L’Argentina e l’altra Argentina

 

Sono già passati tre anni dalla nostra prima visita in Argentina, dal nostro primo viaggio attorno al mondo, ma i sentimenti, le emozioni che ci uniscono a questo popolo non sono affatto cambiati. L’Argentina fa un effetto incredibile ai viaggiatori. È un paese nato, cresciuto e sviluppatosi grazie a tutti gli Europei che, da fine ‘800, vennero qui a cercare (e trovarono, vi assicuro che trovarono, visto che stanno molto meglio di noi) un’altra vita e un’altra fortuna. In particolare è un paese che fonda le sue radici in Italia, nel sud d’Italia, in tutti i suoi aspetti sia positivi che negativi: nel suo sorriso, nella sua cultura, nella cucina, nell’architettura, nella medesima passionalità, nel gesticolare e urlare delle persone, nei dialetti, nella lentezza, nel suo essere impicciona e invadente, nella scarsa organizzazione, nella burocrazia ma soprattuto nella capacità di arrangiarsi sempre e comunque, anche nelle difficoltà maggiori, per non soccombere e brindare alla vita. Proprio per questo motivo, credo che io e Pierluigi qui ci sentiamo come a casa, anzi più che a casa dove la gente, persino i parenti, hanno perso la voglia di riunirsi, di condividere, di chiacchierare, dalla politica alla religione, di bere vino e ridere fino allo sfinimento. L’Argentina conserva ciò che l’Italia individualista ha ormai perso. Che bello se tutti gli Italiani potessero venire qui per un certo periodo di tempo e vedere come i nostri antenati erano in passato, quello che loro stessi hanno insegnato agli Argentini; venire qui sarebbe come tuffarsi nel nostro passato ante-guerra, vedere che buona era la gente, quanto era pronta a dare sempre una mano incondizionatamente a chi la chiedeva. Venire qui sarebbe ricordare le nostre radici che, a malincuore, devo dire abbiamo perso.

 

Sicuramente va fatta una distinzione netta tra Argentino e Porteño. 

 

Il Porteño purtroppo è quello più conosciuto internazionalmente, vive in Buenos Aires dove un quarto della popolazione Argentina vive (16 milioni di persone su 40), guadagna e viaggia; anch’esso discende prevalentemente dagli Europei ma, come ogni popolo e persona omologatosi al sistema globale, capitalista e consumista, è un individualista, egoista, dedito prevalentemente al lavoro e che guarda dall’alto al basso il resto della popolazione del suo paese, come se fosse quest’ultima a non permettergli di fare il salto finale verso il successo, ovvero verso l’essere parte del primo mondo. Non so a voi, ma a me pare un’atteggiamento che mi ricorda qualcosa, forse lo stesso approccio che noi del Nord Italia abbiamo con il Sud? Si, mi ricorda proprio questo. Peccato che quando pensiamo che il Sud ci affossi, non ci ricordiamo di esser stati proprio noi del Nord ad avergli rubato tutto, tutte le risorse preziose fino a ridurlo ad una terra sterile, dove l’unica cosa che fiorisce è la mafia. Per altro, anche in questo caso, dimenticandoci che la mafia fiorisce dove c’è denaro, e a me pare che il denaro si concentri più al nord del nostro paese che al sud. Insomma la storia che si ripete, ciò che il Nord Italia ha fatto al Sud, è la stessa cosa che Europa e Stati Uniti hanno fatto all’America Latina, Argentina inclusa: rubargli tutto e ora guardarla come un paese incapace di spiccare il volo. Per fortuna il vero Argentino non si confina in quel di Buenos Aires. Il vero Argentino popola questo sconfinato paese grande almeno 6/7 volte l’Italia. 

 

 

Un terzo e fondamentale tipo di Argentino è quello appartenente ai popoli originari, come i Mapuche. Questa gente, presente sul territorio Sud Americano da sempre, da prima dell’arrivo dei colonizzatori, unica e vera conoscitrice del territorio, nonché testimone ancestrale della nascita e dello sviluppo della coscienza umana, merita un approfondimento a parte, che rimandiamo al futuro.

