Carestia di marijuana in Giamaica: cosa sta succedendo?

La crisi della marijuana in Giamaica

La Giamaica, piccola e lussureggiante isola sul Mar dei Caraibi, è nota a viaggiatori e curiosi per la sua natura incontaminata, le spiagge paradisiache, i paesaggi mozzafiato e non solo. È infatti considerata, nell’immaginario comune, anche la “patria” della cannabis a livello internazionale. 

 

Complice il successo della reggae music (e in particolare del suo più famoso esponente, Bob Marley) in tutto il mondo, tutto ciò che riguarda l’isola viene ormai istantaneamente associato alla ganja e al suo consumo, spesso osteggiato e criminalizzato in altri stati del mondo. 

 

A dire la verità, in Giamaica la marijuana è stata legalizzata solo di recente (2014), nonostante il consumo e la coltivazione della pianta e la cultura ad essa legata abbiano radici molto profonde nella storia dell’isola. 

 

Attualmente la Giamaica sta affrontando una fase di profonda crisi nel settore della cannabis, come confermano diversi media internazionali. L’erba comincia ad essere sempre più difficile da reperire, e nel caso fortunato in cui si riesce a trovarla il prezzo sembra essere più che raddoppiato. Inoltre, i consumatori lamentano anche un peggioramento della qualità. 

 

I fattori in gioco in questa crisi senza precedenti sembrano essere molteplici. Ma prima di spiegare cosa sta succedendo esattamente, vogliamo chiarire alcuni concetti sulla cultura della cannabis in Giamaica e spiegare perché è così importante per i giamaicani. 

 

 

Le origini della cultura della cannabis in Giamaica 

Iniziamo dicendo che ganja, tra i termini più usati dai giamaicani per definire l’amata pianta, viene dal sanscrito. Non si sa con precisione l’etimologia della parola, ma è certo che furono gli indiani indú a portare i semi di cannabis nei Caraibi, e con essi il nome dell’erba. 

 

Questi furono “reclutati” dagli inglesi per lavorare nelle piantagioni dell’isola dopo la completaabolizione della schiavitù, nel 1838 (ricordiamo che la Giamaica è stata colonia britannica dal 1655 al 1962). Questo avvenimento portò infatti a una crisi del lavoro per i proprietari di piantagioni, e dunque alla sostituzione degli schiavi africani con circa 40.000 servi indiani. Essi furono i primi a piantare la cannabis sul suolo giamaicano, e a diffondere l’uso della pianta sacra per la religione indú

 

La fusione di cultura indiana e africana sull’isola diedero dunque origine alla cultura giamaicana della ganja, e la popolarità dell’erba fra le classi più umili divenne presto un simbolo della lotta contro la classe dominante imperialista.

 

Cannabis e rastafarianesimo

Nonostante l’uso di cannabis diventasse col passare del tempo sempre più diffuso in Giamaica, le istituzioni cominciarono ben presto a prendere di mira i fumatori con leggi severissime, come la Legge sull’oppio del 1913 e il Dangerous Drugs Act del 1948

 

Proprio in questo periodo però, la cannabis si radicò ancora di più nella cultura giamaicana grazie alla nascita del rastafarianesimo. Non si tratta solo di una religione (che si presenta come erede del cristianesimo), ma di un vero e proprio movimento che trae ispirazione dalle idee e gli insegnamenti del predicatore Marcus Garvey e ha come “leader” l’Imperatore d’Etiopia Haile Selassie I, che regnò nel periodo tra il 1930 e il 1974 (fino alla sua morte). Tuttora infatti, nella cultura Rasta, Selassie è venerato come figura del Cristo incarnato. 

 

Ma cosa ha a che fare l’uso di cannabis con il rastafarianesimo? Ebbene, la ganja è per i Rastafari un vero e proprio sacramento. Fumare infatti è considerato un modo per entrare in profonda comunione con Jah (Dio).

 

La marijuana ha dunque un ruolo importantissimo nelle cerimonie celebrative rastafariane, Di solito il consumo di ganja è accompagnato da canzoni, danze e preghiere, e persino il passare lo spliff in una certa direzione ha un significato preciso per i Rasta. 

 

 

Che sta succedendo al mercato della cannabis giamaicano? 

Torniamo alla crisi che sta colpendo il mercato giamaicano della marijuana, che come accennavamo poc’anzi è dovuta a diversi fattori

 

Ultimamente il clima sfavorevole hanno causato danni enormi a tutti gli agricoltori, e in particolare a quelli che si trovano ancora fuori dal sistema legale. C’è infatti da dire che la legalizzazione del 2014 ha coinvolto solo pochi produttori, e ciò fa sì che la maggior parte dell’offerta sia ancora legata alla produzione illegale.

 

I campi di marijuana giamaicani sono stati colpiti da forti piogge durante la stagione degli uragani, e in seguito arsi dalla siccità che ne è conseguita, causando perdite agli agricoltori per decine di migliaia di dollari.

 

A dare il colpo di grazia è stata però la pandemia di Covid 19 e il conseguente coprifuoco governativo dalle ore 18, che ha impedito ai contadini di potersi occupare dei loro campi di notte. Pare infatti che in Giamaica si usi dare l’acqua alle piante di marijuana al calar del sole. Probabilmente, questa consuetudine è dovuta al fatto che i contadini “illegali” (la stragrande maggioranza) preferiscono lavorare di notte per evitare i controlli della polizia locale

 

Tra l’impossibilità di curare i raccolti a causa delle restrizioni e le sorgenti d’acqua quasi a secco, appare chiaro come questa crisi risulti particolarmente dura da affrontare per i coltivatori dell’isola. Ci auguriamo che in futuro possano risollevarsi da questo periodo nero e accedere più facilmente al sistema legale, nonché di assistere al decollo definitivo dell’industria della cannabis giamaicana a livello internazionale

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