Insegnare Italiano agli stranieri: l’esperienza di Natalia a Vienna

 

 

Natalia, da Milano alla Turchia, per poi approdare a Vienna, dove insegna la lingua inglese e quella italiana agli stranieri del posto. Ad un certo punto del suo percorso di vita, ha deciso di mollare tutto e di prendersi una pausa, per soddisfare la propria curiosità di vedere una parte nuova del pianeta: l’America Latina. Così, dopo aver studiato un po’ di spagnolo e aver letto qualche romanzo, si è presa un anno sabbatico ed è partita con il suo compagno verso questa nuova avventura.

 

Natalia, di dove sei originaria?

 

Sono nata e cresciuta felicemente a Milano, perché amo le città grandi. La mia altra città è Roma, mio padre infatti veniva da lì e ci ho passato tanto tempo.

 

Cosa ti ha spinto ad emigrare?

 

Non è stata una decisione maturata in molto tempo, è semplicemente accaduto. Sono partita per Istanbul due settimane dopo la laurea, per restarci tre mesi con un tirocinio MAE-Crui, che mi è servito molto perché avevo un’ottima tutor. Pensavo sarebbe stata un’esperienza utile, prima di entrare nel mondo del lavoro in Italia. Istanbul però mi è piaciuta così tanto che alla fine ci sono rimasta molto più a lungo. Se dovessi dire quali sono stati i motivi che mi hanno indotto a restare, direi la curiosità e l’agio economico. Il mio ragazzo è di Vienna, Milano non ha funzionato e la scelta più logica è stata Vienna, volevamo restare in UE per poter lavorare entrambi legalmente, senza problemi.

 

L’allontanamento dall’Italia ha creato qualche sconvolgimento nelle tue abitudini?

 

Sì, anche se non saprei dire di preciso come. Io mi adatto sempre molto al Paese in cui vivo: in Turchia bevevo sette çay al giorno, a Vienna bevevo i loro splendidi tè alle erbe della tradizione alpina. Sono decisamente diventata meno prescrittiva sul cibo italiano, mi diverte sperimentare le interpretazioni che ne vengono date nel mondo, anche quando sono orride: è comunque interessante.

 

Con quali aspettative sei partita?

 

Con l’aspettativa di scoprire modi di vivere differenti, innamorata di Istanbul e della sua storia di meticciato culturale e religioso, tanta curiosità, un pizzico di preoccupazione (del tipo: “Oddio magari non ce la faccio”.) Nel caso di Vienna, sicuramente anche la prospettiva di riuscire a risparmiare dei soldi. A Istanbul, invece, ero povera ma felicissima.

Cosa ha significato per te lasciare l’Italia?

 

In primis, ha significato essere lontana dalla mia famiglia, che è piccola piccola e che mi manca molto. Allo stesso tempo questa lontananza, dato che ho studiato nella mia città, mi ha dato quella libertà da fuorisede che fa sì che tu possa divertirti come un pazzo. Specie ad Istanbul. Ha anche significato lasciarmi alle spalle la mentalità italiana, nel bene e nel male. Mi mancano alcune cose del nostro stile di vita, l’amore per il bello, la cucina, lo stile, non mi mancano affatto la formalità al lavoro e fuori dal lavoro, la boria (che ci vai a fare all’estero che vivi nel Paese più bello del mondo?) e la mancanza di curiosità culturale che fa sì che in Italia si sperimenti poco, per quanto concerne viaggi e cibo, ad esempio. Non mi manca neanche il monolinguismo: a Vienna alcuni giorni parlavo quattro lingue di fila. Un casino per il cervello, ma come insegnante di lingue, una meraviglia.

 

Come vivi questa esperienza?

 

Ogni tanto mi mancano le donne della mia famiglia, con cui ho un rapporto stretto. A volte mi manca la mia lingua e mi manca il (buon) cinema italiano. Mi manca il poter dire: “Andiamo a Venezia per il weekend o al mare nelle Cinque Terre”, mi manca la luce forte che c’è in Italia, mi manca il vivere in un Paese mediterraneo. Però faccio tante altre cose, ad esempio ora conosco Budapest come le mie tasche e questo compensa molto (non la lontananza delle mie donne).

 

Prima di risiedere a Vienna e ad Istanbul, hai vissuto in qualche altro posto?

 

Oltre ad aver vissuto a Istanbul per poco meno di un anno, sono stata per piccoli periodi in Gran Bretagna, da bambina, esperienze che mi hanno influenzato moltissimo. A Vienna ho vissuto per tre anni, fino al momento in cui ho deciso di prendere un anno sabbatico e, per un anno, sarò una felicemente senza tetto, in giro per America Latina e spero Asia.

 

Di cosa ti occupi a Vienna?

 

Sono insegnante di inglese e italiano per stranieri. Per scelta, al contrario di tanti altri.

 

E’ stato facile per te trovare lavoro?

 

Dopo i primi tre-quattro mesi di fame nera, ha ingranato bene, ma va detto che ho diplomi e qualifiche per insegnare entrambe le lingue, perché insegno per scelta. E’ importante precisarlo, insegnare per disperazione e senza competenze non è una buona idea. Dura poco. Quando sono arrivata a Vienna, poi, avevo già circa 5-6 anni di esperienza.

