Fernando, insegnante di lingue (Italiana e Spagnola) a Basilea

 

Fernando, insieme a sua moglie, si è trasferito a Basilea, in Svizzera, dove ha avuto la possibilità di raggiungere importanti obiettivi professionali oltre che personali. Mentre sua moglie lavora come ricercatrice all’Università, Fernando è un insegnante di lingua italiana e spagnola presso una scuola di lingue. Tanti sono gli aspetti positivi della realtà svizzera, come “La precisione, la puntualità e la competitività sul lavoro sono aspetti della vita professionale svizzera che la rendono diversa dall’Italia. Diversamente dall’Italia sembra favorita la meritocrazia, ma se sbagli sono guai, non ci mettono molto a metterti alla porta”. Ovviamente, come in tutti i Paesi del mondo, anche la Svizzera ha i suoi lati negativi, come l’alto costo della vita. 

Fernando, presentati brevemente.

 

Ciao a tutti, mi chiamo Fernando, sono italiano e sono nato in Cile. Quando ero piccolo, la mia famiglia si è trasferita in Italia e da allora ho vissuto sempre a Milano. Sin da bambino desideravo vivere all’estero, ma il mio rimaneva solo un desiderio. Poi nel 2012 mi sono sposato e da allora il desiderio ha trovato nuovi stimoli e con mia moglie abbiamo deciso di “guardarci intorno”…così siamo finiti qui a Basilea.

 

Hai lasciato il tuo lavoro per seguire tua moglie a Basilea, dove lavora come ricercatrice all’Università. Quanto ha pesato questa decisione in termini emotivi?

 

Beh, il fatto di aver affrontato questo trasferimento in due è stato di grande aiuto. Entrambi volevamo cambiare aria e aver potuto fare le cose insieme è stato molto importante: un trasferimento in solitaria è sempre difficile. L’ho seguita perché chiaramente lei si è trasferita prima ed è stata qui a Basilea da sola un paio di mesi. Io dovevo ancora concludere il contratto che avevo in Italia.

 

Come si vive a Basilea?

 

Io vengo da Milano che è circa due volte più grande di Basilea. Questo ridimensionamento è stato come una boccata d’aria fresca, in tutti i sensi. Tutto è diventato a portata di mano. Sia in bici che con i mezzi, non impiego più di venti minuti per arrivare a destinazione e percorrere la città da parte a parte richiede solo mezz’ora. La città è piena di verde e i mezzi pubblici sono efficienti. Ovunque trovi supermercati, caffè, bar, parchi, bagni pubblici ricavati da vecchie costruzioni. Tutta questa tranquillità e qualità però ha il suo prezzo. Qui la qualità della vita è ottima, non ci sono rumori. Basilea è silenziosissima. Gli spostamenti sono facili, c’è uno spiccato senso civico, c’è un bel fiume che raduna gli abitanti in minigrigliate dopo lavoro, siamo vicinissimi alla Germania e alla Francia, dove è possibile andare a fare la spesa in bicicletta e i servizi al cittadino funzionano sul serio. Ad esempio, per fare il permesso di soggiorno un anno fa e per rinnovarlo poche settimane fa, ci abbiamo messo solo mezz’ora. In questura a Milano ci vuole tutto il giorno, dopo aver fatto l’alba di fronte all’ufficio immigrazione. Anche qui però ci sono i lati negativi, come ovunque del resto.

 

Cioè?

 

I prezzi sono alti (e meno male che non siamo a Ginevra!); poi ci sono i costi assurdi dell’assicurazione sanitaria; gli svizzeri stessi che sono quadrati e che se esci da quel quadrato cominciano a perdersi, che sono troppo timidi o troppo introversi (non ho ancora capito bene) per fare amicizia e che non amano esprimersi in una lingua che non sia lo svizzero-tedesco, che non ti dicono le cose in faccia.

 

 

Di cosa ti occupi a Basilea?

 

Sono insegnante di lingua italiana e spagnola presso una scuola di lingue. Facciamo corsi privati e di gruppo. L’italiano ha buona fama in Svizzera, essendo una delle lingue ufficiali della Confederazione. Lo spagnolo invece suscita minor interesse, forse perché a livello commerciale non ha, per il momento, grosso peso.

