Santo Domingo: galeoni e tesori sommersi

 

24 Agosto 1729: E’ proprio in quel giorno che accadde il naufragio del “Conde de Tolosa” e del “Nuestra Senora de Guadalupe”, nella baia di Samanà.

 

Prima di entrare nella storia, va detto che nei mesi che vanno da Luglio a Novembre, l’area caraibica è sottoposta al passagio di uragani, tutti ben segnalati, al giorno d’oggi, grazie ai rilevamenti satellitari. La maggior parte di essi perde forza nel giungere in quest’area, alcuni proseguono seminando poi vento e pioggia (i peggiori danni li fanno lungo le coste degli Stati Uniti…).Gli uragani vengono “battezzati” al loro nascere dal servizio meteo. Non so se quello del 24 Agosto 1729 avesse un nome. Immagino che i bravi marinai di quei tempi, passando per ciò che passarono, lo “battezzarono” sicuramente, aggiungendo qualche aggettivo supplementare…

 

Il sistema velico di quei tempi non permetteva una gran manovrabilità ai galeoni. Con un vento forte di Nord Est creato dall’uragano, i piloti si trovarono sicuramente in difficoltà nell’evitare di essere sbattuti contro la parte Nord della penisola di Samana (Venivano da Puerto Rico). Con fortuna, riuscirono ad entrare nella baia, ma i tentativi di ridossarsi al vento fallirono e furono spinti dal mare in tempesta verso il lato Sud della baia. Un intrico di reefs affioranti e bassi fondali prospicienti l’attuale cittadina di Miches.

 

 

Ancore gettate in mare, nel tentativo di frenare lo scarroccio, urla, cime che si spezzano….Il fracasso dell’urto contro i coralli”. Tutto ciò accadde su 3-10 metri di fondo. Questa fu la fine per molti galeoni, un po’ in tutto il mondo. Ma andiamo avanti. La scena che si presentò ai gabbiani quando la tempesta si placò (Quando un uragano se ne va, in genere il vento tira da Sud Ovest: in quel caso i superstiti erano ridossati al vento) appariva tragicomica. L’albero di uno dei vascelli rimase al suo posto con il resto dello scafo sommerso, la coffa sovraffollata di superstiti, probabilmente terrorizzati dalle pinne degli squali che fendevano l’acqua poco sotto di loro. La costa era a meno di mezzo miglio di distanza…..”Il danno e la beffa”. Alcuni, che durante la tempesta erano stati scagliati in mare, riuscirono a raggiungere la spiaggia e successivamente a riorganizzarsi. Con una marcia forzata di alcuni giorni poterono giungere a Santo Domingo e organizzare i soccorsi. Era con loro anche una donna incinta e sbagliarono varie volte percorso, ma ce la fecero. Altri, con scialuppe, doppiarono il “Cabo Cabron” con rotta verso Ovest e si diressero verso ” Cap Haitien”. Se ricordo bene, i soccorsi giunsero dopo quasi un mese. Di circa 600 persone fra equipaggio e passeggeri, ne morirono quasi la metà. Coloro rimasti sulla coffa videro il loro numero ridursi ad ogni giorno che passava e i pochi rimasti sopravvissero grazie a viveri e acqua (In barili) che fuoriuscivano dal relitto sottostante.

 

Negli anni ’70 una spedizione americana individuò (grazie alle testimonianze scritte ritrovate nell’ Archivio delle Indie Occidentali a Siviglia) il punto esatto dell’affondamento e riuscì a recuperare vari milioni di dollari di mercurio più una vasta serie di oggetti d’uso comune, molto ben conservati e in mostra oggi nel museo nei pressi della Casa di Colombo, nella capitale. Non è insensato pensare che la baia di Samanà, per le sue caratteristiche di riparo naturale celi nei suoi fondali decine di altri relitti, dei quali magari non sappiamo tutto. Perchè? Perchè fra i tanti che la utilizzavano c’erano anche i pirati e, si sa, i pirati non amavano lasciare troppe testimonianze di ciò che facevano. Un’ antica mappa francese che vidi tempo fa, mostra la penisola di Samanà separata dal resto del territorio da un canale naturale. Si dice che Sir Francis Drake (Il Corsaro al soldo della regina d’Inghilterra) lo utilizzasse per apparire e sparire di fronte ai vascelli che attaccava, traendone un gran vantaggio strategico. Ma non credo fosse l’unico a conoscere questa cosa. Geologicamente parlando è possibilissimo che 500 anni fa questo canale esistesse e che non tutti ne fossero a conoscenza.

