Amsterdam: la scelta di Angelo

 

 

Angelo, originario della soleggiata Puglia, dopo aver lavorato per quattro anni in un’agenzia di comunicazione in provincia di Reggio Emilia, il 16 novembre, a 32 anni, stanco di una vita priva di stimoli, si è trasferito ad Amsterdam, dove in pochissimo tempo ha trovato una casa ed un lavoro in una multinazionale. Incoscienza o coraggio? Nessuna delle due….solo tanta voglia di rimettersi in gioco “partendo da quelle piccole paure che tutti noi abbiamo e che di solito evitiamo di affrontare”.

 

Ho 32 anni, sono pugliese, anzi ostunese e orgogliosissimo di esserlo, ma fin dalla fatidica età di 19 anni avevo sempre studiato e lavorato al nord Italia, fra Torino, Rimini e Parma. Ho una formazione giornalistica, ma il giornalista non l’ho mai fatto davvero come mestiere, perché sin dai tempi di Scienze della comunicazione avevo capito che avrei avuto grossi problemi a livello economico nel caso avessi scelto quella strada. Per cui scrivere è sempre stata una passione (ahi, cliché, ma ogni tanto vanno bene i cliché). Nel 2007 ho frequentato un master in "Strategia e pianificazione degli eventi e delle società sportive" per specializzarmi in quello che era il settore che amavo di più, lo sport. Da allora ho lavorato per 4 anni in un’agenzia di comunicazione in provincia di Reggio Emilia, facendo un lavoro che i più mi invidiavano: coordinavo un progetto di comunicazione, prodotto di uno dei più grandi sponsor del calcio italiano. Per cui ero ogni domenica in qualche stadio a controllare che tutto fosse perfetto. Amavo dire che "mi paga(va)no per vedere le partite". Però ci si abitua a tutto nella vita e dopo pochi anni, in mancanza di nuovi stimoli, quello che era un lavoro dei sogni era diventato solo un lavoro. Avevo bisogno di cambiare perché mi stavo "sedendo" e a 32 anni sei già vecchio se lo fai. Per cui, anche in piena crisi economica, a luglio scorso ho dato le dimissioni al grido di "O Puglia o muerte!". In questo caso la muerte metaforica sarebbe stata l’emigrazione all’estero. In 4 mesi ho contato sulle dita di una mano persino le risposte negative al mio curriculum. Ma non voglio fare quello che scappa all’estero gettando fango sull’Italia e le sue aziende. La disoccupazione me l’ero cercata da solo e me ne assumevo le responsabilità, il periodo è difficile per tutti, non solo per i lavoratori dipendenti. Così il 16 novembre scorso mi sono trasferito ad Amsterdam. In tre settimane ho già trovato non una ma due case (il trasloco è già previsto fra pochi giorni), un lavoro in una multinazionale come Booking.com con uffici meravigliosi in pieno centro, affrontato le varie pratiche burocratiche, creato un blog e una pagina Facebook che già mi danno tanta soddisfazione, perso 3/4 chili e seminato germogli d’amicizie con una facilità assoluta. Ok, sono d’accordo. La frase di prima non è molto bella da leggere. Alla faccia di "quello che c’ha il blog" e dice di saper scrivere bene. Ma la voglio lasciare così. Descrive bene quello che ho in testa in questo momento, una confusione tendenzialmente ordinata in cui tutto ciò che vola, trascinato dal tornado, poi ricade al posto giusto. Proprio lì dove dovrebbe stare. Ma la cosa più bella è che il tornado sono io. Il massimo è stato stamattina, primo giorno del mio nuovo lavoro ad Amsterdam, avere di nuovo una scrivania. Da luglio a dicembre per passare da San Polo d’Enza al centro di Amsterdam. E tutto è successo perché io l’ho fatto succedere”.

La cosa che più mi ha colpito di ciò che hai affermato è stata la consapevolezza di quello che stavi lasciando per andare verso l’ignoto. Non hai mai avuto momenti di paura? Di timore nel perdere la stabilità economica tanto ambita in questo periodo?

 

In realtà la scelta era pianificata nella mia mente da un anno circa. Nel momento stesso in cui mi sono ritrovato a lamentarmi della situazione lavorativa, ho pensato che sarebbe stato troppo facile iscriversi al club di quelli che si lamentano e poi non fanno nulla per cambiare. Paura di perdere la stabilità economica non ce n’è stata troppa, perché la mia cosiddetta “stabilità” era versare più di metà dello stipendio in affitto, rate, manutenzione e carburante per la macchina. È vita quella? Lavorare per pagarsi l’automobile? La paura in generale però c’era, il momento più difficile è stato quello in cui ho comunicato al datore di lavoro che avevo intenzione di andar via e di firmare le dimissioni. Nella mia precedente azienda, l’ambiente era ottimo ed avevo un bel rapporto con tutti i colleghi, lasciare loro è stata la cosa che mi è dispiaciuta di più.