Cosa puoi raccontarci di Vienna? Come si vive?

 

Bene: quando si trova lavoro, si guadagna bene, in genere, specie per i lavori qualificati. Io come insegnante sono più povera di tanti altri e con i risparmi di due anni e mezzo di lavoro, mi posso permettere un anno di viaggi senza dover lavorare. Gli affitti sono bassi e c’è molta offerta, al contrario dell’Italia. Io avevo questa pulce nell’orecchio dell’anno sabbatico e per il primo anno e mezzo ho vissuto con pochissimo (dividevo le spese dell’appartamento con il mio ragazzo, col quale convivo).

 

Domanda classica: quali sono i pro e i contro del viverci?

 

Pro: vita facile, Paese funzionale, città compatta e vivibile, grande offerta di ristoranti ed attrazioni culturali, ottimi mezzi di trasporto, vicinanza di molte città interessanti come Budapest, Praga o Belgrado, l’informalità sul lavoro, splendida città multiculturale (ho solo un’amica italiana e mi va bene così, è più interessante.)

Contro: iniziale difficoltà nel rapportarsi con la gente, il tedesco difficile da imparare bene anche se possibile, il clima orripilante da ottobre ad aprile, il sistema sanitario che è complicato da capire, se si è freelance in particolare.

 

Dal punto di vista culturale e sociale, quali cambiamenti hai constatato?

 

Sono divenuta un po’ più riservata, meno chiacchierona, anche a causa del lavoro che faccio e che mi spinge alla socialità forzata varie ore al giorno, alla fine sono stremata. Ho totalmente interiorizzato la cultura del caffè viennese. Mi sento una straniera a Vienna e allo stesso tempo a casa più che altrove. Penso che in fin dei conti, sia rimasta me stessa e che, quel che c’è intorno a me, mi abbia influenzata fino ad un certo punto, nonostante io mi adatti. Vienna è più rilassata di Milano, il lavoro è solo uno strumento per fare altro, come in molti altri paesi a nord delle Alpi.

 

Invece dal punto di vista professionale, quali differenze hai potuto notare rispetto all’Italia?

 

Più informalità, non esistono cose come andare al lavoro malati, perché si teme di essere lasciati a casa; le gerarchie sono più piatte, una delle mie “cape” (sono freelance, come ho detto) quando faceva caldo girava per l’ufficio scalza. C’è più serietà, la norma è che offrano un contratto a tempo indeterminato, ma flessibile, a condizione che si lavori bene. Io come freelance sono rispettata, non sfruttata: mi offrono dei corsi, ma posso sempre dire di no ed essere tranquilla di non finire sulla lista nera per questo. Ho l’impressione che le cose siano molto meno personali che in Italia, a occhio e croce non credo ci siano i nidi di serpi di certi uffici italiani, di cui mi parlano gli amici. Il lavoro è lavoro, certo è più arido a volte, ma forse più gestibile. C’è anche meno maschilismo strisciante, cosa che dell’Italia non mi manca per niente.

 

E per quanto riguarda le possibilità lavorative?

 

Nel mio campo, è lo stesso: si viene solo pagati meglio. Negli altri, so che l’Austria ha un livello di disoccupazione basso, ma non saprei pronunciarmi e non ho mai letto i dati dei vari settori. Quel che so per certo è che chi svolge una professione medica, trova lavoro senza problemi (ho molti medici stranieri tra i miei studenti).

Come descriveresti il processo di selezione ed assunzione nel Paese in cui ti trovi?

 

Piuttosto rapido, informale e meritocratico. C’è da dire che nelle scuole di lingua è spesso così dato che la qualità del lavoro viene testata subito sul campo, dalla prima lezione. Come accade ovunque, anche qui conoscere qualcuno aiuta sempre a superare la selezione dei CV e ad essere chiamati la prima volta. Però, almeno nel mio settore, se non si è bravi o affidabili la voce si sparge in fretta, Vienna è piccola.

 

In base alla tua esperienza personale, cosa consiglieresti a tutti coloro che intendono valutare l’ipotesi di un possibile trasferimento a Vienna?

 

Fondi iniziali (io ho lavorato durante l’università) per superare i primi mesi, un po’ di coraggio, un po’ di follia, fiducia in se stessi, spirito di adattamento, voglia di imparare le lingue, anche quando è difficile e non piacciono, buone idee se si vuole aprire un’impresa, esser pronti ad impegnarsi duramente, ma anche ad essere premiati per questo. Informarsi tanto, usare bene Internet e i social network. E soprattutto: non stare sempre con gli italiani, perché aumenta la malinconia e diminuisce il beneficio dello stare all’estero, cioè l’imparare ad apprezzare cosa gli altri fanno diversamente, anche quando può infastidirti.

 

Purtroppo attualmente in Italia si assiste alla fuga dei cervelli e delle professionalità. Eventualmente, se ne avessi la possibilità, cosa ti indurrebbe a tornare?

