Da Bergamo a NY, passando per Boston e Washington: la storia di Michela

 

Da un piccolo paesino ai piedi delle montagne bergamasche alla Grande Mela, passando per Washington e Boston e tutto questo nell’arco di soli tre anni. Un salto non facile per Michela, un cambiamento di vita affrontato con ironia e forza di volontà. Tutto questo riportato tra le pagine del suo blog: www.donnaconfuso.com, pagine in cui vengono raccontati i vari aspetti della vita vissuta in Usa, oltre alle emozioni provate e ai sorrisi ricevuti e donati. “Un ottimo modo per dipingere questo Paese a stelle e a strisce”.

 

Michela, nell’arco di tre anni ti sei trasferita dapprima a Washington, poi a Boston e infine a New York. Ci racconti qualcosa dei posti in cui hai vissuto?

 

Certamente! Dopo diversi anni vissuti a Milano, ero tornata nel mio piccolo paesino, ai piedi delle montagne bergamasche. A New York siamo arrivati solo a febbraio di quest’anno, per esigenze lavorative di mio marito. Di Washington ho ricordi molto teneri, è stata la mia luna di miele, non solo per la mia vita di coppia (ci eravamo appena sposati), ma anche per la mia condizione di expat. Tutto mi entusiasmava e mi sentivo molto motivata e divertita allo stesso tempo, dalla nuova esperienza che stavo vivendo. La città mi è subito parsa accogliente e oserei dire paziente. Non è frenetica nè ostile: c’è molto verde, strade ampie, la possibilità di girare in bicicletta ed un bellissimo lungofiume. Mi sono sentita come in una vacanza molto più lunga del solito. Il trasferimento a Boston ha messo fine a questo specie di idillio. Forse perché ho dovuto affrontare difficili problemi personali, ma la città mi è sembrata fredda, non solo climaticamente. Non mi sono mai veramente integrata e credo che questo abbia condizionato molto il mio giudizio su una città architettonicamente molto affascinante e ricca di storia. New York è stata una sorpresa e continua ad essere una scoperta. E’ una città enorme e caotica, che però sa declinarsi in mille piccoli quartieri, ognuno dei quali con una propria personalità, è praticamente impossibile non riuscire a trovare quello in cui sentirsi a casa.

 

In queste diverse tappe della tua vita, cosa ti è dispiaciuto lasciare ogni qualvolta sei andata via?

 

A Washington ho lasciato degli amici preziosi e questo è stato molto straziante, oltre al rock creek park, un parco enorme, una vera e propria foresta all’interno della città. Quello che ho più amato del periodo vissuto a Boston invece, è stata la possibilità di visitarne i dintorni, che sono vari e ricchi di paesaggi meravigliosi. Su tutto mi mancano il Maine e le sue aragoste 🙂

 

Come hai vissuto questi continui trasferimenti?

 

Diciamo che ne ero consapevole fin dal momento della partenza e questo mi ha aiutato ad accettarli con serenità. Ammetto che non è stato facile sia dal punto logistico (siamo diventati abbonati di Uhaul) sia emozionalmente. Credo che la mia incapacità di affezionarmi a Boston sia legata anche al fatto che io abbia alzato una sorta di muro protettivo, onde evitare lo strazio di Washington al momento della partenza.

 

 

 Qual’ è lo spirito giusto per affrontarli?

 

Io credo che l’ironia sia il modo migliore per affrontare ogni cosa. Quando mi sono trovata a dover cercare casa da sola a New York, perché mio marito era troppo impegnato con il suo lavoro, ero terrorizzata, così ho cominciato a scherzarci sopra e la ricerca si è trasformata in divertimento. Ridere mentre montavo mobili Ikea a raffica, è stato meno facile, ma ne sono uscita indenne 🙂

 

Questi continui spostamenti che ripercussioni hanno avuto sulla tua vita sociale e professionale?

 

Questo è stato un bel problema. In Italia, ho conseguito una laurea in filosofia che non ho mai sfruttato, visto che lavoravo come responsabile amministrativa. Arrivati a Washington, mi sono presa un anno sabbatico proprio per provare a coronare le mie ambizioni e mi sono dedicata alla stesura di un romanzo a cui stavo pensando da tempo. Non ho dovuto affrontare quindi, il mondo del lavoro, cosa che invece è successa a Boston, senza grandi risultati. Ora che sono arrivata a NY, sto iniziando delle collaborazioni che spero portino a qualcosa di continuativo.