 

Quale considerazione c’è degli italiani e in generale dell’Italia nel Paese in cui ti trovi?

 

Innanzitutto ci tengo a sottolineare che quando parlo di Svizzera o svizzeri intendo la parte tedesca, che è quella in cui vivo e che conosco. La considerazione è buona direi, gli italiani sono il secondo "gruppo etnico" in Svizzera. Moltissimi sono figli di genitori italiani o addirittura italiani di terza generazione che sono nati e cresciuti qui. Sembra incredibile, ma l’Italia è ritenuto il Paese della cultura oltre che della moda e delle arti, del buon cibo e delle vacanze, ma non un Paese per viverci. Grazie al cielo non è il Paese di Berlusconi e della mafia, anche se il Cavaliere da queste parti è noto e la mafia purtroppo pure. Mi sento di dire che, grazie alla cultura, gli aspetti negativi passano in secondo piano. Naturalmente gli stereotipi sugli italiani abbondano in barzellette e battute. Interessante notare come il settore lavorativo, dove si trovano più italiani, sia la manovalanza: costruzioni, imprese edili, cantieristica…mi è capitato di fare un corso di italiano ad un gruppo di muratori ed uno privato a conducenti di treno, perché possano esprimersi con efficacia quando vanno in Ticino per lavoro.

 

Dal punto di vista professionale, quali differenze hai potuto notare rispetto all’Italia?

 

La precisione, la puntualità e la competitività sul lavoro sono aspetti della vita professionale svizzera che la rendono diversa dall’Italia. Diversamente dall’Italia sembra favorita la meritocrazia, ma se sbagli sono guai, non ci mettono molto a metterti alla porta. Sul lavoro esistono parecchi incentivi anche dal punto di vista personale, però sembrano interessare solo i non italiani. Faccio un esempio, molte aziende pagano corsi di lingua per i propri dipendenti, ma non ho mai visto nessun italiano approfittarne. Inoltre c’è più attenzione anche a titoli che in Italia vengono quasi derisi: insegnante, chi ha studiato musica, storia dell’arte. Diciamo che dal punto di vista professionale chiunque abbia un’istruzione superiore non dovrebbe avere difficoltà a trovare lavoro.

 

Come descriveresti il processo di selezione ed assunzione?

 

Personalmente sono stato fortunato, perché ho consegnato il mio curriculum alla scuola dove ho studiato tedesco e mi hanno chiamato quasi subito. Dopo un colloquio ho cominciato a lavorare. Per mia moglie, invece, si è trattato di investire un paio di giorni in presentazioni e conferenze, poi anche lei è stata presa subito. Le proposte di lavoro sono del tipo “prendere o lasciare”. Candidarsi online come va di moda adesso è un’incognita: può funzionare se sai il tedesco e se il tuo curriculum è in tedesco. Molto efficace il fenomeno dei contatti e del passaparola (attenzione: è ben diverso dalla raccomandazione); più contatti hai, più possibilità hai di trovare lavoro. Sembra una banalità, ma è così.

 

A livello quantitativo, com’è la richiesta di lavoro rispetto all’Italia? Cosa si ricerca maggiormente?

 

Tralasciando i top manager e i direttori di banche e di finanziarie, si trovano molti annunci per sistemisti e programmatori, per persone che lavorano nel settore delle assicurazioni, per infermieri, per traduttori, per tecnici della costruzione, nell’ammistrazione e naturalmente nel settore farmaceutico. Purtroppo, a parte gli IT e chi lavora presso Novartis e Roche, chi non conosce il tedesco è tagliato fuori dal mercato del lavoro.

 

Come rapporti la retribuzione rispetto a quella italiana?

