Adriano: diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo

 

Adriano si occupa di diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo, un lavoro che gli permette di conoscere nuovi popoli, nuove abitudini, punti di vista, una nuova lingua e Paesi differenti. Un’attività iniziata casualmente, poi divenuta la sua occupazione principale. Dopo un’esperienza in Nicaragua nel 2011, Adriano ha vissuto principalmente nei Paesi ispanofoni. Attualmente si trova in Portogallo, dove ha la funzione di ”Assistente Comenius” e insegna italiano in una scuola di 2° e 3° ciclo. Adriano presentati ai lettori…

 

Sono uno studente siciliano, di Palma di Montechiaro, con una Laurea Triennale in Storia Contemporanea e sono in procinto di ottenere la Laurea Magistrale in Scienze Linguistiche presso l’Università per Stranieri di Siena e dal 2009 lavoro, tramite borse di tirocinio varie, in giro per il mondo.

 

Di cosa ti occupi?

 

Mi occupo di diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo, attività iniziata casualmente nel 2009, grazie a una borsa Erasmus Placement, che mi ha permesso di fare un tirocinio di 4 mesi all’EOI (Escuela Oficial de Idiomas) di Tenerife. Da quel momento, ho deciso che questa poteva essere una delle poche strade per cercare lavoro e, visto che mi è sempre piaciuto conoscere il mondo e soprattutto i Paesi ispanofoni, mi sono dedicato alla formazione in questo settore. Dopo l’esperienza alle Isole Canarie, nel 2011 sono stato in Nicaragua grazie ad una borsa di studio della mia Università e, dal marzo al maggio 2012, ho collaborato come formatore al Programma Marco Polo/Turandot all’interno dell’Università per Stranieri di Siena. Da circa due mesi mi trovo in Portogallo, più precisamente a Vialonga (periferia di Lisbona); sono qui con la funzione di ”Assistente Comenius” e insegno italiano in una scuola di 2° e 3° ciclo, che sarebbe l’equivalente della nostra scuola elementare, media e primi due anni delle superiori; inoltre collaborerò a due progetti tra diverse scuole di Paesi membri dell’Unione Europea, Architeaching e NELPAE.

 

Mi è molto piaciuta la tua affermazione: “Lavoro in giro per il mondo diffondendo la lingua e la cultura italiana”. Che opinione c’è della cultura italiana all’estero?

 

La cultura italiana all’estero ha un’ottima considerazione, vengono stimati soprattutto la nostra storia millenaria, la nostra architettura, il nostro cibo, ma anche l’opera lirica, il calcio e la “musicalità della nostra lingua”. Purtroppo ci portiamo dietro anche degli stereotipi difficili da sradicare, soprattutto per me che sono siciliano, orgogliosissimo di esserlo, ma uno degli obiettivi della mia carriera e della mia vita è quello di fare tutto il possibile affinché cambi quest’opinione degli italiani mafiosi e delinquenti.

 

 

Sicuramente è un lavoro piacevole il tuo, unisci l’utile al dilettevole, no?

 

Il mio è sicuramente un lavoro piacevole, ma anche difficile da trovare e pagato poco. Infatti, andare all’estero attraverso questi tirocini, ti consente di vivere abbastanza bene durante la permanenza da “tirocinante”, ma se poi devi lavorare come impiegato, le condizioni del salario cambiano drasticamente. Nonostante ciò, è un lavoro bello e divertente, ti permette di conoscere nuovi popoli, nuove abitudini, punti di vista, una nuova lingua e Paesi differenti. Peccato che molte volte si tratti di un’esperienza di pochi mesi, che non ti dà tempo di conoscere a fondo il Paese e la cultura che ti ospita.

 

E’ più facile trovare lavoro all’estero come insegnante piuttosto che in Italia?

 

Trovare lavoro in Italia è quasi impossibile, come dimostra l’ultimo “Concorsone” farsa del Ministero dell’Istruzione. All’estero è un po’ più facile, ma dipende da un fattore importante: se la scuola è pubblica, dove per pubblica intendo dipendente dal Governo del Paese a cui ci riferiamo, o se sono distaccamenti consolari italiani o Istituti Italiani di Cultura (IIC); oppure, nell’ultimo caso, scuole o fondazioni private. Nei primi due casi è praticamente impossibile lavorare, infatti i requisiti per partecipare ai concorsi banditi sono “ad hoc”, secondo me: infatti, è necessario avere un voto di laurea “minimo” di 110; esserti laureato entro una determinata età (cosa alquanto difficile in molte Università italiane) in Filologia Italiana e molti altri aspetti che rendono impossibile ottenere il posto di lavoro. In pratica, si trovano le stesse difficoltà che si troverebbero in Italia. Nel caso delle scuole private è diverso, viene valutata la tua esperienza lavorativa precedente, ma anche il fatto di essere madrelingua. Il problema è la precarietà, perché la scuola o la fondazione, nel caso abbia una riduzione delle iscrizioni, è costretta a licenziarti o a metterti fuori per un periodo. Inoltre, in alcuni Paesi con un alto numero di discendenti italiani, come l’Argentina, può succedere che ci sia anche la “concorrenza” dei figli degli emigrati italiani, infatti capita spesso che queste persone nel loro tempo libero o quando vanno in pensione si dedichino all’insegnamento della lingua e cultura italiana a titolo gratuito!!!

