Uno sguardo all’economia tedesca

 

 

Eccoci in Germania per continuare il nostro viaggio all’interno delle economie di alcuni paesi europei. Premettiamo subito che, per evitare di addentrarci in analisi che, seppur interessanti, ci porterebbero troppo lontano, non vogliamo discutere di alcune posizioni tedesche rispetto alla crisi; la cancelliera Merkel è già stata al centro di numerose critiche per una politica economica che a molti è parsa poco collaborativa e tesa a difendere una posizione che più di qualcuno ha definito germancentrica. Ma, del resto, c’è un elettorato interno a cui strizzare l’occhio, e un’economia nazionale da difendere. Ma andiamo oltre.

 

Diamo un’occhiata al quadro macroeconomico senza nasconderci che, negli ultimi mesi, anche l’economia tedesca ha smesso di crescere, inducendo la stessa Merkel, pochi giorni fa, a prospettare ancora cinque anni di "passione" prima di uscire dalla crisi. In ogni caso è bene sottolineare che nel terzo trimestre del 2011, quando già altre economie vacillavano, la Germania ha fatto segnare un aumento del PIL, anche se poi nell’ultima parte dell’anno questo indice è diminuito seppur di solo lo 0,2%. Una delle cause di ciò può essere rintracciata in una domanda di beni tedeschi inferiore: ancora una volta sono le esportazioni a determinare in parte l’economia di un paese. Ma, a fronte di questo, secondo dati ufficiali riportati nel solito Rapporto Paese Congiunto, i consumi delle famiglie tedesche hanno fatto registrare un aumento dello 0,7% rispetto alla prima parte del 2011. In attesa di dati definitivi per il 2012 sembra esserci stata una leggerissima contrazione nella disoccupazione e una conseguente piccola crescita nei consumi. Non stiamo certo parlando di risultati straordinari ma di un andamento meno critico rispetto a quello di molti altri paesi: e che spiega anche un’aspettativa non trascurabile, rispetto a investimenti esteri.

 

 

Uno dei fattori in cui più diviene evidente la differenza con il nostro paese è quello legato all’andamento dei conti pubblici che ha visto la Germania rispettare quel 3% tra deficit e PIL che l’Europa ha messo come limiti, e di farlo prima di quanto stabilito. Sempre secondo i dati presentati dal Rapporto Congiunto il deficit pubblico nel 2011 si è aggirato attorno ai 25 miliardi a fronte dei ben 106 del 2010. Politica di rigore, aumento delle entrate fiscali e un continuo percorso di diminuzione del debito pubblico che sembra, per ora, non aver mortificato la vita dei cittadini tedeschi. Quindi raffreddamento dell’economia tedesca vi è stato, indubbiamente, ma il paese pare reagire in maniera ben diversa rispetto a noi ? Perché ? Forse è tutto un pregresso di politica economica che dovrebbe essere rimesso in discussione.

 

Vediamo in maniera rapida l’andamento industriale che, in Germania, è prevalentemente legato al settore manifatturiero. Certo gli ordini dall’estero sono diminuiti, legando ancora una volta l’andamento dell’industria, dalla salute economica di altri paesi. Ma tanto per capire quanto sia riuscita a fare la Germania anche nel momento in cui altri paesi crollavano, può essere utile un dato: nel mese di novembre del 2011, quindi non un secolo fa, il livello di produzione industriale rispetto allo stesso periodo dell’anno prima era aumentato del 5,1%. Cosa facevamo noi nello stesso periodo? Per quanto riguarda i dati del mercato del lavoro, stiamo sempre parlando degli ultimi disponibili e cioè dell’intero 2011 parlano parlano di un tasso di occupazione che riguarda un tedesco su due tenendo, a dicembre 2011, la soglia di disoccupati sotto i tre milioni. Sappiamo che in un anno sono cambiate moltissime cose ma vorremmo solo riflettere che i numeri di partenza su cui si chiuderà il 2012 sono sideralmente distanti dai nostri. Paradossalmente ciò che manca in Germania, secondo un sondaggio effettuato dall’Istituto Ifo e dalle Camere di Commercio, è la manodopera altamente qualificata. Che potrebbe essere pescata anche dall’estero.

 

Concludiamo questo rapido (e speriamo interessante) viaggio nell’economia tedesca riportando alcuni dati riguardanti la presenza di industrie italiane in Germania. La fonte è sempre il Rapporto Congiunto e cita un interessante studio realizzato anche in collaborazione con il Politecnico di Milano: da questo rapporto risulta che le compagnie tedesche controllate da investitori italiani sono circa 1600. Quelle invece in cui ci sono partecipazioni italiane sono 1800 per un giro di affari che le ultime rilevazioni danno attorno ai 45 miliardi di euro. Mentre la Bundesbank ha calcolato che tra il 2006 e il 2010 gli investimenti italiani in Germania ha superato il 7% rispetto al totale degli investimenti italiani all’estero.

 

 

Non ci resta che continuare ad osservare l’andamento di questa dinamica economia anche alla luce della rielezione di Obama negli Stati Uniti. Intanto, per chi fosse interessato ad informazioni più approfondite, consigliamo di consultare il sito dell’Ambasciata Italiana a Berlino che riporta attenti ed approfonditi dati sull’andamento economico della Germania. Permetteteci di concludere questo viaggio tedesco con una domanda: "Perché Berlino è la città europea con il maggior numero di start up?"

 

A cura di Geraldine Meyer