 

Quali sono state le cose di cui ti sei privata maggiormente?

 

La vita da expat ti priva delle radici, almeno inizialmente. Per un periodo mi sono impedita di starci male, di ammettere la malinconia e lo scoramento. Ero molto severa con me stessa, perché temevo di pentirmi delle scelte fatte. Ora non più, mi concedo dita nella nutella e canzoni nazional popolari cantate a squarciagola! I mezzi di comunicazione, Skype in primis, consentono un contatto continuo con i propri affetti e questo aiuta moltissimo. Mi mancano gli abbracci, soprattutto quelli dei miei nipotini e talvolta il senso di colpa di non essere presente quando è necessario, diventa logorante.

 

E quali sono stati invece gli aspetti positivi?

 

Sono maturata molto. Sono partita quando ormai non ero più giovanissima, ma mi sentivo ancora molto figlia, fragile e inadatta al mondo. Mi credevo incapace di appoggiarmi solo sulle mie gambe. Ora mi sento più forte, capace di sorridere e di credere che la vita è bella nonostante tutto. Ho imparato che la lontananza in qualche caso è terapeutica. Ti insegna il valore prezioso delle persone che ti vogliono bene, che vedendo ogni giorno si tende a dimenticare o a trascurare.

 

Durante questi anni ti sarai sicuramente trovata ad affrontare degli ostacoli, come li hai superati?

 

Sì certamente, come tutti, credo. In questi anni abbiamo dovuto affrontare problemi di natura burocratica, di salute e dei grandissimi lutti. Vivere il dolore da lontano è estremamente spiazzante, così come la paura di non arrivare in tempo dall’altra parte dell’Oceano, quando c’è irrimediabilmente bisogno di te. La vita non è tenera, propone continuamente delle sfide, non vinco sempre. Certi ostacoli non li ho superati, mi sono caduti addosso, mi hanno fatto male e ho pianto. Poi si ricomincia, perché le cose belle hanno un fascino irresistibile e la voglia di condividerle con chi amo e mi ama, mi impedisce di fermarmi.

 

 Attualmente mi hai detto di vivere a New York, quali sono i tuoi programmi?

 

Abbiamo fatto la domanda per la green card, la speranza è quella di poter rimanere qui, per un periodo più lungo di quanto è stato per le città in cui abbiamo vissuto fino ad ora. Ci piacerebbe restare stanziali per un po’ e provare a sentirci veramente a casa. Ho tante cose in mente, ma sono troppo scaramantica per poterle raccontare ora, perdonatemi 🙂

 

Come si vive a New York?

 

New York è la città con il costo della vita più alto che io abbia mai visto. Ma è anche il posto più vivace e straordinario, in cui mi sia capitato di vivere. Mi piace vivere qui, perché insieme allo smog si respira entusiasmo; moltissime persone si trasferiscono qui per cambiare la propria vita, per creare il proprio destino e questo si percepisce, si tocca. Ovviamente anche questa città ha i suoi pro e i suoi contro. I pro sono l’interminabile offerta di attività, cinema, teatri, ristoranti e locali. Io che sono tendenzialmente pigra, non riesco a passare una domenica dentro casa. Anche se piove. Uno degli aspetti negativi è che non è una città per poveri. Troppe persone vivono per strada e molte altre nei quartieri ghetto, impossibilitati ad accedere ai bisogni di prima necessità e in netto contrasto con l’opulenza ostentata nelle vetrine del centro.

 

Quindi se una famiglia volesse trasferirsi, dovrebbe considerare attentamente l’aspetto economico, giusto?

 

Se ci riferiamo ad una famiglia con dei figli in età scolare o prescolare, si necessita di stipendi davvero importanti. Io personalmente ho trovato anche qualche difficoltà nello stringere amicizie, così come le intendo io, ma non mi permetterei di proporla come una legge universale. C’è molta cordialità e inizialmente l’approccio è molto facile, solo che quando si tratta di aprirsi profondamente o di donarsi apertamente, ho notato una certa reticenza. Potrebbe essere però solo un caso sfortunato, il mio. Ciò che mi sento invece di indicare come un nemico, è l’assicurazione sanitaria! Non c’è verso, è un qualcosa a cui secondo me è impossibile abituarsi, perchè anche se è buona e arriva a coprire molte delle visite, la percepisco sempre come un entità burocratica e fastidiosa. Ci hanno insegnato che la salute è al primo posto, è una di quelle cose ataviche e irrinunciabili e quindi se dopo l’infermiere e il dottore, vedi apparire il consulente finanziario, fa sempre un certo effetto.

