Di chi sono le Isole Malvine o Falkland? La storia si ripete

 

Avete mai sentito la storia delle Isole Malvine? È davvero interessante. Proverò a raccontarla astraendo dal mio dal mio punto di vista e prescindendo dalla versione dei vinti e dei vincitori (questi ultimi, come sapete, decidono sulla “versione” da inserire nel libro di storia “ufficialmente” riconosciuto dal governo del paese X su cui far studiare i figli dell’umanità). C’era una volta un gruppo di isole ubicate tra la punta estrema meridionale dell’Argentina e l’Antartide. Le più note sono le Isole Malvine, ma questa storia coinvolge anche le Isole della Georgia del Sud. Le Malvine si trovano di fronte alla Terra del Fuoco Argentina (circa 400/500km dalla terra ferma) che per la prossimità geografica, attinenza climatica (con la Patagonia), morfologica e perché abitate da Gaucho Argentini, rientravano tra le Terre Argentine. Era il 20 dicembre 1823, quando il Regno Unito, a quasi 20mila km di distanza da queste terre estreme dell’emisfero australe, decide improvvisamente di invaderle e dominarle. L’occupazione britannica delle Malvine avvenne militarmente, nonostante la relazione di pace tra i 2 paesi (Argentina e Regno Unito). Da quel momento, le Malvine (chiamate dagli inglesi Falkland), sono state sotto il dominio Britannico. L’allora governatore Argentino delle Malvine, Vernet, assieme ad un piccolo gruppo di Gaucho criollos tentarono di resistere all’invasione militare come possibile usando armi rudimentali, boleadoras, fucili antichi, insomma nulla a che vedere con gli armamenti all’avanguardia dei britanni. “I ribelli cercarono di resistere fino all’ultimo, prima di soccombere alla dominazione Britannica”. La storia è fatta di “versioni”, che spesso si concretizzano con “etichette”; chi vuole “suggerirvi” un’interpretazione usa sapientemente le parole. È così che chi viene invaso diventa “ribelle” solo perché non accetta in silenzio di essere “dominato” anzi si oppone.

 

Nel 1982, gli Argentini (dopo 159 anni di dominazione inglese delle Malvine) decidono di provare a riprendersele. Con un “tentativo di guerra” che dura 2 mesi e mezzo, circa 1000 vittime (di cui 650 argentine) e la resa argentina, propiziando però un evento storico di ben maggior rilevanza proprio in territorio Argentino: la fine della dittatura militare e l’inizio della democrazia. Le guerre nascono solo per fini politici, espansionistici e commerciali. Difficilmente sono supportate da cause ideologiche. Ma quando nascono per motivi religiosi, quasi sempre estremisti, sono allora devastanti (come le Crociate con cui la Chiesa benedisse “in nome di Dio” l’uccisione di milioni di Musulmani per contrastarne l’espansione al potere sullo scacchiere delle religioni globali).

 

 

Le Isole Malvine rappresentano:

 

  • per gli Inglesi: uno snodo logistico strategico per le rotte marittime commerciali poiché essi vivono a 20mila km di distanza e vogliono mantenere la supremazia geopolitica globale conquistata già nel 1400 investendo sulla potenza Navale. Per questo invadono le Malvine nel 1832.

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  • Per l’Argentina: l’occasione, per la dittatura militare di Videla ormai in “calo di popolarità” di riconsegnare agli argentini il dominio dell’isola. Per questo “tentano la guerra” nel 1982. La “Guerra delle Malvine” del 1982 è stata a giudizio di molti una trovata di marketing per ridare credibilità e vigore all’immagine del governo di dittatura militare argentino. Per come fu organizzata e gestita, il governo militare argentino non ha mai creduto nella possibilità concreta di riappropriarsi delle Malvine. Ha semplicemente mandato al massacro dei “figli della patria” sperando di rafforzare la propria immagine agli occhi del paese e di focalizzare nella mente degli argentini un “nuovo” nemico comune “esterno” alla dittatura militare stessa.

 

Ho la certezza che la storia sia ciclica. Si ripete di continuo. C’è chi sostiene che l’attentato alle Torri Gemelle del 2001 sia stato un auto-attentato. Il Governo Americano aveva bisogno di creare nell’immaginario collettivo un nemico comune ed esterno al governo stesso che non riusciva a risollevare l’economia del paese. Aveva quindi bisogno di “procurarsi” una guerra. Si sa che non c’è niente di più “redditizio” che una guerra. Fa ripartire la produzione dell’industria pesante di un paese. In più, sarebbe stato meglio se la guerra fosse stata diretta ad un paese o gruppo di paesi da cui poter estrarre minerali preziosi e scarsi per l’economia stessa del paese, tipo il petrolio, in modo da assicurarsi risorse per mantenere la posizione di dominanza mondiale nello scacchiere geopolitico futuro. Di fronte a questa “strategia” c’è chi accetta il sacrificio umano di migliaia di vittime inconsapevoli. È un punto di vista, ma anche in questo caso, sembra che la storia si ripeta. Per entrare in guerra durante la II Guerra Mondiale, gli USA avevano bisogno di un “pretesto”. Colsero la palla al balzo quando i tedeschi annunciarono che avrebbero affondato qualunque nave fosse entrata in acque territoriali tedesche. Il giorno seguente all’annuncio, gli USA ordinarono ad una loro nave di entrare in acque controllate dai tedeschi. La Nave Americana fu affondata e morirono circa 1000 marines. E questo è un fatto, non un punto di vista.

