Metz (Francia): la storia di Giuseppe, di professione Croupier

 

Lavorare in un casinò, una professione da sempre ambita da Giuseppe, appassionato di giochi ma non giocatore assiduo. Un sogno che ha potuto realizzare a Metz, in Francia, dove lavora come direttore di sala nel Seven Casino di Amnéville les Thermes. Sua moglie invece, appassionata di lettura, ha aperto la casa editrice A.G.Editions, un progetto quest’ultimo nato in Francia, un’idea coltivata da tempo: “il frutto di qualcosa che viene da lontano. Il segno che si può sempre cambiare, perché a qualsiasi età e in qualsiasi situazione bisogna saper cogliere l’attimo”.

 

Giuseppe, quando ha avuto inizio la tua vita a Metz?

 

Nell’ottobre del 2006.

 

Di cosa ti occupavi in Italia?

 

In Italia ho svolto diversi lavori, sono stato assistente operatore in alcuni film, poi ho lavorato nella farmacia dei miei genitori e successivamente sono stato agente di commercio in diversi settori di svariate attività.

 

Attualmente lavori in un casinò. Di cosa ti occupi nello specifico?

 

Sono Direttore di Sala, in Francia il nome tecnico è Membro del Comitato di Direzione (MCD). Nel casinò dove lavoro (Seven Casino di Amnéville les Thermes) ci sono circa 350 slot-machines e 14 tavoli da gioco, il mio lavoro consiste nel coordinare, supervisionare e controllare il lavoro in sala, gestire l’equipe dei collaboratori, accogliere la clientela.

 

 

Com’è stato il tuo approccio al mondo lavorativo francese?

 

Devo dire che fin dall’inizio mi sono trovato molto bene, ovviamente le difficoltà iniziali dovute alla lingua sono state superate in breve tempo; ho cominciato a lavorare in Francia nel 1996, come croupier, l’approccio con i colleghi francesi è stato da subito ottimo, anche il rapporto con la gerarchia, a cui non ero abituato in Italia, è stato sempre volto a raggiungere una buona collaborazione.

 

Quali sono i pro e i contro del lavorare in un casinò?

 

Da molto tempo “sognavo” di lavorare in un casinò, appassionato di giochi ma non giocatore assiduo, riuscire ad entrare in un casinò è stata veramente la realizzazione della mia vita. Essendo impossibile riuscire a farlo nel mio Paese natio, ho ottenuto invece oltralpe questa soddisfazione professionale; per fare carriera e arrivare a ricoprire il ruolo attuale, ho dovuto cambiare casinò e quindi città, questo mi ha portato ovviamente ad avere un tipo di vita a cui mi sono dovuto adattare insieme alla mia famiglia. Sicuramente l’aspetto negativo di questo lavoro è l’orario, si lavora in qualsiasi giorno dell’anno, di notte e sicuramente tutto ciò si ripercuote sulla vita familiare. In questi ultimi tempi però, i miei ritmi sono un po’ più normali, lavoro più spesso il pomeriggio e meno di notte, riuscendo in tal modo a conciliare maggiormente la vita professionale con quella privata.

 

Ci racconti qualcosa su Metz?

 

Metz è una città molto tranquilla, un po’ “anziana”, nel senso che storicamente e culturalmente ha subito molto l’influsso germanico, quindi è un po’ chiusa, non è facile ambientarsi se si viene da lontano, come noi, con altre radici culturali e altri stili di vita. Ultimamente però sta cambiando qualcosa, la città si sta modernizzando, scompaiono le caserme teutoniche che caratterizzavano gran parte dell’architettura messina (gli abitanti di Metz si chiamano messini, cioè “messins” in francese, dato che gli abitanti chiamano la loro città “Mes” e non “Mez”, rifiutando cioè la pronuncia tedesca), è stato creato il Centro Pompidou, luogo d’arte e museo permanente, e la città si è dotata di un nuovo sistema di trasporti, chiamato “Mettis” (dall’antico nome romano della città). Un sistema rivoluzionario, che è stato anche venduto ad altre città in tutto il mondo.

 

In cosa credi che Metz ti abbia costretto a metterti in gioco, sia in ambito personale che in ambito lavorativo?

 

Il cambiamento fondamentale è legato allo stile di vita, alle abitudini. Il modo di vivere in Francia è molto diverso da quello italiano, ma questo lo sapevo già, vivendo già in Francia dal 2000; in Italia, soprattutto al centro-sud, si vive molto più “fuori”, nelle piazze, nelle strade, c’è una socialità molto particolare; in Francia, almeno qui al nord-est, alle 6 del pomeriggio non c’è più nessuno in giro. Metz è una città un po’ “chiusa”, non aperta al nuovo, anche se in questi ultimi tempi, come detto prima, c’è un’aria di cambiamento. Vedremo che frutti porterà.

 

 

Nell’ambito della tua professione come rapporti la retribuzione rispetto a quella italiana? Quali differenze ci sono? E’ effettivamente più alta?

 

Le retribuzioni medie sono effettivamente più elevate rispetto a quelle italiane. L’aspetto interessante in Francia è che esiste lo SMIC, il minimo sindacale diremmo noi. Per un dipendente, sia pubblico che privato, con un contratto sia a tempo indeterminato che determinato, lo stipendio minimo garantito si aggira intorno ai 1.150 € mensili netti. Per quanto riguarda il mio lavoro, ma è un caso molto particolare, dato che in Italia ci sono solo 4 casinò, il mio stipendio è molto più basso rispetto a un mio collega italiano, qui questo lavoro è un lavoro come un altro, in Italia chi riveste un’occupazione in un casinò è un privilegiato.

