L’unico obiettivo che mi sono posto quando l’ho realizzato (e ancora adesso che lo porto avanti), è quello di informare e dare delle linee guida per ambientarsi in questa città. Ricordo di aver avuto bisogno di parecchio tempo per abituarmi alla vita di Parigi: ero solo e i parigini non erano molto espansivi. A poco a poco capii come funzionavano i complessi meccanismi sociali di questa città, ma confesso che, un sito-guida che mi accompagnasse nei miei primi mesi parigini, mi avrebbe fatto comodo. E’ proprio questo l’obiettivo principale del sito, quello di guidare e di accompagnare gli italiani che possono sentirsi spaesati lontani dal Belpaese. Vittima del suo successo, il sito è stato recentemente affiancato dal blog (http://italianiaparigi.wordpress.com) che rappresenta il suo gemello interattivo. Il blog viene aggiornato costantemente con articoli attuali, che stimolano le reazioni e i commenti degli utenti. L’anima del blog è più interattiva e stimola maggiormente il confronto e lo scambio con i lettori.

 

E’ proprio una bella iniziativa! Toglimi una curiosità, se potessi integrare qualcosa della cultura italiana in quella francese e viceversa, su cosa ricadrebbe la tua scelta?

Se proprio potessi cambiare una cosa del popolo italiano, ispirandomi al modello francese, cambierei la mentalità fatalista che ci fa accettare tutto con troppa rassegnazione. La cosa che mi ha maggiormente stupito del popolo francese è la sua combattività e il suo spirito ribelle. Da quando sono in Francia, ho sempre guardato a questa sfumatura combattiva del carattere dei francesi con una certa invidia…soprattutto se paragonata al fatalismo del popolo italiano. Il popolo francese é sempre pronto a scendere in piazza, ad alzare la voce, a manifestare, a bloccare tutto e ad incrociare le braccia, quando un principio democratico viene messo in discussione o quando il governo cerca di far passare leggi che vanno ad intaccare gli ideali di “libertà, uguaglianza e fraternità”, sui quali si fonda la Costituzione Francese. Uno spirito combattivo e rivoluzionario che ho sempre invidiato ai francesi, perché dotati di un forte spirito solidale e una coscienza comune che, ahimé, manca nello Stivale. L’italiano preferisce lamentarsi al bancone del bar con i suoi amici, fare e disfare il mondo davanti ad una pizza, immaginare un sistema ideale in cui tutto funzioni, ma difficilmente scenderà in piazza per difendere i propri ideali. I francesi, invece, sono sempre pronti a scioperare e a incrociare le braccia… Inoltre, devo ammettere di aver trovato a Parigi, un sistema sociale ben concepito, che protegge e agevola i suoi cittadini in vari modi e un meccanismo lavorativo che offre tantissime possibilità, partendo da basi meritocratiche. Tornando alla domanda, se potessi integrare nella cultura francese alcuni tratti essenziale di quella italiana, opterei per gli elementi essenziali dello spirito italiano (che mancano del tutto ai francesi), ovvero la convivialità, la spontaneità, l’arte di sapersi arrangiare, il sorriso sempre sulle labbra, la battuta sempre pronta, la giovialità e il senso della famiglia.

 

Altri lati positivi e negativi del popolo francese?

In positivo: i francesi sono più combattivi, determinati, onesti e nazionalisti (nell’accezione positiva del termine). In negativo: sono arroganti, superbi, snob e mancano terribilmente di buonumore e simpatia. Mi piace citare la famosa frase di Jean Cocteau che sosteneva che: “I francesi sono degli italiani di malumore; gli italiani sono dei francesi di buonumore ".

 

Nei rapporti interpersonali come sono? E’ facile coltivare nuove amicizie?

Non è molto semplice fare amicizia con i parigini, poiché si mostrano molto diffidenti verso le nuove conoscenze. I parigini non godono di ottima reputazione per quanto riguarda la simpatia e l’affabilità, ma vengono piuttosto dipinti nell’immaginario collettivo come persone scontrose, sgradevoli, maleducate, antipatiche, arroganti, snob, stressate, egoiste, aggressive…. Non mi è mai piaciuto generalizzare o fermarmi davanti a stupidi pregiudizi ed è per questo che ho aspettato parecchi anni prima di affrontare un tema così delicato. Dopo un accurato studio sociologico del campionario umano che durante questi anni ha attraversato il mio quotidiano, posso dire che il mito del parigino scorbutico…è pienamente confermato! Certo ci sono tantissime eccezioni di persone più socievoli e cordiali, ma in linea di massima posso affermare che il popolo parigino non passa l’esame della simpatia.

 

Cosa ti rimarrebbe nel cuore se un giorno dovessi lasciare Parigi?

Il ricordo di un’esperienza irripetibile, che mi ha forgiato lo spirito e il carattere.

 

 

Quali sono i tuoi obiettivi futuri?

 

Mi propongo di continuare la mia esperienza di italiano all’estero, mantenendo vivo il mio entusiasmo iniziale e di contribuire ad aiutare chi vorrebbe trasferirsi a Parigi.

 

Desidero, infine, salutare affettuosamente tutti gli italiani che leggeranno quest’intervista e invitarli a visitare la magica città nella quale abito, magari dando anche un’occhiata al sito www.italianiaparigi.com e al blog http://italianiaparigi.wordpress.com.

 

Vorrei poi consigliare a tutti di cimentarsi in un’esperienza di vita all’estero: si tratta di un’esperienza unica che arricchirà il vostro spirito e il vostro bagaglio di conoscenza e quando tornerete in Italia, vedrete le cose da una prospettiva diversa e con un po’ più di lucidità. Non so bene ancora quanti altri anni passerò in Francia o in ogni caso lontano dall’Italia e dalla Sicilia, so soltanto che il mio Paese fa parte di me e di tutti quegli italiani che ne sono lontani e che lo portano nel cuore.

 

Un abbraccio da Parigi

 Gaspare Impastato
ga**********@ho*****.it

 

A cura di Nicole Cascione