 

Ancora la stessa penisola, ma negli anni ’30, dicono che divenne strategicamente interessante per la Germania di Hitler, il quale trattò per acquistarla e farne una base di sottomarini. I vecchi della zona ricordano un notevole “via vai” di sottomarini. Qualcuno mi parlo’ di uno di questi affondato nei pressi di “Cabo Cabron”, in 100 metri di fondo. Uomini e luoghi affascinanti. Storie di volontà ferree e storie da sogno.

 

I caraibi. Chissà quanti tesori ancora da scoprire e quanti uomini che legheranno le loro vite e i loro destini a questo mare…..E’ ancora doveroso ricordare il cercatore di tesosi sommersi Mel Fisher e il suo galeone “Nuestra Senora de Atocha” (Vedi foto di alcuni reperti da me fotografati alla mostra a Las Vegas). Un ritrovamento eccezionale. Milioni di dollari spesi, ma poi recuperati in oro, gemme preziose e gioielli. Al costo però di rischiare anche tutto il patrimonio personale, perdere un figlio e la nuora (Nell’affondamento del rimorchiatore che faceva da base per le ricerche).

 

 

Da poco tempo, ho fatto amicizia con Billy Rawson, un cacciatore di tesori che ha attualmente la sua base nel porto di Samana’.Proprio mentre scrivo mi e’ giunto il suo invito ad andare ad immergermi con lui sul “Conde de Tolosa”. Potete vedere alcune sue foto di suoi ritrovamenti in questo articolo. Anche lui, come gli altri, ha storie da raccontare a non finire. I maggiori problemi, da quanto mi racconta, sorgono per definire con i vari governi, le percentuali da applicare per chi effettua il recupero e il governo che autorizza. Non si trovano mai d’accordo e le peripezie per non perdere tutto sono inenarrabili. A proposito: Billy cerca sponsors per le sue prossime campagne di scavi. Se qualcuno fosse interessato, più sotto può trovare un indirizzo email per contattarlo.

 

 

Forse non sarò affascinante come questi grandi uomini, ma, in 26 anni qui nei Caraibi anch’io ho trovato i miiei galeoni. Non in Santo Domingo, ma in Cuba, durante uno dei miei reportages subacquei. In quel caso, i galeoni erano tanti, uno sull’altro. Avevo studiato bene le carte nautiche. La zona è quella di Nuevitas. La posizione non si dice. Il resto….è un’altra storia.

 

Il galeone di Sir William Phips.

Negli anni tra il 1670 e il 1695 un’altra storia relativa al recupero del tesoro di un galeone si sviluppo’ al largo di Puerto Plata (Costa Nord della Repubblica Dominicana). Chi perseguì tenacemente l’idea di trovare il “Nuestra Senora de Pura Y Limpia Concepcion” e che alla fine ce la fece, a costo di rovinare le sue risorse personali, avere aiuti dai re (Se nei avvicendarono 2 -3 in quel periodo in Inghilterra) e giocarsi la sua salute, fu William Phips.

 

Seguendo “voci da taverna” trovoò le conferme che cercava e attraverso vie tortuose, tempi morti e amori, alla fine riuscì ad iniziare il recupero. Ma purtroppo tutte queste vicende gli avevano minato la salute. Morì, probabilmente senza avere il tempo di assaporare il sapore della vittoria, a quarant’anni. Forse gli portò sfortuna cambiare il nome ”al suo legno” il cui primo nome era “Red Lion”, poi “Artemide” e alla fine “Noah” (Noè) , dopo che lo riscostruì. Era un ottimo maestro d’ascia, dicono. Fu anche governatore del Massachussets, nelle allora colonie americane.

 

Foto del tesoro del “Nuestra Senora de Atocha”, disegno della penisola e baia di Samanà e articolo by : Antonio Millemaci (sc*******@ya***.com)

 

Foto degli scavi su un galeone (Costa Nord della Repubblica Dominicana) di Bill Rawson, cacciatore di tesori sommersi. Email : ro*********@ya***.com