 

Non c’è paragone. La Svizzera ha stipendi più alti, in ogni settore. Io vengo pagato a ore e quindi non faccio testo, ma mia moglie prende 3 volte quello che prendeva in Italia, facendo lo stesso lavoro. Inutile sottolineare che chi lavora alla Novartis o alla Roche ha stipendi con cifre a quattro zeri. A fine mese in Italia dici: "Ho lavorato sodo e lo stipendio è già finito", in Svizzera dici: "Ho lavorato sodo e ora mi godo lo stipendio”. Al momento stanno discutendo una legge per l’introduzione di un salario minimo che, nelle intenzioni dei proponenti, dovrebbe aggirarsi sui 3500 franchi (circa 2800€). A parte queste differenze macroscopiche, è necessario prendere in considerazione le differenze qualitative: con un solo stipendio una coppia riesce a vivere in maniera dignitosa, paga l’affitto, fa la spesa e l’assicurazione sanitaria; se lavorano tutti e due naturalmente il salario aumenta e puoi condederti qualcosa in più, viaggi, spese extra, svaghi, etc…

 

 

Cosa apprezzi di più del Paese in cui vivi?

 

Beh, la top-five l’abbiamo fatta poco fa. L’aspetto che personalmente apprezzo di piu è sicuramente l’efficienza dei mezzi pubblici. Se il monitor alla fermata segnala che il tram arriva tra 3 minuti, può cascare il mondo ma il tram tra 2 minuti e mezzo svolta e apre le porte. Questo ovviamente si estende ai treni che sono di una puntualità… svizzera! In Svizzera le cose funzionano, questa è forse la differenza. Ricordo un episodio: l’estate scorsa prendevo il treno spesso e una volta si è rotta la locomotiva e il treno fece un ritardo mostruoso. Il giorno dopo scrissi una mail di protesta alle ferrovie svizzere; il giorno successivo mi risposero: erano amareggiati ma non potevano rimborsarmi, perché comunque il treno aveva portato i passeggeri a destinazione entro la fine della giornata. Ho mandato giù un boccone amaro, perché comunque è il regolamento. La settimana successiva il treno fece nuovamente ritardo, questa volta era un treno italiano dall’Italia. Inoltrai reclamo e presentai tutti i documenti (come previsto da Trenitalia) per ottenere un bonus/rimborso. Sto ancora aspettando anche solo una risposta via email.

 

Cosa invece ancora non riesci a comprendere?

 

Il dialetto svizzero, il fatto che siano così quadrati e la diffidenza che hanno verso qualsiasi essere umano gli si avvicini. Secondo me hanno paura di se stessi e di guardare al di fuori dei propri confini, anche se non me la sento di biasimarli.

 

Qual è il livello di istruzione medio e quali sono le prospettive lavorative a seconda del titolo di studio?

 

Gli svizzeri sono eminentemente pratici, non studiano giurisprudenza per poi andare a lavorare come portalettere in uno studio legale o parcheggiarsi in Università in attesa di un primo impiego. Non so quali siano le percentuali, ma molti svizzeri non terminano l’Università, anzi non la iniziano proprio. Moltissimi fanno scuole preparatorie per un certo tipo di lavoro (parrucchiere, macchinista, imbianchino, geometra). Non c’è Tore il muratore che si improvvisa muratore; c’è gente che ha studiato saldatura e lavora come saldatore.

 

Durante il trasferimento ci sono stati momenti di scoraggiamento, di nostalgia, soprattutto all’inizio?

 

No. Direi di no. Forse perché siamo ed eravamo in due e quindi ci sosteniamo a vicenda; per Intenderci, non ho mai guardato fuori dalla finestra con lo sguardo perso nel vuoto pensando all’Italia e al Grana Padano (sia chiaro che il Grana lo metto ancora in valigia).

 

Cosa ne pensi della tua nuova vita all’estero? Trovi dei miglioramenti rispetto alla vita italiana?

 

Sì. Certamente sì. La vita è migliore sotto tanti aspetti: la salute, le pressioni – non solo lavorative –, la facilità negli spostamenti, il fatto che non debba più calcolare il viaggio in metropolitana per arrivare presto al lavoro. Oltre a questo, direi che l’atteggiamento verso chi ha un titolo di studio è completamente diverso. Voglio dire, qui si valorizza molto la preparazione, in Italia…vabbè.

