Il gelato italiano conquista Shanghai

 

 

 

Ezio e Francesca sono i titolari della catena “Le Creme – Milano”, diffusasi a Shanghai. La loro avventura ha avuto inizio cinque anni fa, quando hanno deciso di creare il brand ed il primo punto vendita di gelati artigianali Made in Italy in Cina. Non è stata di certo un’impresa facile, soprattutto all’inizio, ma ora, a distanza di cinque anni, sono riusciti a portare il brand al primo posto nelle classifiche di gradimento cinesi e a far diventare il loro maschio un franchising.

 

Francesca, ci racconti come e quando ha avuto origine l’idea di aprire un negozio di gelati in Cina?

 

La nascita del brand Le Creme Milano risale a circa 5 anni fa. Ezio per lavoro girava molto in Asia e, durante questi viaggi, ha potuto constatare come ci fosse una grande attenzione da parte degli asiatici verso la cultura occidentale, ma dall’altra parte una grande ignoranza locale sui nostri modi di vita e sui nostri costumi. Caratteristica che ha riscontrato in maggiore misura in Cina, un Paese in grandissima evoluzione, affamato di novità e bombardato quotidianamente dalle mode provenienti dall’altra parte del mondo. In Cina la confusione sulla nostra cultura era all’ordine del giorno. Le poche attività di food and beverage che si presentavano al pubblico con nomi italiani, erano per lo più false o meglio, aperte da cinesi o stranieri, ma di italiani dietro le quinte nemmeno l’ombra. Così, dopo una vacanza comune a Shanghai, Ezio ha deciso di investire in loco, aprendo con la nostra socia cinese la prima gelateria Le Creme Milano. Per il primo anno, mentre noi lavoravamo in Italia in tutt’altro settore (Ezio era il Direttore Creativo di un’agenzia di marketing e grossi eventi per multinazionali, io mi occupavo di curare in agenzia il settore pubblicitario), il punto vendita era gestito dalla socia cinese. Dopo un anno, i resoconti che arrivavano da Shanghai erano piuttosto discordanti: da una parte c’era grande attenzione verso il prodotto, ma dall’altra pochi risultati in termini economici; così a Settembre del 2009 Ezio mi propose di prendere una sorta di anno sabbatico, un anno in cui delegare le attività italiane, trasferirsi in Cina e analizzare la situazione in loco.… da quel momento non siamo più tornati!

 

Di dove siete originari?

 

Le origini sono un guazzabuglio tra Veneto, Emilia Romagna e Toscana, ma siamo nati e cresciuti a Milano e provincia.

 

Si sa che il cinese è una lingua alquanto complicata, come siete riusciti a superare quest’ostacolo?

Superare??? Non siamo ancora riusciti a superarlo! Non parliamo ancora cinese, solo quel tanto che ci serve per sopravvivere! Abbiamo come Manager del personale italiano che parla cinese e lo staff invece che parla inglese..per il resto..gesti, simpatia e google translator!

Quanto tempo è passato da quando avete aperto la vostra attività? E come si è sviluppata nel tempo?

 

Ezio: Siamo arrivati per così dire al pelo, all’ultimo momento utile per riprendere in mano la situazione e ribaltarla. Tutto quello che avevo fatto al momento dell’apertura non esisteva più, le ricette erano state cambiate, la gestione del negozio faticava, lo staff era incompetente, i conti economici inesistenti..insomma un disastro! Ho guardato Fra e le ho detto: “Dobbiamo cambiare tutto, dobbiamo dividerci i compiti come siamo soliti fare nei nostri lavori in Italia, diamoci sei mesi di tempo, massimo un anno, dopodiché decideremo il da farsi”.

 

Francesca: così, in una minuscola stanza di hotel, carta e penna alla mano, decidemmo che mentre Ezio si sarebbe occupato della produzione, io mi sarei occupata della gestione del negozio e dei fornitori e insieme avremmo curato gli aspetti economici. In pochi mesi il punto vendita venne completamente rifatto: sfruttando l’enorme visibilità su strada di ben sei vetrine, dividemmo il negozio in due parti e creammo un laboratorio completamente a vista. Questa è stata sicuramente una delle nostre idee vincenti. Contrariamente a quanto si possa pensare, i cinesi sono molto diffidenti sul cibo, prima di provare un nuovo sapore vogliono sapere di cosa si tratta, come è fatto, etc, fortunatamente però, sono anche molto curiosi e aperti alle novità, caratteristica che abbiamo deciso di sfruttare e trasformare nel nostro punto di forza: ci siamo messi su strada, abbiamo reso visibile l’intero processo di produzione del gelato artigianale italiano.

 

Il consumo del gelato, grazie alla grande professionalità di voi gelatieri italiani, sta progressivamente incrementando in tutto il mondo. Voi nello specifico, che riscontri avete ottenuto in Cina?