 

Hai incontrato molti ostacoli dal punto di vista culturale? Qual è l’atteggiamento della popolazione francese verso gli stranieri?

 

Devo dire che fin dall’inizio, dal mio primo arrivo in Francia, mi sono trovato a mio agio e sono stato accolto abbastanza bene. Ovviamente però, ogni situazione è particolare e non generalizzabile. Nella regione dove abito ci sono molti italiani di seconda o terza generazione, figli o nipoti di emigrati italiani, che venivano chiamati “rital”, in modo un poco dispregiativo. Molti di loro non si sentono più italiani, sono radicati nella cultura e nel modo di vivere francesi, anzi quasi rinnegano le loro origini, non capiscono e non parlano affatto l’italiano. Altri invece, sono molto legati alle proprie radici, forse il merito di questo è dovuto ai genitori e ai nonni, che hanno voluto trasmettere l’amore per il Paese d’origine che hanno dovuto abbandonare, per cercare una vita migliore, soprattutto a livello economico, come tutti sappiamo.

 

Cosa apprezzi di più del Paese in cui vivi?

 

A livello sociale c’è una protezione molto più alta rispetto all’Italia, i servizi (sanità, uffici pubblici, istituzioni) sono sicuramente ad un livello più elevato; inoltre c’è da tenere presente che in questa regione (una parte della Lorena, cioè la provincia della Mosella, e la regione Alsazia) i cittadini godono di alcuni privilegi rispetto al resto della Francia, in seguito al mantenimento di alcune leggi originarie della Germania, dato che questo territorio ha fatto parte in diversi periodi storici della nazione limitrofa e solo alla fine della seconda guerra mondiale è diventato definitivamente francese.

 

Cosa ancora non riesci a capire?

 

La chiusura verso tutto ciò che non è francese. Per esempio nella lingua, le espressioni straniere vengono sempre “francesizzate”, gli accenti sono sempre messi sulla sillaba finale di ogni parola. Tutto questo a volte è veramente insopportabile, ma non ci si può fare nulla, sono fatti così.

 

A livello professionale e sociale, cosa ti ha offerto questo Paese che in Italia non avresti potuto raggiungere facilmente?

 

Professionalmente in Italia non avrei sicuramente potuto realizzare il mio sogno di lavorare in un casinò. Questo Paese che mi ha in qualche modo “adottato”, me lo ha permesso. A livello familiare, mio figlio è nato qui e, nonostante io e mia moglie siamo italiani, in qualche modo lui è anche un po’ francese, quindi non posso non esserne riconoscente a questa nazione.

 

 

Qual è il livello di istruzione medio e quali sono le prospettive lavorative a seconda del titolo di studio?

 

Sinceramente qui mi sembra che molti giovani preferiscano lavorare piuttosto che continuare gli studi. Si fermano alla scuola superiore e non proseguono con l’università. Mi sembra che molti si accontentino di quel che hanno, è come se fossero privi di ambizioni, di sogni da realizzare e, tutto questo, a 20 anni è un po’ deprimente.

 

Tua moglie invece ha una casa editrice italo-francese. Come e quando è nata questa idea? E che riscontro sta ottenendo sul territorio?

 

La casa editrice è la A.G.Editions, l’idea le è venuta dopo aver tradotto due libri (dal francese all’italiano), nel settore della psicologia infantile. La casa editrice ha pubblicato cinque libri, tre in italiano e due in francese; un libro di poesie, un album illustrato per bambini e un saggio che tratta di Mutismo Selettivo, un disturbo di bambini e adolescenti caratterizzato dall’assenza di parola in ambito scolare (questi ultimi due libri sono usciti nelle due versioni: italiana e francese). Per ora la casa editrice è in fase di lancio, di investimento, ma ci sono già molti ritorni positivi. Purtroppo una piccola casa editrice deve trovare la sua strada da sola, senza aiuti; per fortuna c’è il web, la rete, quasi tutti i contatti che mia moglie è riuscita a sviluppare e che sono stati fonte di successo sono nati da Facebook. Quello che sta facendo non sarebbe stato possibile 20 anni fa con le modalità commerciali tradizionali.

 

L’idea di creare una casa editrice è nata in Francia?

 

È nata in Francia, ma forse era un sogno che lei aveva dentro. E’ sempre stata una grande lettrice, una divoratrice di pagine di libri, lei può leggere un libro in un giorno, io invece sono più “normale”. Quando ci capita di leggere qualcosa insieme, lei in tre secondi è arrivata in fondo alla pagina e deve aspettarmi. L’idea è stata sua, io la aiuto nei miei spazi di tempo al di fuori del mio lavoro. È stata ed è molto importante questa realizzazione, è il frutto di qualcosa che viene da lontano ed è anche il segno che si può sempre cambiare. A qualsiasi età e in qualsiasi situazione bisogna saper cogliere l’attimo.

 

 

Quali sono i vostri progetti futuri?

 

Nell’ambito del mio lavoro sto sviluppando dei progetti personali, volti soprattutto alla ricerca di un miglioramento del benessere, sia personale che collettivo. Ad esempio mi sono occupato del “dossier senior”, un piano riguardante tutti gli impiegati dell’azienda dove lavoro che hanno più di 45 anni; mi piacerebbe sviluppare questo settore di studio e di intervento. Per quanto riguarda la casa editrice, tutto è “in fieri”, in divenire, incrociamo le dita. Veniamo spesso in Italia, almeno ogni due mesi, una parte della nostra famiglia è lì, le radici sono importanti; quest’estate andremo due settimane in vacanza a Pescara (che è la mia città natale), un po’ di sole e di mare vero, ecco questo certamente qui dove viviamo ora non lo potremo mai avere.

 

jo******@ya***.it

 

A cura di Nicole Cascione

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