 

Attraverso dei momenti importanti della tua vita potresti parlarci delle due realtà. Cosa secondo te dovrebbe essere cambiato da entrambi le parti e cosa ti sentiresti di elogiare?

 

Non voglio parlare dei difetti dell’Italia, perché non trovo giusto sputare nel piatto dove ho mangiato, ma credo che in Italia debba proprio cambiare la mentalità e il governo, che dovrebbe dare voce al popolo. Vedasi il famoso referendum di febbraio contro l’immigrazione di massa in Svizzera. Non parlo del tema in sè, ma di come il popolo sia stato libero di scegliere per sè. In Italia non è così. Anche qui ci sono governanti poco lungimiranti, ma qui per qualsiasi decisione politica importante la parola spetta al popolo, che si esprime tramite un referendum. La Svizzera forse dovrebbe cercare di aprirsi di più verso l’Europa (anche se è un rischio) e non cercare di chiudersi in se stessa; rischia di implodere.

 

Cosa consiglieresti a coloro che desiderano trasferirsi in Svizzera? Quali sono gli aspetti da considerare al fine di non commettere errori che possano compromettere l’esito del trasferimento?

 

Partire è sempre un po’ morire, ma il rischio per molti è morire davvero. Dipende da persona a persona. Semplificando molto, ci sono tre modi di lasciare l’Italia:uno è partire e io speriamo che me la cavo, due è partire con un progetto, tre è partire con un lavoro.La prima è da escludere per la Svizzera, a meno che non abbiate una pensione d’oro, ma a questo punto è meglio rimanere in Italia, costa meno. La seconda è interessante, ma bisogna rimboccarsi le maniche, investire in un buon corso di lingua tedesca o francese o entrambi e cercare lavoro tutti i giorni. La terza è un’ottima soluzione e permette di fare le cose con calma, parola che gli italiani amano particolarmente. Partite però solo se avete una qualifica o se avete in testa cosa fare. Avere cervello e un buon titolo di studio sono ottimi biglietti da visita, ma qui le cose non sono facili; se pensate di arrivare e trovare lavoro perché l’amico del mio amico mi ha raccomandato o solo perché mi ha detto che la Svizzera ha stipendi alti, già partite con il piede sbagliato. Qualsiasi sia la ragione che vi fa scegliere la Svizzera, scegliete in fretta, vedi referendum.

 

Dove vedi il tuo futuro?

 

Sinceramente al momento vorrei rimanere qua. Vorrei incrementare magari lo stipendio e buttarmi su altre iniziative. Quello che è certo è che non tornerei in Italia, nemmeno se la situazione dovesse precipitare, cosa che vedo impossibile. Al momento è così.

 

Alcuni consigli sparsi?

 

Invece di “consigli” direi “suggerimenti”:- imparare una o tutte e due le altre lingue della Confederazione (a meno che non siate linguisti, lasciate perdere il romancio);

– rimboccatevi le maniche perché qui nessuno vi regala niente;

– mettete la mentalità italiana in cantina e lasciatela in Italia;

– non fatevi prendere dalla malinconia durante inverni lunghi e piovosi;

– cercate di non avere poche amicizie come gli stranieri di qui, ma che non siano tutti italiani;

– divertitevi a scoprire che gli stereotipi sugli svizzeri sono veri;

– dviertitevi a scoprire che gli stereotipi sugli italiani sono veri;

– non fatevi venire un infarto dopo un giro al supermercato, ci sono anche delle offerte;

– evitate di fare troppe pause caffè;

– lasciate finire di parlare gli altri prima di dire la vostra;

– se vi trasferite con i vostri mobili, verificate con accuratezza il peso del trasporto e non

dimenticate di dichiarare alla dogana italiana che volete trasferirvi e che state portando i vostri mobili. Non la prendono bene se dite: “Ma io pensavo di dovere fare i documenti solo con la dogana svizzera!”.

Il mio indirizzo email è fe******@gm***.com chi vuole può scrivermi direttamente, soprattutto per le informazioni sulla dogana, ho una paio di storielle da raccontare.

 

A cura di Nicole Cascione