 

Preciso che non vedo la mia come una fuga, perché ci sono Paesi in condizioni ben peggiori dell’Italia. Detto questo, penso che molti problemi italiani siano strutturali e relativi alla mentalità italiana e quelli, purtroppo, non si possono sistemare rapidamente. Di sicuro mi attirerebbe sapere di essere pagata come nel resto d’Europa, di modo che essere precari, come lo è un freelance, non debba per forza essere un problema. Un altro fattore sarebbe il costo degli affitti, che nelle grandi città è insostenibile. Infine, mi piacerebbe un atteggiamento più rilassato nei confronti del lavoro, che deve essere uno strumento per guadagnarsi da vivere e non il fine della vita. In Italia si parla molto di dolce vita, ma da questo punto di vista lavoriamo troppe ore, senza essere produttivi e questo, a mio avviso, ci frega. Quindi forse un cambiamento nella cultura del lavoro in Italia sarebbe interessante per me.

 

Descrivici come eri quando vivevi in Italia, come sei ora e come ti vedi in futuro…

 

In Italia ho fatto la studentessa, lavoravo part-time ed abitavo con la mia famiglia. Ho avuto una vita felice e divertente, spensierata e non posso lamentarmi, mi sono sempre divertita molto, però ho sempre studiato e lavorato molto, cose che penso abbiano gettato le basi per la versione 2.0 di me stessa. Però sono diventata grande a Istanbul e a Vienna, stranamente, ho passato pochissima vita adulta in Italia, per questo mi sento un po’ un pesce fuor d’acqua, quando torno a casa.Ora sono una donna, parola considerata un insulto in Italia, dove tutti sono ragazzi, anche i sessantenni. Sono una donna che ha fatto una scelta magari stravagante, ma che di sicuro ha portato molto e qui includo il lungo viaggio, che ho appena iniziato. Al futuro non penso più di tanto, perché la vita mi ha già provato varie volte che fare troppi progetti non funziona. Funziona avere un’idea generale, ma si deve anche essere aperti alla vita. Può sempre capitare che questa decida diversamente per te, con nascite, morti ed eventi difficili o che lasciano un’impronta. Riguardo al mio viaggio, è stata una decisione presa negli ultimi mesi, ma che stava maturando dai tempi turchi, durante e dopo i quali, ho incontrato sulla mia strada molte persone – tutte straniere – che lo stavano facendo e che non si sono pentite della loro scelta.

 

Tornando al tuo viaggio, perché hai deciso di intraprenderlo e cosa ti aspetti?
 

Conosco varie persone che hanno fatto viaggi piuttosto lunghi e tutte sono soddisfatte di questa esperienza, tutte mi hanno detto: “Vai, vai, fallo anche tu, non farti frenare dalle ansie”, quando avevo espresso curiosità a riguardo. Mi piace viaggiare e mi adatto a viaggiare stando in ostelli e pensioncine da poco, che è l’unico modo di viaggiare a lungo senza ammazzare il conto in banca. Ho pensato che, finché sono abbastanza giovane, energica, adattabile e libera da mutui e cose simili, posso (devo) partire, se lo voglio. Ho lavorato molto in questi anni viennesi e sono riuscita a mettere da parte un po’ di soldi. Dato che ho la fortuna di lavorare in un ambiente piuttosto aperto, in un Paese dove fare un viaggio come questo non è una cosa fuori dal mondo, decidere di mollare tutto e prendersi una pausa è stato relativamente semplice. Non avevo grandi aspettative, solo curiosità di vedere una parte nuova del pianeta, in questo caso l’America Latina. Spero comunque che rimanga tempo anche per andare in Asia, che mi affascina da sempre e che ho già visitato altre volte. Mi piacerebbe andare in Cina, Vietnam, Birmania e altri posti ancora, se avanza tempo. Il Sudamerica è un continente enorme, quindi penso che prenderà ben più di metà dell’anno che mi sono data.

 

Come ti sei preparata a vivere questa nuova esperienza?
 

Non mi sono preparata molto, penso sia il modo migliore di avvicinarsi a un nuovo continente: senza troppi preconcetti. Ho studiato un pochino di spagnolo, ho letto un po’ di romanzi e poco altro. Non ho una rotta precisa, ad esempio ora mi trovo nel nord dell’Argentina e con il mio compagno abbiamo deciso, una decina di giorni fa, di andare in Uruguay, domani abbiamo un autobus. So che in molti penseranno che ci vuole un capitale per fare un viaggio del genere, ma non è così: se si molla davvero tutto (inclusa la casa, vendendo mobili e carabattole varie) e se si sceglie di andare in Asia, per esempio, la cosa è molto accessibile. E’ decisamente un’esperienza che consiglio a tutti, se possibile. Permette di staccare la spina, riflettere sul da farsi e soprattutto apre la mente. Penso che la possibilità di decidere le cose sul momento e non avere programmi, sia uno dei piaceri maggiori per una persona che di solito vive le sue giornate con quattro appuntamenti al giorno in quattro posti diversi della città.

 

 

Na*************@gm***.com

http://vediamodai.blogspot.com

 

 

A cura di Nicole Cascione