Il rapporto con la mia bici, Pangea.

 

La maggior parte di voi, sarà portato a pensare che chi che sceglie di passare la propria vita in groppa ad una bici, come minimo è perché sulla bici ci è cresciuto, perché è super allenato, perché ha già sperimentato vacanze in sella minimo a spasso per l’Italia, perché ha degli amici che lo fanno, perché è uno che partecipa a competizioni, perché perché perché. Ecco, niente di tutto questo. L’ultima volta che sono andata in bici avevo 14 anni, e nel scendere a tutta velocità da una discesa piuttosto ripida dietro casa mia, per di più facendo gara con un amico, mi sono spiaccicata contro un muro: un bel buco in fronte, di cui ancora porto il segno, tagli ovunque e via all’ospedale a farmi ricucire. Da allora, non l’ho più usata. Tanto meno dopo che mi sono trasferita a Milano dove, con i mezzi pubblici riesci ad andare ovunque senza problemi di "dove la lego perché non me la rubino?".

 

La scelta della bici è stata esclusivamente guidata da un tema di assenza di denaro. Pier ed io infatti, non abbiamo soldi: prima di partire abbiamo venduto la macchina per comprarci bici, tenda e tutto l’equipaggiamento, ed ora cerchiamo quotidianamente dei modi per guadagnarci da mangiare, unica spesa che sosteniamo; modi di cui vi racconteremo presto per dimostrarvi quanto è facile poter vivere in giro per il mondo senza rimanere incastrati nella propria vita precedente, qualora vi vada stretta, e godendo di tutta la libertà di cui ogni essere umano sente la necessità ma tende a negare a se stesso, in nome di una vita "normale".

 

Abbiamo scelto la bici perché ha costi bassi e soprattuto non ha costi di carburante; l’unica energia che consuma la bici, è quella delle nostre gambe. È ovvio che anche la bici richiede una certa manutenzione periodica, ma i costi del mantenere una bici (riparare eventuali forature, cambiare i pneumatici ogni 5.000/6.000 km, cambiare i freni ecc) non sono minimamente equiparabili a quelli del mantenere una macchina o un bel camper (un camper, ragazzi che comodità rispetto a bici e tenda, cosa darei per un bel motorhome): benzina, assicurazione, revisioni varie, riparazioni, eventuali incidenti. Niente di paragonabile insomma.

 

 

È palese che quando si inizia un viaggio/vita come il nostro e la motivazione principale per cui si sceglie la bici come mezzo di trasporto è il basso costo, si può facilmente prevedere che tra i due, chi la cavalca e la bici, non ci sia amore incondizionato. Così fu per me all’inizio. Preparavo la mia bici ogni mattina, la guardavo spaventata, ci salivo sopra e con gran fatica spingevo con tutta la mia forza sui pedali, per trascinare in giro quei 45/50 kg di mole senza motore, su e giù per colline e montagne.

 

All’inizio il rapporto si è rivelato conflittuale; mi arrabbiavo con Pangea per tutto: ogni volta che approcciavo una salita e si impiantava nell’asfalto dopo i primi due metri, ogni volta che nonostante la discesa non raggiungeva una certa velocità "godimento" e dovevo comunque pedalare; ogni volta che dovevo fare una pausa e non trovavo né un albero né un palo a cui appoggiarla (un cavalletto che regga il peso di 45/50 kg, sarebbe pesato a sua volta più di un kg, così abbiamo deciso di non montarlo); ogni volta che dovevo caricarla e scaricarla e il manubrio si girava o in discesa non le fissavo un freno e mi cadeva. Insomma un casino. Me la prendevo tantissimo con Pangea, perché poi alla fine, quando pedali tutto il giorno nell’assordante silenzio del mondo, ti trovi a parlare con tutto: con te stesso, con il tuo Dio, qualunque esso sia, con gli elementi della natura e con la bici stessa; le dicevo di tutto: c* perché non ti muovi, perché non mi dai una mano, ma che cosa c’é che non va, che problema hai, e dai che ce la facciamo, siamo quasi arrivati, purtroppo manca ancora molto, ti pianto qui, non ti voglio più vedere, perché non ho pensato a metterti un motore, beati loro che sono in motocicletta, sto c* di sellino mi fa al di dietro. Insomma di tutto. Pangea è buonissima, nonostante tutti gli insulti che le ho tirato nei primi due mesi, non mi ha mai scalciata dalla sella e soprattutto non mi ha mai abbandonata. Mai. Mai avuto un problema, mai. Impeccabile.

