AOTEAROA: alle estremità della natura

Lettori carissimi salve!!!

Mi presento, mi chiamo Silvia, sto viaggiando qua e là per il mondo e qualche settimana fa ho raccontato la mia vita non ordinaria su questo sito. Ringrazio coloro che l’hanno letta e mi hanno scritto, le email sono state tantissime e rispondere a tutte è stato come comporre un divertente puzzle fatto di storie coraggiose, speranze, emozioni.

In molti mi hanno chiesto se avessi un blog.

Com’ è risaputo ogni blogger che si rispetti cura quotidianamente la sua “creatura” ed annota le idee e gli spunti per le future pubblicazioni ed io ammetto di essere troppo pigra per tutto ciò ed è pertanto con gioia che ho accolto la possibilità di curare una rubrica in questo sito in cui poter parlare dei miei viaggi, del mio punto di vista e un po’ del mio quotidiano.

Così vorrei iniziare raccontandovi del paese in cui mi trovo in queste settimane: la Nuova Zelanda.
Due isole perse tra l’Oceano Pacifico e il Mar di Tasmania, due isole completamente diverse l’una dall’altra, due isole che, sotto una divertente prospettiva, hanno la forma di un’Italia al contrario, l’Italia dell’emisfero sud

Quest’ “Italia dell’emisfero australe", chiamata in lingua maori Aotearoa, la terra della lunga nuvola bianca, è popolata da 4 milioni di kiwi (così son chiamati i neozelandesi) e 60 milioni di pecore.

Aotearoa, è la terra del rugby e i dei suoi leggendari All Blacks, dei panorami infiniti, degli sport estremi (qua è nato il bungee jumping), della cultura Maori, del vivere sano e della fiducia nel prossimo e del super gettonato piatto nazionale fish’n’chips (pesce e patatine fritte).

I suoi paesaggi mozzafiato hanno fatto da scenario naturale al film “Il Signore degli Anelli". La scelta non poteva essere più azzeccata e d’altronde non lascia insoddisfatto nessun turista in cerca di ammirazioni e sorprese: paese dei vulcani attivi e dormienti, dei ghiacciai, dei geyser e delle foreste pluviali, dei tramonti interminabili, delle montagne selvagge e misteriose, dei cammini isolati e delle acque chiarissime, paese dove si respirano i propri pensieri, dove la gente per strada ti saluta e sorride anche se non ti conosce, dove la criminalità è un concetto quasi inesistente.

 

 

Fin dall’adolescenza sognavo di mettere piede in questa terra e dopo aver passato un lungo periodo in Australia ho pensato fosse arrivato il momento buono di prendermi una pausa ed andare a visitare i vicini dei canguri.

E dopo 3 ore e mezza di volo da Sydney eccomi ad Auckland , la città delle vele e della vita rilassata, una città felicemente edificata senza preoccupazioni tra i propri vulcani (tra attivi e inattivi sono 50 inclusi coni vulcanici, laghi, isole, e lagune).

Resterò solo un paio di giorni prima di iniziare l’esplorazione dell’isola del nord e prima di impazzire per la variabilità del tempo. In 5 giorni ho affrontato le intemperie delle 4 stagioni: fastidiose piogge autunnali, soffocante caldo estivo e pungenti venti polari. Qui ho imparato a non guardare le previsioni del tempo, il meteo è del tutto inaffidabile e rende vano qualsiasi tentativo di previsione.

La natura detta legge e ti impone come vestirti e cosa fare delle tue giornate, mandando all’aria i tuoi brillanti piani o il tuo guardaroba più fashion. Meteoropatici o fashion victims veri o presunti siete avvisati: pensateci bene prima di acquistare un biglietto per venire quaggiù!

 

 

Non voglio esporvi un noioso elenco di posti interessanti da poter visitare poiché ognuno di noi è capace di informarsi al riguardo con internet o guide turistiche, mi piacerebbe però scrivervi cosa mi ha colpito e dare qualche utile spunto a chi sarà interessato a intraprendere il mio stesso viaggio.