 

Politica a parte, ritorniamo al concetto di Argentino. L’Argentino è colui che ci incontra per strada in bicicletta, si affianca e ci chiede se abbiamo un alloggio per la notte, altrimenti può fornircene uno lui; è colui che, una volta arrivati in un paesino, ci raggiunge in piazza e senza esitare ci fa montare la tenda nel suo giardino o meglio ancora ci fa dormire in casa sua che è più comodo; è colui che non esita ad invitarti a cena e preparare il migliore degli "Asado" o delle grigliate, per il piacere di farti star bene; è colui che ti incrocia per strada e si ferma a chiederti se hai bisogno di qualcosa, che sia acqua fresca, acqua calda, uno spuntino o un passaggio sul suo camion; è colui che ti invita ad una festa con gli amici, colui che ti porta a spasso orgoglioso di stare con te e presentarti agli amici; è colui che dopo tutto questo, ovvero che hai montato la tenda nel suo giardino, fatto la doccia in casa sua, mangiato la sua cena, conosciuto i suoi amici, bevuto il suo vino e ascoltato le sue storie, "ti ringrazia per avergli fatto visita". Si, avete capito bene, ti ringrazia! E tu, soprattuto io che sono del Nord e vengo da una famiglia che non mi permetteva di organizzare feste di compleanno in casa perché trovava amici e vicini invadenti, rimani lì, shoccato a guardarlo e pensi "cavolo, ma si è sbagliato, sono io che devo ringraziarlo, non lui". Ma lui continua, continua a ringraziarti ad abbracciarti e a dirti che devi tornare e che la prossima volta ti devi trattenere di più.

 

Questo è l’Argentino e a costo di essere ripetitiva mi ricorda il nostro meridionale.

 

Ma non è tutto oro quello che luccica.

 

Con questo tipo di viaggio, molto più lento perché in bicicletta e molto meno turistico perché siamo senza soldi, abbiamo scoperto anche un’altra faccia dell’Argentino, che per fortuna non è preponderante e con la quale non abbiamo quasi mai avuto a che fare: il Cumbiero. Il Cumbiero è colui che ascolta un genere musicale chiamato Cumbia, nata e sviluppatosi negli anni ’90 in tutto il Sud America. La Cumbia è nata come un genere romantico e ha spopolato sotto questa forma fino al 2000. In particolare qui in Argentina, con l’avvento della crisi del 2001, la Cumbia ha subito una trasformazione profonda: da genere romantico e non volgare è diventata un genere commerciale e di basso profilo, prendendo il nome di Cumbia Villera da Villa Miseria ovvero le favelas tipiche della periferia delle grandi città, dove spopola la povertà e di conseguenza la criminalità. Da allora le canzoni hanno iniziato a parlare solo di sesso, droga, alcol e delinquenza esaltandoli come virtù; queste canzoni accompagnano il Cumbiero giorno e notte, settimana e fine settimana e sono la principale forma di educazione dei suoi figli. Immaginatevi il risultato. Il Cumbiero è tendenzialmente un povero senza lavoro, ma che grazie ai contributi assistenziali di un governo che ha scambiato il socialismo per assistenzialismo, ha più soldi di un lavoratore della classe media; il Cumbiero può arrivare a percepire un sussidio perché è senza lavoro, uno perché la moglie é senza lavoro, uno per ogni figlio (anche se poi lo manda in giro senza scarpe e non lo manda a scuola), uno perché udite udite è un "vago" ovvero un fannullone! Riceve inoltre una casa costruita dal governo, ovvero con le tasse pagate dalla classe media, e dei pacchi di cibo ogni mese,Insomma il Cumbiero non ha spese e grazie a tutto questo ha una bellissima 4×4, una casa, uno smartphone, lcd ecc. Il risultato di tutto questo è che il Cumbiero non conosce, non ha mai conosciuto e non conoscerà mai il significato né di lavoro né di rispetto, perché ha tutto senza aver fatto fatica per guadagnarselo. Per fortuna, solo una volta abbiamo avuto a che fare con questa gente in sei mesi: quest’estate. L’estate qui va da fine dicembre a fine marzo ma il picco per l’Argentino è nelle prime tre settimane di gennaio; in queste settimane tutti coloro che hanno un auto si muovono. Chiaramente il Cumbiero è il primo.