 

La bici migliore che avessi potuto scegliere.

 

Poi, ad un certo punto, realizzi che il problema, come tutti i problemi che abbiamo o ci creiamo noi esseri umani, non va cercato all’esterno, non nella bici. La bici fa il suo: ha due ruote, un manubrio, dei freni e ha bisogno delle tue gambe (ma soprattuto della tua testa) per muoversi; è ovvio che, se la carichi dell’impossibile, la bici si pianta nel terreno e ancora una volta avrà bisogno delle tue gambe e ancor di più della tua testa per muoversi. Il problema va cercato dentro di te, nel fatto che stai cambiando il tuo modo di vivere: per 15 anni sono stata seduta dietro una scrivania a pigiare istericamente i tanti di un computer dedicandomi al massimo a un’oretta di jogging o di palestra tre volte la settimana. Come potevo pretendere che, ad uno schiocco di dita, il mio corpo e la mia testa si traslassero da casa/metropolitana/ufficio e viceversa a pedalare in balia di peso ed elementi della natura per tutto il giorno?

 

Ad un certo punto capisci che il problema è tuo e solo tuo e come tutti i problemi te lo sei creato tu ed è un problema semplice, semplicissimo da risolvere: si tratta di trovare un nuovo equilibrio con te stesso. Non riesci a pedalare per 5 ore? Pedali 2. Non riesci a portare 50 kg? Ti fermi, revisioni i tuoi bagagli e butti nella spazzatura tutto ciò che puoi buttare (e credetemi, nonostante il bagaglio risicato che mi sono potuta portare, ho trovato e trovo tutt’ora cose di cui posso fare a meno e che non esiterò ad abbandonare). Non riesci a pedalare in salita? Scendi e spingi. Quando sarai più allenato non scenderai più e ti godrai anche le pedalate in salita. Il tema è questo. Ascoltare le proprie capacità, il proprio corpo e cuore, accettare gli eventi, così come si dovrebbe accettare la vita. Purché increduli che siate, constaterete da soli che le cose si aggiustano sempre, e si aggiustano secondo le nostre esigenze. Non bisogna forzare. La vita sa cosa è bene e giusto per noi e piano piano starete sulla bici come se foste sul divano di casa.

 

 

A quel punto scoprirete come l’ho scoperto io, di amare la vostra bici. Io amo Pangea. È bellissima. È la bici più bella che esista. È forte, fortissima, è di acciaio inossidabile, non di alluminio; mi porta ovunque senza fare una piega: le faccio fare strade con ghiaia, fossi, buchi, pietre, la sbatto sui camion, la carico con 50 kg di bagaglio e lei, non fa una piega, non fa un rumore, non si rifiuta mai di fare il suo.

 

È bella, è nera come il buio della notte. Luccica sotto il sole. E con lei puoi parlare di qualsiasi cosa perché è sempre pronta ad ascoltarti e darti consigli, i migliori. Stare sulla mia bici è meditare; è stare lì in quel momento lì, guardando i miei piedi che girano sui pedali o guardando la strada davanti a me, o il sole dritto in faccia o il panorama al mio fianco; ma sulla bici sei sempre li, nel qui e ora. Non oscilli tra ricordi del passato né progetti per il futuro. Il tuo livello di concentrazione è massimo. È così che alleni la tua mente, la controlli, la plachi, la tranquillizzi, insomma mediti. Ed è così che cresce la tua anima, forte, imbattibile.

 

Una volta che impari ad amare la tua bici e a portarla su e giù dai monti, con o senza vento, con o senza sole, con o senza pioggia o neve, ti senti il padrone del mondo, sei fortissimo, imbattibile; è come scalare una montagna. Sei tu, solo tu, con te stesso e la tua bici. Ed una sensazione indescrivibile. Diventi una cosa sola con la tua bici e sai, hai la certezza di poter fare tutto. Non hai paura di nulla, potrai andare ovunque e fare tutto in sella alla tua bici.

 

Amo Pangea. È la miglior compagna di viaggio che avessi potuto scegliere, ovviamente dopo Pierluigi 🙂

 

Melissa e Pierluigi

www.theevolutionarychange.com