 

Lo scorso anno sei stato in Nicaragua, ci racconti qualcosa sull’esperienza vissuta?

 

L’esperienza vissuta in Nicaragua è stata eccezionale, è stata formativa sotto tanti punti di vista ed è stata un’esperienza che mi ha cambiato la vita, infatti lì ho conosciuto colei che adesso è mia moglie. Ritornando alla sfera lavorativa, le mie giornate si svolgevano più o meno secondo una routine abbastanza consolidata. Lavoravo presso la Fundación Dante Alighieri di Managua, fondazione che lavora in collaborazione con l’Ambasciata Italiana della capitale nicaraguense; visto che si lavorava sempre di pomeriggio, tranne il sabato quando si svolgeva un doppio turno, le mattine passavano nella tranquillità della casa, preparando la lezione del pomeriggio, chiacchierando con gli amici e la famiglia in Italia (ci sono 8 ore di fuso orario) o impegnandosi in qualche tipica attività mattutina, come fare la spesa o fare il bucato. Poi nel pomeriggio mi recavo a scuola, dove normalmente lavoravo per 4 ore, dopodichè ci riunivamo, quasi tutti i giorni, con altri professori italiani che lavoravano presso la scuola, per fare una cena o andare a visitare qualche zona di Managua. Facevamo ciò, non per non voler stare in casa con la famiglia nicaraguense, ma perché le loro abitudini li portavano a dormire alle 9 di sera, cioè quando noi tornavamo dal lavoro. Per il resto il giorno della settimana dedicato al “turismo” era la domenica, dove di solito andavamo a visitare qualche città dal passato glorioso come Granada o León o ci dedicavamo a qualche escursione più naturalistica, come le visite alle splendide spiagge di Poneloya o San Juan del Sur o ancora all’esplorazione della Selva Negra, una foresta situata nel nord del Paese. Il rapporto con la popolazione locale è sempre stato cordiale e amichevole, grazie anche al fatto che vivevo con una famiglia del posto e con un collega italiano che lavorava anche lui presso la Fondazione. Vivere con gente del posto è stato molto importante per approfondire la conoscenza della storia e della cultura nicaraguense, la loro ospitalità e le loro abitudini quotidiane. Vivere in Nicaragua sarebbe bellissimo avendo uno stipendio tale da sostentare una piccola famiglia, ma questo forse è uno dei pochi contro insieme alla molta povertà che c’è nel Paese centroamericano, per il resto ha molti aspetti positivi come il clima, la gente, il cibo, il costo della vita e molto altro. La gente che ha un lavoro dignitoso vive bene in Nicaragua, può sostenere uno stile di vita all’ “occidentale” o all’ “europea” che dir si voglia, ma molta gente vive con pochi dollari al giorno, anche se negli ultimi anni stanno cambiando le cose, grazie agli aiuti che il Governo riserva ai più poveri. Un fattore che ha aiutato tanto la mia integrazione in Nicaragua è dovuta alla massiccia presenza di italiani nel Paese. Infatti, i nostri connazionali si stanziarono in questo splendido paradiso già a partire dal XVIII secolo e, nell’arco di 150 anni, hanno dato un grande apporto allo sviluppo del commercio e delle attività economiche e tuttora alcuni discendenti, sono a capo delle principale imprese del Paese.

 

 

Dopo il Nicaragua, il lavoro ti ha portato in Portogallo, dove attualmente ti trovi. Collabori con qualche Università? Come si svolge una tua giornata lavorativa?

 

Più che il lavoro è il precariato, ahimé, che mi ha portato in Portogallo. Sono qui grazie ad una borsa di Assistentato Comenius. Il Progetto Comenius consiste nel diffondere una coscienza europea tra i giovani, attraverso lo studio delle lingue con meno diffusione nel continente, e nel creare anche uno scambio interculturale tra i diversi popoli dell’Unione Europea. A differenza del Nicaragua, qui la mia giornata lavorativa si svolge prettamente di mattina, infatti dal lunedì al giovedì mi reco a scuola dove, nelle prime settimane ho assistito alle lezioni di diversi professori, di diverse materie, per conoscere i loro metodi d’insegnamento e per approfondire la conoscenza della lingua portoghese. Adesso invece ho un mio orario definitivo e lavoro con diverse classi di diverse età. Ho cinque gruppi, ai quali insegno lingua italiana per principianti; assisto settimanalmente a una lezione di inglese e ad una di portoghese per migliorare l’apprendimento delle due lingue; inoltre a breve terrò anche un corso di lingua italiana per i docenti della scuola, che rientra in uno dei progetti (NELPAE) a cui sto lavorando insieme alla docente coordinatrice.