 

Un giorno, lungo la ruta 25, quella che ci ha permesso di attraversare il paese dalla Costa Atlantica alla Cordigliera Andina, mi sono ammalata e non sono stata in grado di proseguire; niente di grave, un raffreddore e in po’ di febbriciattola, sufficienti però a privarmi delle forze per pedalare sulla mia sempre carica bici. Contro voglia, ci fermiamo al Dique Ameghino, piccola località turistica ai piedi di un’enorme diga nonché centrale idroelettrica, in cui la gente si reca per immergersi in piscine naturali e artificiali dall’acqua gelida e pura scesa dai ghiacciai andini, oltre che per pescare trote di dimensioni incredibili. Ci fermiamo per la notte perché io sto a pezzi. Pierluigi si occupa di tutto: lo aiuto a montare la tenda e per il resto sarà lui a cucinare, lavare i piatti ecc. Alle 9 di sera siamo già a dormire. Bene, speriamo di riprendermi e poter continuare domani penso, anche se, non mi spiacerebbe fermarmi in questo posto così carino e tranquillo per un altro giorno intanto che mi riprendo. Eccomi accontentata. Alle 11.00 della notte inizia la musica: il Cumbiero non rinuncia mai a mettere musica ad alto volume in qualsiasi posto si trovi, a qualsiasi ora, in qualsiasi momento della giornata, senza considerare che un camping a pagamento ha delle regole precise che proibiscono di fare rumore dopo la mezzanotte. Mi sveglio di soprassalto, guardo l’ora e mi dico che posso fare ben poco, per ora ha tutto il diritto di fare il casino che gli pare. Rimango a letto, mezza stordita dal raffreddore e aspetto che spenga la musica. Mezza notte, l’una, le due, le tre … il volume continua ad alzarsi e Il gruppo di Cumbieri urla e canta. A un certo punto decido di alzarmi e col sorriso di andare a parlargli. Mi avvicino al gruppo, mi presento e gentilmente gli faccio notare che è molto tardi, che non sto bene e sto cercando di riposare. Il Cumbiero si avvicina e mi urla: "che cosa vuoi? Perché non sei stata a casa tua!". Frustrata per non aver ottenuto ciò che desideravo, delusa dall’ignoranza galoppante della gente e da un sistema che la fomenta, ma soprattuto impaurita dai toni aggressivi, torno in tenda e aspetto che il casino finisca. Alle 5 del mattino finalmente riesco a prendere sonno. Il giorno seguente, andiamo in un posto vicino e ci assicuriamo, con il padrone del campeggio, di poter passare una notte tranquilla. Il signore, come per indennizzarci dell’accaduto, ci pone in un angolino del camping tranquillo e lontano da ogni rumore. Passo l’intero pomeriggio e la notte successiva a dormire e recuperare le forze.

 

Insomma viaggiare è incontrare nuova gente. È entrare nelle case delle persone, nella loro vita, nel quotidiano dei popoli, smentendo, nel bene e nel male, le costruzioni mentali, i pregiudizi che abbiamo e che con difficoltà abbiamo voglia di mettere in discussione. È imparare cose nuove e belle, è prendere le distanze da quelle brutte. Per fortuna però, dopo alcuni anni trascorsi viaggiando, devo dire che il mondo è prevalentemente fatto da bella gente, da gente come l’Argentino del primo tipo e non come il Cumbiero. La verità è che, per una persona cattiva che incontri e da cui vuoi fuggire, ce ne sono dieci buone che ti faranno sorridere e ringraziare di averle incontrata sul tuo cammino.

 

Melissa e Pierluigi

www.theevolutionarychange.com

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