 

Dove vivi precisamente? Raccontaci qualcosa del tuo quartiere….

 

Io vivo a Williamsburg, un quartiere in divenire. Non è bellissimo nè perfetto. E’ un posto tormentato, allegro e triste allo stesso tempo, scapestrato, scrostato, ma consapevole di poter essere migliore. E’ un posto che mi assomiglia e in cui mi ci trovo benissimo: ho il panettiere e la ferramenta sotto casa, piccole botteghe che mi ricordano il mio paese natio, ma con tre fermate di metro, mi trovo a Union Square, al centro della mela. E poi c’è una vista di Manhattan da spezzare il fiato!

 

Vivere a New York sarebbe il sogno di molti, ma il tuo sogno qual è?

 

Il mio sogno è quello di essere felice, ovunque capiti.

 

Hai aperto un blog www.donnaconfuso.com quali sono gli argomenti trattati?

 

Racconto la mia vita in USA, i viaggi che faccio, le cose che vedo e che imparo, ciò che mi piace, quello che mi fa sorridere e anche quello che non riesco ad accettare. Mi diverto ad ironizzare sui miei limiti culturali, a sottolineare come certi valori che pensavo universalmente riconosciuti, in realtà non lo sono. Mi piace molto fotografare e credo che sia un ottimo modo per dipingere questo Paese a stelle e strisce.

 

Cosa vorresti trasmettere con le pagine del tuo blog?

 

Vorrei raccontare gli Stati Uniti nel modo più realistico possibile con i loro pregi e i loro difetti, proprio per dissipare l’alone di sogno che spesso aleggia su questa nazione. Il mio intento non è in nessun modo quello di scoraggiare un sogno. Io amo i sogni (ah, lo sa il cielo quanto!) e quindi non mi permetterei mai di tarpare le ali a qualcuno che invece sta cercando un po’ di spazio per prendere la rincorsa e spiccare il volo. Diciamo che mi pongo come una zia che vuole essere sicura che i propri nipoti sappiano dove stanno andando. Però in modo un po’ meno serio e il più leggero possibile.

 

Cosa significa invece per te scriverlo? 

 

Il blog è stata una rivelazione per me. Uno strumento di crescita e di confronto continuo e stimolante. Oltre che un fantastico mezzo per trovare nuovi amici che dal virtuale, in alcuni casi, sono già diventati in carne ed ossa. E’ un impegno quotidiano, a cui mi dedico con grande passione, che viene ricambiata da dolci soddisfazioni.

 

Se avessi la possibilità di scegliere dove vivere il tuo futuro, quale città sceglieresti e perché?

 

Barcellona? Parigi forse? No anzi Roma! Non ho le idee chiare, però credo che se dovessi pensare un pertuttalavita, vorrei che fosse l’Europa, perchè mi sento di appartenere al vecchio continente, per i miei studi umanistici e per tutto il bagaglio di ricordi che racchiude.

 

 Ti manca l’Italia?

 

Moltissimo, ma per fortuna non sempre. Mi mancano la mia famiglia, i miei amici, il ciottolato per terra, i tetti spioventi e il profumo del pane fresco. La nostalgia bisogna metterla in conto, ma è un prezzo giusto da pagare, se ti permette di essere felice.

 

Se avessi la possibilità di tornare, che faresti?

 

A questa domanda non so rispondere, so per certo che tornerò un giorno, ma quando e cosa succederà non riesco a prevederlo.

 

Che consiglio ti senti di dare a tutti coloro che vorrebbero lasciare l’Italia, ma rimangono ancorati qui, perché frenati da mille paure?

 

Se fossero solo le paure a frenarli, direi loro di partire immediatamente. Le paure non cessano mai, bisogna solo provare ad ignorarle! Se invece fosse la voglia di riscatto o una sorta di disinnamoramento verso il nostro Paese ad animarli, consiglierei loro di rifletterci bene. Non esistono posti perfetti e i problemi si incontrano ovunque, non credo alla scelta di espatriare come una fuga, penso debba essere un progetto. Ogni progetto ha bisogno di studio, di investimenti e di tanta pazienza, ovunque si decida di realizzarlo.

 

Per contattare Michela:  

do**********@gm***.com

A cura di Nicole Cascione