La sensazione di infinito che vi darà la natura è unica nel suo genere. Unica come il senso di pacifico isolamento. Si percepisce ovunque, anche se può sembrare strano in una terra tecnologicamente avanzata e dotata dei più moderni metodi di comunicazione e informazione. Non a caso questi possono essere considerati i confini della terra, essendo la Nuova Zelanda vicina all’Antartide, circondata dal mare e con il paese più vicino, l’Australia, a un paio di giorni di nave.

Posso solo immaginare le sensazioni e le impressioni dei primi europei sbarcati a fine ‘600 che in fondo non saranno state tanto diverse da quelle degli immigrati di 60 anni fa, giunti quaggiù dopo interminabili 6 settimane di viaggio in nave. Avranno veramente pensato di trovarsi su un affascinante e inesplorato pianeta.

Non solo per la lontananza dall’Europa, ma per la moltitudine dei diversi paesaggi: nell’isola del nord verdi colline disseminate di pecore e filari di viti colorano la strada mentre nell’estrema punta nord, Cape Reinga, il Mar di Tasmania e l’Oceano Pacifico si vengono incontro come 2 guerrieri ed infrangono le loro onde l’una con l’altra in un campo di battaglia di centinaia di metri, l’aria profuma di zolfo nell’area geotermale di Rotorua, dove i geyser dalle profondità della terra sfidano la gravità cavalcando la via per il cielo, laghi di giada rinfrescano gli occhi nell’aspro e arido paesaggio vulcanico del Tongariro National Park mentre nell’isola del sud i laghi sono popolati da cigni neri e circondati da montagne innevate che si riflettono nel mare. A tutto ciò si aggiunge lo stupore con cui si osservano i cuccioli di foca giocare tra le rocce e le balene che innalzano le loro code prima di immergersi nelle profondità dell’Oceano.

 

 

E il cielo, che meraviglia! E’ uno spettacolo che, nell’Europa inquinata dalla luce, non ho mai visto. La luna quando è piena riflette così forte da poter vedere la propria ombra e le stelle in genere sono così luminose da poterle riconoscere una ad una, la via lattea così marcata che sembra una pista da sci e quaggiù per la prima volta ho visto un puntino rosso grande e luminoso, il pianeta rosso, si proprio lui, Marte!!

Il cielo è stata una delle scoperte più belle di questo paese, la notte mi potrei veramente far venire il torcicollo a furia di puntare il naso all’insù. Immersi nella natura sembra di vivere in una puntata di Superquark. Mi capita di immaginare Piero Angela sbucare da un momento all’altro a commentarmi ciò che ho davanti agli occhi .

Già, qua di animali inusuali all’occhio di un europeo ce ne sono tantissimi: foche, pinguini, balene, leoni marini, delfini e volatili di tutti i tipi. Se Hitchcock fosse venuto in Nuova Zelanda avrebbe sicuramente girato Uccelli 2, oppure chissà, ci è venuto e ha tratto ispirazione per il primo. La Nuova Zelanda è infatti il regno degli uccelli. Prima dell’arrivo degli europei, oltre ai Maori questa terra era popolata da almeno un migliaio di specie diverse di volatili senza alcuna presenza dei mammiferi. Cani, gatti, cavalli, pecore, capre, asini, maiali e tutti gli altri mammiferi sono stati importati dagli europei, con non pochi disastri per la natura ed estinzioni di varie specie. Il simbolo stesso della Nuova Zelanda, il kiwi, un uccello grande quanto una gallina senza ali funzionanti, è in via d’estinzione proprio perché facile preda dei mammiferi cacciatori.

