Nicola: lavoro e passione l’hanno portato ad insegnare alla New York Film Academy

 

Nicola Raggi, direttore della Fotografia, nasce in una cittadina della provincia di Perugia nel 1978. Si laurea in Psicologia della Comunicazione presso l’Università di Siena. Fonda, nel 2006, la casa di produzione “Loading Lab”, spin-off Accademico che si concentra sulla produzione video e mix-media. Negli stessi anni, insegna “Produzione Video” presso la stessa Università. Partecipa a diversi workshop di cinematografia con i più illustri direttori della fotografia in Italia: Vittorio Storaro, Luca Bigazzi, Marco Incagnoli, Pino Quini. Vincitore della borsa di studio offerta dalla Fondazione Bernardo Bertolucci, si trasferisce a New York nel 2010, dove prende parte ad un corso intensivo sulla direzione della fotografia cinematografica, presso la New York Film Academy. Oggi vive a Brooklyn, ha ricevuto la licenza di insegnamento dallo Stato di New York ed è un istruttore di cinematografia presso la New York Film Academy. Sempre pronto a viaggiare, nostalgico della terra natia, è costantemente coinvolto in produzioni filmiche come direttore della fotografia.

 

Già molto prima degli studi universitari nutrivo una grande passione per il cinema, passione che iniziò addirittura mentre frequentavo la scuola materna, quando le maestre ci facevano vedere ripetutamente, quasi ogni settimana, la pellicola de La carica dei 101 o, alternativamente, il meraviglioso film di Mary Poppins. Imparai fin da allora a caricare il vecchio proiettore 16mm e mille volte ho rivisto quelle vecchie pellicole. La passione si assopì negli anni, fino a quando, grazie alla grande opera d’arte di Giuseppe Tornatore “Nuovo Cinema Paradiso” qualcosa si risvegliò in me, indicandomi la strada per raggiungere un sogno. Pian piano iniziai a realizzare piccoli cortometraggi con amici, contestualmente approfondivo le teorie e il linguaggio del Cinema delle scuole europee. Durante gli studi universitari, mi appassionai molto al montaggio video e quando fondai il Loading Lab, ricoprivo già questo ruolo fino a quando, un bel giorno, capii che l’unica cosa che davvero mi attirava era la luce, aveva la potenza di ammaliarmi: in quel momento compresi definitivamente che la direzione della fotografia cinematografica era la strada che volevo percorrere.

 

 

Al termine degli studi universitari, essendoci in Italia poche possibilità di lavoro, decisi insieme a Mariangela Scalzi di fondare una casa di produzione video per dar vita ai nostri sogni. A quei tempi l’Università di Siena offriva l’opportunità di un appoggio logistico presso le proprie strutture a giovani laureati, intenzionati ad avviare attività imprenditoriali. Diventando essa stessa “incubatrice” della nuova azienda, ci offrì la possibilità di avviare uno spin-off Accademico. All’interno dell’Università trovammo grande appoggio e un fervido ambiente culturale, sempre in movimento e, da un punto di vista creativo, altamente gratificante. Dopo poco intuimmo però che in realtà, dal punto di vista economico, data la natura educativa di una struttura quale è quella universitaria, non avremmo fatto grandi passi avanti, ma soprattutto in quegli anni sentivamo una “moria culturale” che non ci faceva più crescere, sia professionalmente sia umanamente: capimmo che era arrivato il tempo di un cambiamento. Realizzavo vari progetti, molti dei quali erano video musicali, essendo un grande appassionato di musica; molti altri invece erano progetti educativi, interessanti, anche se sempre a budget fortemente ridotto. Insegnavo agli studenti universitari le teorie e le tecniche cinematografiche e forse questa era la cosa più appagante fra tutte, ma l’insegnamento non era il mio obiettivo primario. Ciò che volevo fare era solo una cosa, ma la carriera del direttore della fotografia, lunga e problematica, in un Paese dove la cultura stava “appassendo”, mi spinse a non vedere più una prospettiva, non riuscivo a capire quale fosse la strada giusta da percorrere.

 

Nessuno mi apprezzava veramente per ciò che sapevo e per ciò che realizzavo: fare direzione della fotografia non significa solo accendere una telecamera, un paio di luci e pigiare il bottone rosso per registrare quel che ti sta davanti. La questione è molto più complessa e delicata. La conoscenza della composizione fotografica, dell’esposizione, delle lenti, dei movimenti macchina e soprattutto dell’illuminazione, sono gli elementi davvero importanti. Un lavoro invisibile, ma che alla fine dei conti, è ciò che ti “incolla” allo schermo, ti fa piangere eo ridere, ti far star male o bene. Quello che il grande maestro Caravaggio già faceva utilizzando la tela. Capire cosa significa non è facile e nel nostro Paese diventa più difficile. Tutti pensano che sia una professione semplice, tanto più oggi che, con le tecnologie digitali, tutto sembra davvero più facile e veloce, ma non è proprio così, la tecnologia va saputa utilizzare: è un’arma a doppio taglio. In Italia gli sbocchi, per un giovane appassionato di cinema che desideri esprimere la sua visione del mondo e comunicare qualcosa, erano e sono davvero pochi. Forse se avessi avuto un nome, un appoggio o magari avessi aspettato di arrivare a 50 o a 60 anni, chissà… Ma io non sono mai stato un tipo che aspetta troppo tempo per raggiungere i propri obiettivi, così, stufo dell’ineluttabile quotidianità e dell’affossamento culturale che ormai sentivo opprimente, decisi che, per seguire il mio sogno avrei dovuto cambiare rotta. Non avevo deciso di lasciare l’Italia, ma rimuginavo qualcosa, dentro di me qualcosa stava bruciando. Un giorno, un po’ per gioco, un po’ per scherzo, Mariangela Scalzi mi disse che avremmo davvero dovuto aprire le nostre menti altrove per continuare a crescere, altrimenti saremmo pian piano appassiti e così, trovando interessante il corso di cinematografia alla New York Film Academy ed avendo scoperto l’opportunità della borsa di studio “Bernardo Bertolucci”, che a suo tempo copriva metà della retta annuale, nonché estremamente affascinato dalla Grande Mela, decisi di partecipare all’assegnazione di quella borsa di studio. Avevo quasi dimenticato di averlo fatto, ma da lì a qualche mese mi arrivò la comunicazione della sua assegnazione: era giunto il momento di andarmene. Non ero prontissimo, ma ho trovato davvero una seconda casa a New York ed oggi sono ancora qui e ne passerà di tempo prima che torni stabilmente in Italia. Lo dico con rammarico, mi manca tutto, ma ad essere sincero mi ritengo molto fortunato, poichè, in un momento davvero difficile, sono stato spinto dalla mia famiglia e dalle opportunità che avevo davanti, a cercare di realizzare il mio sogno altrove. Come se non bastasse, Viola, la mia dolce metà e motivo d’esistenza, mi ha raggiunto qui e pian piano i sogni sembrano diventare realtà.