 

Francesca: Il nuovo concept si è dimostrato vincente ed è ancora oggi grande attrattiva per i locali. I cinesi infatti non hanno idea di cosa sia il gelato, conoscono solo i marchi americani, l’icecream industriale..siamo stati noi a portare a Shanghai il vero gelato artigianale italiano, a spiegare loro che cos’è, come nasce e trasformarlo in un business. Forti della nostra vera passione e attività in Italia infatti, una volta avviata la prima gelateria e impostati i giusti cardini dell’attività, abbiamo deciso di lavorare sul brand, sviluppandone la trasmissione. 50% Ezio e 50% io abbiamo deciso di investire sul marchio Le Creme Milano e di trasformarlo in franchising. Investendo in comunicazione e informazione, siamo riusciti a portare il brand al primo posto nelle classifiche cinesi di gradimento e ad innescare un attivissimo passaparola, sia fra le persone che sulla rete web cinese. La sempre più crescente attenzione del pubblico cinese verso il gelato italiano, non è passata inosservata ad alcuni investitori italiani, che hanno deciso di aderire al franchising Le Creme Milano e aprire così il secondo e il terzo punto vendita. Sono imprenditori che vivono tutt’ora in Italia, ma che hanno deciso di affidarsi alle capacità manageriali e gestionali di italiani che vivono in loco, sapendo di portar contare non solo su un’esperienza di 3 anni maturata sul campo, ma anche della presenza costante sul posto. Ciononostante non possiamo parlare solo di investimenti esteri: sono sempre più frequenti infatti le richieste di franchising da parte di investitori cinesi, sia per la città di Shanghai che per altre importanti città cinesi.

 

Ezio: Su Shanghai, siamo stati chiamati dal Governo per aprire un punto vendita in un’area residenziale di alto profilo, ci hanno voluto a tutti i costi, agevolandoci per questo con il prezzo dell’affitto.

 

Una curiosità….Qual è il gusto più venduto?

 

Le Creme Milano”..l’invenzione di Fra..base di nocciola con Ferrero Rocher e Nutella..un must per cinesi e stranieri. Essendo una nostra invenzione lo abbiamo chiamato proprio con il nome del brand.

A livello burocratico quali sono stati i passi affrontati per l’apertura? E i problemi iniziali?

 

Ezio: La burocrazia cinese è complessa tanto quanto la nostra ed è fatta di regole che cambiano ogni sei mesi. Il lato positivo è che da queste parti gli sportelli governativi, in quanto ad efficienza sui servizi erogati, funzionano per davvero.

 

 

Francesca: Il problema più grave riscontrato oggi sono i costi. Nel giro di tre anni, da quando viviamo qui, gli affitti e il costo della vita sono triplicati. Il nostro business plan non sta in piedi con affitti troppo cari, come qualsiasi tipo di altro business del resto. Il costo della materia prima a causa delle tasse di importazione è tre volte tanto e il margine sul prodotto finito non è così elevato. Infine, un problema non poco rilevante è il personale. Questa improvvisa ventata di benessere che si è consolidata di fatto in un lasso di tempo molto breve, oggi è particolarmente evidente ad opera dei nuovi ricchi cinesi che non perdono occasione per ostentare la loro ricchezza (macchine di lusso, capi firmati, ecc..). Questo messaggio visivo, impensabile fino a pochi anni fa in un Paese comunista, ha generato su tutta la popolazione locale una convinzione alquanto fuorviante. Specialmente nella città di Shanghai, oggi l’opinione comune dei cinesi di ogni ceto sociale è che tutti possono fare soldi facilmente, senza dover più faticare. Le conseguenze sono facilmente immaginabili. Affitti dei negozi e delle case alle stelle, senza nessun tipo di controllo dei prezzi o senso logico e richieste di stipendio che seguono di pari passo la logica dell’apparenza (per chi chiede di lavorare) ma non della sostanza (per chi deve dare lavoro). Trovare anche solo un cameriere che porta un vassoio e pulisce un tavolo di un ristorante o bar, oggi a Shanghai è un impresa alquanto faticosa e sono proprio le nuove generazioni, quelle che più di ogni altra fascia sociale, hanno subito il fascino del consumismo. Un problema invece antico, che non ha subito mutazioni sia nelle vecchie che nelle nuove generazioni, poichè legato alla cultura e all’educazione scolastica di questo popolo, è quello legato all’indole del cinese che non vuole accollarsi nessun tipo di decisione o responsabilità. Ecco perché, in assenza di una qualsiasi guida decisionale (di grado superiore al suo) si siede (sia in senso metaforico che fisico) e non fa assolutamente nulla. Senza un buon management quindi, le attività non decollano. E se sono già state avviate da uno staff internazionale, una volta abbandonate alla sola guida cinese, il più delle volte non crescono. Un aneddoto simpatico è quello di un’imprenditrice cinese che abbiamo conosciuto un anno fa. Una donna che 30 anni fa era emigrata in Italia con i membri della propria famiglia, per aprire il classico ristorante cinese e che oggi, in seguito al boom economico del proprio Paese, ha provato a rientrare a Shanghai con i risparmi di una vita, per poter avviare una propria attività in patria. Ce la siamo ritrovata come vicina di negozio. Aveva aperto un centro estetico. Dopo soli sei mesi ha chiuso il negozio ed è rientrata in Italia. La motivazione? Lei stessa prima di partire ci ha domandato come facessimo a lavorare con i cinesi! Una domanda che personalmente abbiamo trovato alquanto curiosa, poiché a formularla era proprio una cinese. Dovendo riassumere e trarre delle conclusioni da questa esperienza, potremmo sintetizzare che la Cina rappresenta ad oggi sicuramente una grande opportunità di business. Ma non è il Paese di Bengodi, è un posto difficile, con una cultura radicalmente opposta alla nostra, una cultura che prima di tutto va conosciuta e in secondo luogo assecondata, non espropriata con l’arroganza tipica di alcuni imprenditori occidentali, altrimenti si trasforma in un boomerang e, con la stessa velocità con cui ti ha permesso di iniziare un business, te lo fa chiudere.
 