 

 

Qual è la situazione attuale con le Malvine? Secondo le Nazioni Unite sono “Territorio in litigio” ma di fatto sono occupate dagli Inglesi che le amministrano e le sfruttano. Gli Argentini hanno un legame molto forte con le Malvine. Ma è nato prima l’uovo o la gallina? La mia esperienza passata nel Marketing di imprese multinazionali mi ha insegnato a “creare dei finti bisogni” nella gente. La gente muore dalla voglia che qualcuno gli dica cosa desiderare in modo da “poterlo desiderare”. Nelle Multinazionali si faceva così: creavamo nella mente della gente uno stato di mancanza, gli raccontavamo che stavano sentendo la mancanza di qualcosa, che potevano desiderarne la soddisfazione e poi (come fossimo la lampada di Aladino) gli si offriva la soluzione. Solo l’azienda X, per la prima volta, ti offre la possibilità di soddisfare il tuo desiderio (che non sapevi neanche di avere fino a quando noi te lo abbiamo suggerito).

 

Ecco, le Malvine secondo me hanno funzionato così. È diventata ormai una “promessa da politico”. Quando l’immagine e la popolarità del governante argentino di turno è in calo, i media (controllati come in ogni paese democratico dal governo) confermano il rinnovato impegno del governo per ridare le isole Malvine agli Argentini.  Entrando in ogni città e paesino dell’immensa Argentina, sulla strada ci sono 2 cartelli. Il primo recita “Aqui tambien la Nacion crece” (Anche qui la Nazione cresce). Il secondo recita “Las Malvinas son Argentinas” (Le Malvine sono Argentine). In Argentina, l’orgoglio patriottico viene allevato sui banchi di scuola. Più di una volta abbiamo assistito alla cerimonia di “saluto alla bandiera” fatta dai bimbi delle scuole elementari. Il Bisogno viene creato, proprio come i valori di un paese, costruiti dai governi e ben radicati nella cultura e nelle consuetudini. La storia si ripete. I Colonizzatori diventano Colonizzati. Gli attuali Argentini sono discendenti di spagnoli ed italiani. Per intenderci, sono discendenti dei “dominatori” che a partire dal 1492 hanno “invaso” le Americhe (prima il Sud e Centro America) spodestando e massacrando quelli che a quel tempo abitavano queste Terre: i popoli nativi. Il presupposto dei colonizzatori non è mai stato l’integrazione, l’umiltà, l’accettazione del nuovo e l’ascolto, non per niente si proclamavano “conquistadores” (conquistatori).

 

La storia si ripete. I vecchi colonizzatori poi diventano colonizzati (come nel caso delle Malvine). La storia si ripete, o almeno, questa storia si ripeterà fino a quando non cambia la prospettiva. Cosa sono i confini di un paese? Perché devono esistere e perché devono per forza essere stabiliti con una guerra di dominazione o con uno scambio di “ostaggi”. Perché è così importante “riconoscersi” con un popolo, con una nazione, in una cittadinanza? Le risposte convenzionali le conosco, naturalmente sono provocazioni per portarvi a riflettere sulle possibili risposte “non convenzionali”, quelle che il modello dominante non vuole che abbiate. Se non vi avessero inculcato questi concetti, a voi sarebbe mai davvero venuto in mente di costruire le basi della vostra identità in questo modo? Per me la risposta è no, ma per convincervi che “una guerra è sempre giusta” per tutelare i “nostri” diritti, i governi o chi per essi a capo della società, avevano bisogno di “costruire” la “nostra identità” che a maggior ragione passa attraverso la geografia, la presunzione di superiorità, i confini fisici e gli eserciti (ultimo baluardo della vita).

 

 

Insomma, è tutta un’illusione. La Terra, il pianeta con i suoi fiumi, le sue montagne, i laghi, il mare, le piante, gli animali, le stelle, gli astri, il sole, la luna, il vento, la pioggia, la neve, l’aria, il fuoco… è l’unica realtà. La Terra esiste da 4,5 miliardi di anni, l’uomo è comparso come bipede 200mila anni fa. Se la Terra esistesse da 1 anno, l’uomo sarebbe comparso nell’ultimo secondo. Abbiamo l’arroganza di auto-proclamarci “specie dominante”. Ci siamo auto-proclamati colonizzatori del pianeta, ma per il pianeta non siamo neanche ascrivibili alla specie di “parassiti”. Il Pianeta continuerà ad esistere indipendentemente da noi. Al massimo diventerà desertico rendendo impossibile la sopravvivenza della specie umana (Marte è un esempio), ma sicuramente esisteva prima di noi e continuerà ad esistere dopo. Non è un inno a fregarsene di ecologia, sviluppo sostenibile e ambiente. Solo, bisogna essere consapevoli che una cosa è la vita del pianeta e tutt’altra il mantenimento sul pianeta delle condizioni favorevoli alla vita umana. La storia si ripete, ma in questo caso, per la vita del colonizzato, “il pianeta Terra”, abbiamo la stessa rilevanza che le formiche hanno per la nostra. È solo che nella sua infinita saggezza ed evoluzione, la Terra sa che l’unica strada possibile per la vita è l’amore incondizionale e l’integrazione, che nel suo linguaggio è interdipendenza.

 

Pierluigi e Melissa

In Lak’ech – Tu sei un altro me

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