 

 

A New York ho trovato un mondo dove potermi davvero esprimere ed essere apprezzato. Sono cresciuto moltissimo da un punto di vista professionale, umano ed artistico. In questo Paese, se sei bravo e competente, non importa come ti chiami o quanti anni hai: le persone sanno riconoscere ciò che sei e ciò che sai fare. Dopo il corso intensivo di cinematografia, ho subito iniziato a lavorare come assistente all’insegnamento all’interno della NYFA e questo mi ha permesso di continuare a conoscere registi e sceneggiatori di tutto il mondo, con i quali ho realizzato dei progetti molto belli e che mi hanno anche dato l’opportunità di mettere in pratica tutto quello che avevo imparato durante il corso appena concluso. Ho iniziato sempre più frequentemente a lavorare come direttore della fotografia e nel frattempo ho deciso di migliorare la mia posizione all’interno dell’accademia e di diventare insegnante. Superato il test ed ottenuta la licenza d’insegnamento dal dipartimento dell’educazione dello Stato di New York, ho iniziato ad istruire gli studenti all’uso della camera e della luce, durante i corsi di cinematografia e regia. Sono stato coinvolto in progetti sempre più ampi e di grande respiro e ad oggi, non solo vengo riconosciuto come professionista, ma la mia parola e supervisione, da un punto di vista cinematografico, viene presa davvero in considerazione. Durante un roof top party, il mio “battesimo” a NYC, su invito di amici di amici,conobbi un ragazzo italiano che aveva da poco vinto la lotteria della green card. Non ne avevo mai sentito parlare e il giorno dopo ho cominciato subito una lunga ricerca in rete. Dopo due giorni ero nel sito del governo americano a compilare il form per partecipare all’ estrazione. La green card ti permette di lavorare, fare qualsiasi tipo di mestiere, non dipendere da nessuno, ma è necessario rinnovarla ogni10 anni. Hai alcune restrizioni: non puoi lasciare il Paese per più di sei mesi, ma è davvero il passaporto per il “nuovo mondo”o almeno ti permette di entrare ed uscire senza più restrizioni, senza più impedimenti di mobilità, che a volte sembrano anche un po’ assurdi se ci si pensa bene.

 

 

Ho partecipato il primo anno, quasi per gioco, ma non ho vinto, ho partecipato nuovamente il secondo anno ed è arrivato il colpo di fortuna. A Maggio 2012 ho ricevuto la notizia della vincita. Ovviamente per ottenerla bisogna presentare all’ufficio immigrazione una lunga serie di documenti. L’iter burocratico è lungo: vogliono sapere tutto su di te, soprattutto se sei qui da qualche tempo ed hai già ottenuto diversi visti, come nel mio caso. In ogni caso, credo proprio ne valga la pena sopportare le lungaggini burocratiche per un premio cosi grande, anche se trovo buffo chiamarlo premio e lotteria. Non è stravagante “vincere” un visto d’immigrazione?

 

Per concludere mi piacerebbe chiudere quest’intervista con un messaggio rivolto a tutti coloro che credono ancora nei propri sogni: ovunque desiderate andare non perdete il cuore, la passione e tenete presente che gli studi teorici sul cinema sono fondamentali, poi serviranno studi pratici e tanta esperienza, ma in quanto italiani abbiamo una marcia in più e raggiungere i nostri sogni non è impossibile. Armatevi di pazienza, studiate sempre, non sentitevi mai arrivati, agite con umiltà e lavorate più degli altri. Ogni tanto chiudete gli occhi, respirate, lì troverete l’arte e, come mi ha sempre detto un mio grande maestro: “Dalle sofferenze e dalle notti insonni ricaverai l’opere d’arte più grande che tu abbia mai pensato di realizzare” (Luca Bigazzi). Poi ogni tanto… prendetevi una pausa e andate in vacanza in un Paese lontano, assimilando ogni colore che quel posto ha da offrire e poi ricominciate daccapo. La strada è lunga, lunghissima, io sono appena all’inizio, ma con la consapevolezza che nessuna salita mi fermerà. Ci sono luoghi dove i sogni sembra possibile realizzarli, altri posti dove sembra impossibile. Cercate quelli che ve lo permettano, gli altri li frequenterete quando sarà il momento. In ogni caso, mai smettere di seguire i propri sogni. Solo così potremo dire di non aver vissuto invano.

 

Nicola Raggi www.nicolaraggi.net

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A cura di Nicole Cascione

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