Le start-up all’estero, innovazione e investimento

 

La fuga di talenti italiani all’estero, che cercano migliori opportunità lavorative e di vita, è un dato di fatto che è stato confermato da vari studi e sondaggi svolti recentemente. Le poche possibilità di sviluppo di una carriera in Italia e la scarsa mobilità del mercato del lavoro sono i principali detonatori di questa emigrazione sempre più florida. I giovani iniziano già da studenti ad essere attratti da altri luoghi, come per esempio attraverso il progetto Erasmus che permette loro di studiare un anno all’estero e di acquisire così un’esperienza variegata dal punto di vista accademico e poi essere pronti per un salto in avanti dal punto di vista lavorativo.

Mentre si vanno profilando nel futuro una serie di nuove mansioni e proliferano anche vari tipi di lavoro per viaggiatori che non riescono mai a stare fermi in un posto, ecco che in questo contesto così dinamico della forza lavoro la fondazione di una start-up assume un valore importante per chi vuole inserirsi nel mondo del lavoro, dove è importante avere nozioni teoriche ed abilità pratiche ma soprattutto sgomitare per crearsi una reputazione importante e un profilo professionale di rilievo.

I limiti italiani

L’Italia è uno dei vagoni più arretrati del treno europeo per lo sviluppo economico, soprattutto se ci riferiamo all’ambito delle start-up. In Italia, secondo una serie di studi recenti, l’ecosistema economico e sociale non aiuta a creare aziende che possano spiccare il volo con facilità e profitto. Se Milano ha al suo interno circa mille start-up dall’ottimo potenziale, spostandosi sempre più a sud si nota come i limiti strutturali delle regioni da Roma in giù continuino a bloccare investimenti e politiche volte allo sviluppo di società che permettano di ottimizzare il capitale e, di conseguenza, espanderlo. In generale, la tendenza è che poche sono le start-up dall’elevato potenziale nella produzione nel senso industriale del termine, ossia con dei margini per fare passi in avanti importanti. In definitiva, pare che acquistare una start-up in Italia per ricerca e sviluppo tecnologico sia una tendenza poco diffusa. Per questi motivi sono tanti i giovani in cerca di lavoro che emigrano con il proposito di inserirsi in un ambiente lavorativo e di sviluppo più florido, oltre che per un’esperienza di vita nuova e più stimolante. L’Italia sembra avere la fisionomia della nazione adagiata sugli allori che non guarda più di tanto al futuro ma si crogiola nel presente.

Il rischio, necessario per il guadagno

Per diventare ricchi, bisogna rischiare. Così hanno fatto gli uomini più ricchi del mondo, la cui lista viene costantemente aggiornata dalla rivista Forbes, e di cui Betway ha illustrato il passaggio da milionari e miliardari. Tutti sanno che Sergei Brin e Larry Page iniziarono da uno scantinato quando decisero di creare Google, e i due oggi figurano rispettivamente al 12esimo e 13esimo posto nella classifica dei miliardari di tutto il mondo. L’infografica di Betway Casinò gli attribuisce un patrimonio personale di poco inferiore ai 50 miliardi di dollari, ed entrambi sono diventati miliardari a 30 e 31 anni. Non male come scommessa. In quest’ambito, l’esempio in Italia è quello di Italian Angels For Growth (IAG), il principale network di business italiano capace di investire 20 milioni di euro in 40 startup dal 2007, con un effetto importante sul mercato. Riflesso della potenzialità sommersa dell’economia italiana, quello di IAG è l’esempio dal quale partire in Italia per evitare la fuga di cervelli verso realtà più prolifiche.

Berlino, l’esempio

Da sempre con un’indole giovanile e innovativa, Berlino è da un paio di decenni non soltanto il motore dell’economia del vecchio continente ma anche un laboratorio di esperienze e di vita vissuta che attira tantissimi giovani da tutto il mondo. Non a caso la capitale tedesca è al primo posto tra gli hub delle start-up europee, precedendo addirittura una capitale economica mondiale come Londra. Al terzo posto si trovano Amsterdam e Barcellona, due poli in crescendo nei quali vengono addirittura bypassate le lingue veicolari del posto e l’inglese è il principale idioma tra gli impiegati di questi nuovi poli di ricerca e sviluppo, così come accade a Berlino. In questa speciale classifica è emblematica la posizione di Milano, il traino dell’economia italiana, che si piazza al venticinquesimo posto, un dato evidente dell’arretratezza italica nel conteso dello sviluppo attraverso aziende nuove e con idee fresche e innovative. Tante sono le start-up recenti che hanno fatto davvero breccia nel mercato e che ora hanno i loro uffici in queste città. Tra tutte spicca la pagina per affittare case e stanze Airbnb, che in alcuni luoghi, come ad esempio New York, ha raggiunto addirittura accordi con il comune per fomentare il turismo. Non stupisce, dunque, la diaspora di talenti nostrani all’estero, soprattutto verso Nord, con Berlino e Londra ormai pulsanti vita italiana in una serie di quartieri e una realtà come Barcellona, baciata dal sole e dal buon clima tutto l’anno, nella quale persino colossi come Amazon e Apple hanno deciso di delocalizzare creando una succursale con impiegati provenienti da tutto il mondo.

Inoltre, in queste città esistono anche molte possibilità di formazione e studio di un certo livello per poter ambire a importanti posizioni di lavoro, come ad esempio dei master di vario tipo volti a preparare manager attraverso la pratica e degli stage propedeutici, spesso il modo migliore per inserirsi nel mondo del lavoro e guardare al futuro

ULTIMI ARTICOLI

CATEGORIE

SEGUICI SU FACEBOOK

ISCRIVITI ALLE NEWSLETTER

SEGUICI ANCHE SU