 

Come hai programmato la partenza? E perché hai scelto proprio Amsterdam?

 

Nel progetto che avevo in testa, la destinazione, in caso di zero opportunità in Puglia, doveva essere Berlino. Poi, nel momento in cui mi sono ritrovato seriamente a pianificare la partenza, ho riflettuto sul fatto che Berlino, negli ultimi 4-5 anni, sia diventata super inflazionata, soprattutto fra gli italiani e trovare un lavoro non è più così facile, la concorrenza è troppa. Ero libero di scegliere quello che volevo, allora ho preferito dare ascolto alla vocina interiore che mi ha ricordato quanto a 20 anni avessi sognato di vivere ad Amsterdam. Per cui la prenotazione del biglietto aereo è avvenuta di conseguenza: bando agli oggetti inutili di cui mi ero circondato (via il telepass, venduto il navigatore, accantonata in garage l’auto) e massimo ascolto per quello che volevo veramente e che avevo smarrito.

 

Se non fossi riuscito a trovare lavoro ad Amsterdam, quale sarebbe stata l’alternativa?

 

Molto semplicemente, all’esaurimento dei risparmi derivanti dalla liquidazione, sarei rientrato a casa con “le pive nel sacco” e il morale sotto i tacchi. Ma anche durante i giorni più duri ad Amsterdam, quando tutte le porte mi venivano chiuse in faccia, a causa della mancata conoscenza dell’olandese, preferivo non pensare al possibile fallimento e tenere la mente occupata con tutto quello che potevo fare per trovare lavoro.

 

Come sei riuscito a trovare casa e lavoro? Ti sei rivolto a qualcuno in particolare?

 

In Olanda l’uso di internet è ovviamente molto più radicato che da noi. Con la rete ho fatto davvero tutto. Per quanto riguarda la ricerca di casa/stanza in affitto, ci sono due o tre siti che vanno per la maggiore (Kamernet e Easykamer su tutti) e anche se a pagamento sono piuttosto efficienti. Per il lavoro ho battuto tutte le strade possibili: candidature spontanee via web, iscrizione a decine di siti, Linkedin, importantissimo qui in Olanda, passaparola, porta a porta nei ristoranti italiani. Finché non è arrivata la telefonata tanto sospirata. Mi ero ripromesso di dire di sì al primo che m’avesse dato fiducia, ho avuto la fortuna di incrociare uno dei migliori datori di lavoro a livello mondiale… E’ anche per aiutare i tanti connazionali che sognano un trasferimento ad Amsterdam, la versione europea di Las Vegas, che ho pensato di metter su il blog. In un mese sono già tanti quelli che mi scrivono per avere consigli.

 

Dal punto di vista professionale, quali differenze hai potuto notare rispetto all’Italia?

 

Anche se la mia esperienza professionale qui è davvero brevissima, ho notato un estremo rispetto per il dipendente (e i paragoni con l’Italia sono impietosi). Dall’importanza della formazione, all’ascolto delle idee di tutti per il miglioramento reciproco. Rispetto che si esplica anche negli orari: in ufficio chiunque va via allo scoccare esatto delle otto ore lavorative. Non esiste l’essere guardati male da capi e/o colleghi se non si rimane almeno fino alle 19, come accade nella stragrande maggioranza dei luoghi di lavoro in Italia. È un rispetto che va ben oltre gli uffici. Anche nei negozi: se il punto vendita chiude alle 19:00, chiude alle 19. Punto. Se un cliente vuole entrare alle 18:58 la porta non gli viene aperta, perché sia il proprietario che i commessi devono andare a casa dopo due minuti. L’importanza che viene data al proprio tempo libero è fondamentale. Chiedete a qualsiasi commesso italiano di parlare dei suoi orari o domeniche o giorni festivi al lavoro…

Come descriveresti il processo di selezione ed assunzione nel Paese in cui ti trovi?

 

Nella selezione non ho riscontrato particolari differenze. Riguardo le politiche di assunzione invece siamo su due pianeti diversi. In Olanda qualsiasi azienda offre un sostanzioso bonus economico ai dipendenti che segnalano profili professionali che poi vengono assunti. In Italia, se io segnalo all’azienda il curriculum di qualcuno che conosco, sto provando a raccomandarlo, quindi sono io che sto chiedendo un favore all’azienda e non il contrario. Ma capisco anche che l’offerta di lavoro sia talmente elevata in questo periodo che non ci sia assolutamente bisogno di incentivare i dipendenti a segnalare qualcuno.

 

A livello quantitativo, com’è la richiesta di lavoro rispetto all’Italia? Cosa si ricerca maggiormente?