 

Com’è considerata la lingua italiana in Portogallo?

 

La lingua italiana è considerata una lingua “amica” e gli studenti lusofoni sono generalmente ben predisposti all’acquisizione della nostra lingua e della nostra cultura. Le ragioni possono essere varie e, a volte, soggettive. Vanno dalla forte motivazione, curiosità personale per entrare in contatto con una società di cui si apprezzano le qualità umane e lo stile di vita, a quella culturale verso il patrimonio artistico, storico e letterario, che senz’altro può essere meglio conosciuto con la padronanza della lingua italiana.

 

Sono in tanti a voler imparare la nostra lingua?

 

Per i motivi elencati precedentemente sono tanti a voler imparare la nostra lingua, ma non tutti al giorno d’oggi se lo possono permettere, vista la grave crisi che sta attanagliando il Portogallo. Nonostante ciò, c’è un alto numero di iscritti nei vari poli, dove si insegna la nostra lingua-cultura e dai dati che ho raccolto in queste settimane, posso affermare che l’insegnamento dell’italiano in Portogallo gode di ottima salute. Infatti, la lingua italiana viene insegnata in diverse università del Paese; dall’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona; dalla Camera di Commercio del Portogallo con sede a Porto; dai Conservatori; dalle Scuole private di lingue straniere.

 

Quale aspetto dell’insegnamento preferisci?

 

L’aspetto che mi piace di più del mio lavoro di insegnante è quello di poter viaggiare e conoscere nuovi Paesi e di conseguenza le loro culture, le loro lingue, i loro stili di vita, ma soprattutto poter toccare con mano l’idea di Italia e di lingua e cultura italiana che si ha in un altro Paese.

 

Quali sono gli aspetti positivi nel settore lavorativo e quali quelli legati alla vita privata, riscontrati all’estero? E gli aspetti negativi?

 

All’estero ho trovato molte cose positive sia in ambito lavorativo, sia nella vita privata. Per quanto riguarda l’ambito lavorativo ho sempre ricevuto delle accoglienze straordinarie ed ho avuto la fortuna di lavorare con gente competente, non solo nell’ambito dell’insegnamento della lingua italiana, infatti quando ho lavorato a Tenerife ho avuto il piacere di conoscere anche colleghi che insegnavano le lingue più disparate e da cui ho appreso tanto, anche dal punto di vista umano. Per quanto riguarda gli aspetti negativi, finora, sono contento di affermare di non averne trovati e di essermi sempre trovato bene in qualsiasi posto sia andato, che sia stato per studio o per lavoro. Neanche il fatto di stare così poco tempo in un posto e di avere poca stabilità mi è pesato più di tanto, ma non escludo che a breve possa succedere, perché arriva sempre un giorno in cui vuoi fermarti in un posto un po’ più a lungo o anche, perché no, per sempre.

 

 

Di cosa senti maggiormente la mancanza e di cosa invece fai volentieri a meno?

 

Le uniche cose di cui sento la mancanza quando mi trovo all’estero, ma anche in Italia, sono gli odori e i sapori della Sicilia, i paesaggi e soprattutto il mare. La famiglia e gli amici, viste le nuove tecnologie, sono ormai raggiungibili tramite videochiamate, mail, ecc. La cosa di cui faccio volentieri a meno invece è la politica italiana, le inutili chiacchere e i raggiri giornalieri che devono subire gli italiani; per non parlare della lenta e preistorica macchina burocratica che ci ritroviamo, che finora non ho riscontrato in nessun Paese da me visitato..

 

Un’ultima domanda. Se qualcuno volesse seguire il tuo stesso percorso professionale, quali sono i passi giusti da affrontare?

 

A tutti quelli che volessero seguire il mio percorso professionale consiglio, se ancora in età universitaria, di iscriversi all’Università per Stranieri di Siena, perché può essere una porta di accesso verso l’insegnamento della lingua e della cultura italiana all’estero. Lo dico per esperienza personale e perché posso assicurare la serietà e la professionalità delle persone che lavorano al suo interno, ma soprattutto perché c’è un gruppo di professori e ricercatori universitari che credono fortemente nelle potenzialità che ha la nostra lingua-cultura fuori dai confini italiani e che stanno investendo molto in questa direzione, a differenza di quello che hanno fatto negli ultimi decenni i nostri governi. 

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A cura di Nicole Cascione