Qual è la cosa più curiosa che vi è capitata durante questi anni di lavoro a Shanghai?

 

Non sapremmo da dove cominciare, ogni giorno è una scoperta..qui è tutto diverso, non solo la lingua, il pensiero, la cultura..ogni singolo aspetto della vita è diverso! In negozio ogni giorno ne capitano di tutti i colori, da chi entra chiedendoci se gli vendiamo la macchina del caffè, a chi chiede come si fa la pizza, convinto che – in qualità di italiani – il laboratorio sia dedicato alla preparazione della pizza! Chi ancora domanda quanto costano sedie e tavoli, pensando che il nostro sia uno showroom. Credo che ad oggi la più curiosa sia stata quella di una signora Shangainese di una certa età, che guardando la vetrina dei gelati esclamò: “Ma veramente avete tutti questi colori per la tinta dei capelli?!?”

 

Sicuramente prima dell’apertura avrete pianificato tutto. Com’è avvenuta praticamente? Avete fatto dei sopralluoghi nella zona?

 

E’ stata la nostra cinese ad aiutarci in questo, essendo lei Shanghainese aveva identificato per noi delle zone possibili, la decisione finale poi è stata presa sul posto, quando abbiamo visto 6 vetrine su strada, ci siamo innamorati! Ma Shanghai è tutta una scommessa. I quartieri nuovi nascono come funghi, quelli che prima erano “fashion”, dopo un anno o due si trasformano e vengono abbandonati..non è facile scegliere la zona dove andare. Con il secondo negozio è stato più facile, poiché la zona è in continua crescita; il terzo negozio è un piccolo gioiello aperto in una delle aree residenziali più esclusive: Gubei.

 

Quali sono i pro e i contro del vostro mestiere?

 

I pro sono quelli che una volta avviata e proseguita un’attività in Cina, si può fare qualsiasi cosa ovunque nel mondo! E’ bello stare a contatto con il pubblico e conoscere persone di ogni dove. Il nostro è un piccolo microcosmo, dove passa di tutto ed è molto bello scoprirsi il punto di ritrovo di amici stranieri o locali. I contro sono che non abbiamo mai un singolo giorno di ferie, lavoriamo sempre e quando capita di tornare in Italia per vacanze o di assentarci per qualunque altro problema, dobbiamo necessariamente affidare la gestione ad italiani che possano proseguire nel nostro lavoro.

 

Come si svolge una vostra giornata?

 

La mattina, durante l’orario di chiusura, lavoriamo da casa sul brand e su nuove attività e progetti che stiamo avviando. Il pomeriggio, mentre Ezio segue la produzione, io mi occupo di seguire la gestione dei due negozi.

 

Che considerazione hanno i cinesi degli italiani e dell’Italia in generale?

 

C’è ancora per fortuna una grande attenzione verso il made in Italy, ristretto tuttavia al fashion e al design. Sul food and beverage invece, l’ignoranza è totale..ma non possiamo dare la colpa al pubblico cinese. Crediamo che gran parte dell’errore risalga proprio al sistema Italia che non è presente in Cina, se non con sporadiche apparizioni e con singoli produttori. Per i cinesi il vino è francese, la pizza è Pizza Hut, il caffè è Starbucks..i formaggi sono Danesi!!! Per il resto, non siamo ancora ben riusciti a capire cosa realmente pensino di noi italiani. Oltre a vederci molto “belli ed eleganti”, fanno fatica ad interagire con noi. Credo sia un po’ lo stesso per ogni popolo, il cinese è tendenzialmente molto chiuso.