 

A livello quantitativo non c’è paragone con l’Italia, soprattutto nelle grandi città come Amsterdam, Rotterdam e L’Aja. L’Olanda con il 5,4% ha il terzo miglior tasso di disoccupazione della Comunità Europea, tuttavia la crisi in qualche modo sta arrivando anche qui. Per gente come noi e gli spagnoli è una crisi da ridere quella olandese, ma loro non ci trovano nulla di divertente ovviamente… Davanti al vento di recessione e immigrazione che soffia da sud, gli olandesi si stanno difendendo con una barriera morbida: la lingua olandese. Chiariamo: è piuttosto normale che per lavorare in Olanda si richieda la conoscenza dell’olandese. Tuttavia, chiacchierando con tanti expat che sono qui da tempo, è un sentore comune il fatto che fino a qualche anno fa le opportunità per chi parlava solo italiano e inglese erano notevolmente maggiori. Il settore in cui si cerca maggiormente è di sicuro l’IT. Uno sviluppatore software ha davvero l’imbarazzo della scelta qui. Ovviamente però deve parlare almeno un buon inglese.

 

Ad un certo punto, stanco del tuo lavoro in Italia, hai deciso di entrare a far parte della schiera di disoccupati. Ti ritieni più incosciente o più coraggioso?

 

Senza un mutuo da pagare o una famiglia da trasferire sono contento di aver conservato parte dell’incoscienza di un adolescente, altrimenti non avrei potuto vivere le fantastiche esperienze che un solo mesetto di vita olandese mi ha regalato. Per quanto riguarda il coraggio, Don Abbondio diceva che uno non se lo può dare. Io non ci credo. Qualche mese fa non avrei mai immaginato di essere qui a rispondere a questa intervista. La partenza è stata solo un punto importantissimo di un percorso di crescita personale che ho intrapreso da qualche tempo. Non voglio ripetermi, ma non mi piaceva più la direzione in cui stava andando la mia vita. Non era quello che sognavo da studente. Per cui piano piano ho iniziato a deviare la rotta, a piccoli passi, partendo da quelle piccole paure che tutti noi abbiamo e che di solito evitiamo di affrontare. Sì, confermo, il coraggio uno se lo può costruire. Di sicuro più si invecchia e più è difficile, secondo me sono le abitudini che uccidono il coraggio e poco per volta uccidono anche noi.

 

Immagino la reazione dei tuoi familiari….

 

Ovviamente non erano molto felici che avessi lasciato il lavoro in questo periodo, ma sapevano che non ero più contento da un po’ e devo dire che hanno accettato il cambiamento più serenamente di quanto immaginassi. È stata una bella sorpresa!

 

Cosa puoi raccontarci di Amsterdam?

 

Quante interviste ho a disposizione? Scherzo, ma per descrivere Amsterdam servirebbe una Divina Commedia. È la città del peccato, dove antiche tradizioni libertine convivono in qualche modo con ambizioni e tecnologie moderne. Amsterdam è la città dei canali e delle biciclette, ma anche la città dove puoi prendere un tunnel sotto il mare per andare nel quartiere Noord.

I pro e i contro del viverci:

 

Fra i pro di sicuro cultura, possibilità (lavorative, economiche, di divertimento, ecc) e architettura. È una città bellissima da vedere, figuratevi da vivere. I contro sono un clima peggiore di quanto immaginassi (andare al lavoro in bici la mattina con pioggia e vento è uno shock quotidiano), difficoltà nel trovare qualcosa da mangiare che sia buono e/o sano e un concetto dell’igiene da rivedere. Per capirlo, basta osservare il modo in cui vengono lavati (pardon, sciacquati) i bicchieri sporchi nei locali…

 

Qual è l’emozione che ti ha pervaso all’arrivo?

 

Devo dire la verità: all’arrivo la paura superava le emozioni positive. Solitudine, freddo, alimentazione sconvolta, una lingua sconosciuta… Poi piano piano la paura è andata via, soppiantata dalla voglia di fare.

 

 

C’è qualcosa che ti indurrebbe a tornare in Italia o pensi che ormai l’estero sia la tua casa?

 

L’Italia è costantemente nei miei pensieri. Non so dove mi porterà la vita, ma io continuo a sognare segretamente la mia Puglia. Sarebbe bello trascorrere qualche anno qui e completare il mio percorso professionale, aprendo un’attività tutta mia al Sud. Però questo non fatelo sapere ad Amsterdam. Anzi no, Amsterdam è un’amante esperta, non si incazza se siete innamorati di un’altra, ma nel frattempo passate le notti con lei.

 

Indirizzo web: http://mammavadoadamsterdam.wordpress.com/

 

 

A cura di Nicole Cascione