Le realtà abitative sono molto diverse da quelle a cui siamo abituati in Europa, le cittadine sonnolente, i villaggi a volte son fatti di poche case e qualche decina di persone, capita di incontrare un postino che è anche pompiere, infermiere e fruttivendolo, la vita è molto semplice, le persone in sé sono molto semplici e con un buonismo fine a se stesso; per noi diffidenti europei non è facile capire che se sei seduto su una panchina e qualcuno si avvicina è solo curioso delle tue origini e se ti vede con una cartina in mano vuole solo aiutarti senza avere nulla in cambio. Le metropoli in Nuova Zelanda sono un’ immagine molto lontana. Con 16 abitanti per km2 questo concetto diventa un po’ assurdo, ma non mancano le aree urbane dalle sembianze “occidentali” come Auckland, la città più popolosa e “frenetica” (con una via principale, Queens street che il sabato sera si svuota dopo le 2 di notte), Wellingtown, la capitale, centro di arte e cultura conosciuta col nome di Windy Welly (ventosa Welly), Dunedin nell’isola del sud , città universitaria dalla notevole estensione, Queenstown, poco più grande di un villaggio ma conosciuta da tutti per essere la capitale del divertimento e degli sport estremi e Christchurch.

Già Christchurch, la città che mi ha lasciato qualcosa dentro, un misto di speranza e malinconia, una città che cerca un nuovo inizio dopo una devastante distruzione. Nota per essere la più anglosassone delle città neozelandesi, una città genuina, dall‘architettura gotica e dallo charme provinciale combinato a una verve di una sviluppata città, è stata purtroppo devastata da 2 terremoti nel settembre 2010 e febbraio 2011; l’80% del centro storico è andato distrutto, ora è chiuso al pubblico ed è diventato il più grande cantiere a cielo aperto al mondo. E’ impressionante vedere quante ruspe, gru e betoniere circolano in quella zona. I lavori procedono molto lentamente, sia per la mancanza di fondi, sia perché i politici, come al solito, non si mettono d’accordo sul piano di ricostruzione. Per il momento stanno completando la fase di demolizione e secondo distinte voci, i lavori finiranno tra il 2014 e 2017.

Passeggiando attorno ai recinti, mi sono accorta di quanto è traumatico per una città e per la sua popolazione perdere il proprio centro. La mia attenzione è stata poi catturata da un cartello appeso ad una rete metallica: Please save high street the heart of ChCh city (per favore salvate high street, il cuore della città di Christchurch). I cittadini chiedono in sostanza ai dirigenti dei lavori di salvare uno dei simboli della loro città. Pensateci: il punto di riferimento, l’emblema, il cuore della vostra città sparisce. Anche se abito in periferia, ho provato a immaginare la mia città senza centro storico. Che immagine devastante. E’ un po’ come perdere il centro di gravità permanente.io faccio il tifo per Christchurch e i suoi cittadini con l’augurio che si riprendano presto e tornino in campo più forti di prima. Magari fra qualche anno qualcuno di voi ci capiterà e mi racconterà come è andata.

 

 

Ora mi trovo nel magnifico Lake Tekapo e queste sono le mie ultime 24 ore in terra neozelandese. Ancora non ci credo di essere esattamente agli antipodi di casa mia.

Questo viaggio è iniziato 2 mesi fa, eppure … Eppure non so, sarà per l’innumerevole quantità di luoghi visitati, di immagini impresse nei miei ricordi, delle persone che ho conosciuto lungo il mio percorso, mi sembra di essere qua da una vita. Mi sento un po’ malinconica per dover lasciare alle spalle tutto questo concentrato di emozioni, ma dall’altra parte ho l’entusiasmo e la voglia di ritornare, ancora per qualche mese, nell’immenso continente australe. Destinazione Melbourne!

Dedico questo racconto a: Rossella Urru, una ragazza forte alla quale è stata tolta la libertà. Mi auguro che tu possa presto leggerlo e venire qua in Nuova Zelanda per vedere con i tuoi occhi quello che ho scritto.

 

Silvia Muscas
 

 

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