 

Secondo la vostra esperienza, conviene sviluppare un’impresa in Cina?

 

Oggi come oggi forse la Cina non è più così conveniente o per lo meno non le grandi città. Bisognerebbe avere il coraggio e la forza di spingersi all’interno, lì forse si potrebbe ancora costruire qualcosa.

 

Come funziona la tassazione? Com’è la pressione fiscale?

 

La tassazione è molto più leggera e permette di avviare facilmente un business. La pressione fiscale è inferiore rispetto all’Italia ed è quindi possibile reinvestire gli utili, per poi ampliare il proprio business. Dobbiamo anche constatare che il governo ha delle infrastrutture molto efficienti.

 

Raccontateci qualcosa su Shanghai ….

 

Qui la qualità della vita è decisamente scarsa, almeno per noi. Il tasso di inquinamento è molto alto e il rumore della città non si ferma mai. Nonostante a Shanghai ci siano numerosi parchi e alcune zone (come la Concessione Francese, dove viviamo e abbiamo 2 negozi) siano aree piacevoli dove camminare, rimane sempre una città con un cielo spesso grigio e un forte tasso di umidità. Il costo della vita qui ormai è superiore all’Italia. Come si usa dire..se vivi alla Cinese riesci ancora a spendere relativamente poco, ma appena ti muovi all’”occidentale”, è carissima. Il costo di ristoranti, locali e trattorie, negli ultimi 3 anni si è quadruplicato: certo l’offerta è alta, ci sono sempre nuovi bellissimi locali, ma il prezzo è molto molto alto. In quanto agli spostamenti invece, il sistema di metropolitane e autobus funziona molto bene, è pulito ed efficiente e i taxi costano ancora poco rispetto a noi.

 

Ci sono possibilità lavorative maggiori rispetto all’Italia?

 

Sì indubbiamente, anche se gli italiani che si stanno muovendo verso la Cina e soprattutto verso Shanghai sono molti e la concorrenza è alta. La differenza la fa la conoscenza della lingua cinese. Unico problema è che il governo cinese sta stringendo un po’ sui visti, aumentando i controlli e bloccando i visti turistici.

Quali sono i vostri progetti futuri?

 

L’obbiettivo per ora è quello di continuare a procedere per piccoli passi, curando la qualità del prodotto e dei negozi. Nonostante le numerose richieste, cerchiamo di seguire le nuove start up personalmente, avvalendoci della collaborazione di personale italiano qualificato, da noi selezionato personalmente. Abbiamo faticato tanto per arrivare sin qui e non vogliamo rovinare tutto per la fretta di speculare. Vogliamo continuare su basi solide, quelle che abbiamo costruito fino ad oggi.

 

Vi manca l’Italia? Cosa vi manca nello specifico?

 

Tantissimo!!!! Noi amiamo il nostro Paese, nonostante siamo delusi dalla nostra classe dirigente. Ci manca tutto, l’aria, il cibo, i nostri giri in moto, gli amici..speriamo solo di tornarci presto!

 

Per concludere… in base alla vostra esperienza, che consiglio dareste a tutti coloro che intendono trasferirsi a Shanghai? Quali sono i passi da compiere per non incorrere in errori che potrebbero compromettere la riuscita di un trasferimento?

 

Credo che per rispondere a questa domanda vada fatto un distinguo: ci sono fondamentalmente due modi di vivere a Shanghai e, direi in generale, in Cina.

 

Da dipendente manageriale. Se l’azienda ti manda in trasferta e ti paga casa, scuola per i figli, autista, di fatto ti trovi a vivere in una dimensione parallela, fatta di cene di gala, uscite fra persone straniere, poco a contatto con la realtà locale.

Da imprenditore o giovane appena laureato che non può avvalersi di questi agi.

 

 

Nel primo caso, più che avere dei problemi nel trasferimento, che di fatto porta agi impossibili in Italia, abbiamo potuto constatare come i problemi sorgano nel momento in cui si viene rimandati in patria. Abbiamo visto molti italiani e stranieri seriamente “abbattuti” all’idea di tornare alla vita normale delle proprie città. Nel secondo caso invece, direi che serve sicuramente spirito di intraprendenza, avventura e tanta tanta pazienza. La Cina non è il terzo mondo, è un Paese molto sviluppato, anche più di noi, ma ha i suoi ritmi e le sue logiche: il segreto è non cercare di capirlo (non ci riusciremmo), ma accettarlo così com’è e adattarsi.

 

 

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A cura di Nicole Cascione